Il titolo esprime tra il pensiero espressivo e il pensiero rivelativo
Pensiero espressivo: il pensiero è una semplice espressione del tempo. Secondo Pareyson così la filosofia sarebbe lontana dalla verità. Il pensiero filosofico non deve essere solo una espressione della situazione, ma anche una riflessione sulla verità. Questo impegna il pensiero ad una forma di auto-trascendimento.
La verità secondo Pareyson è: infinita, inoggettivabile (è impossibile una presa sulla verità che la esaurisca), infinita, inesauribile, si dà solo nelle intepretazioni plurali.
Un’interpretazione è tale solo se è riferita alla verità, e non solo alla situazione. Altrimenti la filosofia sarebbe una sorta di ideologia.
La verità è la corrispondenza con uno stato di cose.
Una concezione nichilistica sarebbe che la verità non esiste, o viene continuamente modificata dal tempo.
Le interpretazioni sono allora tutte buone? No, sono in conflitto tra loro, in tensione: una tensione intorno alla verità, alla cosa stessa, al medesimo.
Questo tipo di pensiero ha un primo problema: la pluralità delle discipline. Quale statuto di verità do ai diversi filosofi? L’ermeneutica risolve il problema della pluralità di filosofie in termini di interpretazione.
Ogni persona è portatrice potenziale di un punto di vista unico sulla realtà. In ogni punto di vista è presente tutta la verità, in una determinata prospettiva.
La verità per Pareyson è inoggettivabile. La verità si dà solo nelle interpretazioni, quindi il confronto oggettivabile/estrinseco è impossibile.
Questo tipo di formulazione non piace ai filosofi che vedono la realtà partendo da una visione empirica, e a quelli che vedono la realtà sotto il segno di una scienza assoluta e definitiva.
Questa impostazione ermeneutica tenta di tenere insieme le due parti staccate di un dilemma: quello della soggettività e quello della universalità del vero.
Cosa abbiamo ricavato dalla lettura di Hegel:
Domande:
Pareyson contrappone Hegel a Schelling. Odia Hegel.
Metafisica per Hegel non è un oltremondo separato.
Ma perchè Hegel? Perchè nel dispositivo Hegeliano sostanza-soggetto, che leggeremo cercando di individuare una radice teoretica - tralasciando una analisi semiologica della modernità, ci sia qualcosa che interroga anche noi.
Nel testo, notiamo come Hegel si senta all’indomani di una grande rivoluzione (quella francese) nel suo tempo, che apre un nuovo mondo. Lo Spirito vive infatti il travaglio della propria trasformazione. Questo passaggio implica il negativo. Hegel riflette molto sul dolore e la disperazione necessari ogni volta che un mondo vecchio muore e un mondo nuovo nasce.
Non ci sarebbe alcuna figura se il mondo precedente non venisse pian piano distrutto-negato.
Il sorgere del sole fa apparire in un lampo improvviso la struttura del nuovo mondo. Hegel si sente a cavallo di due mondi, e sa che l’evento decisivo che produce il nuovo mondo si è verificato, cioè la rivoluzione francese. Forse anche noi possiamo simpatizzare con Hegel, poichè, pur non vedendo la struttura del nuovo mondo, sentiamo il travaglio di questa trasformazione, di questo passaggio d’epoca.
Come sappiamo dalla storia della filosofia, sostanza e soggetto sono la grande diade della filosofia hegeliana.
Tutto dipende dal concepire il vero, non tanto come sostanza, ma altrettanto come soggetto. Hegel non dice tanto, “quanto piuttosto” come sostanza. Il Soggetto è Sostanza e la Sostanza è dinamica.
Questa frase significa che il Soggetto è il motore della Storia.
Anche se noi leggiamo un testo di 200 anni fa, l’idea è che questa diade ci è utile, cioè che si possa lavorare su questa coppia, che ha qualche analogia con quella di Pareyson di verità e interpretazione.
Il divorzio tra questi due aspetti è distruttivo anche nel mondo moderno. Per esempio Harari la Grande Separazione del mondo contemporaneo è la separazione tra Intelligenza e Coscienza. L’intelligenza artificiale è un esempio. Una intelligenza che possa fare a meno della coscienza potrebbe porre l’essere umano in una posizione subordinata di utilizzatore. Se quindi le due cose si separassero, la coscienza avrebbe soltanto la funzione del consumatore/utilizzatore, che consuma intelligenza oggettivata. (Per esempio io che uso Google Maps).
In questo senso, in una ipotetica società futura non ci sarebbe possibilità di iniziativa per il singolo individuo e sempre più compiti sarebbero delegati alle macchine, in quanto capaci di portare a termini compiti in modo più efficiente, economico, o migliore.
In Aristotele questa separazione non c’è: non gli sarebbe mai potuto venire in mente che il nous, cioè l’intelligenza, potesse essere automatica.
Se per Pareyson la possibile separazione sarebbe tra verità e persona. Lo spazio che Pareyson cerca per la soggettivitàuno spazio di solidarietà e co-lavoro tra individualità e verità. Se le due cose vengono separate, la verità non ha bisogno dei soggetti e i soggetti non hanno bisogno della verità. Se così fosse, l’iniziativa soggettiva rischia di cadere fuori della realtà. Se così fosse, l’iniziativa soggettiva rischia di cadere fuori della realtà.
L’ermeneutica parla del pericolo del divorzio, mentre Harari non parla della separazione con la verità, ma al suo posto sta l’Intelligenza.
In che rapporto sono invece per Hegel sostanza e soggetto?
Hegel intende la sostanza come essere divino e dunque universale. Dio è l’universale.
Nel discorso di prima sugli algoritmi, Hegel forse starebbe dalla parte dell’algoritmo, del general intellekt di Marx. In Hegel non c’è nessuna simpatia per il singolo.
L’individuo è semplicemente una deformazione dell’universale? Questa è una domanda cruciale per la democrazia. Il partito/individuo è soltanto un di più, una degenerazione? Se fosse così, il partito/individuo “cade a lato” della verità, e quindi diventa solo un consumatore.
Per Hegel abbiamo bisogno di una verità concreta, storica! Ciò che avanza nella storia è il vero concepito come soggetto universale, non come soggetto particolare.
Gli individui non dovrebbero forse rinunciare alla loro iniziativa, se non se il loro agire sia subordinato all’universale? La negazione non deve essere la negazione della verità. L’iniziativa politica è obsoleta?
Nella visione marxiana e cattolica, il lavoratore co-opera. Parlare di intepretazione significa inserire il soggetto in un contesto in cui la verità non si può conoscere oggettivamente.
Negli anni ’70 i marxisti parlavano dell’Alternativa, non di una alternativa generica. Vedi Marcuse, ad esempio. L’alternativa, per Marx, è appunto scientifica.
Nelle prime pagine della prefazione l’elemento che colpisce di più è il termine cosa.
Il soggetto deve abbandonarsi alla cosa. Ma perchè Hegel parla della Cosa? Perchè in questo momento di grande rivoluzione c’è una completa perdita della sostanza, di ogni riferimento.
In Hegel si fa metafisica parlando della storia. La situazione di superamento di cui Hegel perde è una crisi, è una perdita sostanziale della sostanza; e la Fenomenologia dello Spirito nasce per sopperire a questa mancanza. La sostanza protegge l’individuo.
Ma essendo la sostanza-soggetto in movimento, cioè che produce figure, tra una figura è l’altra c’è il nulla, c’è la morte, c’è la negazione. Lo spirito non solo ha perduto la propria vita essenziale: è anche consapevole di questa perdita.
Sostanza, sostanzialità, ecc. si trova: - p. 52 - p. 55 (due volte) - p. 56 - p. 57 (due volte) - p. 58 (tre volte)
Cercale! E fai uno schema e prova in 20 righe a dare ragione dell’occorrenza di sostanza. Prova a comporre un quadro.
Dialettica: non mi basta cogliere il principio, devo invece capire come questo centro metafisico dell’Idea si dispiega nella realtà. Altre due parole molto interessanti a questo proposito sono profondità e ampiezza. Al tempo di Hegel la profondità è rappresentata dall’Illuminismo; l’ampiezza invece si può ritrovare di più nel Romanticismo. Hegel vuole mediare dialetticamente tra questi due opposti.
C’è una tensione romantica rivolta verso le stelle (p.57), dello Spirito che si è perduto. Fino a ieri la Sostanza stava nel cielo; una volta che si è persa, sembra che gli uomini si accontentano di vermi e acqua.
Hegel vuole ritrovare la pienezza di senso della sostanza pre-moderna, ma dopo la cesura storica della Rivoluzione Francese.
Descrive la tendenza di moltissima metafisica, che vede la sostanza aldilà di questo mondo, ma pensa anche che dopo questa perdita dovremmo recuperare tutta quella ricchezza. Dà ragione a entrambi e teorizza un superamento. Ricordiamo che il Soggetto è Sostanza e la Sostanza è dinamica. Non c’è più un cielo di stelle fisse dopo la rivoluzione Francese.
Bisogna andare, sostanzialmente, verso una Terra Promessa dialettica. Una nuova conciliazione tra fenomenologia e metafisica dell’Oggetto. La sostanza deve divenire Soggetto.Vuole riportare in primo piano l’esperienza.
Il mondo merita attenzione?
P.77 e seguenti: si pone la questione dell’individuo, che non è il Soggetto (per Hegel il Soggetto è l’Assoluto).
L’individuo è la forma Assoluta, la certezza immediata di se stesso, l’autonomia assoluta; cioè la Gestalt, la figura. L’individuo può essere il singolo o un’intera epoca storica, è pur sempre un individuo rispetto all’Assoluto.
Hegel introduce quindi il rapporto tra scienza - scienza come sistema - e individualità. Questo rapporto è estramamente rilevante.
Quello che in Pareyson è la verità in Hegel è il Sistema L’interpretazione di Pareyson per Hegel è l’individuo.
Quello che ovviamente non significa che siano la stessa cosa.
P.79: L’in sè non è una persona radicata nella verità; è un individuo chiuso anche dotato di una sua incondizionatezza. Ma che rapporto c’è tra questo individuo che si pone come incondizionato, e l’autentico incondizionato?
Ognuno di questi individui è consapevole di sè, non è interpretante.
Hegel si pone il problema del rapporto tra l’individuo e il sapere assoluto. Il problema tra verità e scienza ha la stessa struttura ma contenuto diverso.
La scienza appare all’individuo come una lontananza perduta nell’aldilà. È formata da due parti, ciascuna delle quali è l’inverso dell’altra: da un lato l’individuo, dall’altro la scienza. Per ciascuno dei due, l’altro è l’inverso della verità. A volte all’individuo l’intero può parere l’opposto della verità.
Ma come si pone rispetto alla scienza? La scienza gli appare come violenza, un camminare a testa in giù.
Con coscienza naturale intendiamo la coscienza sensibile. In questo momento possiamo dire che più o meno coincide con l’indiividuo: ogni individuo è autoaffermazione, è assoluto a se stesso.
Il travaglio del negativo significa che nessun individuo può durare per sempre. Non ogni forma che si pone come Assoluto lo è. La morte e la distruzione sono il modo necessario attraverso cui un individuo che si pone come Assoluto può raggiungere la Scienza.
Anders/sein - essere diverso Anders/verden - diventare diverso
Non è possibile un progresso senza la morte. L’individuo entra in un conflitto mortale con l’assoluto.
Come dimostra Hegel che lo Spirito effettivamente progredisce effettivamente? Aufhebung - la dialettica dimostra che c’è una conservazione e superamento di ciò che viene prima.
La scienza dovrà mostrare come la conoscenza naturale gli appartiene, altrimenti la scienza rimarrebbe sostanza spirituale e non sostanza.
La scienza si pone rispetto all’autocoscienza immediata (io, gli stati uniti d’america - l’individuo che si riconosce) come il suo inverso. Ma la coscienza è il punto di vista in cui il soggetto riconosce l’oggetto.
Qualsiasi conoscenza immediata pone l’autocertezza come base del suo essere. La scienza è una sorta di barriera che mi respinge - magari io non mi sento bene rispetto all’universale.
Questo in Pareyson può accadere, ma solo per colpa mia. Solo io posso tirarmi fuori dalla verità.
Siccome la scienza appare come l’estraneo, io affermo me stesso contrapponendomi alla scienza. Questo non va bene per Hegel, perchè verità e scienza coincidono.
La scienza per Hegel deve unificare (vereinigen), cioè mostrare in che modo essa le appartiene., cioè mostrare in che modo essa le appartiene.
La scienza, che Hegel aveva detto può essere Spirito, può apparire come sostanza, cioè qualche cosa di ideale ma a me esterno. È possibile avere con la scienza un rapporto di esteriorità/esternalità.
La filosofia da un lato parla solo di Dio, dell’Assoluto, dall’altro deve pensare Dio in modo moderno, in un modo cioè che coinvolge la storia, il movimento costitutivo di Dio.
Hegel concede di più di Pareyson: ogni individuo può portare piano piano ad emergere un pezzettino della verità; ogni individuo è un momento della verità ed indispensabile alla sua formazione solo in quanto tale. Per Pareyson esiste una verità già costituita.
Quando sei alla scienza, la tua iniziativa individuale o è unificata con la scienza o è istinto di morte. Quando si ha la scienza, la Storia è finita. Qualunque iniziativa non scientifica non ha nessun valore ontologico.
Produce una negazione “empirica”, ad esempio attraverso una strage. Ma non sta mettendo in discussione in termini ideali l’assetto dell’esistente.
Storia consiste nell’adeguare il reale alla ragione stabilita.
In Pareyson al più la scienza è un’interpretazione della verità. Ma se la verità è un fatto universale, non c’è più spazio per l’interpretazione. Se 2+2=4 non c’è interpretazione. Per Pareyson l’interpretazione non è mai oggetto di scienza, e il ruolo dell’individuo è fondamentale. Ogni individuo può ispirare ad associarsi alla verità, e in questo senso l’iniziativa è libera, è dà la possibilità.
Ad esempio, potremmo dire che la prassi politica è più Pareysoniana che Hegeliana. È una interpretazione della verità.
Per Hegel, l’iniziativa individuale si sviluppa alla luce del sapere, non può non giustificarsi con la realtà diciamo.
L’iniziativa politica consiste nell’elevare l’individuale allo scientifico, nell’evitare che la verità/conoscenza sia disattesa. Bisogna elevare l’empirico al livello razionale.
Sono nervoso perchè io non posso fare a meno di annettermi, di unirmi a un discorso - tipo general intellekt - che funziona benissimo anche senza di me.
Un cambiamento che non sia un avanzamento è una deviazione.
Essere nella scienza per Hegel significa anche avere la possibilità di essere smentiti, di non avere dunque una visione dogmatica/superstiziosa.
Se hai raggiunto questo elemento sei fuori dalla storia: ma soprattutto, hai raggiunto l’elemento definitivo, quello del concetto.
Il compito della fenomenologia è quello di portare l’individuo dal suo stato incolto al sapere.
La bildung, cioè la formazione, consiste nell’assimilare da parte dell’individuo del sapere, cioè della scienza. Dal punto di vista dello Spirito universale, esso va incontro ad una formazione ogni volta che, nella storia, incontra la realtà empirica, e, nell’individuo, si realizza, dandosi autocoscienza. Formarsi quindi significa assimilare la sostanza, che in questo è una natura inorganica che io soggetto devo assimilare. j
Fino a pagina 112
Nulla che non implichi il movimento (Bewedung) è vero.
Sistema per Hegel è un principio che si è mosso, è una traiettoria.
Una differenza con Pareyson è che certamente c’è un esercizio di alterità, ma subìto. la famosa sintesi di Hegel è un ritorno a se stessa della sostanza.
La verità dunque si muove; nel muoversi si altera; l’alterazione è la fatica del negativo. La sostanza è Soggetto proprio in virtù del suo movimento.
Erfahrung (esperienza) è sempre esperienza di una deposizione; deposizione è necessaria.
Il sapere deve essere scienza, cioè scienza di un movimento e dunque di una totalità.
Per Hegel la filosofia, lo speculativo significa guadagnare una fluidità. Se ogni principio è fisso, bisogna oltrepassare questa dimensione della fissità.
Il puro concetto è una circolazione; la ragione nella forma della ragione è una perfetta rotazione senza attrito.
I fenomeni matematici; non c’è una attinenza alla verità.
La matematica pensa alla realtà come sostanza. Tutto il lavoro della dimostrazione serve per arrivare a qualcosa di già compiuto, in ultima istanza indifferente alla dimostrazione.
La dimostrazione della sostanza filosofica è incorporata nella storia; e infatti la sostanza filosofica è anche Soggetto.
Tempo: nel tempo faccio esperienza di una incongruenza.
Le figure singole di per sè non hanno consistenza; perchè non loro isolamento non sono davvero. Questo non significano che non esistono, ma devono riflettere sulla loro condizione di isolamento.
Leggere Sloterdijk.
Il testo fa riferimento all’esperienza, è una caratterizzazione filosofica di una esperienza, l’esperienza metafisica.
Bisogna mettere in atto la trasformazione dell’uomo, la sua Werwandlung. Come fa l’uomo a trasformarsi nel suo dasein? (p52). La Werwandlung nel dasein è una esperienza trasformativa. L’essere qui, l’esserci, non è un fatto naturale o scontato. L’esserci vuol dire essere tenuto immerso nel niente.
Il dasein non è semplicemente l’uomo, ma l’uomo che ha esperienza dell’essere. È una nozione legata allo sperimentare.
Essere vuol dire essere tenuto, immerso nel niente (p. 55)
Per questa frase Heidegger è stato preso in giro, soprattutto dal positivismo logico, per esempio. Questa frase prova a far vedere un evento, qualche cosa che accade. Se non facciamo attenzione a questo accadere, non possiamo capire ciò di cui Heidegger parla.
Dove accade il nichten, il nulleggiare/nientificare? Accade nell’essere dell’ente. L’essere e il nulla sono lo stesso. L’essere è connaturato alla finitezza, essere è nella finitezza. Solo un essere finito fa esperienza insieme dell’essere e del nulla.
Nichten - nulleggiare - è diverso sia della Verneinung - la semplice negazione (questa non è una mela) - sia dalla Vernichtung - un annullamento/distruzione.
La negazione è già un effetto dell’esperienza del nulla - prima viene l’esperienza del nulla e poi la negazione. L’uomo parla. Il suo parlare è negazione. Non vi potrebbe essere negazione se non vi fosse l’esperienza del nulla.
A questo proposito, il Niente è l’origine della negazione, e non viceversa (p.58).
Il domandare dell’essere è il domandare del Niente (p.58). E il puro essere e il puro niente è lo stesso.
In Heidegger per la prima volta l’essere è legato alla finitudine - idea contrapposta alla concezione dell’essere della filosofia antica.
Ma l’esperienza dell’angoscia è appunto un esperienza, quindi il discorso di Heidegger non è comprensibile del tutto a livello dell’intelletto.
Esperienza del senza fondo: gli uomini da sempre si sono assicurati, perchè la vita è difficile. Con l’essere è con Di. Ma se l’essere il nulla Dio viene catturato nel divenire. Se faccio esperienza dell’essere faccio esperienza dell’uomo, all’interno del quale l’ente si disloca. L’ente non può mai sequestrare il campo dell’essere.
Lo stabilire, la tecnica, è catturato in un movimento di instabilità.
La ricerca di Heidegger è lo sviluppo teoretico di quella che potrebbe essere la sensazione di un istante: io sono immerso nell’ente e non nel niente. Poi avviene la trasformazione, e mi getto nel Niente. Quando ho l’impressione che il mondo intorno a me potrebbe scivolare via, sto vivendo nell’essere, sto vivendo il nulla.
L’intelletto, la logica, il principio di non-contraddizione è solo secondario. Non è che non ce ne dobbiamo occupare, ma è il più originario. La logica che afferma e che nega viene dissolta nel vortice di un domandare più originario - il domandare metafisico.
Ogni stabilizzazione per Heidegger può essere negata. Questo ha anche una portata rivoluzionaria - se passiamo da un ordine all’altro siamo sempre in un ordine, e l’ordine è l’ordine dell’ente. Questo tipo di negazione, tipo la negazione dialettica, è al livello della verneinung, o al più della vernichtung. Ma io come individuo posso immergermi nell’essere, farmi domande sul niente - lì mi sto ponendo come essere metafisico.
Rapportarsi a qualcosa implica una distanza. Se mi rapporto nei tuoi confronti non sono te.
Come fa l’essere a specificarsi? Un problema di Duns Scoto, su cui
Heidegger fa la tesi di laurea. Essere finito o infinito.
Andare oltre questo è la metafisica. La metafisica per ora non è una
fissazione - come affermerà Heidegger - che pensa che anche l’eterno
ritorno di Nietzsche sia metafisica - questa è metafisica in senso
positivo, cioè andare al di là del niente. Ma fare metafisica non è una
attività ontica, come la chimica o la biologia, ma è la natura
dell’uomo, che è l’animale metafisico.
Heidegger riscrive l’essenza dell’uomo: chi è l’uomo? L’esserci. È l’esserci è colui che va oltre l’ente.
Metafisica in una prima formulazione, quella di quest’opera - l’esserci stesso - l’accadimento fondamentale dell’essere. La breccia verso l’essere in un mondo ontico. Metafisica per l’Heidegger successivo: metafisica è conoscere le cause, metafisica è stare nell’ente.
Quindi che minkia è la metafisica? Ecco la risposta: è l’esserci. La verità della metafisica abita in questo fondamento abissale (abgrund, cioè l’abisso, il non-fondamento).
La meraviglia platonica è un rapportarsi all’ente, cioè porre la domanda fondamentale: perchè l’ente, e non piuttosto il Niente? La meraviglia del niente implica qualche infondatezza. La meraviglia del niente implica qualche infondatezza.
Se il nulla non è un capitolo a parte, ma è intessuto nell’essere e con l’essere, l’essere stesso è per essenza finito. L’esperienza dell’essere è un’esperienza della finitezza.
La dialettica è da un lato riconoscimento dell’altro, dall’altro libertà. Riconoscimento dell’altro - non pretendere di avere ragione in modo assoluto. Tra l’altro l’essere in sè è sempre un essere posto - in rapporto con l’alterità, in contrapposizione a qualcosa. Per questa interpretazione Hegel non sarebbe filosofo della chiusura, ma della libertà. Il percorso della storia conduce alla libertà. Alla fine della stora tutto quello che c’è da dire sta nell’elemento del concetto e della razionalità. La chiusura è il giungere finalmente all’elemento della scientificità, del concetto, della libertà.
<!– Il manuale di filo antica Da pagina 10 a pagina 364 –!>
La filosofia è un affare serio. La serietà va insieme al lavoro.
Solo il lavoro del concetto può produrre l’universalità del saperericonoscimneto.
L’universalità si ottiene tramite la smentita. La vulnerabilità è il lato che ogni enete finito lascia aperto alla propria negazione.
L’opposto dell’universalità è la genialità. Genialità è una originalità, anche. Tipicamente romantico come concetto. Non ci interessa la genialità degli individui, ci interessa l’universalità del sapere.
Il concetto è razionale, è proprietà comune di tutte le coscienze. Non corrisponde alla genialità.
Non viviamo in un epoca in cui l’uniformità dello spirito si è fortemente consolidata. L’universalità dello spirito si contrappone ad una concezione tribalistica.
Il concetto è già un principio logico, che ha conosciuto il proprio altro, che è stato spostato da una esperienza di alterità, e tende all’universalità.
Ma in qeusto contesto di universalità, cosa posso fare io individuo? Come posso partecipare all’opera dello spirito?
La società razionale può essere la società completamente pianificata in cui l’individuo non ha voce, e deve obliare se stesso. La società che temono i francofortesi.
Da un lato l’individuo, dall’altro l’automatico. Il concetto macchinico, che non ha bisogno dell’individuo.
Um/gestaltung = letteralmente rovesciamento della trasformazione = cambiare forma
La spensieratezza e la noia nella società dei consumi non presagiscono un cambiamento verso qualcos’altro, come in Hegel, ma sono causa e fine di loro stesse, si autoconcludono.
Militanz
La differenza tra pensiero e concetto è che il concetto è un pensiero che ha scartato, cioè che ha conosciuto il proprio altro. Il concetto è pensiero in movimento. Io posso tuttavia assolutizzare un pensiero.
Se per Pareyson devo lasciare che la verità scavi dentro di me, per Hegel devo accettare che la pura immediatezza, pura affermazione di assolutezza, intima e interiore, astragga da sè, riconoscendosi come momento.
Marxista, ebreo, fa parte della scuola di Francoforte, antifa; ma non si spinge mai in profondità in questi mondi. È un intellettuale senza essere un universitario. Scrive “l’origine del dramma barocco tedesco”, per entrare in università, ma è troppo difficile. La commissione gli dice che “non si può dare la libera docenza a uno spirito”.
La sua opera più citata, ma non la più importante, è L’opera d’arte nell’era della sua riproducibilità tecnica.
Tesi di filosofia della storia sono il suo testamento spirituale.
Già dalla prima tesi - una partita a scacchi tra il materialismo storico, rappresentato da un fantoccio - la scacchiera è perfettamente trasparente, sembra che sotto non ci sia nulla, ma c’è un gobbo, bravissimo nel gioco degli scacchi, che tira i fili nel fantoccio del materialismo storico, è questa è la teologia, oggi piccola e brutta, e che non devi farsi scorgere da nessuno.
Ma secondo Benjamin solo con l’aiuto della teologia il fantoccio può battere l’avversario materialismo storico.
Questa vittoria sul fascismo non ha luogo nel campo di una pura trasparenza - che è una trasparenza illusoria. Siamo lontanissimi da Hegel, dalla scientificità, come dall’illuminismo.
Le due figure deformi del fantoccio e del nano se si uniscono possono sconfiggere il materialismo.
In Hegel, la trascendenza è l’inquietudine data dal fatto che il concetto non è adeguato alla realtà. In Sloterdijk, la trascendenza dell’uomo si realizza nel lusso, che è una trascendenza rispetto alla povertà.
Per Benjamin, nelle tesi di filosofia della storia, Benjamin ci parla della possibilità di trascendere lo stesso ordine del destino. Le tesi ci parlano di una redenzione di tutta la storia, innanzitutto del passato.
Non esiste liberazione che non sia prima di tutto liberazione del passato.
La linearità storica viene dunque posta in questione, e questo lo può fare solo la teologia. La redenzione è prima di tutto una riapertura di tutte le partite perse della storia. Solo in un’alleanza tra passato e presente lo spirito di cambiamento può farsi strada. [Tesi 2]
Bisogna creare un contatto tra un determinato presente e un determinato passato. Solo con questo contatto potremo sottrarci alla storia come mero continuum temporale.
In altre parole non occorre che l’intero mondo venga sostituito soprattutto con un mondo migliore.
La felicità è una variante della vita che abbiamo vissuto nella vita.
Cosa ha di interessante il passato
Quando succede qualcosa nel presente, noi guardiamo al passato per vedere quali erano i segni di ciò che sarebbe accaduto. La vediamo quando è troppo tardi.
Questo Benjamin la chiama pigrizia del cuore (Tragheit). Il contrario della tragheit è la geistes/gegenwart, la presenza di spirito, cioè reagire immediatamente, in modo fulmineo. Quest’ultima è legata al tempo-ora, la jetzt/zeit, cioè un istante, Augenblich, il momento.
Ciò che dà veramente è la chiusura di contatto di un passato oppresso e le lotte del presente.
Lesbarkeit: leggibilità della storia in un determinato momento.
La redenzione è la possibilità di arrivare a leggere un evento del passato afferrandola in un determinato istante.
La storia non è risolta - viene criticato lo storicismo, l’idea che la storia proceda “da sola”, in senso progressivo. Una immagine del passato si presenta in un attimo, e, se non viene colta, fugge.
Questa è la redenzione, che richiede la presenza di spirito, cioè una forma di attività da parte del soggetto.
La caratteristica del teologico è proprio il togliersi rispetto ad una continuità temporale in cui il passato o è perduto o è stabile come una pietra, qualcosa di sempre disponibile e, in entrambi casi, di morto.
Nell’idea di Benjamin, il passato invece ci attende, e dunque chiede che sia attivata la debole forza messianica di cui parla la seconda tesi, e chiede di essere letto, in una augenblich, in un istante.
Se questo momento sfugge, viene meno la possibilità di saldare il passato.
Se tu sei vittima del presagio, sei vittima del destino, che ti colpisce e impone la sua logica.
La costellazione è il prodursi di un arco che collega il presente a un determinato momento del passato. Questo di solito accade nella pigrizia come destino, nella Tragheit, un presente determinato dal passato.
Il rovesciamento di questo è invece al citazione del passato all’ordine del giorno, cioè portare il passato nel nostro istante con presenza di spirito, cosa che produce una costellazione tra il presente e un determinato punto del passato, che diventa immagine leggibile.
C’è un momento del presente in cui è possibile creare una costellazione significativa con il passato (arte della citazione).
Facendo questo salvo anche quel frammento lì dall’oblio.
Il discorso di Benjamin si basa su unicità e ripetizione, che sono le due anime della salvezza. I bambini hanno sia la passione della ripetizione che quella del nuovo.
La redenzione non ha nulla a che vedere con un semplice miglioramento della situazione; ha a che vedere con una citazione della situazione. Cos’è la felicità? L’idea di felicità che noi possiamo coltivare è qualcosa che ha che fare con l’unicità (ein/maligkeit) e con la ripetizione (wiederholung).
Nel concetto di redenzione come lo pens Benjamin non basta la novità: ci vuole la redenzione. Dal punto di vista politico questo significa: nessuna lotta si accende pensando a come saremo tra cent’anni. Occorre una costellazione tra presente e passato, una gioia che potrebbe suscitare la nostra invidia è solo nell’aria che abbiamo respirato.
Se la costellazione ha avuto un aggiustamento significativo, sono felice.
Gli indovini hanno una concezione autentica del tempo.
Benjamin si scontra con la teoria del progresso automatico - il progresso tecnico ad esempio non è un progresso generale dell’umanità.
Erkennbarkeit: conoscibilità.
Socialdemocrazia è l’opposto di rivoluzionario: il benessere verrà da solo, se la ricchezza aumenta. Concezione tipica della Germania degli anni 40.
I progressisti pensano che il progresso tecnico è anche un progresso morale; questi non pensano la possibilità che questa “marcia trionfale” venga interrotta. È pigrizia affidarsi al progresso come se il progresso fosse un automatismo.
Anticipando anche Sloterdjik, possiamo pensare al male come un lusso, come il massimo vizio, come il massimo spreco e la massima inutila. Non bisogna mai prendere poco sul serio la tendenza alla discesa, alla katabasis, al precipizio.
DI solito la salita nella tradizione filosofica è pagata con fatica e dolore. Sloterdjik parla di una ascesa non verso Dio o il bene, ma è uno scoprire che noi esseri umani viviamo in bolle di isolamento, che sono bolle del vizio, in senso positivo.
La storia dell’umanità è presentata come una storia di successo e di progressivo alleggerimento.** e di progressivo alleggerimento.** Viviamo in un’epoca di alleggerimento e del vizio. L’antropologia filosofica finora è stata una antropologia della mancanza, della miseria, e della povertà: questa antropologia va sostituita con una antropologia verso l’alto. È necessaria una Entlastung, un progressivo alleggerimento dalla durezza della realtà.
L’uomo usa delle bolle, delle capsule di isolamento, per difendersi dalle difficoltà ambientali. È possibile mantenere un clima ideale, che ci protegga da una eccessiva durezza della realtà. C’è una liberazione di forze che vengono utilizzate per attività ulteriori.
L’essere umano mantiene i bambini e i giovani in uno stato di infantilizzazione.
Genorfen heit: essere gettato di Heidegger. Questa per Sloterdjik è la filosofia esistenzialista moscia e rivolta verso il basso. In questo clima più positivo sostituimo la Genorfen heit con la getragen heit: la portatezza, che presuppone un sostegno, uno slancio verso l’alto.
La affluent society si caratterizza perchè non è tutto sulle spalle della madre. La storia dell’umanità è segnata molto (a partire da Caino e Abele) da un senso di ingiustizia. Questo accadrà molto meno nella nostra società, perchè c’è il benessere materiale, che ci porta in alto. In questa getragen heit ci sono due mecenati: uno è la madre, che mantiene il figlio in una condizione di infantilizzazione, e poi la società, che si prende cura dell’individuo, ne garantisce in un certo senso la sicurezza.
L’idea di concepire l’uomo non per quello che gli manca, ma in base a una eccedenza e al desiderio del superfluo, è una cosa molto tradizionale.
Noi siamo usciti dallo stato di necessità- in qualche modo questo è legato anche al concetto di fine della storia: non c’è più nulla che ci “inchiodi”.
Le abitudini e le istituzioni mi esonerano dall’angoscia che deriverebbe dall’essere colpito da stimoli che non riesco a padroneggiare. Per questo ho bisogno di abitudini (habits) ed istituzioni.
Grazie a questa protezione le nostre risorse possono essere usate su altre cose come il lavoro intellettuale ecc. Noi occidentali-welfare society conosciamo la necessità come necessità scelta - come qualcosa che ci obblighiamo a fare.
L’entlastung è la creazione di abitudini grazie alla quale noi riusciamo padroneggiare la ricchezza di stimoli.
L’apertura al mondo è permessa da questo livello di civilizzazione.
Qui Sloterdjik affronta il brano più famoso di Hegel, quello in cui intende il vero come Soggetto, e non già come sostanza.
Secondo Sloterdjik il rapporto dalla sostanza al Soggetto corrisponde a quello dalla necessità alla libertà.
La Sostanza è necessità. Più noi ci liberiamo dalla necessità, più siamo soggetti. Ma secondo Sloterdjik, quando Hegel parla ad un Soggetto come sostituto del sostanziale parla di un soggetto non come individuo qualsiasi, bensì come un soggetto serio, caratterizzato da
Questi sono i caratteri del soggetto di Hegel, un soggetto laborioso e serio.
Secondo Sloterdjik, questi caratteri nell’interpretazione di Hegel non sarebbero che un intermezzo malato tra due solidità. La prima solidità era incarnata dal sostanzialismo cattolico, e la libertà post-protestante nello stato di diritto.
Per Sloterdjik, spensieratezza e noia sono invece un telos, uno scopo, e non l’intermezzo.
C’è una tendezza generale all’alleggerimento.
La tecnica permette tutto ciò. L’idea che l’uomo sia un essere lussuoso non è un’idea nuova, ad esempio nel linguaggio cristiano tradizionale l’uomo è quell’essere che per natura tende a qualche cosa che eccede la sua natura.
Nel pensiero debole l’avversario è la pesantezza. (Vattimo) Tutte le pretese di verità assoluta sono da respingersi.
Obiettivo della vita è la sensazione di essere vivi. In questo Sloterdjik vede la possibilità di abrogare il diktat della oggettività esterna - tutto ciò dentro la capsula in cui gli uomini si devono isolare.
In questo senso Sloterdjik parla di una caduta dell’ancient regime ontologico Hegeliano.
Il puro das, la durezza del reale, sia ontologicamente alleggerita dal was.
C’è una giustapposizione tra un reale che può essere spietato e una pressurizzazione puramente culturale.
Fine della gravità è una struttura culturale, uno slogan, una presa di posizione politica.
L’esperienza della leggerezza, presentata come discorso sulla felicità, sullo stare bene al mondo.
Per Sloterdjik essere conservatore significa essere un rompicoglioni
L’aspetto etico consiste in una svolta individualista.
Lo stoicismo è il versante etico della socialdemocrazia: lo stoicismo pensa il passato come qualcosa che non ci può sfuggire, di sicuro.
Non possiamo affidarci all’automatismo del progresso per creare la pace sulla terra.
La social democrazia si illude che le cose non possano che andare per il verso giusto.
Crea una sorta di religione del lavoro, nuotando con il filo della corrente, cioè del progresso, che ha tendenza messianiche. Nel miglioramento del lavoro consiste la ricchezza.
Il progresso può fare ciò che nessun redentore ha compiuto, anche oggi. Idea questa tipica dell’Illumnismo, per cui il limite della morte può essere spostato sempre più avanti.
Il marxismo vuole vedere il progresso come movimento automatico, in modo che il genere umano non deve quasi fare nulla; non deve solo fermare la macchina.
Una categoria importante del pensiero di Benjamin è quella di una interruzione del continuum storico.
Il progresso viene inteso dalla socialdemocrazia in maniera dogmatica. Vuole porsi come progresso dell’umanità, e non solo delle sue capacità e conoscenze.
Quello che non va bene è la concezione del tempo. È un tempo omogeneo e vuoto, una continuità quantitativa indirizzata verso un miglioramento progressivo.
Il tempo deve invece essere qualitativo, non vuoto, e deve prevedere un’alleanza tra momenti differenti. Si produce una costellazione fulminea tra momenti differenti, tra passato e presente, dunque una jetztzeit (tempo-ora).
L’esempio è il rivoluzionario, che va a citare un momento passato, anche molto lontano. Rispetto a questo momento ho una debole forza messianica, cioè la possibilità di collegarmi. Una sorta di attivazione dell’archetipo jungiana.
Il punto è che la costellazione con l’antica roma può essere rivoluzionaria, ma anche sfociare nel fascismo.
La rivoluzione è un balzo di tigre nel passato, una citazione, una costellazione con un istante, che viene fatto schizzare via dal continuum della storia.
Benjamin è un marxista atipico: parla bene della storia dell’indovino, la storia non scientifica, non pronosticabile.
Gli ebrei non possono investigare il futuro, ma assomigliano agli indovini in quanto ogni momento è utile per far arrivare il messia; il futuro non è piatto nè un continuum blindato e scientifico.
Carl Schmitt dice Ausnahre|zustand, cioè Stato di Eccezione.e Quello che decide nello stato di eccezione è il sovrano.
Qui Benjamin dice: per le classi oppresse la situazione è sempre l’allarme, e vivere nello stato di eccezione è la regola.
Da un lato il finto stato di eccezione viene usato per reprimere la libertà. L’emergenza è la tradizione di oppressione delle classi oppresse. Dall’altro lato c’è il vero stato di eccezione.
Dobbiamo quindi produrre il vero stato di emergenza, che ha qualcosa a vedere con la piccola porta da cui può entrare il Messia. In questo senso occorre una azione politica e un agente politico.
La libertà come leggerezza, come assenza di vincoli,
La civilizzazione umana va verso la leggerezza, verso lo sgravio, verso l’antigravitazione. L’immagine che rappresenta lo stato dell’umanità è la mongolfiera, che va sempre più in alto, sempre più leggera.
Entlastung (scaricare pesi): Ridurre il tasso di angoscia dovuto all’indeterminatezza grazie all’abitudine e alla ripetizione. Questa Entlastung in Sloterdjik diventa una parola d’ordine generale, dato che l’umanità va in questa direzione, la direzione della legerrezza, in una dimensione che combatte il sacrificio e la pesantezza.
Freiseztung: grazie al meccanismo di sgravio della Entlastung, rendere libere per compiti più complessi (e intellettuali) le forze che erano impegnate in compiti più elementari.
Questi due fattori appaiono nella contemporanea società tecnica.
La California è uno stato mentale - Sloterdjik cioè critica tutto ciò che è oppressivo. L’opzione migliore è sempre quella che mi dà una possibilità in più.
Per lui il Soggetto sostituisce la sostanza. Hegel resta un sostanzialista, ma vuole sostituire il sostanzialismo cattolico, dogmatico, con quello che lui chiama sostanzialismo protestante, che in concreto funziona con lo Stato, l’essere un individuo cittadino dello Stato.
Sloterdjik cita Fichte, affermando che se per tutta la storia dell’umanità la bilancia tendeva dalla parte dell’oggetto. Il sogno dell’umanità sarebbe eliminare tutti i pesi - tutto ciò che è sostanziale: le ideologie, lo Stato, il Bene, la Verità, al fine di liberare maggiori possibilità, consentire più movimento. La bilancia non tende più tutta dalla parte dell’oggetto.
Se la sostanza prevale, il soggetto può solo obbedire: se lo Stato ti manda in guerra, tu vai in guerra; se Dio ti chiama, tu vai, non è che puoi scegliere. La sostanza è un elemento oppressivo.
Qualsiasi istanza può essere soggetto come sostanza; il partito può essere sia soggetto, se presuppone una sostanza molto forte (come ad esempio la razionalitàdella storia), oppure sostanza, se si pone come creatore di pesi, in un senso.
E la noia? La noia ha una funzione positiva, è un punto di arrivo. Una volta che ci sono arrivato, posso decidere di fare qualcosa. Bisogna capire che la mia libertà inizia da quel punto. Ad esempio, posso andare in discoteca perchè sono annoiato, ma non c’è un diktat di andare in discoteca. La libertà, la creatività, inizia proprio da quel punto.
Gli intellettuali di sinistra sono tribuni della catastrofe. Hanno talmente bisogno di essere appesantiti che anche quando le cose vanno bene hanno bisogno che vadano male. In questo senso è provocatorio, ma teniamo presente che forse la provocatorietà non è solo forma ma anche contenuto.
Ad ogni modo, si va nella direzione di una desostanzializzazione. C’è una questione di pesantezza e una questione di peso. Peso è tutto ciò che mi eccede, che non posso sostituire. Uno può appesantirsi come vuole, ma è un hobby.
L’atteggiamento è costruttivista: tutto dipende da una decisione presa che deve essere esplicitata; tutto ciò che è oggettivo non ha ragione di essere. Il soggetto pone tutto.
Guglie offre una possibile interpretazione della contemporaneità: noi oggi siamo come Sloterdjik, ma scontenti. Il peso dell’istituzione è talmente negato che per trovarlo devo ritrovarmi nella psicosi. Oggi ci sarebbe una domanda di sostanza, e non di alleggerimento.
Una possibile critica a Sloterdjik: un centro, una sostanza, è indispensabile per provare gioia.
La percezione di Sloterdjik è che noi siamo un paradiso ingegnerizzato, cioè prodotto con i mezzi razionali della tecnica.
Vige una mentalità scientifica esplicita: ciò che non è visibile va reso visibile.
Derrida invece esiste molto sulla idea di evento: ciò che capita è l’imprevedibile, cioè il luogo del senso. Questo è l’opposto dell’esplicitazione ingegnerizzata proposta da Sloterdjik, che tende alla rassicurazione e azzera lo spazio di imprevedibilità.
Contro quello che lui chiama realismo pauperista, lui immagina una antropologia della ricchezza.
La getragenheit, l’essere portati, è quasi una promessa di ricchezza.
Altra caratteristica dello spirito californiano: nulla è insostituibile. Solo Io sono insostituibile.
Ma l’impossibilità di essere poveri è fisica o metafisica?
Perchè la seconda opzione l’hanno sempre prospettata tutti. Non ci potrebbe essere anabasi se non ci fosse questa possibilità proprio metafisica o ontologica. Tuttavia a questa situazione metafisica si fa corrispondere una povertà fisica drammatica; ma in questa condizione si produce verità.
Sloterdjik pensa una felicità che si scarica dalla zavorra del dolore, e che quindi forse per questo non è più neanche una felicità.
Se io ti dico “tu non ce la fai”, io ti inchiodo ad una possibilità. Se una persona fa invece esperienza del riscatto, ma davanti alla possibilità del fallimento, è felice.
Per Sloterdjik le religioni nascono dall’illusione; siccome non accetto il patimento e la sofferenza, invento delle ricchezze immaginarie.
Per Sloterdjik il messianismo si realizza nel capitalismo. Il capitalismo è la realizzazione del paradiso.
Ontologia=totalità Totalit=violenza
To òn - è ontologia
L’etica pone la questione di ciò che eccede la totalità, ed è per questo la filosofia prima.
Dal punto di vista dell’altro, ciò che eccede la totalità viene ridotto al medesimo (il Soggetto - io). Viene ridotto alla sua misura: il medesimo deve poterlo conoscere e padroneggiare. Anche la religione si potrebbe dire è una riduzione dell’altro al medesimo - nella religione Dio realizzerà tutti i miei sogni e i miei bisogni, colmerà tutte le mie mancanze. Se penso questo, sto facendo dell’ontologia, sto riducendo l’altro al medesimo.
Esiste un bisogno della soggettività del medesimo. Pensare nei termini di un bisogno è un pensare nei termini della medesimezza.
Quand’è che incontro l’eccedenza? Quando incontro qualcuno/qualcosa che non mi completa - nel rapporto etico faccio esperienza non della unione ma della separazione. Il rapporto con altri è innanzitutto un rapporto di separazione.
L’etica ci pone sempre di fronte a qualcosa che non è ontologia.
Arrivo a contatto con l’infinito tramite il rapporto con altri.
Questa è una escatologia “oggi”, che si verifica nell’incontro con l’altro. In questo incontro io esco dalla storia. Io posso essere travolto da un problema, in questo incontro c’è una verità nell’infinito, una verità dell’essere.
L’incontro con l’altro, separato, è un incontro che mi mette in scacco - posso sperare che l’altro restituisca, ma non è detto. Questa escatologia, questo giudizio ultimo, si svolge oggi, e a prescindere da qualsiasi chiesa.
Quando incontro l’altro sono sempre inadeguato. Non è una questione soggettiva psicanalitica, ma metafisica. È una questione metafisica. L’altro si dà nell’adeguatezza, io sono gettato nella inadeguatezza. Io sono il medesimo, e l’altro è l’infinito, è l’altro, per definizione, mi eccede, mi mette in crisi.
Non è in nome dell’Io che avviene la sovversione dell’ordine, ma in nome dell’Altro. Protestare contro l’ordine in nome dell’Io è pura futilità. L’unico motivo per cui la macchina può fermarsi è l’infinito, rappresentato da altri. Si parla di umanesimo dell’altro uomo.
L’individualità ritorna come principio primo, ma come individualità di altri.
Ha ragione Heidegger a dire che l’aletheia, lo svelamento, è un punto fondamentale.
Nell’ambito della reciprocazione abbiamo solo la politica, cioè l’arte del terzo. Se io riconosco l’Altro, il terzo ha una visione sinottica del Medesimo e dell’Altro. Invece, l’Etica, che per Levinas è la filosofia prima - l’unico ambito in cui faccio esperienza e posso conoscere il bene infinito. Esperisco l’infinito nel volto d’altri . Ma io e il volto d’altri non sono sullo stesso piano, sennò sarebbe ontologia - in cui riduco l’altro al medesimo.
La risposta non è accettabile nel rapporto con altri.
La filosofia non è l’esperienza più radicale del trascendere, quella è l’Etica.
In Levinas c’è una riproposizione, su nuove basi, dell’idea cartesiana di infinito, che secondo Cartesio si differenzia da tutte le altre idee perchè non posso esserne io l’autore. Levinas riprende questa idea e sottolinea come l’idea di infinito si caratterizza per essere sempre inadeguata al proprio ideatum, il contenuto dell’idea. L’idea che lo rappresenta è inadeguata a ciò che rappresenta.
Altri mi sbilancia, altri mi supera, fa esplodere i limiti del Medesimo e non è contenibile in esso.
Una eventuale separazione tra Altro e Medesimo implica sempre una relazione.
Non posso trovare pace nell’Altro. Quando sarò in Paradiso sarò felice, oppure dopo la rivoluzione comunista elimineremo la l’alienazione. Tutte queste promesse, secondo Levinas, sono Ulisse. La cifra di Ulisse è quella del ritorno a casa.
C’è riduzione dell’Altro al Medesimo quando questo elemento viene eliminato, reintegrato, ridotto all’Io.
La pietra degli Altri schiaccia la forma del Medesimo.
A Levinas non piace la Sinossi, cioè la pretesa tipicamente filosofica di avere uno sguardo complessivo che tenga insieme il medesimo e l’altro. Questa visione ha le sue ragioni, ma non sono le ragioni dell’infinito; l’infinito non si vede, l’infinito mi confonde, l’infinito è la notte.
L’Occidente pensa la luce come principio, e pensa il sapere come vedere. Vedere è conoscere, pensare, filosofare, nella luce. Al contrario, l’Altri non è nel mio campo visivo.
L’angelo di Benjamin ha lo sguardo rivolto al passato e viene spinto verso il futuro. Se il futuro è alle spalle, il futuro è quello che io non vedo, è esattamente l’opposto di un un ologramma. Il futuro è nell’invisibilità.
L’Altro mi obbliga a sospendere il mio stile di vita, non lo conferma ma lo sbilancia.
L’infinito eccede la totalità, è un volto, è un individuo che non sono io.
Il ruolo dell’altro non è quello di essere casa. Casa è economia, cioè medesimezza.
Severità e eccedenza (l’altro mi confonde e non riesco a gestirlo) caratterizzano il rapporto tra il Medesimo ’Altro.
La filosofia ha qualche cosa di etico? La filosofia è faticosa, nel senso che implica una opposizione strutturale all’obiezione. Per questo motivo è in qualche misura etica: più di ogni altra forma di sapere, chi filosofa è esposto all’obiezione.
La filosofia è un esercizio di separazione. Anche quando vogliamo valorizzare un pensiero. Non è mai possibile rispondere ad una interpretazione senza smarcarsi in minima parte.
C’è una differenza insuperabile nella filosofia; anche se Eraclito e Parmenide si prendono la birra insieme. Non c’è quasi mai un noi filosofico. L’obiezione filosofica è un esercizio di alterità, anche se si svolge nella forma di valorizzazione di un pensiero opposto.
La filosofia implica strutturalmente la valorizzazione dell’altro. Al contrario, la scienza implica strutturalmente la neutralizzazione dell’altro; nella scienza non c’è alterità strutturale. Quindi la scienza riduce l’altro al medesimo; quindi la scienza è ontologia.
Il sapere (o teoria) significa che l’essere conoscente lascia che l’essere conosciuto si manifesti rispettando la sua alterità. Questa è etica: riconoscimento dell’altro.
La teoria ha un vantaggio rispetto all’etica: lascia essere le cose per quello che sono.
Il desiderio metafisico sarebbe così l’essenza della teoria. Dico quello che è vero, non quello che voglio.
Ma in opposizione a questa formulazione, teoria significa anche intelligenza, cioè una modalità con cui l’essere conoscente elimina l’alterità dell’essere conosciuto. Teoria come intelligenza è ontologia. Questa è la filosofia del ’900 in qualche modo. Il rivoluzionario ha dei quantificatori universali, non fa distinzioni. La società borghese per Marx per esempio è da cancellare in toto. Per Heidegger tutti sono metafisici tranne lui, tutti stanno riducendo l’essere all’ente tranne lui.
Ma visto che tu studi e conosci per essere libero - sei libero quando nulla ti limita. L’altro compreso smette di essere altro, se lo riduco alla forma della razionalità.
Per Levinas il sapere è una riduzione del tasso di estraneità, è una entlastung, un modo per ridurre la complessità trovando un ordine, un modo per controllare il campo del non-dominabile.
La libertà eccede la giustizia; io nel sapere desidero soprattutto essere libero.
L’ontologia però promuove la libertà, che è l’identificazione del Medesimo in se stesso, con il medesimo che non si lascia alienare dall’altro.
A partire da Aristotele, la vita teoretica è una vita felice. È una vita massimamente attiva. o
Il **desiderio metafisico, in quanto desiderio di altri, mi pone in una posizione di passività, mi espone all’esterno. Non è continuità, ma interruzione. Non è piacevolezza, ma imbarazzo.
Allo stesso tempo la teoria che rispetta l’esteriorità (il nostro primo caso) è un’altra struttura essenziale della metafisica.
Un sistema ontologico è un esercizio della libertà.
C’è critica quando una certa spontaneità della libertà viene interrotta. La critica a un tempo interrompe il dogmatismo, ma cerca di riconquistare in una risalita la libertà perduta.
Se non vogliamo andare all’infinito dobbiamo dire che la sua intenzione critica la porta al di là della teoria.
La critica non riduce l’Altro al Medesimo, ma mette in discussione l’esercizio del Medesimo.
In una prospettiva scettica, se tutti i punti di vista vanno bene, questa è una nostalgia dell’ontologia. Questo non è più un esercizio di alterità.
Non è vero che va tutto bene (sarebbe una nostalgia nichilistica del sistema totale). La verità non viene disattivata ma non perciò le interpretazioni si riducono l’una all’altra, e questo è un esercizio critico.
Secondo l’ermeneutica, non si esce dalla verità con una sintesi.
C’è etica se c’è relazione nella separazione
C’è una vergogna di essere medesimo rispetto all’altro. C’è una vergogna di esser totalità che può essere interrotta.
L’etica, la trascendenza, non si può ridurre alla negatività. La negatività non è la rottura della totalità, non mi permette di accedere all’infinito. La negatività è lo strumento dell’uomo scontento e presuppone che l’uomo sia installato. La totalità è composta da negatore e negato, nella guerra io e il nemico siamo in una totalità, siamo in uno spazio ontologico comune. Il povero che vuole la ricchezza non è a contatto con l’infinito; è a contatto con il suo mondo. La metafisica non coincide con la negatività.
Nel rapporto dell’altro c’è la fuga dalla vita. Il disperato che vorrebbe il niente è ancora nella negatività, ma nella negatività non è esteriorità. Il suicida è il rivoluzionario invece esprimono un rifiuto tutto ontologico.
Siamo in una fase storica in cui da un lato il soggetto si pone come totalità, dall’altro non conta nulla. Questa totalità così importante non ha nessuna importanza.
Non c’è un rapporto diretto con la verità, da parte del soggetto. C’è un rapporto di obliquità.
Gli sembra prevalente un rapporto tra verità e interpretazione in cui una delle due è di troppo. O la verità è di troppo, perchè esistono solo gli individui - o le interpretazioni sono di troppo, perchè esiste solo la verità.
L’individuo è posto in una condizione di esternità rispetto al vero, e le individualità (che sono anche i Partiti ad esempio) diventano sovrastrutture.
Non è chiaro perchè dobbiamo votare se l’individualità è deviante.
Abbiamo 3 soggetti - 2 che danno un indirizzo politico, e il terzo è il tecnico. Il tecnico rappresenta la verità.
Davanti a questo l’individuo reagisce in due modi opposti: - è irrilevante - è arrogante
Ideologia è devianza rispetto al sapere, è una scommessa sulla verità. Il comunismo scentifico è una legge della storia, che poi con l’ideologia va al di là.
L’inferno è la cantica della deformazione - come il bullismo rispetto al politically correct - la deformazione rispetto alla legge.
Il purgatorio è la cantica dell’adeguazione alla regola universale, alla norma. La connessione azzera l’individualità.
La terza è un disallineamento non verso il basso, ma verso l’alto. Nel paradiso non troviamo una regola - troviamo un corpo.
La domanda finale è: l’individuo ha una relazione costitutiva con la verità? Che rapporto abbiamo con la verità.
La cultura liberale tende a porsi in questo modo rispetto alla religione: è una devianza (intesa come singolarità) che non può essere universale, non può valere per tutti. Lasciamo stare le singolarità, e se mi chiedo che cosa ci sia di tutto questo di vero, elimino le singolarità. In nome della verità tutto ciò. La religione è l’incarnazione provvisoria della verità, che fa meno della verità.
L’individuo davanti all’impossibilità di cogliere la verità in quanto tale, può solo affermarsi in una sorta di nichilismo quindi.
Queste cose potrebbero essere conseguenza della globalizzazione?
Tommaso dice che questo discorso riguarda la libertà quanto riguarda la verità, riguarda gli spazi in cui questa libertà si svolge. Più che altro non c’è una scelta dell’uomo perchè questa scelta del contesto si pone in un contesto di oppressione, di limitazione della libertà.
Il consumatore è nella posizione in cui era il fedele rispetto a Dio.
È anche possibile che la verità esiste in quanto scienza, e che la Storia sia ininfluente, in qualsiasi direzione vada. La verità avrebbe un suo movimento, che non ha nulla a che fare con il movimento politico e storico. La verità ha una struttura inscalfibile e non ha un rapporto con la verità.
Il parmigiano è una interpretazione, ha una particolare configurazione di ingredienti, che sono pezzetti di verità.
Dobbiamo recuperare un rapporto interno e non esterno alla singolarità. L’indirizzo politico descritto dall’articolo 95 della costituzione - e quindi una interpretazione della verità politica - deve tornare ad essere centrale, e non una sceneggiata.
La verità sta alla politica come la Metafisica di Aristotele sta alla filosofia - cioè una intepretazione della verità, uno dei luoghi in cui la verità esiste.
Nel paradiso c’è un altro piacere, quello paradisiaco. C’è una devianza rispetto allo schema che è più dello schema. Tradotto in politica, ci sarebbe un indirizzo politico che è più della singola amministrazione.
In definitiva se l’interpretazione (cioè le individualità) è inutile, la vita o è vizio o è connessione.
La bildung è l’idea di una universalizzazione. Ma l’universalizzazione non è universale.
Il fruire dell’Assoluto implica un’eccedenza della Sostanza nei confronti nel soggetto
Sostanza=assoluto=verità
Soggetto=interprete=individuo
Cosa cambia se la sostanza diventa la ricchezza e il soggetto il consumatore? Il soggetto ne fruisce come si fruisce di qualcosa che però lo eccede.