Frequentanti: leggere testi di Kant.
Bisogna scegliere uno dei due testi e prenotare ??? il giorno… è tutto ben organizzato su Moodle. C’è una parte seminariale con delle presentazioni, che vanno prenotate su un excel (documenti google). Bisogna prenotarsi entro domenica 17 feb (altrimenti tutti si prenotano l’ultimo giorno).
Con le presentazioni ci alleniamo a presentare in pubblico. La presentazione vale il 20 % del voto finale.
Non c’è esame orale per chi frequenta, ma un saggio piuttosto lungo (6-9.000 parole) a fine esame.
Il calcolo è la media ponderata tra 5 criteri.
Stile: seguire il Chicago Manual Style (sistema autore-data).
Importante leggere i saggi per imparare la scrittura filosofica (anche se non sono strettamente relativi alla tua presentazione).
Importanza abstract: questo articolo vuole dimostrare a, b, c. Proverà a dimostrarlo così.
Cambridge Critical Guides: Kant.
Altri strumenti per la didattica e la ricerca si possono trovare sul Moodle.
Se non si riesce a fare la presentazione, riassunto di mille parole di uno dei saggi.
Il primo appello: 11.6.25.
L’ascesa di Newton, a fine anni ’40 Kant inizia a imparare la fisica di Newton. Kant pre-critico è legato algli sviluppi di quella che è chiamata filosofia leibniziano-wolffiana. Si tratta di conciliare le tesi di questa filosofia con quelli dello scetticismo.
Quando escono le prime recensioni della Ragion Pura, la
narrazione standard è che Kant reagisce alle recensioni negative
scrivendo i Prolegomeni.
Subito dopo, Kant sente l’esigenza di dare un esempio dell’applicazione
pratica dei principi che aveva sviluppato nella Critica.
Dal 1755-1770: fase scettica del periodo pre-critico - (scettica nei confronti del dogmatismo)
Il superamento dei principi puri porta appunto al Kant pre-critico, ed. critica del 1920.
$M^2 E MV $ trova la forza.
Kant nel periodo precritico inizia a studiare le tesi newtoniane. Il conflitto tra leibniziani e newtoniani era acceso in Germania in quegli anni.
Gli scritti di questo peiodo sono di interesse storico.
Scritti principali:
Kant tenta una conciliazione tra leibniziani e newtoniani. In questo periodo Kant si pensa ancora come scienziato. Scrive testi scientifici.
le monadi sono punti di forza che esercitano una forza fisica, la forza repulsiva è bilanciata da altre forze.
Scritti scientifici minori:
La falsa sottigliezza delle quattro figure sillogistiche, 1762
Indagine sulla distinzione dei principi della teologia naturale e della morale, 1764
L’unico argomento possibile per la dimostrazione dell’esistenza di Dio, 1763 - L’esistenza non è una posizione.
Tentativo di introdurre il concetto delle grandezze negative in filosofia, 1763 Kant distingue tra ragioni ideali e ragioni reali - ragioni reali non si contraddicono, come due forze in equilibrio.
Sogni di un visionario, 1766
Del primo fondamento della distinzione delle regioni dello spazio, 1766 - Kant smonta l’ultimo pezzo del sistema wolffiano: i wolffiani deducevano il rprincipio di spazio come un concetto derivato dal principio di non contraddizione. Kant qui introduce il famoso esempio dei due opposti incongruenti: due oggetti identici per proprietà intrinseche ma che non possono essere sovrapposte (come le mani, oggetti tridimensionali asimettrici che hanno proprietà identiche ma sono diversi solo perché sono nello spazio); dunque lo spazio esiste e non è solo un concetto.
Nel sistema wolffiano, tutto, compreso il principio di non-sufficiente, deve essere ridotto al principio di non contraddizione. Il principio di non contraddizione era il modello della conoscenza scientifica certa. Wolff non pensava che tutto potesse essere ridotto a sillogismi, ma pensava a una conoscenza scientifica che riconducesse ogni conoscenza a una forma sillogistica.
Nel 1762 Kant rifiuta il sillogismo come metodo della filosofia: è contro il metodo analitico.
Esistono delle relazioni non riducibili al principio di identità e non contraddizione. Il fallimento del progetto wolffiano si vede specialmente nei Sogni di un visionario chiariti attraverso i sogni della metafisica.
Kant dice che le visioni di Svedenborg non sono troppo diversi dai sogni del metafisico, che deve costruire un sistema in modo logico ma per ciò arbitrario.
Qual è lo strumento della certezza? Forse l’esperienza? Questa è una soluzione scettica, con cui Kant inizia a ragionare - il ragionamento è organizzato in base ai risultati dell’Estetica dei Baumgartner, in cui divide tra giudizi analitici e sintetici (soltanto empirici in questa fase).
Lo spazio assoluto esiste? Ma nessuno lo vede e lo può toccare è un oggetto particolare, esercita una influenza su certi oggetti. Kant se ne accorge e inizia a ragionare: uno spazio assoluto dovrebbe essere composto di infinite parti, ma semplici, ossia senza estensione? Kant pensa: non sembra che lo spazio possa esistere neanche come cosa, oltre che come concetto astratto.
Soluzione di questo problema: la grande luce nel 1769. Lo spazio è la forma a priori dell’intuzione. Distingue nella sensibilità la forma e lo spazio; due cose possono essere distinte solo perché sono nello spazio.
COntenuti: Dissertazione del ’70
sensibilità e intelletto concetto e intuizione fenomeno e noumeno sensibilità, forma e materia intelletto, uso logico e uso reale concetti puri e concetti empirici
Nella lettera a Herz del 1772, spiega le ragioni di questo silenzio.
Qual è il rapporto tra rappresentazione e oggetto?
Se la rappresentazione fosse attiva, cioè creasse l’oggetto, come si pensa che faccia Dio - creandolo e conoscendolo allo stesso tempo, le rappresentazioni sarebbero comprensibili rispetto agli oggetti. Ma ci sono i noi delle cognizioni che non sono né prodotte da noi ne esistenti nella realtà: i cosiddetti concetti puri, che non sembrano essere derivati dalla sensazione.
I concetti puri dell’intelletto non devono perciò essere astratti
dall’intuizione, ma sono già dentro di noi.
Nella dissertazione aveva detto che le rappresentazioni intellettuali
non sono modificazioni dell’anima.
Ma come faccio a connetterli agli oggetti esterni dato che non derivano da essi. 2 soluzioni:
In tutti e due i casi si arriva alla soluzione personalistica.
L’empirismo non spiega perché esistono concetti puri che non sembrano risultato diretto di conoscenze empiriche.
Il personalismo non spiega invece come funziona la realtà, Dio mette semplicemente le cose a posto.
Abbiamo dei fogli sciolti di riflessioni sulle opere di Baumgartner, in cui Kant tenta di venire fuori dai problemi che aveva trovato.
Kant inizia a riconoscere l’attività unificatrice dell’intelletto - l’uso logico dell’intelletto della Dissertazione
Il concetto ha invece la funzione di connettere cose differenze che pure non sono identiche. Come mai connettiamo con i concetti di giallo, malleabile, fondere ad alte temperature; queste proprietà dell’oro non sono comprese nel concetto dell’oro, ma noi le associamo all’oro. Come facciamo? Viene spiegato con le categorie, e le analogie dell’esperienza.
La critica segue un metodo scolastico, per esser epreciso parte dalla parti per arrivare al tutto.
Kant si sente frainteso nella recensione di Garve, che aveva interpretato la critica come un fenomenismo in cui si riconosce solo l’esistenza del fenomeno. Per questo motivo scrive i prolegomeni; scrive … per mostrare una applicazione dei concetti puri, delle categorie, ecc. ai sensi esterni.
Kant si accorge che c’è una lacuna nel sistema: molti interpreti cercano di capire quale sia sta lacuna, secondo alcuni è nella Critica del Giudizio.
Tentativo di mettere una toppa a questa lacuna, sta su una serie di fogli dall’aspetto inquietante, scritti da Kant forse in preda alla demenza senile.
Il problema è di rilevanza storica.
Kant trascende per molti versi la tradizione continentale. La storia di Kant è insomma inseparabile dalla storia della sua ricezione.
Sono i primi seguaci di Kant.
C’è la divisione tra Naturphilosophie, che si divide in:
Per Fries, la teoria della materia di Kant per esempio non sta in piedi.
La morte di Hegel nel 1831 è uno spartiacque, la Germania diventa un punto di riferimento per la scienza ufficiale, mainstream, europea.
Si forma da un lato il materialismo volgare, la filosofia reagisce appropriandosi di Kant. Qui inizia la vera storia dell’interpretazione di Kant, alcuni scrivono delle monografie.
Le intepretazioni di Kant possono essere divise in sistematiche e filologiche.
Sistematiche:
Filologiche:
Nell’800 il successo immenso delle scienze determina un ritiro della filosofica (temi di una conversazione tra Heidegger e Cassirer nel ’900).
La battuta famosa per cui comprendere Kant significa andare oltre Kant, nasce il movimento della Kant-philologie.
Cassirer e Bruno Bauch sono kantiani ancora convinti che Kant sia un proto filosofo della scienza.
Nel ’900 escono molti scritti non più su Kant e scienza, ma su Kant e metafisica.
Il coronamento del neokantismo si ha in Kant scienziato di Erich Adickes. Adickes difendeva la doppia concezione della cosa in sé. Adickes fa un lavoro certosino di studiare dai primissimi scritti fino alle opere postume. Concezione di un Kant metafisico contro il Kant teorico della scienza che pensava Cassirer; c’è un dialogo a Davos tra Cassirer e…?
Autori:
Vuillemin
Peter Plaass,
Gordon Brittan,
Robert E. Butts
Hansgeorg Hoppe, 1868
Burkardt Tuschling, 176
Lothar Schaefer, 1866
Karen Gloy, 1876
M. Friedman Kant and the Exact Sciences
Eckart Foerster, Kant’s final synthesis
Siamo nel 1783-84, Kant ha appena pubblicato la Ragion Pura, riceve una recensione negativa che lo colpisce particolarmente e - almeno questa è la versione più diffusa dei fatti - scrive una risposta.
Due moivi per scegliere uqesto testo al posto della Critica della Ragion Pura:
Testo classico: questo è un testo che va letto con grande cautela e attenzione. Le parole sono scelte molto bene, riprende problemi che sviluppa anche in altri testi.
Prolegomeni è un termine abbastanza consueto in italiano: Wolff e Baumgarten sono importanti, Kant insegna sui testi di Baumgarten.
Kant vuole distinguersi dall, uno che sta imparando una disciplina imparandola a memoria (come chi si era imparato a memoria i testi di metafisica wolffiana: un apprendimento meccanico, passivo, storico dice Kant. I filosofi devono invece conoscere una disciplina e cioè conoscerne i fondamenti; Kant va oltre dice ancora: non soltanto per i “maestri di metafisica”, ma questi devono insegnare una disciplina che non si sa ancora se esista.
L’esposizione (termine tecnico in Kant), esposizione di una disciplina che è gia stata sviluppata. La disciplina è già formata e ha bisogno solo di essere definita. Questo non può essere il caso della metafisica, una futura metafisica, che bisogna ancora capire se esiste.
Ironico che Kant non amasse particolarmente ridurre la filosofia alla storia della filosofia, Kant si pone in modo ironico rispetto a questa cosa.
Kant dice che non si impara la filosofia, non è una cosa già data, ma bisogna imparare a filosofare - Kant vede con superiorità questi storici della metafisica (Qui si riferisce a Garve e Feder che accusavano Kant di non essere originale.
Quelli che studiano filosofia devono attingere alle conoscenze solo razionali e non alle nozioni storiche. Toccherà ai filosofi dare notizia delle loro elaborazioni della filosofia, la storia della filosofia può solo raccontare a posteriori queste elaborazioni.
Tutto sembra già stato detto, nella storia della filosofia, dice Kant, si possono sempre trovare somiglianze tra una dottrina e una dottrina precedente; non è difficile trovare queste somiglianze. Polemica contro gli autori della recensione, che accusavano Kant di non dire nulla di diverso da Berkeley esse est percipi, idealismo soggettivo psicologico - secondo loro Kant non dice nulla di diverso.
Metafisica: un termine che in Kant ha un significato quasi ambiguo, dobbiamo prestare attenzione al contesto. Sicuramente, è una conoscenza a priori (come la matematica - ma sono comunque distinte, lo dirà più tardi)
La metafisica è una conoscenza a priori, cioè indipendendente dall’esperienza - se è puramente formale si chiama logica, se ha un oggetto si chiama metafisica. C’è una metafisica della natura (scienze teoriche) e una metafisica dei costumi (scienze pratiche) - la parola morale e etica hanno la stessa origine in greco (Zitte è una germanizzazione di mos).
Quindi: nessun oggetto, metafisica speculativa, che Kant vuole criticare; è il suo obiettivo polemico. Questa metafisica pretende di avere oggetti oltre le’esperienza.
Qualcosa come la metafisica è possibile= Questa è la domanda principale del libro. Prima di avviarsi in questa ricerca bisogna considerare la questione se qualcosa come la metafisica sia possibile.
Perché ci viene il dubbio? Se la metafisica è una scienza, come fa a trovare un universale, una disciplina scientifica impone il plauso di coloro che la studiano - una dimostrazione della matematica è cogente, ti impone l’accettazione. La dimostrazione fa ti che tu non possa accettare il teorema di Pitagora.
Nelle discipline scientifiche c’è un plauso; non c’è nulla di simile in metafisica, su cui non c’è questo consenso universale.
Ma se non c’è questo consenso universale, perché la metafisica viene praticata?. Nonostante non sia una scienza, continuamente alimenta le nostre speranze, cerchiamo di attingere sempre in qualche modo a conoscenze metafisiche. Le conoscenze metafisiche ci sono precluse, ma queste domande ciononostante si impongono a noi.
Non si può rimanere in una condizione per sapere se la metafisica sia possibile come disciplina. Mentre ogni altra scienza progredisce incessantemente.
Un aspetto esteriore di una scienza è che le altre discipline progrediscono, mentre la metafisica rimane sempre sugli stessi problemi.
Anche se si pratica sempre meno metafisica - persone brillanti non vogliono rovinare la loro reputazione con questa disciplina - occorre distinguere la pura chiacchiera (bullshit, potremmo dire in inglese) - in metafisica non riusciamo a farlo; non riusciamo a tracciare una linea precisa tra la chiacchiera e l’uniformità.
La questione se la metafisica come scienza sia possibile è centrale perché la ragione ha un piacere nel costruire i propri edifici, poi si accorge che il palazzo che ha costruito non regge e lo distrugge e lo cambia.
Domandarsi se è possibile significa che la metafisica non è reale. Dell’esistenza di alcune discipline non posso dubitare: la matematica, la fisica pura. Mi chiedo come sono possibile e perché hanno successo. Questa è la domanda che concerne la metafisica.
Quelli che si leggono i libri di Mayer, Baumgarten, i loro manuali di metafisica (spesso scritti in latino, e pensati per definizioni numerate).
La metafisica di Baumgarten, ben strutturata di fronte a me, altri non comprenderanno quello che hanno già visto. Ad alcuni non interesserà l’impresa, perché pensano che tutto sia già stato detto. Per un po’ di tempo tutto rimarrà uguale.
La ragione umana ha un bisogno metafisico insopprimibile. Anche gli spiriti forti a un certo punto si chiedono dove andiamo, cosa facciamo eccetera. Nella metafisica è anche coinvolto l’interesse della ragione. La ragione ha interesse a che la metafisica sia possibile. Altra espressione tipica di Kant che usa anche nella filosofia morale.
Locke aveva costruito una filologia della ragione (da dove vengono le nostre idee) e Leibniz che procede con una metafisica a priori - questi sono i due modelli che Kant vuole attaccare.
Hume nella storia della metafisica ha questo ruolo centrale. Da Hume sprizzò tale scintilla. Hume non è riuscito a riformare la metafisica, gli è solo venuto il dubbio e in questo senso fu una scintilla.
Hume partì da un unico concetto nella metafisica: la connessione di causa ed effetto, che nel concetto fisico si chiamano forza e azione. La metafisica pensa di aver generato il concetto di causa effetto dal suo seno, cioè in modo indipendente dall’esperienza. Hume si accorge che questa pretesa della vecchia metafisica è ingiustificata, la metafisica deve rendere conto che riesce a dimostrare in modo astratto dall’esperienza il principio di causalità.
- Il principio di causalità dice che se qualcosa è posto, qualcos’altro deve essere necessariamente posto Ad esempio il movimento di un corpo è differente, noi vediamo che uno causa l’altro, se fossero indifferenti non c’è modo di pensare a priori astraendo da quel concetto.
Nuova definizione della metafisica: disciplina a priori che procede attraverso concetti. Kant ha in mente la logica dei concetti diffusa da Aristotele in poi fino alla filosofia leibniziano-wolffiana, per cui i concetti riassumono ciò che molti individui hanno in comune (Aristotele, Platone sono tutti filosofi greci).
Il modellino è quello delle classificazioni tassonomiche delle piante o degli animali, i lupi sono canidi, questo è il modellino della scomposizione.
La conoscenza per concetti dimostra qualcosa facendo vedere che concetti differenti hanno in realtà qualcosa in comune. Cosa fa allora il sillogismo? Tutti gli esseri umani sono mortali, Socrate è un essere umano, Socrate è mortale. Qui sto dicendo che attraverso la premessa minore, il concetto di mortale è contenuto nel concetto di Socrate. Se riesco a mostrare che Socrate è un uomo, posso dire che Socrate è mortale.
Posso ovviamente andare avanti con un prosillogismo: tutti gli animali sono mortali, tutti gli esseri umani sono animali, tutti gli esseri umani sono mortali. Vado da una parte all’altra di questo ragionamento e derivo che i concetti sono in realtà reciprocamente contenuti in modo gerarchico.
Nella tradizione leibniziano-wolffiana si procedeva secondo questi sillogismi.
Il principio di causa effetto non dice che la causa e l’effetto hanno qualcosa in comune, dice che sono completamente diversi, eppure connessi.
Qui Kant subito formula la questione in questo modo: come posso essere giustificato nel pensare che qualcosa esiste se non ha nessuna connessione con nessun altro oggetto (o almeno così pretendeva la vecchia metafisica).
La nuova metafisica è dunque a priori ma bisogna procedere per concetti. La matematica anche è a priori ma non va confusa con la metafisica perché non procede per concetti.
Hume dimostrò secondo Kant che è impossibile dimostrare per soli
concetti un collegamento, perché il collegamento è opaco, non si capisce
perché la cosa debba essere in questo modo necessario.
Esempio: il calore scioglie la cera, il calore è la causa e lo
scioglimento della cera è l’effetto, non c’è nulla nella cera del
concetto di calore, eppure noi non possiamo non pensare che dato
l’effetto ci sia una causa.
Il concetto di causa effetto se non può darsi a priori, perde la sua necessità. La ragione pensa che il concetto di causa effetto possa essere dedotto in modo totalmente razionale (questa è una accusa ai wolffiani), chi ci prova fallisce perché è solo un figlio bastardo dell’immaginazione.
Il principio di causalità ha a che fare solo con principio di associazione. Finora ho sempre affermato che delle conseguenze sono sempre connesse a delle cause.
Se posso provare che Dio è causa del mondo in modo totalmente logico, non mi serve l’esperienza. Il vecchio metafisico si arroga il diritto di usarlo in modi totalmente diversi dall’esperienza. Hume smonta questa credenza, non si può deriva a priori il principio di causalità, che può essere considerato valido fintanto che viene osservato, ma niente di più.
Prima risposta a Hume: il senso comune.
L’illazione di Hume ha posto le basi, se qualcuno lo avesse
preso sul serio, forse avremmo avuto una rivoluzione nella metafisica;
ma Hume non venne preso sul serio.
Kant allora qui si rivolge indirettamente ai filosofi del senso comune
(Hutchinson, Bittey). Questo è un unicum nell’opera di Kant.
Sembra secondo Kuhn che Kant avesse letto questi autori scozzesi del
senso comune, alcuni tradotti in tedesco. Erano autori noti in Germania,
che offrivano una prima risposta a Hume, cioè
considerare di affidarsi al senso comune.
I filosofi del senso comune pensavano che Hume volesse dimostrare
che il concetto di causa fosse illegittimo, ma, dice Kant, questo non è
ciò che Hume voleva dimostrare.
Hume voleva dimostrare che l’origine del concetto non era priori, non
che non fosse “legale” poterlo usare fuori dall’esperienza.
La metafisica pensa di poter applicare il concetto di causalità a
oggetti che non appartengono all’esperienza (oggetti
metafisici).
I filosofi del senso comune si appellarono al comune
senso umano. La filosofia del senso comune offre una
soluzione empirista al problema di Hume, appellandosi
al senso comune, “intelletto comune” umano.
Spesso è normale che agiamo con questo senso, di certi giudizi veri che
vengono considerati veri anche da molti altri.
Se si ha un intelletto semplice e diretto è un dono del cielo, ma devo dimostrare che il senso comune è dimostrabile nei fatti, non posso semplicemente invocarlo - non posso appellarmi all’intelletto umano.
L’intelletto è la forma della molteplicità, il giudizi dei molti, espresso ad esempio nei proverbi è un caso particolare del principio di autorità - e spesso gli esseri umani fondano il loro giudizio sul consenso collettivo.
Hume stesso avrebbe potuto appellarsi all’intelletto comune, ma la metafisica deve essere una metafisica speculativa, ossia dotarsi di strumenti adeguati.
Se io nella metafisica procedo per soli concetti (in modo sillogistico). Kant esclude una possibile soluzione al problema: Reid, Bittey, Oswald, la loro soluzione non è accettabile, e il problema rimane aperto.
48:: Lo confesso fracamente, l’avvertiumento di david hume mi svegliò dal sonno dogmatico, e dette tutt’altro indirizzo alle mie ricerche nel campo della metafisica speculativa
Questo risveglio dal sonno dogmatico è probabilmente negli anni ’60. Il principio di causa effetto non è deducibile a priori per concetti, cioè non è un giudizio analitico ma sintetico. Già in quel periodo Kant ne sembra consapevole. Negli anni ’60 Kant era ancora convinto che fosse a posteriori, cioè fondamentalmente accetto lo scetticismo di Hume.
È possibile che questa sia anche una ricostruzione razionale, con una filosofia di kant che inizia con un dogmatismo, poi scetticismo empirista, e poi critica della ragion pura.
È difficile affrontare le conseguenze di Hume, per vari motivi:
Dunque Kant ricerca: l’obiezione di Kant può essere
generalizzata, cioè non solo che si riferisca al concetto di
causa effetto, ma anche ad esempio quello di sostanza,
o il principio di azione-reazione.
Kant si rende conto che ci sono altri concetti che vanno
sottoposti alla stessa critica di Hume, non sono
deducibili a priori per puri concetti.
Cerca quindi il numero esatto di tutte le categorie (questa diventerà la deduzione trascendentale. Voleva avere un principio da cui derivare questi principi a priori.
Deduzione non significa deduzione logica, ma kant usa dedutio, che è una deduzione giuridica. La deduzione dei concetti, molto complessa, deve giustificare che l’unità dei concetti a priori è legittima. Questi concetti a priori hanno bisogno di una giustificazione.
Kant invece è riuscito a dimostrare che pur avendo origine nell’intelletto, posso giustificare il fatto che posso usare il riferimento agli oggetti dell’esperienza. Si tratta di cercare di capire se si può stabilire che necessariamente ogni oggetto ha una causa. Come faccio a dimostrarlo? I filosofi non si sono mai posti il problema, pensavano di poter dedurre la cosa tramite concetti.
Kant era convinto di avere di fronte a sé un piano completo della Critica della Ragion Pura. La sua paura era che la soluzione al problema di Hume non venisse compresa; la reazione degli scozzesi ne è un esempio, è una non risposta - il problema non era mai stato compreso fino in fondo.
Kant si lamenta del fatto che i primi lettori della Ragion Pura fossero stati superficiali perché è un testo scritto non in modo popolare - Kant fa una scelta scolastica o metodica per l’esposizione dei suoi testi. È una scelta consapevole e fatta con metodica esattezza.
L’esposizione scolastica è necessaria all’inizio, e poi
posso fare un’opera popolare, e questa sono proprio i
Prolegomeni, che sono esercizi preliminari.
Qui probabilmente Kant dice che è un esercizio preliminare nei confronti
di una disciplina che si vorrebbe definire come una scienza.
Cos’è una scienza per Kant? In prima approssimazione, la scienza è una scienza razionale (cioè esposta per principi in modo organizzato, sistematico e architettonico). La critica della Ragion Pura deve essere una scienza organizzata che non lasci fuori nulla.
I vecchi metafisici non si rendono conto del suggerimento dato da Hume. Neanche Hume intuì o sviluppò le conseguenze radicali della sua teoria. Hume finì nello scetticismo, una posizione comoda. Come dice Pascal, credere a tutto e non credere a nulla sono le due posizioni più facili della filosofia. La metafisica si è arenata, mentre la metafisica deve essere la bussola che indica la strada alla ragione.
Anche la Critica della Ragion Pura diventa una analisi preliminare, un piano. Non c’è nessun criterio di esattezza nella ragione, l’unico criterio che abbiamo è quello di coerenza. La ragione non è mai soddisfatta se non è o tutto o niente.
Il piano viene può essere sviluppato con un metodo analitico o un metodo sintetico:
Il metodo analitico è utile per la scoperta di casi isolati, il metodo sintetico è utile per l’esposizione architettonica e ti dà la sicurezza che tu stai risolvendo tutti i problemi di un sistema assiomatico. Il metodo sintetico dà la garanzia della completezza ma è particolarmente sottile.
Kant ha usato il metodo analitico nella Ragion Pura, risalendo dalle scienze che esistono (matematica e fisica pura) e risalendo ai principi. Partendo dai principi invece l’esposizione diventa più oscura.
Colui che vuole creare una metafisica deve rendere conto che le conoscenze fondamentali sono quelle senza le quali una metafisica non sarebbe possibile.
Tutti quelli che guardano a tutte le altre scienze osservano un prudente silenzio rispetto alla metafisica.
Dalla Prefazione del testo, passiamo alla parte successiva.
Le metafisica possono rappresentare una conoscenza comune, distinta da quella scientifica. La conoscenza scientifica è quella sistematica realizzata come un sistema che parte da principi e non cme un aggregato, si possono derivare dai principi le conseguenze in modo ordinato (scientifica vs conoscenza comune).
Dunque quello che vogliamo provare a dire che la metafisica sia una scienza; possiamo tratteggiarne il compito, e definirla rispetto alle altre discipline scientifiche.
Se non facciamo questa operazione, se non efiniamo la caratteristica peculiare di una conoscenza, tutte le scienze si confonderebbero.
Caratteristica che contraddistingue una disciplina è il suo oggetto, vedremo più avanti che la metafisica della natura (della morale) si distingue da quella dei costumi (si occupa degli oggetti esterni)
Altra caratteristica: le fonti della nostra conoscenza, o il suo modo di conoscere. Qui Kant sembra sovrapporre in prima approssimazione i suoi oggetti.
Gli insiemi definiscono il territorio di una conoscenza, il loro “dominio” in un certo senso. Dobbiamo distinguere quindi in prima battuta il territorio della metafisica da quello delle altre della disciplina.
Quanto alle fonti della metafisica, è implicito che esse non possano derivare dall’esperienza - sta nella definizione stessa della conoscenza metafisica.
I principi di essa, a cui appartengono soltato i suoi assiomi e i suoi concetti fondamentali non derivano dall’esperienza.
Per concetto fondamentale della metafisica, intendiamo sostanza, è fondamentale perché
Kant attinge alla storia della metafisica . Ciò che esiste come sostanza, esiste soltanto come soggetto. Socrate non può essere predicato di altro (Aristotele).
Né i principi né i concetti fondamentali possono stare dell’esperienza (sta nella definizione esperienza della metafisica, al di là della metafisica.
Esiste una disciplina, La psicologia empirica, si occupa delle cose dentro di noi - poi vedremo se può chiamarsi scienza.
L’oro è malleabile. chi è che lo dice? L’esperienza. Colpendo i pezzi d’oro possono renderli più sottili, dunque l’oro è malleabile, ne deduco.
La conoscenza che cerchiamo, la metafisica, è una conoscenza a priori, cioè indipendente dall’esperienza.
La conoscenza dell’intelletto puro (ragion pura) è dunque indipendente da ogni possibile esperienza.
Dire solo che la metafisica è a priori non la distingue comunque dalla matematica.
Kant rimanda a un passaggio della Critica della Ragion
Pura un po’ oscuro, citatissimo: Kant offre la distinzione tra
conoscenza matematica e metafisica.
Possiamo ambire a leggere nel libro della natura la matematica;
obiettivo polemico qui potrebbe essere virtualmente Spinoza, che prende
di dedurre la metafisica o la matematica; anche i Leibniz prendevano la
conoscenza matematica e pervenivano alla metafisica. Ma c’è una
differenza profonda tra matematica e metafisica:
La metafisica procede per concetti, la matematica procede per costruzione di concetti.
Concetto e intuizione. Leggiamo un altro brano da KrV: concetto in generale e differenza con l’intuizione.
Non confondiamo queste due parole con l’uso che ne facciamo nel linguaggio comune: Kant ha in mente qualcosa di molto preciso.
Kant attinge alla terminologia di Wolff e Baumgarten. Tutte le rappresentazioni riferite ad un oggetto sono intuizioni di quell’oggetto.
Kant di solito chiama qualsiasi contenuto di conoscenza rappresentazione. A noi potrebbe suonare psicologista, ma così è. 24. Ovviamente, parliamo di una rappresentazione di cui si ha coscienza, cioè di cui si
Le rappresentazioni sono due:
È intrinseco nella nozione di concetto quella di essere comune a più robe. Non ci sono concetti singoli, i concetti sono per definizione sempre generali.
Il sole è opposto alla nozione di corpo celeste che ruota, nozione mediata dalla nota comune (concetto). In virtù della nota comune si può fondare l’oggetto.
L’intuizione è sempre soltanto data, se il tavolo non è presente posso avere una rappresentazione concettuale.
Due strumenti concettuale per Kant, o concetti generali o intuizioni, determinazioni singolari, nient’altro.
Kant sta facendo una scelta ben precisa: polemizzando con la lezione leibniziano-wolffiana, per cui non si dà una differenza nella genesi di intuizioni e concetti, ma la loro differenza è solo una questione di chiarezza.
Secondo Leibniz, più accumulo note concettuali, al limite dovrei riuscire a definire tutte le note concettuali dell’individuo Cesare. Per Kant, questo non si dà nemmeno in linea di principio.
Per Leibniz, tutte le intuizioni sono riferibili a concetti.
Conoscenza filosofica: conoscenza che prosegue soltanto per concetti.
Lo spazio (lo vedremo più tardi) sarà un’intuizione pura, un singolo oggetto, e non un’“intuizione concettuale”.
La conoscenza matematica, abbiamo detto, prosegue costruendo concetti. Costruire un concetto significa esporre a priori (non empirica) un oggetto.
Esempio di come procede la matematica, per costruzione di concetti. La costruzione del triangolo. Kant la geometria in generale, non procede per soli concetti, ma procede costruendo un concetto. Kant fa riferimento all’attività di costruire figure.
Dovevamo costruire un singolo triangolo su una lavagna. Un triangolo che rappresentazione le caratteristiche di quell’oggetto, mercé l’immaginazione. Ma che intendiamo qui con immaginazione, avevamo solo concetti e intuizioni. Le intuizioni sono davanti a me in questo momento, il tavolo davanti a me. Se mi giro che succede? Posso riportarla alla mia memoria grazia a questa facoltà dell’immaginazione, ossia ricordandomela.
Il concetto di triangolo fornisce una regola per costruire la figura. Gli interessa l’operazione della costruzione. Se io devo costruire un cerchio, è il luogo dei punti equidistanti…
Oltre alle determinazioni, come la grandezza, la dimensione degli angoli della figura, sono del tutto indifferenti; di solito ci è richiesto di disegnare un triangolo qualsiasi. Le determinazioni specifiche non mi interessano, non rientrano nella dimostrazione.
Il filosofo (il metafisico - quello che vuole dimostrare l’immortalità dell’anima) procede solo per concetti, abbiamo detto. Non può darmi un esempio singolo. Procede in modo totalmente astratto; al matematico possiamo invece sempre chiedere di disegnare sulla carta e vedere se funziona.
Il matematico costruisce, cioè opera in modo sintetico.
Innanzitutto, traccia un triangolo qualsiasi. Poi introduce delle figure ausiliarie, andando oltre il concetto di triangolo. Userà delle proprietà che gli sono note [elenca le proprietà].
Quindi si trova che la somma degli angoli è 180. Il geometra ha imparato qualcosa di nuovo: non ha ragionato sul concetto di triangolo in generale; ha considerato un singolo triangolo ma senza prendere mai in considerazione le sue caratteristiche specifiche. Infine, ha dedotto una proprietà nuova, del triangolo di avere 180 gradi.
Nel corso dell’800, diventava sempre più chiaro che la matematica potesse essere ridotta alla logica (Frege, Russell). Un’obiezione forte, contro Kant. Un sistema assiomatico si deduce in modo logico. Per Kant, la geometria evidentemente non è riducibile alla logica del suo tempo, quella sillogistica.
Intikka, filosofo analitico che studia Kant. Afferma che Kant qui si stava riferendo alla geometria euclidea, non le geometrie più sofisticate di fino ’800. Kant sta descrivendo in modo adeguato ciò che dice Euclide. Euclide non procede per soli concetti, ma per costruzioni di concetti, fa notare Intikka.
Seconda ed. KrV: Euclide viene colpito da una grande luce, non deve dedurre dalla figura se non ciò che avveniva secondo le condizioni poste dal concetto stesso.
Euclide assume la possibile di tracciare una linea retta qualsiasi, senza dimostrarlo.
Costruzione: descrizione di una figura che io traccio, secondo una regola. Es. ho bisogno di una figura in cui ho bisogno che tutti i punti sono equidistanti dal centro.
Non è il punto che lo disegno sulla carta, ma mi aiuta.
Differenza tra filosofia e metafisica; sono due scienze a priori ma con uno statuto differenze questa procede solo per concetti, l’altra per costruzione di concetti. Il matematico ha il vantaggio di poter sempre costruire il triangolo a cui si riferisce nelle sue dimostrazioni.
Il dibattito a cui si riferisce è quello tra Locke e Berkeley. La questione che Berkeley non riusciva a risolvere: come fa a essere sicuro il geometra che ciò che ha dimostrato per il singolo valga per tutti? Kant risponde: non è il risultato che è importante, ma è la regola di una costruzione, l’atto di una costruzione.
Kant usa il termine schema. La singola figura non è la figura. Lo schema non è un concetto generale, è il risultato di una costruzione.
La metafisica è a priori, ma Kant ci deve già convincere che si tratta di una conoscenza differente rispetto alla matematica.
La specie di conoscenza: Kant introduce qui la distinzione tra i giudizi sintetici a priori e i giudizi analitici a posteriori.
C’è sempre una distinzione adeguata non la contenuto specifico, ma al modo in cui il contenuto è ottenuto. Questi sono i giudizi esplicativi, o chiarificatori. Primo tipo di giudizi. Giudizi che non aggiungono nulla al contenuto del concetto stesso. Anche detti analitici
Concetti ampliativi o sintetici.
Giudizi analitici non dicono nel predicato se non ciò che già era
realmente nel concetto del soggetto. Il predicato era pensato,
ma non così chiaramente, nel concetto. Lo devo portare alla
luce, perciò chiarificatore. Esempio celeberrimo: tutti i corpi sono
estesi. Molti lo fraintendono. Sto dicendo che tutte i solidi sono
estesi, le figure a tre dimensione sono estesi. Quando dico che i corpi
sono estesi, sto portando alla luce qualcosa di già implicito. Non ho
ampliato la nozione di solido geometrico.
Se io dico che il punto è qualcosa di esteso, sto
aggiungendo, perché per definizione il punto non ha
estensione.
Sintetico è ampliativo, aggiunge qualche informazione rispetto al mio oggetto.
L’estensione è una caratteristica essenziale dei corpi; ma non lo è la pesantezza - in linea di principio i corpi potrebbero non avere peso.
Per Leibniz tutti i giudizi sono così; l’unica differenza per Leibniz è che Dio vede tutte le verità in modo analitica; per Leibniz tutti i giudizi sono in realtà analitici, tutto ciò che fanno è esprimere delle essenze. Wolff e Baumgarten, dice Kant, avevano in mente solo questa classificazione; persino i giudizi empirici potevano essere ridotti in questo modo.
Kant dice: esiste un rapporto soggetto predicato che non è riducibile a un rapporto puramente concettuale. La filosofia procede solo per giudizi analitici, non ha altri strumenti.
Quando dico che Socrate è mortale, significa che una parte del concetto Socrate è identica al concetto mortale. Questa è la logica sillogistica di Kant.
I giudizi analitici si fondano completamente sul principio di non contraddizione, sono a priori.
Ciò che è a priori, è anche necessario. Un corpo non può non essere esteso. La caratterizzazione di estensione è necessaria rispetto al corpo.
L’oro è giallo? Questo è un giudizio analitico, è la definizione di oro; l’oro è anche duttile, malleabile, ma queste cose derivano dall’esperienza. Se dico che l’oro non arruginisce, solo l’esperienza può mostrarmelo.
Sarebbe assurdo fondare un giudizio analitico sull’esperienza, perché il giudizio analitico è basato solo sul principio di non contraddizione.
Nessuna esperienza infatti mi dice che i corpi sono estesi, non è questa la prova che porto; semplicemente, se dicessi che i corpi sono inestesi, mi contraddirei.
Molto problematica è l’idea di che i giudizi matematici sono sintetici; i giudizi della matematica erano analitici per Wolff e Leibniz; cosa c’è di analitico nella geometria? Kant è convinto invece che sia facile dimostrare che i giudizi della matematica sono sintetici.
Kant dice: diamo per buono che, dati gli assiomi, i teoremi siano deducibili analiticamente; ma gli assiomi non sono deducibili, sono perciò “sintetici”.
Kant concede ai suoi avversari che la matematica è del tutto a priori.
Ogni conoscenza che ha l’ambizione di essere necessaria.
L’esempio più famoso è quello dell’aritmetica - finora abbiamo visto quello della geometria. È abbastanza facile dimostrare che la geometria è sintetica, l’abbiamo visto prima con il procedimento del geometra che ha ha aggiunto qualcosa di nuovo al triangolo di partenza.
Argomento di Kant: non fortissimo, bisogna essere sinceri. Il concetto di 7 e poi di 5 non contengono l’idea di 12, non c’è il concetto di 12 già contenuto in 7 + 5.
Altro esempio: la linea retta è la più breve tra due linee - questa proposizione è sintetica, perché non ha nulla che riguardi la grandezza ma soltanto la qualità - questo è una cosa tipica del ’700, due triangoli equilateri, dicevano, hanno le stesse qualità; il triangolo equilatero e quello scaleno hanno qualità diverse.
Definizione: la linea retta è una figura auto-simile. Due concetti distinti sono sempre insieme, ma a priori.
Quando mi dicono l’intuizione di una figura, questa figura è una singola figura, il trattino se vogliamo fare un esempio è un singolo trattino, un oggetto generale, un individuo singolo, ora cambia stile un po’ la sua intuizione, l’intuizione pura a priori e quella empirica, l’intuizione pura è una versione idealizzata dell’intuizione empirica.
Questi sono termini che si usano comunemente anche in filosofia. Ci sono termini che si usano comunemente, ma anche in un modo specifico, specificamente per Kant, ma è anche una terminologia del ’700, non proprio originale, si usa un linguaggio che non sia comprensibile ai filosofi come potenziali interlocutori.
Quindi cambierà abbastanza la scelta dell’intuizione, quindi la scelta dell’intuizione immediata, questa cosa qui che è il punto comunicato, nel senso dell’immediata, il primo oggetto, il simbolo, l’idea dell’intuizione è il simbolo, l’autorizzazione è questo termine, questo termine, che anche non definisce, c’è un termine.
Se voglio spiegare a qualcuno cosa è un cerchio, cosa è rosso, come lo posso fare? Per spiegare a qualcuno cosa è rosso, lo devo indicare con questo gesto qua, questo è rosso, non c’è altro modo, in questo senso conoscenza empirica. Altro esempio: la distinzione tra destra e sinistra, non è spiegabile da loro, non lo spiegate, non è spiegabile.
Cosa vuol dire un oggetto limitato a destra? Non lo so spiegare a qualcuno, perché non posso dire un oggetto dalla stessa parte del cuore, devo farvi dire un altro oggetto asimmetrico più subito limitato a sinistra, e allora quando una destra terrestre è capace di capire cosa vuol dire il resto, ma è una conoscenza immediata, con il dito, ostensiva, dice anche Kant stesso. Questo oggetto è a destra, se è così, ma non c’è modo di spiegarlo a loro. Il concetto invece è una conoscenza mediata di più oggetti, mediata perché ci serviamo di una nota comune, altra espressione tipica della filosofia del ’700.
Per nota comune: un concetto definito dal suo nome concettuale. Cos’è un essere umano? Un animale, bipede, un razionale, eccetera, eccetera, io posso dire tutte le cose concettuali definite di un essere umano rispetto al cane.
Sono tutta una serie di determinazioni che gli esseri umani hanno in comune, quindi Socrate, Platone sono diversi, diverse note concettuali, ma hanno tutti in comune il fatto di essere razionali, liberi, eccetera.
Ma questo è il modellino che Kant ha a disposizione. Qui si parla di una condizione discorsiva, appunto discursiva perché ha spiegato a qualcuno cosa è essere umano, qui posso eliminare le note concettuali. Ora, se c’è un punto in cui Kant prende e posiziona questa tradizione era un punto di vista per cui l’intuizione, ha un ruolo e poi io elenco il singolo oggetto può essere definito aggiungendo un gran numero di omini concettuali.
Quindi io parto da essere umano, , mortale, bipede, razionale, eccetera, ci aggiungo Greco, filosofo, nato da Atene,
Per Kant non è così, per quanto io elenchi le note concettuali non colgo mai l’individuo: è sempre possibile pensare ad un individuo con le stesse note concettuali che sono diverse, si dicevano solo, soltanto per lui. Questo è un punto importante che Kant prende in considerazione.
Torniamo al nostro testo. Un altro punto in cui Kant prende e
posizione rispetto alla filosofia del suo tempo: l’idea che la
matematica sia una conoscenza sia una scienza sia sintetica che a
priori.
Il concetto è che se la matematica a priori, è una conoscenza non
analitica.
Ora Kant prende e posiziona diciamo e allora prendiamo la proporzione 7 + 5 = 12. Ci accorgiamo che la relazione che abbiamo stabilito in questo contesto non è quella del contenimento leibniziano.
Stiamo dicendo che il concetto di 12 è contenuto dentro il concetto di 12, cioè come il concetto di mortale dentro a quello di essere umano. Nel senso che nel contenimento, come dicevo, c’è una parziale identità.
L’idea è quella dei pacchettini, non è così banale. Ma anche, credo, che allunga il fatto che noi non abbiamo a che fare con il concetto generale, ma tra singole intuizioni. Bisogna disegnare le intuizioni come singole.
L’azione prima stabilita tra la parte sinistra e la parte destra, Dobbiamo usare la nota di contenimento. L’azione prima è la nota concettuale con il concetto.
In questa parte, come tutti, sto dicendo che il 7 e 5 sono parti del numero 12. Ora, è l’ultima bacchetta sulla resta, la dodicesima, e dipende da che parte inizia a contare. Non c’è nulla, non c’è nessuna bacchetta che va in la dodicesima. No, c’è una nota concettuale che è l’ultima pacchetta sulla resta, è in la dodicesima bacchetta.
Tutto sembra sfuggire, tutto sembra inconfondibile dal punto di vista della logica del concetto, cioè semplicemente non funziona. Ora, non è che gli interlocutori di Kant fossero convinti.
Il concetto che ho creato sostituisce, in realtà, cambia in base alla modalità di composizione scelta che ho aggiunto. Ad esempio, posso aggiungere la combinazione della grandezza uguale a 3+5, 12-4, 2x4, quindi 3x12, 2^3, eccetera. Tutta via, il concetto 2x4 non era contenuto in 3 +5, sono due concetti differenti.
Hanno note concettuali differenti, sono equivalenti dal punto di vista matematico. Questi concetti differenti esprimono la stessa cosa e sono equivalenti dal punto di vista matematico, la logica tradizionale considera differenti concetti matematicamente equivalenti.
La logica tradizionale considera gli opposti congruenti come identici (due figure identiche ma diverse una dall’altra)
La vecchia logica non è abbastanza potente per cogliere la natura concettuale-logica, bisogna di qualcosa di diverso. La logica dell’800 sarà più potente e riuscirà a fondare la matematica, da Frege a Russell. Chi confuterà Kant lo farà su questa base.
Per quanto riguarda la geometria pura: la linea retta è autosimile, composta da parti che sono anch’esse linee rette.
Se devo dire che la mia linea retta deve essere la più breve (cosa non implicita nella definizione di retta), sto costruendo qualcosa in modo sintetico, sto cioè aggiungendo. Rimane una conoscenza sintetica ma a priori.
Il tutto è maggiore della parte, il tutto appartiene a se stesso, sono le nozioni comuni. Principi analitici che fanno parte della matematica perché possono vederlo; posso anche costruirlo nell’intuizione del singolo esempio, è qualcosa che posso cogliere in maniera immediata. Il punto [4] mi permette di procedere in questo modo.
Sapere apodittico: la conoscenza di Kant è una conoscenza vera che pretende di essere necessaria.
La necessità aderisce già ai concetti. Nella vecchia logica dei giudizi analitici, noi non colleghiamo concetti, ma in realtà non portiamo alla luce, ma colleghiamo solo qualcosa di implicitamente contenuto nel soggetto.
Nel caso dei giudizi sintetici, io connetto invece due oggetti differenti. Ho solo bisogno di vedere un esempio come il triangolo per convicermi. Posso conoscerli solo tramite esempi, posso dimostrare.
Il carattere essenziale della conoscenza matematica è che deve procedere non da concetti, ma deve procedere a costruire oggetti.
Cos’è Dio? Cos’è uno spirito? Non possiamo conoscerlo in questo modo. Cos’è il mondo ultraterreno? Non c’è modo che qualcuno me lo faccia vedere con l’intuizione. La matematica offre invece questa possibilità.
La presentazione di un concetto in questo modo, tramite costruzione, indica il ruolo che l’intuizione svolge nella matematica.
Il dodecaedro si può solo pensare, non si può costruire. Per andare oltre il concetto, secondo Kant, possiamo usare solo l’intuizione. Non possiamo derivare nessuna nuova conoscenza da una scomposizione del concetto. Devo aggiungere cose nuove alla mia figura, e fare lì la mia dimostrazione.
Hume stesso diceva che la metafisica pretende di avere conoscenze a priori, ma la sua pretesa non è giustificata. La deduzione non è giustificata. Hume non aveva nessun esempio di una conoscenza che fosse sia a priori ma non analitica, gli era facile allora scagliarsi contro la metafisica - nella prospettiva di Kant.
La metafisica implicitamente pretende di dire qualcosa di più, qualcosa di sintetico a priori; ma senza nessun esempio.
La matematica è analitica, l’alternativa sono le conoscenze empiriche. Questa è l’alternativa dei leibniziani. Kant vuole rompere questa dicotomia, e introduce l’esempio della matematica, analitica e a priori. Una terza possibilità.
Giudizi metafisici. La matematica - aritmetica e geometria - danno esempi di conoscenze sintetiche. Anche i giudizi metafisici sono sintetici, ossia pretendono di aggiungere. Un concetto fondamentale della metafisica, la sostanza, è ciò che sussiste solo nel soggetto, Kant riprende questa definizione condivisa del suo tempo. Caldo e freddo possono esistere come accidenti, Socrate non può esistere come accidente.
La metafisica come scienza ha qualcosa di particolare. Ciò che noi chiamiamo sostanza delle cose è ciò che si mantiene. Il primo principio da cui prende le mosse Kant riprendendo Hume è che ogni effetto ha una causa, il secondo principio che assume è che nei fenomeni tutto ciò che rimane costante è sostanza. Io devo uscire dal concetto di sostanza e aggiungere qualcosa che è costante.
Il contenuto proprio della metafisica sono le proposizioni a priori? Il punto centrale è che la matematica e la metafisica hanno l’ambizione, la pretesa, si arrogano il diritto di produrre conoscenze a priori e per ciò necessarie, che siano però sintetiche.
La metafisica ha a che fare con proposizioni che sono sintetiche e a priori, rimanendo sempre nella conoscenza filosofica.
In tutti i cambiamenti, c’è sempre qualcosa che permane.
La divisione tra due tipi di giudizi è classica nella metafisica. Kant qui sottolinea la sua originalità. I giudizi sintetici assomigliano ai giudizi empirici? No. Dice Kant: Wolff e i leibniziani. Per leibniziani l’unica relazione concepibile tra soggetto e predicato è quella di riduzione; per Kant, c’è una relazione di non deducibilità tra soggetto e predicato.
L’obiezione che fa Hume è quella che risveglia Kant dal sogno dogmatico: sto dicendo qualcosa di completamente differente in un giudizio sintetico. Nonostante le apparenze, Wolff e Leibniz non furono in grado di superare il principio di identità (i giudizi analitici sono basati sul principio di identità). Vogliono derivare dal principio di identità anche il principio di ragion sufficiente.
Chi è che ha intravisto questa differenza tra i giudizi analitici e sintetici, dice Kant? Locke. Locke dice che vuole definire l’oro come corpo giallo pesante solubile in acqua regia. Una definizione nominale la chiama Locke, decido nominalmente di attribuire questi aggettivi all’oro. Che l’oro sia solubile in acqua regia è qualcosa che devo aggiungere io.
Se dico che tutto l’oro è malleabile, è una proposizione sintetica. Ci sono delle proprietà che, alla fine, posso scoprire solo grazie all’esperienza. Più caratteristiche aggiungo, non sarò più certo; ci sono altre qualità necessariamente connesse al concetto di oro ma che non sono contenute nella definizione.
Kant ci diceva prima che l’oro è giallo, e questa possiamo usarla come definizione a priori; tutte le altre proprietà le devo scoprire.
Che l’aria sia elastica (rispetto al pistone) è qualcosa che scopro; se faccio l’esperimento (esperienza) con l’acqua, scopro caratteristiche diverse.
Hume non riesce a rendere conto di questo fatto con una operazione logica. La distinzione tra analitiche e sintetiche viene individuata come distinzione logica. Allora dicono a Kant: vedi che lo ha già detto Locke.
La distinzione più importante è quella puramente logica (analitici: relazione di contenimento di identità - sintetici: bisogna uscire dal concetto iniziale A e aggiungere un concetto B che pretendo essere necessariamente connesso con il soggetto)
Domanda successiva: tutte le conoscenze sono o analitiche o sintetiche? Se la metafisica ambisce a essere una scienza. La metafisica come disciplina scientifica, ossia conoscenza sistematica fondata su solidi principi - se esistesse in questi termini, come facciamo ad accedere a conoscenze sintetiche a priori?
Quando i metafisici vogliono usare giudizi analitici a priori per dimostrare cose come l’esistenza di Dio, tuttavia non riescono, non possono raggiungere una conoscenza certa. La geometria riesce a ottenere una certezza durevole, ma pare che la metafisica non riesca.
Lo scetticismo e il dogmatismo metafisico qui si contrappongono. Lo scettico spinge la ragione fino a dubitare di qualsiasi conoscenza, il dogmatico utilizza in modo improprio i giudizi sintetici a priori. Kant propone come sappiamo una terza via.
Possiamo prendere come punto di partenza il progetto problematico di conoscenza, un concetto non contraddittorio ma che non possiamo dimostrare in modo analitico.
In un sistema assiomatico deduco i teoremi dagli assiomi; anche nella Ragion Pura Kant produce così il suo sistema. Kant dice: il metodo sintetico è buono per la presentazione, ma il metodo analitico è un metodo di scoperta di qualcosa di nuovo. Il metodo con cui Kant ha scoperto, non è il metodo della Critica; è il metodo analitico: parto da un fatto dato e risalgo alle condizioni di possibilità.
Possiamo dire con sicurezza che matematica pura e fisica pura sono conoscenze sintetiche a priori: partiamo da qui e cerchiamo le condizioni di possibilità di questa conoscenza. Non dobbiamo domandarci se è possibile, ma dobbiamo chiederci come è possibile.
Abbiamo un esempio di una conoscenza a priori, la matematica. Quindi non possiamo facilmente rigettare questa possibilità.
Hume diceva: non posso uscire da un concetto a priori, ma l’unico modo modo per farlo è l’esperienza. Come faccio a sapere se l’oro è malleabile? È l’esperienza, devo uscire dal concetto di oro e attaccarci un concetto differente, che non era implicito nel concetto iniziale, è una cosa nuovo, eppure il concetto di oro e il concetto di malleabile sono indubbiamente connessi, sono connessi già prima e io lo scopro.
Hume diceva: non è vero che sono necessariamente connessi. Abbiamo osservato che finora il concetto di oro si accompagna sempre al concetto di malleabile. La necessità delle connessioni è soltanto una pretesa della necessità. Non è una vera necessità; la vera necessità è solo a priori, perché l’esperienza ci fa vedere che le cose sono state così fino ad ora. Non c’è modo di garantire la necessità che non sia a priori.
La pretesa di necessità, e questa è la grande risposta di Hume, è ingiustificata. È sviluppata a partire da una operazione soggettiva, e nessuno può dire come sarà la cosa tra 10 minuti.
Forma analitica: il metodo analitico kantiano significa partire dall’esperienza risaliamo alle condizioni dell’esperienza. È un caso che questa terminologia coincida con giudizio analitico e sintetico. Non bisogna pensare che se applico il metodo analitico (regressivo) faccio uso di un giudizio analitico.
Si cerca come si sia dato e si sale alle condizioni sotto le quali soltanto questo è possibile. Ci sono conoscenze. Ora, vero che Kant non ha ancora dimostrato nulla.
Come sono possibili le conoscenze a priori? I metafisici non hanno delle credenziali, vogliono “venderci” delle conoscenze.
Scienza: una conoscenza teorica organizzata in modo sistematico. Se non è sistematico, può essere sempre invalidata da qualcos’altro. Una conoscenza sistematica per Kant può derivare le condizioni a partire da un singolo principio
Kant distingue tra una fede razionale e una fede non razionale. ho fede che Giulio Cesare sia esistito, cioè mi fido. Questa è una fede ragionevole, e non razionale, attenzione. Si può avere anche una fede ragionevole. Ma non ho il permesso di sapere, una conoscenza piena, vera, giustificata. Questo non è possibile nella fede. È una conoscenza di natura solo congetturale.
Questa nozione è centrale per la sua filosofia pratica. È necessario ammettere, dal punto di vista pratico, cose che non potremmo ammettere dal punto di vista teorico. Possiamo ammetterle non in modo speculativo, ma in modo “regolativo”, cioè come un orientamento che ci permetta di capire come comportarci in senso pratico.
I vecchi metafisici sono invece solo speculativi, le loro affermazioni non hanno valore di probabilità, ma pretendono di essere necessarie. La nozione dei metafisici è molto più ampia: vogliono costruire una scienza.
Ora, si può dire che qui Kant introduce la filosofia trascendentale. Kant adotta questo termine per definire la sua filosofia - le sue conoscenze non sono degli oggetti, ma si mostra il modo di darsi degli oggetti. La questione stessa è in che misura siano possibili le conoscenze a priori.
Per questo motivo, la filosofia trascendentale precede [suoneria:))) ] la metafisica. Perché prima di farla dobbiamo decidere se è possibile o no. La fisica pura forse viene ancora prima, perché indaga la ragione stessa, e poi la fisica applicata si occupa degli oggetti specifici.
La filosofia trascendentale precede sicuramente la metafisica, però. Non vuole essere una scienza ordinata in modo sistematico, ma un principio che lo precede e lo assimila.
Possiamo partire con due conoscenze, cioè matematica pura e scienza pura, solo queste possono esibirci gli oggetti.
La matematica può mostrarci le cose in concreto, e poi ci permette di tirare un concetto come sottoclasse.
Se me li fanno vedere, ci credo che esistono gli oggetti. Al matematico e al fisico possiamo sempre chiedere di farci vedere le cose in concreto; il metafisico non riesce. E qui nasce il problema.
Abbiamo il vantaggio di avere due esempi di una conoscenza scientifica a priori che funziona. La scienza pura procede in astratto.
Per risalire alla conoscenza pura, dobbiamo intendere la metafisica che cerchiamo come una disposizione naturale, ossia: ad alcune domande non possiamo rispondere, e la metafisica è un bisogno della ragione. Le domande a cui la metafisica cerca di rispondere nascono necessariamente. Il bisogno metafisico è insopprimibile.
Qui Kant presenta la sua filosofia della matematica, forse non è l’esposizione più chiara. Questo è legato alla sua estetica.
La domanda sulla metafisica si traduce in una domanda sulla matematica, per la sua natura a priori.
La certezza della matematica è apodittica, è vera, è necessaria. Non può essere diversa da come è.
L’esperienza al contrario non potrà mai mostrarci qualcosa che non può essere diversamente. Arrendiamoci a questa idea.
Qual è il fondamento, la ragione che ci permette di uscire dal concetto? Nei giudizi sintetici a posteriori, aggiungo all’oro il concetto di malleabile, l’esperienza potrà cambiare tutto ed è l’elemento determinante. Non è questo il caso della conoscenza matematica.
Lo spazio è un’intuizione: ma un’intuizione a priori, non empirica. Giallo è un’intuizione empirica del concetto giallo.
La geometria deve presentare il concetto di triangolo in quel modo - i suoi giudizi sono sempre intuitivi. La geometria non deve accontentarsi di giudizi discorsivi, di procedere per concetti, ma produce sempre i giudizi sulla base di una singola figura che si presenta nell’intuizione. La filosofia invece deve contentarsi dei giudizi discorsivi tratti da semplici concetti, e non può mai derivare le sue dottrine per mezzo dell’intuizione.
A fondamento della matematica deve esserci a fondamento una qualche intuizione pura ,in cui essa può esibire tutti i suoi concetti in concreto e a priori, cioè costruirli.
Se possiamo scoprire questa intuizione pura, potremo spiegare come è possibile la matematica pura, cioè come possano essere possibili proposizioni sintetiche a priori.
Se disegno un cerchio, una linea con i punti equidistanti dal centro, ho un riferimento preciso.
Se possiamo tenere in considerazione l’intuizione pura, il giudizio sintetico sarà a priori e apodittico, l’intuizione empirica contingente che vediamo contiene ciò che deve trovarsi in essa necessariamente, ed essa è legata indissolubilmente con il concetto prima di ogni esperienza o singola percezione.
Ciò che il geometra che disegna deve fare è di avere una “costruzione ausiliaria”, tracciare delle parallele su cui dimostrare.
Questa roba qua sembra essere possibile perché io possono costruire la figura del triangolo in una intuizione pura, lo spazio - la possibilità dell’intuizione pura.
La geometria presuppone qualcosa sullo spazio degli enti - e di quella cosa sembra impossibile la dimostrazione. È possibile ampliare sinteticamente nell’esperienza i nostri concetti.
C’è qualcosa che mi consente di uscire fuori dal concetto di triangolo, qualcosa che mi fa essere sicuro che questo teorema non vale solo per questo triangolo, ma per tutti i triangoli.
Sono sicuro che facendo questa costruzione in qualsiasi punto dello spazio, ottengo una conoscenza visiva nuova ma allo stesso tempo a priori e necessaria, non dovrò fare la prova su tutti i singoli angoli; questa è la stessa natura dello spazio.
Come facciamo a essere sicuri che le cose stanno così? Se non fosse così, la geometria non sarebbe possibile. Ma la geometria è possibile, dunque le cose stanno così.
Sto presupponendo lo spazio, sono sempre sicuro che avrò gli stessi risultati in geometria.
Come è possibile la matematica pura?
Kant vuole procedere come un geometra, un esperto di geometria. Un geometra costruisce una figura, non sta a pensare al concetto, ma costruisce il suo concetto nell’intuizione.
Per fare un esempio: pons asinorum - il teorema del triangolo isoscele, gli angoli alla base sono uguali, si vuole dimostrare. Non c’è nulla nella geometria del concetto di triangolo isoscele, è qualcosa che dobbiamo scoprire uscendo dal concetto di triangolo isoscele.
Nel concetto di triangolo con due lati uguali non c’è già l’idea che abbia gli angoli alla base uguali; cioè, è una nozione sintetica.
Se nel primo caso pons asinorum, è l’intuizione empirica che c’è lo fa scopprire, qui non ce l’abbiamo. Come fa il geometra? Costruisce una singola istanza della figura triangolo isoscele, ponendo la condizione che abbia due lati uguali.
Come fa a essere sicuro? Disegnando due cerchi che hanno lo stesso raggio. C’è una prima fase e poi una seconda basata sull’idea di aggiungere dei pezzi. Qui si taglia per esempio il triangolo in dei sotto-triangoli.
Nell’azione della costruzione non ho imposto la
condizione che i due lati fossero uguali, prendo un punto b e traccio un
punto e tale che sia alla stessa distanza.
Traccio linee DE e BC e si forma un altro triangolo.
Alcuni di questi triangoli sono congruenti, hanno stessa forma, stessa dimensione. Dice Kant, possono essere portati a sovrapposizione, questa è l’idea intuitiva.
Basta dimostrare per dire che sono congruenti che hanno due lati
uguali.
Andiamo a dimostrare che CDE e CDB sono congruenti, cioè sono uguali,
qed.
Abbiamo costruito una singola figura,
poi abbimao aggiunto delle linee
poi prolexis: abbiamo applicato teoremi e trovato nuove proprietà che non sapevamo. Operazione sintetica e a priori, cioè noi troviamo e dimostriamo che questo valga per tutti i triangoli possibili.
La tesi di Kant è che a fondamento di ciò ci debba essere una intuizione; bisogna presupporre qualcosa intorno allo spazio per essere sicuri.
Abbiamo dimostrato che ci sono figure congruenti ma con diverso orientamento nello spazio; questo non ha senso per la logica dei concetti, i due concetti dovrebbero essere esattamente gli stessi.
È invece possibile, abbiamo dimostrato, che abbiano stesse proprietà geometriche ma diverso orientamento.
Il geometra può presupporre che chiunque faccia questa dimostrazione otterrà sempre lo stesso risultato. Se io concedo questo, diventa possibile che la geometria sia una conoscenza sintetica ma a priori, cioè scopriamo qualcosa di nuovo ma connesso necessariamente al nostro punto di partenza.
Deve esserci una qualche intuizione pura - lo spazio.
Nella Critica della Ragion Pura Kant inizia subito a parlarci dallo spazio; qui c’è il movimento opposto cercando come risultato lo spazio.
L’obiettivo polemico di Kant è importante per capire cosa sta
cercando di dimostrare.
Se lo spazio non è un’intuizione pura, cosa potrebbe essere?
Wolff pensava: da dove viene fuori il concetto di spazio? Esiste fuori di noi, è qualcosa di diverso da noi - qualsiasi cosa ce la rappresentiamo come diversa dalle altre a partire dal principio di non-contraddizione. Se due cose possono essere separate, è in virtù del principio di non-contraddizione.
Qual è il problema di questa dimostrazione? È l’uso della parola fuori - se usi la parola fuori, stai già presupponendo il concetto di spazio. Questo è ciò che Kant contesta.
Dalla Ragion Pura: lo spazio non è un concetto empirico - affinché alcune cose vengano riferite a qualcosa fuori di me, deve esserci già a fondamento il concetto di spazio.
Il wolffiano - parto da me stesso, se ci sono cose fuori di me che sono diverse e non si contraddicono, allora sono fuori di me. Ma questa è una costruzione circolare.
Una fonte di Kant - e il grande nemico dei wolffiani, è Eulero: Eulero era contrario a questa posizione wolffiana. Kant legge Eulero nell’edizione tedesca.
I sensi non sono in grado di fornirci idee di spazio e posizione. Il concetto astratto di spazio è ottenuto in base a una riflessione (e non proprio una dimostrazione).
Il concetto generale di spazio sta per i wolffiani al singolo spazio come il concetto di uomo al singolo uomo - esistono solo i singoli uomini.
Il modo in cui ci formiamo i concetti di spazio e tempo è assai diverso dal modo in cui ci formiamo il concetto di uomo. Non c’è nulla da cui astrarre dallo spazio, nessuna proprietà. Lo spazio è perfettamente indifferenziato.
Questa operazione, dice Kant, non è l’astrazione - come vogliono i wolffiani - ma è la rimozione. L’estensione si può ricavare in questo modo; ma la posizione no - se spostiamo un oggetto, il luogo è uno statuto differente, il luogo rimane lì - possiamo togliere tutto il contenuto ma ci rimane lo spazio.
Quindi a questo punto non sappiamo ancora bene cosa siano spazio e tempo, ma sembra giusto poter dire che non sono concetti. Posso togliere tutto ma non posso togliere lo spazio. Newton dice che le parti dello spazio è immobile, non c’è nulla fuori.
Lo spazio è una rappresentazione necessaria a priroi a fondamento di tutte le intuizioni esterne - non si può mai formare una rappresentazione che non sia spazio.
L’alternativa ai wolffiani sono i newtoniani, lo spazio come grande contenitore indifferenziato - Kant inizialmente si lascia convincere da questa soluzione.
Ma se lo spazio è un concetto singolo, non può essere oggetto di intuizione. Kant mantiene della costruzione di Newton, è che lo spazio è oggetto di intuizione.
Primariamente non ci si può rappresentare se non un unico spazio - questo dal punto di vista logico. Lo spazio non è un concetto generale, ma un singolo oggetto di intuizione.
Kant cerca di trovare una via di mezzo - lo spazio è un’intuizione perché altrimenti la geometria non sarebbe in ultima istanza possibile.
La prova del triangolo isoscele non potrebbe esistere se non potessimo mantenere invariate le dimensioni e spostare le parti sullo spazio.
L’obiettivo di Kant è spiegare che la geometria è possibile come scienza - dobbiamo porre a fondamento di essa l’idea di uno spazio puro indifferenziato, che garantisce la possibilità di questa costruzione.
Ma come è possibile una intuizione a priori? In questo caso, quella dello spazio?
Sembra una contraddizione interna. Come posso intuire qualcosa prima che mi sia dato.
Intuizione è rappresentazione quale dipenderebbe immediatamente dalla presenza dell’oggetto. Come faccio a intuire qualcosa prima, cioè quando l’oggetto non è presente?
I concetti non presuppongono la presenza degli oggetti - posso avere il concetto di angelo senza averne mai visto uno. Come può però l’intuizione precedere l’oggetto stesso? Dovremmo avere intuizione di qualcosa che non abbiamo mai visto, nel caso dello spazio.
Se la nostra intuizione fosse di natura tale da rappresentare le cose come sono (in sé) non avrebbe affatto luogo una intuizione a priori e ci sarebbe solo l’intuizione empirica.
Attenzione: che io possa avere un’intuizione di un’oggetto come è in sé non si capisce come possa avvenire - in realtà non posso avere un’intuizione di un oggetto in sé - ma concediamo che sia possibile come esperimento a priori.
Che l’intuizione preceda la realtà dell’oggetto solo se l’intuizione non contiene altro che la forma della sensitività (sensibilità), forma la quale precede nel mio soggetto tutte le impressioni reali, da cui io sono affetto per parte degli oggetti.
Introduzione della sensibilità: intelletto è la facoltà dei concetti, la sensibilità è la facoltà delle intuizioni.
Intelletto, sensibilità, volontà, prima di Kant erano le facoltà dell’anima.
Qui Kant insiste su quanto sia importante distinguere tra le varie proprietà. La sensibilità è ciò grazie al quale otteniamo conoscenze di oggetti singoli.
Possiamo avere intuizioni di oggetti singoli soltanto perché i nostri oggetti modificano (sono affetti da) i nostri sensi. Posso avere intuizione di un oggetto se e solo se modifica i miei sensi.
Ci sono le cose come sono in sé, sembra dire Kant, e poi ci sono le cose nella misura in cui affettano i nostri sensi, cioè i fenomeni, le cose per noi.
Come è possibile che le cose in sé affettano i nostri sensi? Non si capisce ancora bene, ma possiamo dire finora che possiamo conoscere le cose solo per come interagiscono con i nostri sensi - se non potessero interagire con i nostri sensi, non potremmo conoscere nulla.
Esempio della materia oscura: la materia oscura si
chiama oscura perché non interagisce con la materia. Interagisce però
con la gravitazione, per questo possiamo postulare che esiste anche se
non interagisce con i nostri sensi.
Immaginiamo che non potesse interagire neanche con la gravitazione: in
questo caso non potremmo conoscerla in assoluto, cioè non
sarebbe un oggetto per noi.
Abbiamo intuizione degli oggetti solo nella misura in cui prima interagiscono tra di loro, poi interagiscono con i nostri sensi.
Kant sembra voler dire: la sensibilità è possibile solo nella condizione che le cose ci sono date nello spazio e nel tempo, la forma della sensibilità.
Come facciamo a intuire cose simili? Sono diverse solo per il fatto di essere simili, possono avere identiche proprietà ma diversa posizione nello spazio e nel tempo. Solo spazio e tempo devono stare a fondamento, cioè rendere possibile, l’intuizione empirica.
Le nostre intuizioni pure sono forme dell’intuizione o forme della sensibilità - per questo posso dire che sono date, perché sono a fondamento di ogni intuizione possibile.
Nella Dissertazione Kant dice che intuizioni singole devono essere distinguibili solo dal punto di vista formale, ossia diverse dal punto di vista dello spazio e del tempo.
Abbiamo visto che la geometria funziona tramite costruzioni. Queste costruzioni sembrano essere possibili solo tramite un’intuizione pura dello spazio, possibile solo in quanto è la forma di tutte le possibili intuizioni, è la condizione di tutte le possibili intuizioni. Allora, ora Kant vuole dimostrare come è possibile la metafisica come scienza sintetica a priori.
La matematica pura pone a proprio fondamento lo spazio e tempo, come concetti apodittici e necessari.
La matematica procede in modo sintetico aggiungendo cose nuove - questo non è possibile senza intuizione. L’aritmetica del tempo presupponeva anch’essa il tempo.
A fondamento della possibilità anche degli assiomi della matematica devono esserci le forme a priori di spazio e tempo.
Abbiamo trovato finora che lo spazio concepito in questo modo, e questo è importante, è la condizione senza la quale la geometria non sarebbe possibile.
Alcune formulazioni di Kant lasciano intendere che lo spazio sia in noi, come una struttura mentale, ma attenzione a questa lettura. Quindi tra le due alternative spiegate prima, non è né un concetto generale né un oggetto singolo, ma una condizione generale, ossia preliminare.
Nella II edizione della Critica, nell’esposizione trascendentale del concetto di spazio e tempo, alla fine Kant dice: lo spazio e il tempo sono così e cosa perché altrimenti la matematica non sarebbe possibile; ma la matematica è possibile; quindi spazio e tempo sono così e cosà.
Metodo analitico: Kant parte analiticamente dalle discipline (la geometria) come dati di fatto e ne cerca le condizioni senza le quali non sarebbero possibili. Se lo spazio e tempo non fossero puri, la geometria non sarebbe possibile.
Spazio e tempo sono oggetti singoli e non
generali: poiché se dall’intuizione empirica dei corpi si
sopprime tutto ciò che è empirico, cioè se
rimuoviamo il contenuto - ad esempio per lo spazio se leviamo
tutto ciò che leghiamo al movimento, troviamo tutte le diverse posizioni
dello spazio e tutte le diverse posizioni del tempo.
Se io tolgo tutte le proprietà empiriche (colore, forma) mi rimane
soltanto lo spazio e il tempo.
Si rimuove il contenuto.
Spazio e tempo non possono essere determinazioni concettuali. La posizione dello spazio non è una proprietà, in questo senso lo spazio è una condizione assoluta.
La matematica come scienza a priori è possibile sono in quanto riguarda oggetti diversi da quelli semplicemente sensibili, della cui intuizione empirica sta a fondamento una intuizione pura.
Io Kant accetto come possibili oggetti dell’intuizione
solo quelli che possono stare nello spazio e nel tempo.
La facoltà di intuire a priori non riguarda mai la materia, cioè
l’elemento empirico, ma la forma.
Proviamo a chiarire tutto. Rivediamo come procedono i geometri.
Ad esempio: provare che due figure sono identiche anche se sono in due punti diversi dello spazio. Se dobbiamo dire che DEC e BDC sono congruenti, ma hanno diversa posizione nello spazio, come fanno a dimostrarlo? Le muovono nello spazio in modo da farle coincidere. Se lo spazio fosse uniforme e indifferenziato, non potrebbero farle coincidere.
Che lo spazio abbia tre dimensioni e non possa averne di più (nel suo primo scritto Kant immaginava che potesse avere un numero qualsiasi di dimensioni) è così perché:
Intermezzo. Alcune affermazioni globali rispetto allo spazio devono già stare a fondamento secondo Kant. Es. per due punti passa una sola retta, sto dicendo che questo accade in tutto l’universo. Devo postulare che lo spazio abbia un grado di uniformità tale che questo valga per tutti i punti. La differenza tra lo spazio fisico e quello geometrico è molto più sfumata rispetto all’approccio moderno. Cioè l’ambiguità tra logico ed empirico (concetto di schema, qualcosa che non è né empirico né puro) è la grande ambiguità di Kant.
Riprendiamo →3. Qui si conclude la deduzione trascendentale (partiamo dal fatto che esista la geometria e troviamo le condizioni che la rendono possibile). Tutto argomento è possibile solo se concediamo le cose solo come fenomeni e non come cose in sé - solo in questo caso posso dire che lo spazio è una forma ecc.
Il paradosso che Kant più usa per dimostrare che lo spazio è
un’intuizione: è che gli oggetti abbiano stessa quantità e qualità, ma
incompleti. L’esempio che usa è quello delle
mani.
Due mani perfettamente identiche, stessa forma e stesse dimensioni -
queste due mani non possono essere portate a
congruenza.
Perché le due mani sono diverse? Perché sono nello spazio.
Perché le cose in sé si adattano alle stesse condizioni a priori che la geometria scopre - lo spazio e il tempo sono i criteri di ammissibilità di tutto ciò che accettiamo essere un fenomeno; i fenomeni subiscono gli stessi principi alla base della geometria.
Parvenza (Schein) trascendentale (o illusione trascendentale): è quella metafisica, che confonde il fenomeno e l’in sé: così nascono tutte le antinomie della ragione. Gli errori vengono evitati se noi ci riferiamo esclusivamente ai fenomeni; se pretendiamo di andare oltre i fenomeni; lì nascono gli errori della metafisica.
Kant, lungi dall’essere un idealista, enfatizza quindi la differenza tra la cose in sé e i fenomeni. Si allontana dall’idealismo empirico (o scettico, cioè che mette in dubbio l’esistenza delle cose), di Descartes.
Non importa l’esistenza delle cose, ma si guarda soltanto la rappresentazione sensibile delle cose. Se l’espressione trascendentale confonde, dice Kant, il suo idealismo deve essere chiamato critico.
Non si possono ridurre le cose a semplici rappresentazioni: non bisogna optare per un idealismo sognante (l’idea che le cose non esistono veramente) o fantasticante (l’idea che le cose esistono). Optare per un idealismo critico.
La parte più criticata della filosofia di Kant, oggetto di grandi dibattiti a partire dagli anni ’60.
Jaakko Hintikka: On Kant’s notion of itnuition (Anschauung). Questo autore norvegese ha rivitalizzato il dibattito su questo aspetto kantiano.
Cita Frege, i Fondamenti dell’aritmetica. Frege vuole mostrarci che l’aritmetica è riducibile alla logica. Secondo Hintikka, la ragione per cui siamo spiazzati dall’idea di Kant di connettere la matematica alla sensibilità, è l’errata intepretazione del termine Anschauung o intuizione.
Anschauung al tempo di Kant sembra indicare qualcosa di legato alle immagini, qualcosa di visualizzabile, rappresentabile in modo intuitivo. Questo è il modo in cui Russell e altri hanno interpretato Kant: traduce Anschauung con intuition, nel senso di immagine. Altri traducono visualization.
Russell e Frege, che vogliono ridurre la matematica alla logica. Cosa c’entra la visualizzazione delle figure? Kant aveva a disposizione una logica molto limitata. Secondo loro la matematica sarebbe analitica (empirismo logico).
Errore fondamentale di Frege e Russell secondo l’autore è il modo di intepretare Anschauung come intuitivo, rappresentabile in modo vivido, grafico.
Secondo la ricostruzione di Hintikka, Kant prende la parola intuizione e le attribuisce come Baumgartner il significato di conoscenza intuitiva. C’è una cognitio intuitiva.
Tradizionalmente al tempo, erano stati distinti una conoscenza simbolica da quella intuitiva. Ma per Kant la disciplina non è questa - entrambe le verità possono essere immediate, in modo diretto e senza variazioni di segno. Kant riprende l’idea che la conoscenza intuitiva sia immediata.
Nei prolegomeni: l’intuizioni è una rappresentazione che dipende direttamente dalla presenza dell’oggetto.
La scienza intuitiva è distinta da quella concettuale, costruita
con caratteristiche comuni a più oggetti.
Entrambe sono forme di rappresentazione - questo è quello che fonda il
sospetto psicologistico che Frege nutre nei confronti di Kant.
Nella definizione della sensibilità, alla caratteristica dell’immediatezza, si aggiunge la singolarità. Questo è derivato da Lambert.
Immediatezza > singolarità > sensibilità. Scrive Hintikka: la sensibilità è la capacità della mente di essere affetta da un oggetto.
Hintikka ricostruisce che per Kant, spazio e tempo sono intuizioni dirette. Cosa vuol dire che lo spazio è un’intuizione? Significa che noi possiamo rappresentarci solo uno spazio. Inoltre, l’idea del tempo è singolare, non generale - l’idea del tempo, perciò, è una intuizione.
Nella Dottrina trascendentale del metodo il riferimento all’intuizione è particolarmente importante - nel passo in cui si parla del geometra che costruisce i concetti. Hintikka fa notare come l’argomento dell’esposizione trascendentale si capisce alla bene se teniamo in considerazione la descrizione del modo di procedere dei geometri e poi risaliamo alla nozione di spazio.
Hintikka ha un programma radicale: l’intuizione è una rappresentazione singola, quella che nella logica contemporanea si chiama valore singolo, single term, e oggi si fa corrispondere al suo valore di verità.
Kant chiama sintetico il procedimento per cui prendo un individuo e lo generalizzo - un procedimento che la vecchia sillogistica non riusciva a comprendere.
Si può applicare la stessa cosa anche all’aritmetica: in almeno un passaggio dice che l’algebra è una conoscenza simbolica.
Hintikka dice che la generalizzazione della nozione di intuizione
ha distorto la percezione di Kant, per cui la sua nozione di intuizione
è stat interpretata come rappresentabilità e non si è “capito”
Kant.
I filosofi neokantiani vogliono infatti eliminare la nozione di
intuizione, che alla fine rimane un residuo
psicologistico della filosofia di Kant.
Ambiguità della nozione di intuizione: Kant è stato frainteso solo perché la nozione di intuizione è ambigua.
Secondo Hintikka Kant sta dicendo: ci sono oggetti concettualmente indistinguibili ma diversi. LA distinzione tra due opposti non congruenti non può essere espressa attraverso concetti.
La differenza tra due opposti non congruenti è un terzo elemento: lo spazio - più tardi Kant si accorge che si tratta in modo più specifico di un aspetto particolare dello spazio, cioè che sia individuale.
Tesi principale: non c’è una relazione di implicazione tra immediatezza e individualità - non è necessario che le relazioni immediate siano individuali; ciò che conta è l’immediatezza della relazione; non la sua individualità.
L’interpretazione fenomenologica è quella che si sbilancia sulla immediatezza appunto della relazione. Non c’è un rapporto biettivo tra intuizione e individualità; ci sono degli individui che non sono delle intuizioni.
Gli assiomi non sono individuati, ma hanno un’evidenza immediata non deducibile da concetti.
Il geometra nei vari passaggi segue sempre l’intuizione, per questo la matematica ha bisogno dell’intuizione.
Nel caso della geometria, possiamo concedere, c’è bisogno di una riflessione fenomenologica.
L’aritmetica anche ha bisogno di verità assiomatiche auto-evidenti alla base.
La logica procede per concetti, proprie della matematica sono per intuizioni. Secondo Kant non si capisce il rapporto tra matematica e sensibilità, questo è più o meno il senso dell’articolo.
Hintikka stesso introduce tra le prime cose l’immediatezza - per lui il fatto che l’intuizione è una conoscenza mediata (contro il concetto è mediato) non è un elemento problematico.
Secondo Hintikka, la nozione di intuizione non è oscura.
Conclusione di Parsons era: per avere una intuizione dobbiamo avwere una sorta di apprensione percettiva degli assiomi, qualcosa che assomiglia alla percezione. Ma questo è smentito dai prolegomeni. Dobbiamo dimostrare che lo spazio è un’intuizione a priori, cioè senza l’intuizione del concetto spazio - dunque la spiegazione si troverebbe nei Prolegomeni. Non c’è nessuna prova che l’intuizione sia in primo luogo percettiva.
L’intuizione alla base della matematica, di cui Kant ha bisogno e che sembrerebbe legarsi all’intuizione: dove sarebbe, l’analogia tra conoscenza matematica e quella percettiva? Secondo Parsons, sarebbe la ripetizione della possibilità della stessa operazione (possibilità of iteration) - alla base dell’intuizione c’è l’idea, la capacità di una ripetizione all’infinito.
Secondo un filone che andrà a svilupparsi anche in altri paper che leggeremo, l’iteratività delle operazioni è alla base della matematica.
Poincaré vuole difendere in modo non filologico - in modo puramente ideale - la filosofia della matematica di Kant contro quella di Frege, di ispirazione leibniziana - cioè voleva dimostrare che Kant avesse ragione.
Cosa sta alla base del ragionamento matematico? Quello che io
posso provare per un certo numero e per il suo successore lo posso
provare per tutti gli altri. Poincaré sostiene che il
ragionamento per ricorrenza non si può ridurre al principio di non
contraddizione. Si può raggiungere sempre una parte limitata di
una sequenza.
Quello che sfugge alla logica del concetto sembra dire Poincaré è la
ripetizione all’infinito.
Stessa cosa vale per la ripetizione all’infinito nella geometria. Anche la geometria ha bisogno di questo concetto. Dobbiamo assumere, affinché la geometria sia possibile, che possiamo ripetere le operazioni.
Lo spazio e il tempo precedono la costruzione della geometria.
Lo Spazio deve essere necessariamente nell’intuizione per costruire le stesse figure orientate in modo differente; questo è inconcepibile per la logica del concetto.
Grande argomento contro Kant sono le geometrie non euclidee, Poincaré ne parla.
Argomento di fondo: Kant si sta riferendo all’evidenza degli assiomi.
In primo luogo, la natura è l’essenza delle cose in quanto determinata da leggi universali. Più tardi, verrà precisata questa nozione come l’essenza delle cose secondo le possibilità dell’esperienza.
L’essenza di una cosa è la sua possibilità, io parlo dell’essenza di un triangolo, l’essenza di Dio. Nel concetto di natura è già implicito il principio di essere composto a leggi generali.
Data questa definizione, Kant dice: se le cose in sé fossero la natura, non potremmo conoscerla mai, né a priori né a posteriori: perché io voglio saper come va ad aggiungersi la realtà della cosa al concetto.
Abbiamo definito la natura delle cosa come ciò che pertiene all’essenza della cosa in quanto ci sono delle leggi; dato che le leggi riguardano le cose in sé dovrebbero pertenere ad esse necessariamente, per il significato di legge, cioè che agisce in modo universale e necessario.
Nella tradizione occidentale, l’esperienza non era mai stata collegata alla necessità, è sempre possibile che un’esperienza futura fornisca un controesempio.
In Kant, l’esperienza non può mai insegnare la natura delle cose in sé.
Noi siamo realmente in possesso di una scienza pura della natura,
Abbiamo una scienza pura la quale a priori vede le leggi a cui la natura è sottoposta.
Propedeutica alla fisica è la scienza universale della natura. Alla fisica generale si contrappone la fisica empirica, lo vedremo. Le sue conoscenze sono pure ma non a priori, perché si riferiscono a qualcosa di empirico.
La materia è caratterizzata da:
Pare dunque che esistano dei principi fondamentali di questa fisica universale, che sussistono completamente a priori:
Quindi esiste una scienza pura della natura. Ma come è possibile?
La parola natura determina l’oggetto, mentre prima indicava solo il conformarsi a legge.
La natura materialiter spectata è l’insieme di tutti gli oggetti dell’esperienza.
Se le cose dovessero essere conosciute come sono, il loro significato non potrebbe mai essere dato in concreto; in altre parole, non potremmo conoscerli.
In questa categoria di cose che non possono essere conosciute, rientrano Dio, gli angeli e l’anima immortale.
Iperfisica sarebbe la conoscenza di ciò che non può essere oggetto dell’esperienza. La realtà di queste cose non può essere esemplificata nell’esperienza.
Possiamo applicare il principio di causa-effetto solo nell’ambito dell’esperienza.
L’elemento formale della natura è la conformità a leggi.
Le leggi della natura non possono riconoscersi nelle cose in sé, come abbiamo dimostrato, ma solo nella natura, ossia l’insieme degli oggetti di ogni esperienza possibile. Siamo interessati solo all’ambito dell’esperienza, i cui oggetti sono sottoposti a leggi.
Come è possibile conoscere a priori la necessaria conformità alle leggi dell’esperienza riguardo a tutti i suoi oggetti in generale?
Risposta: la stessa che è entrata in gioco nella conoscenza della natura. Le leggi soggettive, poiché si riferiscono all’esperienza, valgono per ogni esperienza possibile. Nell’esperienza, posso dire a priori che entrano solo gli oggetti che si sottopongono a queste leggi, altrimenti non avrei accettato l’oggetto come oggetto di ogni esperienza possibile.
Come possiamo trasformare una “semplice” percezione in una esperienza? È possibile solo perché io presuppongo che tra il calore del sole e il riscaldarsi della pietra un rapporto di causa-effetto. Ogni volta che sento una percezione, succede questo. Il giudizio di percezione diventa in larga parte giudizio d’esperienza.
Preferiamo la formulazione: …necessaria conformità alle leggi dell’esperienza….
Come facciamo a essere sicuri che tutti gli oggetti di esperienza si sottoporranno al mio criterio? Sono io che lo sto imponendo, è il mio criterio di accettazione per una conoscenza possibile.
Se provo ad applicare le leggi alle cose in sé, queste non ricadono nell’esperienza, e potrebbero perciò non conformarsi ad essa; ma nel caso degli oggetti dell’esperienza, questo è appunto il mio criterio.
Che cosa vale per l’esperienza? La mia percezione non è da subito oggetto dell’esperienza, deve soddisfare dei criteri che inserisco io.
Non tutti i giudizi empirici sono giudizi di esperienza; ci sono anche giudizi di percezione. Alcuni hanno il loro fondamento nei sensi, e non tutti i giudizi di percezione sono giudizi di esperienza. Alcuni sono soltanto giudizi di percezione, cioè solo soggettivi.
Giudizi empirici si dividono:
Perché un giudizio empirico possa divenire d’esperienza, il suo contenuto deve essere sussunto sotto questi giudizi che non dipendono dall’esperienza.
I giudizi di percezione non hanno bisogno di alcun concetto puro dell’intelletto, ma soltanto del nesso logico delle percezioni in un soggetto pensante, ossia in una coscienza.
I giudizi di esperienza richiedono i concetti puri dell’intelletto e hanno la pretesa di essere oggettivamente validi.
Il sole scalda la pietra è un giudizio di esperienza, ha la pretesa di essere universale.
L’acqua è calda è un giudizio di esperienza, valido soggettivamente.
Tutti i nostri giudizi sono dapprima di percezione, e poi è possibile che possano diventare d’esperienza.
Giudizio di percezione o di esperienza: abbiamo visto che dobbiamo sussumere, ossia riportare sotto un concetto più generale, la percezione nell’intelletto.
C’è una relazione tra il giudizio ipotetico e il concetto di causa. Concludo che l’aria è elastica in base a un giudizio di esperienza, sussumiamo l’intuizione dell’aria sotto il concetto di causa effetto, e quindi il fenomeno non è più legato solo a me come soggetto, ma pretendo che sia legato alla forma del giudicare, uguale per tutti - rendo il mio giudizio universalmente valido.
C’è una connessione constatabile in tutte le possibili forme di giudizio e la tavola di tutti i concetti puri - Kant dice che ha trovato un principio per trovare tutti i principi puri dell’intelletto, che rendono possibile l’esperienza empirica.
Alcuni giudizi, come la camera è fredda e lo zucchero è dolce, sono solo nell’ambito del soggettivo.
Se vogliamo che siano validi universalmente, dobbiamo connetterli con dei principi puri dell’intelletto.
Ciò che l’esperienza mi insegna in certe circostanze, deve insegnarlo sempre a me ed anche ad ogni altro; la validità di essa non si limita al soggetto o al suo stato attuale.
In Kant, si dice che il problema dell’oggetto viene trasferito al problema della validità oggettiva dei giudizi.
In queste tre tavole vediamo un certo gusto per la costruzione di un sistema, tipica del ’700 tedesco. Kant è influenzato da questo “gusto architettonico”. Una delle sincere preoccupazioni filosofiche di Kant è trovare una tavola completa di tutti i giudizi.
Per riassumere in breve il fin qui detto, è, prima di tutto, necessario rammentare ai lettori, che qui non si tratta dell’origine della esperienza, ma di ciò che v’è in essa
Il dibattito del tempo si concentrava sull’origine delle nostre conoscenze; ma non è questione di origine, dice Kant, non è né psicologia né critica della conoscenza la sua preoccupazione. Il problema è quello della validità oggettiva dell’esperienza, che spazza via il paradigma filosofico del ’700.
L’esperienza consta di:
I concetti sono semplicemente predicati possibili di giudizi, prendono alcuni concetti, li sussumono sotto concetti più generali. In questo senso l’intelletto applica delle regole.
Anche il giudizio di percezione è un giudizio, almeno per quanto riguarda la forma logica soggetto-predicato, predicativa.
Per renderlo un concetto universalmente valido abbiamo bisogno di un concetto, che rappresenta come determinare l’intuizione adeguata all’una piuttosto che l’altra nel giudizio, riportando l’intuizione dentro un certo tipo di giudizio.
Qual è il nesso tra le forme logiche di giudizio e i concetti relativi?
Tipi/forme di giudizi - Giudizio categorico. La pietra è calda è un giudizio categorico, forma soggetto-predicato.
Se io voglio riferire questo giudizio a tutti gli oggetti, solo alcune cose possono funzionare come soggetto e predicato. Ciò che può funzionare come soggetto deve essere considerata come sostanza. Pietra può essere usata come soggetto. Calda non può essere usata come soggetto.
L’argomento di Kant è: se mi dai la tavola dei giudizi completa, posso ottenere la tavola dei concetti puri completa. Kant attribuisce grande importanza a questo ragionamento, è una sua “grande conquista”.
Se a soggetto e predicato corrisponde sostanza e accidente, e al giudizio ipotetico se/allora corrisponde causa-effetto, al giudizio disgiuntivo corrisponde, riferito alle cose, il rapporto reciproco tra le cose (comunanza).
Questa tripartizione dei giudizi sembra una costruzione di Kant stesso ed è problematica. Ma, secondo Kant, la logica ci mette a disposizione questa tavola.
[!PDF|red] [[Kant, Immanuel - Prolegomeni ad ogni futura metafisica.pdf#page=56&selection=78,0,79,8&color=red|Kant, Immanuel - Prolegomeni ad ogni futura metafisica, p.56]] > La somma di tutto ciò è questa: ai sensi tocca di intuire; all’intelletto, di pensare.
Se dico che gli uomini sono mortali, unisco due rappresentazioni, il concetto uomo viene sussunto sotto il concetto più generale di mortale. Questa unione che può avvenire solo in una coscienza, prende il nome di giudizio.
Pensare significa giudicare.
Pensare dunque val quanto giudicare o riferire delle rappresentazioni a giudizi in generale.
Quando alcune intuizioni pretendono diu
L’esperienza è una connessione sintetica dei fenomeni in quanto necessaria, esercitata dall’intelletto. Una sintesi che connette secondo una regola che ha l’ambizione di avere valore universale e necessario.
Noi dobbiamo formare giudizi. Ogni giudizio ha una forma logica. La logica tradizionale ce l’ha già messa a disposizione. In particolare, ci sono i giudizi categorici, ipotetici, ecc. Quando passo alla pretesa di formare un giudizio intorno agli oggetti in generale da giudizio ipotetico passo a causa effetto, per esempio. Questo ha luogo naturalmente nell’esperienza.
I giudizi sono sempre regole; un giudizio è una generalizzazione. Quando queste regole hanno valore necessario, allora sono a priori; visto che non ce ne sono altri sono anche Grundsatz, principi, cioè proposizioni fondamentali. Oltre a queste regole non si può andare.
A differenza delle categorie metafisiche di Aristotele, queste per Kant non hanno valore ontologico, ma sono regole per la combinazione di intuizioni che vengono sussunte.
Procedendo in questo modo trovo i principi, i quali riguardano solo la forma del pensare. Ci servono per portare un fenomeno di un’esperienza possibile sotto un principio più generale.
Il grande paradosso della filosofia di Kant: che l’intelletto prescrive le leggi, dettando le condizioni.
La domanda iniziale era sulla conoscenza pura della natura: come faccio a conoscere a priori?.
Abbiamo trovato le condizioni senza le quali l’esperienza non sarebbe possibile come scienza, cioè come sistema di leggi necessarie. Quali sono? Sono i nostri principi. Se questo vale, sono anche sicuri che tutti i contenuti dell’esperienza rispetteranno questi principi a priori, e allora c’è qualcosa che posso affermare a priori rispetto all’esperienza.
Tutti i fenomeni sono collocati nello spazio e nel tempo, e sotto questo aspetto fatto parte della natura.
Posso dire a priori che tutti i possibili oggetti dell’esperienza, in quanto sono nello spazio e nel tempo, avranno una certa quantità - qui sta parlando di una quantità estensiva. L’aria è elastica significa che in certe condizioni l’aria si dialata, cioè aumenta di volume, cioè è una quantità estensiva. È estensiva perché è la somma delle parti.
C’è anche un secondo tipo di quantità: abbiamo detto che quando diciamo che l’aria si espande significa che la stessa quantità dell’aria applica un volume più grande, cioè aumenta ma la densità; in quanto rientrano più o meno nello spazio e nel tempo variabili come la densità prendono il nome di quantità intensive. In uno stesso volume d’aria, ci può essere più o meno aria, e questo può essere considerato una grandezza intensivo, che presenta grandi differenti (ma più o meno) ma non è la somma delle sue parti. Questa definizione era invalsa dal medioevo.
Allora posso dire a priori che tutte le qualità avranno un certo grado, più o meno.
Questa è una seconda applicazione della matematica all’esperienza; Kant non aggiunge nulla, questo è un linguaggio che risale alla filosofia medievale filtrato da Newton, Locke…
Questo vale per gli stati psicologici come il dolore, sembra che ce ne sia più o di meno ma non si può quantificare.
Per le grandezze estensive, possiamo indicare dei numeri - e l’interesse della fisica è trovare le regole con cui queste grandezze cambiano.
I contenuti dell’esperienza, accetto solo gli aspetti quantitativi degli oggetti che mi interessano. Questi sono i primi due principi, principi matematici.
Veniamo ora all’introduzione del concetto di sostanza e di causa effetto.
Le prime cose che si considerano con l’esperimento: cosa si conserva nell’urto tra due corpi. Sicuramente l’esperienza mi dice che il movimento rimane costante tra le due forze, la quantità di moto è passata in un altro, secondo uno scambio. Questo significa che se aumenta la quantità di moto diminuisce di segno contrario nell’altro corpo.
Questo vale per tutte le leggi della natura, secondo Kant. Per le leggi della meccanica sicuramente vale questo discorso; per la conservazione della sostanza.
Quelle che abbiamo elencato sono le leggi di Newton, le tre leggi fondamentali della meccanica.
Interessato al parallelo tra le forme di giudizio puro e queste leggi.
Questi concetti a priori possono essere applicati solo all’ambito dell’esperienza.
Se so qualcosa degli oggetti a priori, è solo nell’ambito dell’esperienza possibile.
Quali sono i criteri che gli oggetti devono soddisfare per diventare oggetti di un’esperienza possibile? Queste sono le leggi.
Kant pretendeva di cercare tre tipi di leggi empiriche.
Le categorie non potevano essere a casaccio e Kant mette in evidenza la necessità di costruire un sistema a partire da un unico principio; questo principio, che ci permette di formulare giudizi, unie un soggetto a un predicato, è il soggetto trascendentale.
Kant si allontana dall’idealismo dogmatico.
Kant si concentra sulla intuizione spaziale.
Alcune disciplina come la cosmologia non si riferiscono a oggetti corporei e perciò non possono essere considerate scienze in sneso proprio.
Dai Prolegomeni alla II Ed. della critica abbiamo un’evoluzione del pensiero kantiano. Kant nei prolegomeni introduce il dubbio humiano con la domanda come è possibile la matematica pura e come è possibile la conoscenza pura della natura? In altre parole, sono possibili i giudizi sintetici a priori.
Kant non ha mai il dubbio, in assoluto. Il suo dubbio riguarda la metafisica. Come è possibile la metafisica?
Kant sostiene che il problema non sia stato affrontato; se lo fosse stato, ci saremmo accorti che nella matematica ci sono giudizi sintetici a priori.
L’esistenza dei giudizi sintetici a priori è un dato di fatto.
Quando si parla di scienza pura della natura, le tre leggi della meccanica vengono derivate dai principi puri del’intelletto, in particolare le analogie dell’esperienza.
Cominciamo anche a notare l’analogia con la fisica newtoniana; queste leggi somigliano a quelle della metafisica humiana senza esserne identiche.
La distinzione tra giudizi di percezione e giudizi di esperienza avviene nei Prolegomeni. Nella seconda edizione della critica questa distinzione viene abbandonata.
Postulati del pensiero empirico sono principi puri dell’intelletto e ci permettono di parlare di necessità dell’esperienza.
Queste strutture ci permettono di passare dall’individualità a leggi universali.
Kant nei prolegomeni offre un esempio: la legge di gravitazione
universale di Newton. Newton nei Principia li aveva dedotti
dalle osservazioni di Keplero. Kant riprende questa deduzione ma applica
i postulati del pensiero empirico.
Keplero descrive i moti dei satelliti, ma abbiamo a che fare con moti
apparenti o necessari? Siamo nell’ambito della possibilità, è solo
possibile.
Con la legge di inerzia possiamo iniziare a parlare di un rapporto
stabile tra moto dei satelliti e leggi. Tutto ciò anche in accordo con
il principio di azione-reazione.
La legge di gravitazione universale è l’esempio paradigmatico del passaggio da un’intuizione individuale ad una intuizione sussunta da una legge.
Come può considerarsi oggettivo un giudizio sintetico? I corpi
sono pesanti è un giudizio empirico che riguarda qualcosa di
contingente; ciò che avviene secondo necessità è la sintesi tra
rappresentazioni. Giudizi di questo tipo vengono determinati in base a
un processo: si parte da spazio e tempo, forme pure della sensibilità,
arrivano ai concetti dell’intelletto, e si applicano le regole, i
principi puri dell’intelletto.
I principi sono coinvolti nell’applicazione delle categorie ai materiali
dell’esperienza.
Possibilità, realtà, necessità si applicano anche nel passaggio che mi permette di avere un giudizio empirico oggettivo.
C’è quindi un passaggio dalla percezione all’esperienza.
Il giudizio sintetico che Kant aveva considerato, i corpi sono pesanti, è un giudizio che si rifà alla nozione di peso che lui trova nella legge di gravitazione universale di Newton - dunque l’epistemologia di Kant è fortemente legata alla scienza del suo tempo.
Qual è lo statuto dei fenomeni che aveva osservato Keplero nell’ambito della possibilità.
La legge universale di Newton semplicemente esplicita una possibilità; anche il giudizio di percezione può essere considerato oggettivamente valido in quanto basato su un processo di esperienza.
Le rappresentazioni sono valide solo in virtù del processo che crea le sintesi necessarie e permette un’esperienza unitaria.
Le leggi di Keplero non sono giudizi di percezione. C’è un dubbio qui, non si sa cosa ne pensasse Kant.
Passare dai giudizi di percezione a quelli di esperienza riguarda tutte le esperienze in modo unitario? Il passaggio consiste nella connessione necessaria. La percezione è singola, l’esperienza invece è unificata. L’esperienza è l’insieme di tutte le percezioni in quanto sono connesse necessariamente.
La scienza parte da esperimenti che non sono giudizi di percezione.
Confronto tra, professore dell
Le fasi della conoscenza razionale alle loro condizioni. L’autore si dedica al modo in cui Kant considera la possibilità di una metafisica come scienza attraverso l’applicazione, nei Prolegomeni, del metodo analitico, diverso da quello sintetico della KrV. Il metodo sintetico riguarda il modo in cui si affronta la questione stessa della conoscenza metafisica, non è solo un metodo espositivo, ma un vero e proprio metodo di indagine.
Metodo analitico (o regressivo): parte dalle conclusioni, i fatti, e risale ai principi necessari affinché questi fatti si diano. Vedremo come i fatti della ragione sono qualcosa di reale, qualcosa da cui si parte e già esiste.
Metodo sintetico (o progressivo): inizia con l’analisi delle facoltà dell’anima - sensibilità, intelletto e ragione. A partire da queste, si cerca poi di indagare se è possibile una scienza metafisica, cioè una metafisica come scienza rigorosa. Ci si affida a qualcosa di già noto e affidabile.
Perché Kant ritiene la ragione capace di una conoscenza pura? La
scelta del metodo da parte di Kant non ha solo una funzione espositiva,
ma è indicativa della sua posizione: secondo l’autore, i
Prolegomeni contraddicono alcune conclusioni della
KrV, per esempio: Kant trova che sia possibile una conoscenza
pura, mentre nella KrV aveva detto che la ragione poteva solo soccombere
nell’illusione.
In generale, nei Prolegomeni c’è più ottimismo che nella
KrV, perché la ragione può effettivamente raggiungere
risultati.
Alla fine dei Prolegomeni, Kant dice che ora la filosofia ora dispone di un piano con cui la metafisica può ora essere realizzata. Nel fare ciò, la Ragion Pura è considerata come una fonte che possa costituire questa scienza.
L’autore vuole mostrare come Kant utilizzi fisica pura e matematica pura come conoscenze che derivano dalla ragione.
Non si tratta di esporre una scienza, ma stabilire le condizioni di possibilità di questa scienza, una scienza futura perché ancora non esiste in questa forma.
Gli oggetti della metafisica non sono nell’esperienza, eppure la metafisica dice che esiste conoscenza almeno soggettivamente. Kant si occupa di questo problema.
Kant non vuole partire da proposizioni particolari.
Kant designa gli oggetti della metafisica:
Esperienza: facoltà di porre di principi, conoscere attraverso principi. I principi sono esplicazioni del fatto della ragione, considerata come facoltà dei principi.
Per conoscere l’esperienza stessa nel suo insieme, dovremo riconoscere la ragione come principio universale.
Ragione come facoltà dei principi: qual è il suo legame con la metafisica? La ragione è la capacità di conoscere i principi, ma non solo; ha anche la capacità di ordinare le conoscenze, partendo da concetti fondamentali per poter connettere il tutto in maniera sistematica.
La ragione è considerata la fonte stessa dei principi, ed ha anche una capacità esperienziale: così, riesce a dare origine al concetto di metafisica.
Un punto importante dell’articolo è che la ragione stabilisce un po’ i “confini del campo”; quando la ragione stabilisce sul mondo esterno, che è fuori di essa, stabilisce i principi dell’esperienza possibile; questo le permette di riflettere su se stessa e introdurre i concetti metafisici al suo interno.
I concetti metafisici vengono dalla ragione stessa; la ragione fornisce anche la dimostrazione di queste proposizioni, e pretende di farlo per concetti.
La scienza naturale pura e la matematica pura sono casi di conoscenza che derivano solo dalla natura degli uomini e prescindono da qualsiasi esperienza.
I principi stabiliscono la possibilità di ogni conoscenza.
Secondo l’autore, Kant non vuole affermare, utilizzando la matematica pura e la scienza naturale pura, che queste possono sorgere dal nulla; ma vuole dire che queste due discipline possono essere considerati come dei fatti della ragione, perché possono essere individuati dalla ragione stessa senza fare ricorso all’esperienza. Questo è possibile per la natura del loro oggetto.
Individuati i principi, abbiamo conoscenze universali e necessarie. Nella scienza naturale, ci occupiamo di individuare le cause.
Universale e necessaria è un’espressione chiave se riferita all’esperienza.
All’interno di queste due scienze si possono determinare gli oggetti in modo necessario, fondando una conoscenza.
La forma della sensibilità è qualcosa che non si trova nell’oggetto. Mette in relazione la pura intuizione e il concetto.
La ragione non è passiva, ma è attiva, e deve intervenire per riconoscere le forme come dei principi. La ragione - ed è cruciale secondo l’autore - interviene a conoscere le forme pure della sensibilità e dell’intelletto come dei principi; queste vengono così utilizzate come base delle scienze a priori, e dell’esperienza.
Kant riconosce che sembra difficile applicare il metodo analitico alla metafisica, perché è una scienza che ancora non esiste.
La ragione riflette su se stessa per stabilire quali sono i suoi limiti. Deve avere al proprio interno dei concetti, delle rappresentazioni che possono essere a priori.
Tesi principale dell’articolo: il metodo analitico è legato al
fatto che Kant ha un atteggiamento più ottimistico nei Prolegomeni e
individua la possibilità della ragione di conoscere.
Oppure: nei Prolegomeni la ragione ha un ruolo maggiore che
nella Ragion Pura.
Nel paragrafo 27 si sottolinea come Hume abbia svegliato Kant dal famoso sonno dogmatico.
Kant dice: è stato il ricordo di David Hume a svegliarmi dal sonno dogmatico, ma è un’espressione ambigua.
Gli anni ’60 sono gli anni in cui forse Kant ha avuto un contatto con Hume, ma non è chiaro. In questo testo Kant attribuisce il ruolo a Hume di aver rivelato la non-fondatezza del principio di causa-effetto.
Hume ha anche rivelato che la ragione lasciata a se stessa si impelaga in contraddizioni.
Kant fa riferimento al concetto di causalità: Hume ha mostrato che è impossibile dimostrare per sillogismi il principio di causalità; la causalità mette in relazione la causalità con qualcosa di diverso, perciò non può dedursi per soli concetti.
Altrettanto poco, oltre alla causalità, dice Kant, capiamo la sussistenza.
Parimenti, l’inconcepibilità riguarda la comunanza delle cose, il fatto che le cose siano in un rapporto di azione-reazione.
Che io non possa vedere con la ragione che la causalità e la sussistenza sono a priori e necessarie, tuttavia Kant non sostiene che questi siano prodotti dall’esperienza, o, come Hume, che la necessità di quei concetti sia apparente e cioè prodotta da una abitudine.
Senza questi principi, l’esperienza non sarebbe possibile.
Kant concede il dubbio di Hume. Lo prende sul serio e cerca una soluzione “più sottile”. Causalità, permanenza della sostanza, e azione e reazione non sono derivati dall’esperienza, ma senza di essi l’esperienza non sarebbe possibile.
Tutti gli oggetti dell’esperienza in quanto tali devono soddisfare queste condizioni, quindi sono certo a priori che i miei oggetti dell’esperienza rispettano queste condizioni.
Kant non sta dicendo che le cose in sé sono connesse da causa effetto; tantomeno i fenomeni in quanto fenomeni sono connessi in quel modo; ma siamo noi che imponiamo quella condizione.
Nel giudicare, mi sto riferendo solo agli oggetti possibili dell’esperienza, non le cose in sé né gli oggetti empirici.
Se uso il giudizio ipotetico, pretendo di stabilire una connessione. Se vogliamo, questo è un giudizio di percezione se vogliamo, non ambisce ancora all’universalità.
Anche formando il giudizio di percezione, sto usando un giudizio logico, in particolare nella forma di un giudizio ipotetico.
L’esperienza è necessaria, e va oltre la percezione. Nell’esperienza, cioè che vale per me deve valere per tutti gli altri.
Introducendo il concetto di causa passo dalla percezione all’esperienza. L’esperienza possibile ha bisogno di regole che valgono necessariamente.
Nell’esperienza si da la possibilità di una unione sintetica delle percezioni di una coscienza in generale. Affinché possa esistere un’esperienza, le percezioni devono essere connesse in generale.
Il concetto di causa non indica nulla delle cose, è solo una condizione inerente all’esperienza.
L’esperienza può essere una conoscenza valida oggettivamente,
solo in quanto i fenomeni precedenti possono esser collegati ai
susseguenti secondo la regola dei giudizi ipotetici.
Gli oggetti dell’esperienza, so a priori, sono tutti effetti di cause;
altrimenti non sarebbero oggetti
dell’esperienza.
I concetti puri non hanno perciò significato se vengono riferiti alle cose in sé.
I concetti puri servono a compitare (buchstabieren) i fenomeni per poterli leggere come esperienza.
I principi nascono dal loro riferimento al mondo sensibile, e servono soltanto al nostro intelletto; sono collegamenti arbitrari senza realtà oggettiva; non si può riconoscere a priori la loro possibilità, né convalidarli con qualche esempio.
I concetti puri sono dei collegamenti arbitrari, sono concetti che non hanno una realtà oggettiva.
Ribaltamento dell’empirismo di Hume: i concetti non vengono tratti dall’esperienza, ma è l’esperienza che trae origine da essi, cioè è possibile solo perché esistono questi concetti. Il risultato di Hume viene così completamente rovesciato.
Risultato: tutti i principi sintetici a priori non sono altro che principi dell’esperienza possibile.
I metafisici non hanno mai avuto dei criteri precisi che limitassero le loro dichiarazioni, nonostante attribuissero la massima certezza alle loro dottrine. Dove finisce l’esperienza? Nessuno ha mai messo limiti di questo tipo. Kant traccia questo limite con i principi a priori.
I metafisici cioè non hanno a disposizione una critica della ragione come scienza.
Dice Kant, l’esperienza non è una superficie; è una sfera (…)
Se riconosciamo che i fenomeni non sono la cosa in sé, come facciamo a sapere che la cosa in sé sta a fondamento, è la causa dei fenomeni, se non possiamo conoscerla? Ammettendo l’esistenza dei fenomeni, si ammette anche l’esistenza delle cose in sé.
Il fenomeno ci è conoscibile solo nella misura in cui entra in contatto con i nostri sensi.
Qui Kant ammette la possibilità della cosa in sé.
Se le cose sono fenomeni, e se ho il concetto di fenomeno come ciò che entra in contatto con i sensi, posso pensare in linea di principio e senza contraddizione il suo opposto come ciò che non è percepibile ai sensi. Sto tracciando il confine dell’esperienza possibile; e sto dicendo che c’è qualcosa fuori da questo confine.
È inevitabile, appena si concepisce il fenomeno in questi termini, ammettere la possibilità delle cose in sé come oggetti di ogni esperienza possibile. Stiamo limitando l’ambito legittimo dell’applicabilità dei concetti.
Non possiamo conoscere alcunché di determinato di questi oggetti intellegibili.
I nostri concetti di sostanza, forza, azione sono del tutto indipendenti dall’esperienza. Allora si riferiscono alle cose in sé?
Ci viene la tentazione di applicare questi concetti al di là dell’esperienza. Questi concetti, principi che sono:
Accanto alla casa dell’esperienza, si costruisce un più vasto edificio che viene riempito di puri esseri di pensiero, senza notare che con i concetti ha oltrepassato i limiti del proprio uso.
Nella KrV Kant aveva chiarito queste nozioni: con lo schematismo e con la distinzione tra fenomeno e noumeno.
Ci sono da un lato i concetti di causa effetto, e dall’altro le intuizioni. Cosa c’è tra i concetti puri e le intuizioni? Abbiamo una sorta di cesura. Come la risolviamo?
È possibile nell’intuizione pura costruire il concetto - questo lo abbiamo visto nella geometria. La figura singola vale come uno schema che sta per tutti i triangoli costruiti in quel modo.
Gli schemi: schema del concetto di causa effetto è la successione. Nell’esperienza riconosco nella successione la causa effetto. La sostanza con la permanenza. Il principio di azione-reazione con la simultaneità.
Doppio valore dello schematismo: applica e restringe allo stesso tempo. Non posso applicare il concetto di causa effetto senza lo schema.
Se i concetti puri hanno un uso legittimo, devi potermi dare un esempio in concreto, cioè rappresentarlo sotto la specie di un concetto.
I noumeni consistono finora nella presentazione di un quesito.
Noi non possediamo l’intuizione intellettuale; cioè non possiamo cogliere oggetti che non sono dati.
Noumeno in senso positivo: ciò che non può essere conosciuto dai sensi. Noumeno in senso negativo: l’oggetto di un’intuizione intellettuale.
Solo l’esperienza ci fornisce gli oggetti corrispondenti ai nostri concetti.
L’intelletto non può fantasticare, deve pensare.
A poco a poco, si lascia andare oltre i suoi limiti. Si illude che le conoscenze elementari che ha presenti prima dell’esperienza possano essere impiegate prima dell’esperienza. Per questo i giovani pensatori si appassionano di metafisica
Ma noi dobbiamo porre un limite all’entusiasmo del metafisico. Non è sufficiente, come fa lo scettico, buttare via tutto.
Lo scettico non aveva in mente l’idea di una metafisica come scienza, ossia anche rigorosa.
Dobbiamo distinguere con certezza l’uso nullo, infruttuoso e l’uso geometrico della metafisica.
Le figure geometriche non sono né concetti empirici né concetti generali, appunto degli schemi.
Al concetto di triangolo isoscele nessuna immagine sarebbe mai adeguata.
Il termine metafisica: Kant sta criticando la metafisica? Che succede? Ci sono vari passaggi in cui Kant parla della cosa.
La metafisica come tale abbraccia tutte le scienze a priori e deriva da semplici concetti - questa è la sua specificità rispetto alla matematica; la matematica procede per semplici concetti, perciò non fa parte della metafisica.
Kant vuole evitare di usare il metodo matematico di Spinoza, per esempio.
Metafisica pura o generale - si avvierà a studiare la struttura della ragione, i suoi limiti, e non più la struttura dell’essere in quanto tale.
La filosofia trascendentale si occupa di oggetti particolari con la pretesa di essere una scienza. La questione è capire se è possibile una metafisica strutturata come una scienza.
Uso speculativo o teorico della ragione si distingue dal suo uso pratico, etico o morale. In questo senso distinguiamo metafisica della natura, che si occupa della conoscenza a priori delle cose, una disciplina teorica o descrittiva, e una metafisica dei costumi che si occupa del dover essere occupandosi delle norme pratiche, prescrittive.
Metafisica può essere divisa in un uso immanente o trascendente dei principi a priori:
Si apre un dibattito filosofico:
Metafisica come scienza nel senso della metafisica immanente è possibili; rimane solo una metafisica come disposizione naturale della ragione.
Ci siamo chiariti sulla metafisica: stiamo attenti al contesto in cui troviamo la parola metafisica in Kant.
[!PDF|red] [[Kant, Immanuel - Prolegomeni ad ogni futura metafisica.pdf#page=69&selection=81,23,82,19&color=red|Kant, Immanuel - Prolegomeni ad ogni futura metafisica, p.69]] > il punto più alto che la filosofia trascendentale possa mai attingere
Da un lato abbiamo la natura materialiter spectata, che consiste nei singoli oggetti dell’intuizione; abbiamo dall’altra parte dell’intuizione qualcosa che modifica, stimola, la nostra sensibilità.
Oggetti della natura sono le cose con cui i nostri sensi interagiscono.
C’è una seconda condizione; questi oggetti possono diventare
oggetti della mia sensibilità solo se si trovano nello spazio e nel
tempo.
Kant non spiega mai benissimo perché questo debba essere
necessario.
Lo spazio e il tempo non sono note sensibili come tutte le altre.
[!PDF|red] [[Kant, Immanuel - Prolegomeni ad ogni futura metafisica.pdf#page=69&selection=87,1,106,25&color=red|Kant, Immanuel - Prolegomeni ad ogni futura metafisica, p.69]] > Come è possibile la natura nel significato materiale, cioè secondo la intuizione, come l’insieme dei fenomeni; come è, in generale, possibile lo spazio, il tempo e ciò che riempie entrambi, l’oggetto della sensazione.
Spazio e tempo fanno parte dell’intuizione, fanno parte, dice Kant, della costituzione della nostra sensibilità.
[!PDF|187, 97, 229] [[Kant, Immanuel - Prolegomeni ad ogni futura metafisica.pdf#page=69&annotation=1430R|Kant, Immanuel - Prolegomeni ad ogni futura metafisica, p.69]] > La risposta è: Per mezzo della costituzione della nostra sensitività, costituzione secondo la quale essa vien eccitata nel modo che di essa è proprio, dagli oggetti che le sono in sé sconosciuti e che son del tutto distinti da quei fenomeni.
C’è anche la natura formaliter spectata, come l’insieme delle regole alle quali devono sottostare tutti i fenomeni.
[!PDF|red] [[Kant, Immanuel - Prolegomeni ad ogni futura metafisica.pdf#page=69&selection=116,1,124,28&color=red|Kant, Immanuel - Prolegomeni ad ogni futura metafisica, p.69]] > Come è possibile la natura nel significato formale come l’insieme delle regole alle quali devono sottostare tutti i fenomeni, perché siano pensati come connessi in una esperienza? La risposta non può riuscir altra che questa: …
[!PDF|234, 82, 82] [[Kant, Immanuel - Prolegomeni ad ogni futura metafisica.pdf#page=69&annotation=1433R|Kant, Immanuel - Prolegomeni ad ogni futura metafisica, p.69]] > Mediante la costituzione del nostro intelletto, secondo la quale tutte quelle rappresentazioni della sensitività vengono riferite necessariamente ad una coscienza
Ma come sia possibile…: non abbiamo modo di immaginarci la nostra esperienza in modo diverso; dobbiamo accettare la nostra esperienza come un dato di fatto.
Se l’esperienza deve essere possibile (è un fatto contingente che lo sia), allora queste sono le condizioni necessarie alla sua possibilità.
Per le leggi di natura conosciute a priori, Kant aveva già sottolineato che la natura fosse sottoposta a leggi; quali sono queste leggi? Non possiamo con l’esperienza riuscire a conoscere questo conformarsi a legge dei fenomeni, cioè la natura ha bisogno di tali leggi, le quali stanno a priori a fondamento della sua possibilità.
Se non ci fossero leggi, non sarebbe possibile l’esperienza, né sarebbe possibile l’oggetto dell’esperienza, la natura formaliter spectata.
Noi possiamo conoscere a priori le leggi universali della natura - la natura sottoposta a leggi non è il risultato dell’esperienza, è ciò che l’esperienza presuppone per essere possibile. È una condizione che noi imponiamo affinché l’esperienza sia possibile.
Dobbiamo partire dalla condizione per cui l’esperienza possibile che sta nella nostra sensitività o nel nostro intelletto; sono criteri che noi imponiamo agli oggetti affinché possano diventare parte della natura.
La conformità a leggi della natura non è il risultato dell’osservazione empirica. L’esperienza stessa deve presupporre queste leggi.
Dobbiamo distinguere le leggi empiriche della natura, ottenibili tramite le indagini empiriche, e le leggi pure o universali.
I principi a fondamento dell’esperienza sono allo stesso tempo le leggi fondamentali della natura.
Conclusione paradossale: l’intelletto non attinge alla natura nel fondare l’esperienza a priori, ma ne prescinde.
In che senso le leggi empiriche sono necessarie? Il fatto che siano leggi è un problema.
I principi dicono cosa andare a cercare: cerca questi tre tipi di leggi.
Come fanno le leggi empiriche a essere leggi, cioè necessarie, e allo stesso a essere empiriche e cioè contingenti?.
Una soluzione a cui Kant allude è quella che Kant sottolinea ed enfatizza.
L’esperienza ci spinge sempre oltre fino a che vogliamo conoscere tutte le leggi empiriche, conoscere tutto dell’esperienza, e non riusciamo a sopprimere questo desiderio, che è necessario.
Non posso mai fermarmi: ci sarà la legge ultima.
Solo le condizioni rendono l’esperienza stessa possibile.
Le leggi che scopriamo negli oggetti dell’intuizione sensitiva, […] sono ritenuto come imposte dall’intelletto […].
Nella II ed. della KrV la prefazione dirà: c’è la
logica, e poi 3 discipline scientifiche: la matematica, la fisica e la
filosofia trascendentale.
Quest’ultima vuole semplicemente copiare il metodo della
matematica.
Non si può fare a meno di attribuire “tangibile” di una proprietà con la natura al cerchio.
Dimostrazione del caso dell’equivalenza dei prodotti delle corde di un cerchio[Figura slide]. Domanda: questa legge sta nel circolo o nell’intelletto?.
Risposta: è l’intelletto che ha posto questo teorema come
condizione.
Avendolo costruito secondo i suoi concetti, ha imposto la condizione che
quello è un cerchio.
Imposta questa condizione, possiamo procedere alla dimostrazione.
Kant comincia ad astrarre qui. Tutte le sezioni coniche, figure diverse, sono ottenute con un metodo comune, quello del “taglio”. Faccio vedere che sono conseguenze della stessa regola costruttiva.
Sono io che imposto quella condizione.
Kant astrae pt.2. Se ci pensiamo bene, anche la legge di attrazione dei corpi è perché non può esistere altra legge di attrazione diversa da questa.
Newton si era reso conto che l’unico modo per cui i pianeti si attirano è una condizione che mettiamo all’esperienza; data questa condizione, Le leggi di Keplero possono essere dedotte con certezza matematica.
Kant distingue: da un lato ci sono le regole, dall’altra dei principi a priori. Noi imponiamo queste leggi a priori.
Keplero vs Newton; Newton trova la necessità, parte per concetti di causa effetto e porta poi a trovare la legge di gravitazione universale.
Noi stessi imponiamo una condizione di una legge che sta a fondamento.
Le leggi empiriche della natura sono per Kant sempre contingenti; diventano necessarie se trovano delle leggi più “primitive” che le giustifichino.
Ciascuna legge isolata è contingente, ma inserita nel sistema delle leggi generali diventa necessaria.
Se diciamo: lo spazio e l’intuizione. Un’intuizione significa che è un individuo, un individuo significa che è unico è indifferenziato, ossia uniforme. Lo spazio è così.
Ciò che determina lo spazio a forma di circolo, cono o sfera, è l’intelletto che impone certe condizioni.
La forma universale intuizione è solo sostrato. È l’intelletto che impone le condizioni.
L’unità delle costruzioni è fondata dall’intelletto.
Dove Kant fa un’indagine di come è nato il sistema dell e categorie.
Analogie dell’esperienza: hanno un’origine matematica.
Kant qui si confronta con Aristotele. Ammira la sistematicità.
Il sistema non è un aggregato.
Aristotele aveva raccolto dieci concetti puri nelle categorie, ma pensava, in quanto ontologia, che fossero categorie dell’essere, mentre il progetto trascendentale è riferito all’auto-riflessione della ragione.
O le leggi della natura sono empirici (a posteriori) o sono a priori, ossia sono parte della struttura dell’intelletto o della sensibilità.
Crusius non risolve nessun problema dicendo che le leggi sono “innate”. Non possiamo essere sicuri, in questo scenario, che questi principi valgano per tutti.
Quando guardo alla forma del giudizio, guardo al modo in cui i concetti si riferiscono agli oggetti in generale.
Dalla mia rapsodia di percezioni io ho ottenuto un sistema.
C’è un concetto che non faceva parte della tavola dei giudizi aristotelici. Qualcosa e niente.
Oltre alle categorie, che sono concetti puri, non ci sono concetti puri a priori di oggetti che non possono mai diventare oggetto dell’esperienza: le idee. Le vediamo dalla prossima settimana.
In questo articolo si espone una tesi diffusa nella letteratura secondaria, che ci sono due temi, da un lato causalità e dall’altro antinomia; l’autore lo mostra con delle prove testuali che provano le due cose; esempio di ciò che si fa per un articolo storico; si fa un’ipotesi e si prova a suffragare con il testo.
Nel trattato si evidenzia la dimensione soggettiva della causalità: la causa effetto risiede semplicemente in noi stessi.
Hume afferma che desideriamo conoscere il principio primo agente, ma ci contraddiciamo.
Questo dubbio di Hume secondo Kuehn, già contiene nella filosofia di Kant la possibilità della metafisica.
La generalizzazione del problema humiano porta alle domande kantiane su come è possibile la fisica pura o la metafisica; l’opera di Hume secondo Kuehn contiene già le domande kantiane.
Il problema delle antinomie kantiano non è separato dal problema della causalità di Hume, ma è compreso nello stesso - secondo Kuehn.
Kuehn mette l’evidenza sull’applicazione estesa (extended use) per indicare che il fatto che il problema della causalità sia connesso con quello delle antinomie è dimostrato nei Prolegomeni.
Il vero problema di Hume riguarda la giustificazione ultima del concetto di causa.
Essay di Beattie era a favore del common sense, per confutare la posizione humiana. Kuehn considera da un lato le possibilità esposta da Beattie e dall’altro quelle di Hume su domande epistemologiche come è possibile conoscere il mondo?
Kuehn fa notare come in questa fase il pensiero di Kant fosse ambiguo e non pienamente sviluppato, dunque l’affermazione per cui Kant si sarebbe svegliato dal solo dogmatico in un anno specifico si rivelerebbe errata.
Kant non porta una confutazione del dubbio humiano ma una interpretazione del principio di Hume per cui non bisogna portare dogmaticamente la ragione fuori dal campo di ogni esperienza possibile. Kant fa qualcosa di simile.
Secondo Kuehn, Kant e Hume hanno un obiettivo simile - Kant pensava di mirare a un obiettivo humiano, la sua filosofia non può essere ridotta a quella di Hume perché Kant da un lato aderisce al dogmatismo che Hume andava combattendo integrando il principio di Hume con il principio di non considerare nell’ambito di ogni esperienza possibile ciò che pone i limiti di se stesso.
Kant, cioè, unisce al principio di Hume la soggettività trascendentale, che pone i limiti di se stessa e quindi, a parere di Kant, è degna di considerazione.
L’elemento specificamente kantiano rispetto a Hume è la soggettività trascendentale, cioè che ci siano delle forme a priori che plasmano l’esperienza: cambia totalmente la visione di Kant dalla fase precritica a quella critica.
Kuehn parla dell’antinomia della ragione, per dimostrare come vi sia un collegamento tra la causalità e la deduzione delle antinomie; prima fa riferimento all’immaginazione, che da un lato ci fa credere nella permanenza degli oggetti, dopo poco afferma che è erroneo parlare di immaginazione in questo senso. Questo è risultata essere una criticità interna nella lettura dell’articolo, che ora svilupperemo.
Non si può parlare di antinomia dell’immaginazione anche se si tratta di una contraddizione tra principi; al contempo è scorretto applicare la divisione kantiana al sistema humiano.
È possibile vedere una continuità nel pensiero kantiano? secondo Kuehn si, perché Kant usa sempre lo stesso metodo, cioè pone sempre le stesse domande, anche se si riferisce agli stessi oggetti. Questo è legittimo o no, si può giustificare così?
Non condivide la visione di Kant come un pensiero continuo che cambia semplicemente gli strumenti.
La filosofia di Kant consiste allora secondo l’autore in una difesa e non una confutazione del pensiero di Hume.
Secondo Kuehn, il saggio di Beattie pone una connessione tra una dialettica humiana (che può essere dibattito se esista o no) e l’antinomia della ragione, legge Hume e trova che Hume arriva a due conclusioni contraddittorie (che il mondo abbia inizio e non abbia inizio), e Kant riprenderà questo elemento.
La lezione termina perché c’è stato un errore nella suddivisione dei turni dei seminari.
Gli assiomi sono di per sé evidenti; per quanto riguarda la fisica i principi possiamo trarli dall’esperienza, come concetti puri. Il fisico può sempre darci un esempio della causa a cui sta facendo riferimento.
Sia la fisica che la matematica non avevano bisogno di una ricerca ulteriore, necessaria invece per la metafisica.
Abbiamo dei concetti a priori che possiamo usare legittimamente perché sono condizioni senza la quale l’esperienza non sarebbe possibile.
Tutto ciò che non può essere oggetto dell’esperienza è illegittimo.
Le proposizioni della metafisica, in qualche modo, non trovano posto nell’esperienza.
La ragione è spinta ad andare oltre al suo uso immanente; ogni singola esperienza è soltanto parte dell’intera sfera del suo dominio; il tutto dell’esperienza possibile non è di per sé oggetto dell’esperienza.
Kant ci ha indicato i criteri che tutti gli oggetti dell’esperienza devono soddisfare per diventarne parte; come se avesse disegnato i confini dell’esperienza possibile.
Se io traccio i confini dell’esperienza, non significa che posso uscirne.
Hegel critica Kant: non puoi tentare di definire i confini dell’esperienza senza superare l’esperienza. Un problema simile si trova all’inizio del Tractatus di Wittgeinstein.
Ma il problema del tutto dell’esperienza possibile diventa per Kant un problema necessario che non riusciamo ad evitare.
L’uso dei concetti che vengono usati nell’esperienza è soltanto immanente.
Il problema di andare oltre l’esperienza non è per diletto, lo si fa perché non lo si può evitare, è l’esperienza stessa che ci spinge a tentare di superare questi limiti.
L’animo è o attivo o passivo. La sensibilità è passiva, cioè è ricettività; la ragione è attiva.
La ragione attiva è divisa in: - sensibilità - immaginazione
L’animo attivo, la ragione teoretica o speculativa, è diviso in:
Intelletto: facoltà delle regole o dei concetti.
La ragione come Vernunft è la facoltà delle inferenze.
Alle forme dei sillogismi corrispondono i concetti puri della ragione, ossia le idee. Questo è un termine specifico del linguaggio di Kant.
Kant inizia a introdurre all’interno delle facoltà superiori la distinzione tra intelletto e ragione.
Definizione di idee: concetti necessari il cui oggetto però non può darsi in nessuna esperienza.
Dal meccanismo della ragione stessa nasce una parvenza, apparenza, una Schein.
La parvenza non è soltanto l’errore, non è solo la falsità. La parvenza non è una falsità, è qualcosa che ci dà l’illusione di essere vera, la parvenza di essere vera.
La parvenza è inevitabile.
La distinzione delle idee dai concetti puri è requisito, dice Kant, di ogni metafisica (intesa in questo caso come conoscenza a priori generale).
La distinzione tra concetti puri che hanno un uso legittimo e concetti puri che non si riferiscono all’esperienza è un contributo alla storia della metafisica, è una distinzione fondamentale, si sta dicendo qui.
L’errore, che per avventura vi si infiltri di soppiatto, non può essere scoperto da nient’altro fuor che dalla stessa ragion pura
La ragione a un certo punto diventa dialettica, ossia formula questioni delle quali non può essere sicura circa la loro verità o falsità.
Ora, questa parvenza non può essere tenuta nei limiti della conoscenza possibile. Vuole andare oltre.
Qual è il princìpio da cui derivare i princìpi puri, ammesso che non ne manca nessuno? Se nel primo caso ci siamo serviti della tavola dei giudizi che la logica ci aveva dato a disposizione, dobbiamo fare un altro tipo di deduzione ora.
Guardiamo alla tavola dei sillogismi. Nel caso delle categorie abbiamo guardato l’azione dell’intelletto, l’operazione. La prima operazione era di sussumere un concetto più particolare sotto uno generale.
Guardando alla forma logica del sillogismo, arriviamo ai tre tipi di sillogismo:
Dato il soggetto, in caso categorico, noi cerchiamo di risalire alle premesse di sillogismo in sillogismo, fino alla premessa ultima. Dobbiamo trovare il soggetto ultimo, che non è il predicato di un altro soggetto. Se riuscissimo a farlo, arriveremmo alla sostanza unica.
L’anima è una sostanza invisibile e semplice (idea psicologica). Nasce l’idea cosmologica a partire dal concetto di causa effetto.
L’idea che viene dal sillogismo disgiuntivo è quella teologica, ogni classificazione porta ad un errore diverso.
Se raccolgo tutti i predicati possibili di tutti gli oggetti possibili, ottengo Dio come concetto della ragione, che non è detto che esista.
Se la ragione fosse disciplinata, potrebbe non interessarsi. L’applicazione dei concetti della ragione non ha valore per l’esperienza empirica.
Soluzione: a cosa servono le idee? La completezza può essere soltanto di princìpi e non di intuizioni. Le idee hanno un significato non costruttivo ma regolativo, ossia esigono la completezza, la sistematicità della nostra conoscenza.
Non possiamo smettere di cercare in questo modo secondo Kant.
Esperienza come un sistema; dobbiamo organizzare le leggi empiriche come casi generali che deriviamo da casi particolari.
La singola legge empirica è contingente di per sé, ma necessaria in quanto tale. Abbiamo ora dimostrato le categorie pure, cioè non mescolate con alcuni concetti dell’esperienza.
Come riconosciamo concretamente le cause nell’esperienza? Cosa si comporta come sostanza nell’esperienza? Questi sono i noumeni, oggetti iperbolici.
Ogni cambiamento è effetto di una causa. Questo ci spinge ad andare oltre. Troveremo sempre nuove cause, ma alla fine è come se noi fossimo spinti oltre a trovare tutta la serie delle condizioni. Se lo facciamo, inevitabilmente ci spingiamo al di là dell’esperienza; cerchiamo una causa che non è effetto di un’altra causa; è in linea di princìpio che una cosa simile non può essere inclusa nell’ambito dell’esperienza possibile.
Idea psicologica: la ragione chiede che il soggetto sia sostanziale, sia un soggetto ultimo. Siamo spinti a cercare la sostanza ultima e nel farlo sorge l’idea trascendentale, psicologica, dell’anima, come sostanza semplice immortale. Questo è un paralogismo.
Nesso tra sostanza e permanenza: è un nesso sintetico, nota Kant, non è necessario che qualcosa permanga. Non possiamo dedurre ciò in modo concettuale.
Le idee cosmologiche più di altre dovrebbero svegliarci dal sonno dogmatico.
Siamo spinti dall’interno dell’esperienza ad andare al di fuori.
Le idee sono un fuoco immaginario e un ideale regolativo.
Non ammettere affatto le cose in sé sarebbe sbagliato; possiamo ammettere in modo non contraddittorio oggetti che non sono oggetto dell’esperienza possibile.
Potrebbe esserci da un lato un intelletto discorsivo e uno intuitivo (come quello di Dio); Dio può avere una intuizione diretta delle cose in sé in quanto le crea. Alcune cose non sono oggetti dell’esperienza, ad alcune cose non si può applicare.
Potemmo spacciare i confini della nostra ragione per confini della possibilità delle cose stesse (e possono servire d’esempio i dialoghi di Hume)
Potremmo cadere nell’errore di provare ad applicare i concetti a ciò che non fa parte dell’esperienza; ma ne abbiamo determinato preventivamente i confini.
Hume sembrerebbe qui essere il primo ad esprimere scetticismo nei confronti della metafisica in generale.
Per risolvere il problema, stabiliamo dove possiamo e dove non possiamo usare queste divisioni.
Determinazione formale tratta dai princìpi. È vero che noi non possiamo dare un concetto determinato di ciò che sono le cose in sé, d’altra parte noi sappiamo che la conoscenza empirica non è mai completa, dobbiamo cercare sempre una causa nuova, una legge empirica più generale. In questo spingersi oltre corriamo il pericolo di andare oltre i limiti.
Fino a che punto è legittimo spingersi in questo processo?
L’esperienza ci impone dei limiti (Grenzen), la metafisica ci fa balenare la speranza di un incondizionato.
Distinzione di Kant tra limiti (Grenzen - limiti di un essere esteso) e confini (Schranken, che vale barriera, ostacolo e limitazione).
Per la matematica sappiamo che dopo ogni scoperta potrebbe essercene un’altra, per questo sappiamo che ogni conoscenza è “manchevole” e suscettibile di essere cambiata.
La scienza non ci farà mai scoprire “l’interno” delle cose.
La metafisica invece ci porta a dei limiti. La metafisica esprime un bisogno della ragione.
La ragione ha bisogno delle idee trascendentali, non trova appagamento nelle “uniche conoscenze possibili”, sempre suscettibili di essere corrette.
Le idee trascendentali ci hanno quasi portato al contatto tra lo spazio pieno e lo spazio vuoto delle cose che non possiamo sapere; in tutti i limiti sta qualcosa di positivo.
I confini, al contrario, contengono semplici negazioni.
Metafora del cerchio: il cerchio che ha inscritto un quadrato è in sé una figura definita, ma non riusciremo mai a raggiungerla aggiungendo lati. Il processo di aggiunta dei lati tende a qualcosa di molto definito.
“Confini”: non conosceremo mai le cose in sé. La metafisica, le idee trascendentali ci indicano verso dove il processo tende.
L’esperienza non può mai darsi come un tutto. Ciononostante, il processo di ricerca di leggi empiriche in generale è definito da questo cerchio, da questo limite.
Quando pensiamo all’essere intellegibile, pensiamo per concetti intellettivi puri, ossia, non pensiamo nulla di determinato; ossia, il nostro concetto è senza significato.
Kant vuole dire: sono d’accordo con Hume, ma fino a un certo punto. Gli oggetti al di là delle idee, non ci sono. L’idea di Dio ci parla di un limite, definito come mai raggiungibile ma perfettamente definito.
Da una parte, non potremo mai smettere di cercare, dall’altra non possiamo smettere, ci teniamo sul limite.
È legittimo l’antropomorfismo simbolico: possiamo pensare come se ci fosse un Dio. Ma perché lo devo pensare?
Parallelismo con Wittgeinstein: il libro vuole tracciare al pensiero un limite, o piuttosto all’espressione dei pensieri.
Il limite è definito da Kant come un processo di avvicinamento.
Possiamo parlare dell’espressione per analogia: analogie dell’esperienza. Analogia significa come se; il mondo è sorprendente.
Noi pensiamo il mondo come se esso, per la sua esistenza e per la sua interna determinazione, tragga origine da una Ragione suprema; con il che noi in parte riconosciamo la costituzione propria del mondo, pur senza pretendere di determinarla anche per la causa di esso in sé, in parte, d’altronde, poniamo il fondamento di questa [360] costituzione (della forma razionale nel mondo) nel rapporto della causa suprema col mondo, non trovando il mondo per sé sufficiente a ciò.
Rigettiamo tanto il dogmatismo che lo scetticismo, se definiamo i limiti della ragione.
Il limite è definito dal processo asintotico di avvicinamento al noumeno.
L’esperienza non si limita da se stessa (è limitata da qualcosa che ne è fuori).
Il limite è qualcosa di positivo, che può essere definito dall’interno.
La limitazione del campo dell’esperienza è con qualcosa che le è sconosciuto, ma non sappiamo bene cosa.
La disposizione naturale di cercare, di andare sempre oltre nella conoscenza, diventa dialettica.
Tutto ciò che è oggetto dell’esperienza è una causa, è una sostanza.
La metafisica è reale, ma è anche dialettica e ingannatrice. Partiamo da principi legittimi nel loro uso e finiamo per spingerci oltre, ottenendo una falsa conoscenza, ossia una dialettica.
Affinché essa possa pretendere come scienza, ci deve essere una critica della ragione.patia
Le conoscenze metafisiche sono necessarie a priori; non si possono fondare i giudizi sulla probabilità e sulla congettura.
Non ci serve neanche un appello al sano intelletto umano, in quanto quest’ultimo deriva totalmente dall’esperienza.
Le proposizioni sintetiche a priori della metafisica non sono nemmeno certe - cosa che invece vale per la matematica.
I princìpi generali non sono né evidenti né dedotti, ma sono dati nel fatto contingente dell’esperienza.
I limiti della ragione consistono, come diceva Hume, nell’esperienza. Alcune teorie che hanno successo epistemico su un singolo fattore, si passa a una teoria diversa.
Se non riusciamo a risalire all’origine di tali concetti essi non sono legittimi.
L’esperienza ha qualcosa che la precede: i princìpi dell’intelletto. Le persone dimenticano che i loro concetti derivano dall’esperienza.
L’uso dei concetti è immanente; è limitato. Qual è il limite?
Metafisica ha dei limiti; la matematica ha dei problemi. La matematica è un dominio ristretto dal fattore che possiamo trovare verità che non siano matematiche, come verità metafisica.
La matematica è un dominio, la sua verità non può essere confermata da ricerche interne alla matematica, la matematica non ha nessun limite; la matematica è un dominio ristretto, ma questa non è una verità matematica.
Potremmo dire che un dominio di ricerca è limito se ha boundaries, è un dominio distretto e questa limitazione non rientra in quel dominio.
Dominio di ciò che è conoscibile. Si può iniziare un’indagine metafisica tenendo presenti questi boundaries.
Per Kant l’empirismo humiano è instabile. Sembra che Hume descriva, come Wittgeinstein, il percorso metafisico come “tempo perso” - ciò che Kant critica di Hume è che il suo empirismo non è in grado di articolare il significato del suo princìpio.
La ragione ha il bisogno di rappresentare la totalità di ogni esperienza possibile, per trovare concetti che in realtà non dipendono da nessuna esperienza.
Problema della teoria humiana: non può rappresentare il concetto di dominio di ogni esperienza possibile.
Critica di fondo: modello fattoriale del ragionamento di Hume.
Citazione di Moore: p. 147 del file. The limit argument.
Non possiamo delimitare le cose a ciò che è sensato.
Come si dice in questo articolo che venga risolto il problema di Kant e di Hume? Quello che non è possibile può essere sensato. Ma se non è conoscibile, come faccio a parlarne? Come faccio a parlare di ciò che è al di là dell’esperienza?
Prima tutta la critica dice che non si può considerare come oggetto dell’esperienza se non ciò che è all’interno dell’esperienza. Ma poi, quando è il momento di limitare l’esperienza, Kant parla della cosa in sé, che è precisamente ciò che è al di là dell’esperienza.
Pare che nell’articolo distingua tra il conoscibile e il pensabile; il limite non è conoscibile ma è pensabile e sembra quasi che Kant peschi dall’uso errato della ragione per utilizzarlo in positivo, senza applicare i concetti puri agli oggetti.
Ma questo non sembra che basti; il limite è determinato, il pensabile invece potrebbe essere qualsiasi cosa, a patto che sia pensato senza contraddizione.
Arbitrario: all’altro lato, il concetto pone come pensabile la cosa ultima, e in qualche modo forse la definizione è del tutto arbitraria? No, la definizione arriva dall’interno, in quello che in matematica si chiama passaggio al limite.
Altro punto sulla distinzione tra pensabile e conoscibile. Hume non divide tra le facoltà e fa una distinzione solo di grado alle facoltà. Ma come si pensa la distinzione tra pensabile e conoscibile in Hume?
Nella KrV Kant riferendosi agli empiristi dice che
quelli pensano l’esperienza come un piano sconfinato, non si sa se
stiamo progredendo, un piano infinito omogeneo; l’esperienza per Kant è
una sfera; io mi trovo sulla sfera e sulla sfera posso
misurare la curvatura, determino la curvatura.
A Hume mancano dei criteri di accettabilità delle conoscenze
empiriche.
Kant oltre al criterio dell’intuizione ha dei criteri formali che tutti i contenuti dell’esperienza devo rispettare.
Il filosofo critica conosce anche i Grenzen, i boundaries nell’articolo, verso cui l’esperienza tende e che possono definire l’esperienza dall’interno.
Primo riferimento diretto a quest’opera è in una lettera del 1785. I Prolegomeni sono stati pubblicati nell’83-84, e Kant sta procedendo a preparare la seconda edizione alla Critica della Ragion Pura (1787).
2.Il progetto generale di Kant è quello di una Metafisica della natura.
La sua opera presuppone un concetto empirico, i principi metafisici della dottrina del corpo.
Per essere omogenea, pura, la metafisica che Kant ha in mente ha bisogno di un esempio concreto per capire come funziona.
I Principi della scienza della natura non dispiaceranno, dice Kant, neanche al matematico.
Il titolo in italiano è costruito con una sorta di calco della traduzione tedesca: Principi metafisici della scienza della natura.
Kant vuole esplicare i principi metafisici che Newton non ha espresso.
Vari tipi di principi in tedesco:
Il testo è diviso in quattro parti, che corrispondono alle quattro forme del giudizio, quantità, qualità, modalità, relazione.
prefazione
foronomia (cinematica)
dinamica (riguarda le forze)
meccanica
fenomenologia: ciò che riguarda il rapporto tra la materia e il soggetto conoscente
I primi tre termini sono comuni nella letteratura scientifica del tempo.
Il testo non ebbe grande successo. Kant penserà che questo testo non risolverà il passaggio dai primi principi metafisici alla fisica vera e propria. Manca qualcosa. Non riusciamo a spiegare come si passa dalla materia in generale alla materia vera e propria.
Influenza dello scritto sulla filosofia dell’800:
Tre testi di riferimento per la ricezione:
Natura in senso formale significa considerarlo come principio
interno di tutto ciò che appartiene all’esistenza di una cosa. In altri
scritti Kant contrappone natura ed essenza. Dovrebbero allora esserci
tante scienze quante nature.
Ma cos’è la scienza della prima natura in primo luogo?
Alle figure geometriche si può attribuire un essenza ma non una natura.
La natura è intesa in senso materiale quando consideriamo tutte le cose che possono essere oggetto dei nostri sensi.
La natura ha due parti fondamentali:
In una metafisica della natura ci sarà così una dottrina dei corpi - che osserva la natura estesa - e una natura dell’anima.
Lehre si traduce con dottrina: deve essere un sistema ordinato secondo dei principi. La dottrina per diventare una scienza deve essere un sistema.
La dottrina dell’anima potrebbe essere suddivisa in:
La stessa espressione scienza della natura ci induce a pensare che si tratta sempre di una conoscenza razionale.
È meglio suddividere più che in storica e razionale, in:
Nella parola della natura c’è già implicito il fatto che sia un principio.
Kant ora prova a definire la scienza vera e propria. È tale solo quella la cui certezza è puramente apodittica. Una conoscenza solo empirica non è una conoscenza ma solo un sapere.
Una conoscenza sistematica è già scienza se il principio organizzatore è la concatenazione di principi e conseguenze.
Se fondamento e principi sono soltanto empirici, come nella chimica, e i fatti vengono spiegati solo in base a leggi empiriche e non sono accompagnati dalla certezza della loro necessità, non meritano il nome di scienza.
Una dottrina razionale della natura è una scienza della natura quando le leggi che sono a suo fondamento non sono empiriche ma a priori.
La spiegazione di fenomeni in termini di chimici si lascia sempre dietro una sorta di insoddisfazione: ha a che fare solo con leggi contingenti. Prima però ci ha detto che nel concetto di legge è implicito il fatto che siano necessarie.
Ogni scienza della natura vera e propria ha bisogno di una parte pura a priori su cui possa fondarsi la certezza apodittica che la ragione vi cerca.
La pura conoscenza razionale derivata da semplici concetti si chiama filosofia.
La conoscenza razionale che procede per costruzione di concetti si chiama matematica.
La scienza della natura propriamente detta presuppone una metafisica della natura. La scienza della natura potrà: trarre delle leggi che rendono possibile il concetto di natura in generale.
Natura particolare: riguarda gli oggetti specifici - possiamo classificarli in due grandi classi.
Metafisica della natura - o metafisica dei corpi o metafisica della dottrina dell’anima; di questi due possiamo trovare/cercare i principi.
Io affermo che ogni dottrina particolare della natura si può trovare tanta scienza quanta ce n’è in matematica.
Kant introduce un secondo criterio (p.103): c’è scienza solo quando c’è matematica.
La possibilità di determinati oggetti naturali non può essere conosciuta in base a semplici concetti.
La conoscenza razionale mediante costruzione di concetti è la matematica.
Ogni scienza dovrà avere una parte pura e una parte empirica, dobbiamo studiarne la distinzione.
Chimica: Kant e la chimica, un rapporto difficile.
Fintanto dunque che anche per le azioni chimiche non si trovi nessun concetto che si lasci costruire […].
:: 270. Kant definisce azione chimica e azione meccanica. Azione chimica avviene anche con la materia in quiete.
L’azione chimica può articolarsi in due modi: soluzione o decomposizione.
Ritorno a :: 103. Il problema delle azioni chimiche è che non si possono costruire nessuna legge dell’avvicinamento o dell’allontanamento di varie parti.
La chimica potrà solo rimanere una dottrina sperimentale, ossia una arte sistematica.
Si possono fare esperimenti con gli oggetti e verificare gli effetti, dice Kant. Questo rende la chimica un’arte sistematica.
I principi su cui si basa non permettono nessuna esibizione a priori nell’intuizione.
Psicologia: ancora peggio della chimica. Kant continua a usare l’argomento molto celebre per cui la psicologia non consente l’applicazione della matematica. La matematica infatti non è applicabile ai fenomeni del senso interno.
Argomento: lo spazio ha 3 dimensioni, il tempo 1. Per questo non possiamo applicare la matematica al senso interno.
In psicologia non è possibile fare esperimenti - noi possiamo auto-osservarci ma l’osservazione altera e perturba lo stato dell’oggetto osservato.
E se non ci disturbiamo? In un altro testo Kant aveva sostenuto che quando sentiamo osserviamo qualcosa, non abbiamo più la possibilità di sentirlo.
La psicologia non si configura come scienza sperimentale.
:: 107 La psicologia potrà essere solo una dottrina naturale storica. Non è una scienza vera e propria.
nel titolo di quest’opera Kant sottintende che i principi metafisici riguardano la scienza dei corpi.
Possiamo avere una scienza della natura vera e propria soltanto per i corpi, gli oggetti del senso esterno.
Esclusi due candidati, una per il senso esterno, la chimica, e l’altra per il senso interno, la psicologia, ci rimane solo una scienza dei corpi.
Kant si preoccupa di distinguere concetti fisici dai concetti metafisici.
Bisogna ridefinire il concetto di materia in generale, un compito della filosofia pura.Bisogna ridefinire il concetto di materia in generale, un compito della filosofia pura. Questo deve essere fatto rispettando i principi sintetici.
Kant inizia ad esplicitare le caratteristiche a priori che determinano la materia empirica. La materia è tale in quanto riempie lo spazio. La materia è ciò che comunica un movimento agli altri corpi tramite l’inerzia.
I fisici matematici non sono andati a cercare i principi a priori, questo è il loro errore. Vengono introdotti in modo non preciso secondo Kant, non vengono giustificati in ultima istanza.
Il primo passo è distinguere i principi metafisici e i principi matematici per delimitare gli ambiti.
Completezza: la metafisica può sperare nell’assoluta completezza.
Il concetto di materia viene sviluppato secondo i quattro principi puri.
La determinazione fondamentale di qualcosa doveva essere il movimento; questo perché i sensi possono essere impressionati tramite il movimento.
Gli oggetti dell’esperienza sono tali nella misura in cui riescono a imprimere, a modificare i nostri sensi. Questa modifica avviene proprio attraverso il movimento.
Kant divide la sua indagine:
Le quattro parti dell’opera aggiungo determinazioni a priori della materia in generale.
I principi metafisici, quelli empirici e quelli matematici vengono distinti, perché l’errore dei fisici è che non hanno fatto uso di principi metafisici.
Esempio di come funziona una scienza pura della natura.
È notevole che la metafisica generale in tutti casi in cui ha bisogno di esempi, ha sempre bisogno di trarli dalla dottrina generale dei corpi.
I concetti della fisica, causa effetto, reazione e reazione sono leggi generali della natura ma alla fine questa risulta essere la natura corporea.
Ecco perché una distinta metafisica della natura corporea reca alla metafisica generale un servizio indispensabile.
In questo trattato Kant ha imitato il metodo matematico.
Si cerca di capire la relazione tra principi metafisici e trascendentali e dall’altro lato con le teorie scientifiche.
Analisi della prefazione: per tentare di chiarire queste questioni - che rientrano in un dibattito più ampio su Kant relativo al rapporto tra le scienze e la filosofia trascendentale.
Friedman pensa che l’obiettivo della filosofia trascendentale è offrire un solido supporto alle teorie scientifiche - queste sono un completamento necessario della filosofia trascendentale.
La filosofia vive insieme alla meccanica newtoniana, se cade una cade anche l’altra.
Due aspetti della prefzione:
Sturm definisce la come fondamento esterno, all’interno di un sistema delle scienze.
Una questione preliminare riguarda il rapporto tra le scienze e la metafisica, nel sistema di Kant.
Sturm parla di Entanglement tra metafisica e scienza. Il fatto che le scienze speciali dovrebbero essere fondate sulla filosofia, i suoi fini si dividono tra quelli interni, epistemici, e i fini esterni.
L’uso principale della scienza, anzitutto pratico, deve essere guidato dalla metafisica.
Alcune scienze sono un modello per la riforma della metafisica.
Come sopravvive Kant alla meccanica quantistica? Una possibile risposta è che si possono separare la metafisica e le scienze. Se si pone che i principi a priori non fondano le scienze, ma fondano l’esperienza generale, allora la validità generale non dipende dalla dalla metafisica.
Tutto ciò in rapporto soprattutto alle Analogie dell’esperienza e le leggi scientifiche.
Se tutte le cose avvengono per causa-effetto, la seconda analogia possiamo interpretarla in due modi:
Sturm adotta l’interpretazione più debole sostenendo che l’unica condizione che la seconda analogia impone, è che ogni alterazione debba essere prodotta da una causa. Kant argomenta infatti in questo modo: affinché l’esperienza di qualche cosa sia possibile, è importante che la catena causale abbia un ordine temporale determinato, e che tale ordine sia irreversibile.
Per questo motivo l’esistenza della seconda analogia non ci consente la scoperta di nessuna legge empirica.
Come si può distinguere la metafisica da ogni altra scienza?
I tre tratti distintivi sono:
Elementi che a livello ontologico, epistemologico e assiologico riusciamo a giustificare.
Secondo Kant, la scienza propriamente detta è la fisica.
Oggettività dei giudizi non implica la loro verità; implica che siano sufficiente determinati da assumere un valore di verità che può essere assunto da tutti sempre come lo stesso.
Sturm allora dice che quella kantiana è una fondazione in senso debole, cioè un principio su cui non possiamo basare le scienze, ma dei principi grazie al quale l’esperienza può incominciare e solo successivamente essere integrata dall’esperienza quantitativa scientifica.
Teoria troppo debole?
Il progetto della filosofia trascendentale, pace Friedman, e il progetto di fondazione della metafisica, vanno tenuti distinti.
La fondazione metafisica dipende dalla critica, ma non viceversa.. Ci sono dei nessi, ma i progetti vanno tenuti distinti.
Kant procede a definire il concetto di materia a partire dalle sue caratteristiche.
La foronomia è la dottrina del movimento; oggi si usa il termine cinematica.
La prima spiegazione è una definizione. :: 480
La materia è il mobile nello spazio. Qui Kant allude al fatto che ci sono parti dello spazio che non si possono muovere. Non è affermazione prettamente kantiana, già per Newton lo spazio era qualcosa che non si poteva muovere. Differenza tra spazio e contenuto; la posizione non è una proprietà dello spazio - che non si possono spostare.
Prima caratteristica di ciò che sta nello spazio dallo spazio stesso: il contenuto dello spazio si può muovere.
Se lo spazio puro è un oggetto trascendentale, allora il movimento è un elemento empirico. Il fatto che qualcosa si muove è un dato empirico perché è irriducibile. Per questo motivo il concetto non viene trattato nella Critica.
Spazio materiale: è uno spazio che si può muovere, uno spazio relativo.
Lo spazio puro o assoluto è lo spazio in cui ogni elemento sarà in qualche modo collocato.
Il concetto di materia è empirico.
Nella manualistica del tempo, due caratteristiche del movimento erano la velocità e la direzione. Le due cose vengono distinte: velocità è la grandezza del movimento, cui si aggiunge la direzione.
La materia è oggetto del senso esterno - definizione metafisica di materia.
Lo spazio materiale deve essere uno spazio percepibile. La materia contro la forma sarebbe l’elemento propriamente empirico, ci vuole qualcosa che lo causi e lo produca. Lo spazio materiale è lo spazio empirico.
C’è uno spazio ultimo immobile? Non posiamo concepirlo ne in sé né nelle sue conseguenze.
Negli scritti precritici, Kant indica il movimento come movimento di luogo. È dato dalla relazione esterna con le altre cose intorno a sé. Per quanto posso immaginarmi uno spazio matematico vuoto, come ricettacolo dei corpi, come ne distinguerei le parti e i luoghi diversi, occupati da nulla di corporeo?
Lo spazio indifferenziato non è un concetto.
Se lo spazio assoluto può essere percepito nelle sue conseguenze, questo è un dibattito importante.
Lo spazio assoluto non è nulla, tanto meno un oggetto, ma ogni ulteriore spazio relativo che io posso sempre pensare al di fuori di quello dato se lo estendo all’infinito.
La possibilità che qualcosa si muove, è data da un concetto empirico.
Kant vuole migliorare la definizione classica di movimento: il movimento di una cosa è il cambiamento dei rapporti esterni rispetto a uno spazio dato.
Kant usa l’espressione per indicare lo spazio che io devo considerare come se fosse empirico; cioè se considero una stanza come spazio assoluto, i movimenti sono relativi a questa stanza.
Solo nel caso di un punto mobile si può dire che c’è sempre cambiamento di luogo.
Direzione e velocità intervengono nella considerazione di ogni movimento.
Verso: qual è il verso del movimento? La differenza di verso non può essere colta in modo concettuale.
La velocità = S/T
Argomento di Zenone: il cambiamento è impossibile perché il tempo è una successione di istanti, ma in ogni singolo istante non si dà nessun movimento, in realtà.
Dal punto di vista fisico, è impossibile che un corpo cambi di colpo verso.
Kant vuole fare un paragone con un altro caso, quello in cui la linea è verticale.
La definizione sembra avere un senso: il corpo si arresta per mancanza di movimento. Questo funziona nel caso del movimento accelerato, ma non funziona nel caso di movimento uniforme. Una definizione più precisa ha bisogno di una definizione di quiete più precisa.
Nel caso del movimento uniforme posso usare il primo significato di quiete: il movimento è un movimento infinitamente piccolo. Ma un movimento infinitamente piccolo all’infito può essere definito, all’interno dell’esperienza, come quiete. Differenze di velocità possono essere pensate sempre più piccole.
Il movimento rettilineo uniforme non è un cambiamento; è relativo.
Non ha senso definire quindi la quiete come mancanza di movimento.
Il movimento composto: in questo contesto dobbiamo applicare il concetto di grandezza al concetto di movimento.
Prima si definisce la velocità e poi le forze. È impossibile comporre movimenti che non vadano nella stessa direzione.
Un cambiamento di posizione non è un vero cambiamento, è uno stato. Lo stato può essere o quiete, o moto rettilineo uniforme.
Nello spazio empirico possono attribure parte della velocità data al corpo, l’altra parte allo spazio, ma in direzione opposta - questo vale nel moto rettilineo uniforme. Quando considero il movimento curvilineo, vedremo.
Il cambiamento di velocità ha bisogno di una causa.
Kant esclude tutti i movimenti che non siano rettilinei uniformi.
La composizione di movimenti nello stesso punto si può pensare solo in modo tale che uno dei due venga considerato nello spazio assoluto, mentre, invece dell’altro movimento, viene rappresentato, come ad esso equivalente, un movimento dello spazio relativo che abbia stessa velocità, ma direzione opposta.
Il concetto di movimento è empirico, poi possiamo ricavare a priori la regola.
Due sistemi di riferimento differenti, cioè due spazi differenti.
Non è possibile combinare due velocità se queste vengono riferite a due sistemi di riferimento diversi.
Per due velocità AB, non è possibile riferirle simultaneamente allo stesso punto.
La somma degli spazi corretta non è quella che mi interessa. Un corpo nel primo istante si muove da A a B, poi continua con la stessa velocità fino a C.
Dopo 1 secondo, quanti metri avrà percorso la biglia che va a 5m/s? 10. La velocità infatti è lineare, e le velocità si sommano. Se non si possono sommare, è perché sono in due sistemi di riferimento differenti.
Altro caso: la biglia si muove in direzione opposta. Dopo un secondo, di quanto si sarà mossa la biglia? 0.
Il caso che abbiamo appena visto è possibile: stiamo riferendo i due movimenti a due spazi differenti.
Il terzo caso ci impone di vedere come il concetto di somma non è più quella degli scalari, ma una somma vettoriale. Ammettiamo che la biglia si stia muovendo un po’ di sbieco, cosa dovremmo applicare? Ottengo la velocità complessiva calcolando seno e coseno.
:: 163 L’unica soluzione è quella di considerare il movimento rispetto a due spazi relativi differenti.
Cosa fa Kant? Deriva in modo più complicato la legge del parallelogramma, il teorema di Pitagora generalizzato, una formula che riguarda tutti i casi.
La costruzione geometrica richiede che diverse geometriche tra loro composte siano identiche a una terza - cioè due movimenti presi insieme corrispondano a un terzo.
La completa similitudine e uguaglianza è il movimento congruente alla somma vettoriale dei due movimenti.
Potrei dire che c’è prima una forza che accelera la mia nave, che continua ad accelerare. Ma sto spingendo la nave controcorrente. Messe insieme, queste due forze possono essere sommate, e la loro somma dà 5. Questo in un solo sistema di riferimento.
La combinazione delle velocità è lineare, in caso di movimenti nella stessa direzione, devo semplicemente sommare. Il problema è che Kant deve derivare questa regola a priori, cioè deve essere universalmente valida.
Cioè che invece è corretto: Kant si accorge che il concetto di somma deve essere modificato con il concetto di somma vettoriale. I due movimenti dal punto di vista fisico devono essere considerati rispetto ai loro sistemi di riferimento.
Velocità doppia: due velocità uguali si possono comporre tra loro in due spazi uguali. Kant dice la velocità è una grandezza intensiva.
Non si può dire che la velocità sia composta di lunghezze. La costruzione deve essere indiretta: il primo è il movimento del corpo e il secondo è il movimento dello spazio relativo nella dimensione opposta.
Nel caso di forze motrici esterne, possiamo considerare due sistemi di riferimento diversi. Questo non si può fare nel caso della velocità - devono essere nello stesso sistema di riferimento. Se proviamo a mettere insieme due movimenti nello stesso sistema di riferimento che succede? Quantomeno questo movimento è concepibile.
Due movimenti in direzioni differenti non possono essere composti nello stesso spazio.
Posso comporli nello stesso spazio se considero una forza esterna; questa non è più una costruzione matematica ma una di carattere meccanico.
La foronomia è la dottrina pura della quantità del movimento. Contiene solo il teorema di composizione del movimento.
Da un punto di vista filosofico, c’è una questione interessante - poichè il concetto di una grandezza in generale contiene quello della composizione dell’omogeneo, la dottrina della composizione dei movimenti coincide con la dottrina pura della quantità, e precisamente secondo tutti e tre i momenti che ci fornisce lo spazio: unità di linea e direzione, molteplicità di linea e direzione, molteplicità delle direzioni e infine totalità delle direzioni e delle linee su cui può avvenire il movimento.
Unico risultato sottile di Kant: si rende conto che la regola di composizione delle velocità non è ovvia e richiede il concetto di movimento. Kant capisce che senza questo presupposto è fondamentalmente impossibile comporre la velocità. Kant applica il principio (Grundsatz) che diceva che il movimento è relativo.
Potrebbe sembrare un principio trascendentale, il principio 1, la condizione senza la quale la composizione delle forze non sarebbe possibile come oggetto dell’esperienza.
La parte che è sopravvissuta di meno al “test del tempo” - Kant si avventura nella sua concezione.
Stiamo seguendo lo schema dei Prolegomeni, con i principi dell’intelletto puro. La foronomia corrisponde agli assiomi dell’intuizione, che affermano che lo spazio e il tempo sono delle quantità estensive - per questo Kant applica la nozione di movimento come estensiva.
Il movimento poteva essere composto grazie a questa considerazione estensiva del movimento.
Se spazio e tempo sono estensive, ciò che è fisico, che sta nello spazio e il tempo è caratterizzato da una quantità estensiva, ossia, un grado. Uno stesso volume può essere riempito da materia più o meno densa.
Già nella KrV, Kant affermava che la maggior parte dei fisici provano a ridurre la differenza di intensità distinguendo tra spazio pieno e spazio vuoto - modello atomistico della materia.
La materia è di un’unica specie - i cambiamenti di intensità sono dati dal fatto che gli spazi vuoti diminuiscono; questa è un’ipotesi metafisica, che non rientra secondo Kant dall’esperienza.
Possiamo immaginare un modello differente: che si possano pensare variazioni di densità della materia.
La materia è il mobile, perché riempie uno spazio. Riempire significa opporre resistenza ad ogni mobile che tenda a penetrare in quello spazio.
Uno spazio non riempito è uno spazio vuoto.
Questa definizione di spazio è dibattuta nella filosofia moderna (Locke, Nuovi saggi sull’intelletto umano. Ruggero Boscovich, gesuita croato, sviluppa un modello newtoniano di materia - spiegandola come forza ripulsiva - principio chiave di una monadologia fisica. Questo modello è paragonabile al modello di Kant, nonché contemporaneo.
Rappresentazione dinamica del concetto di materia; dinamica perché fa riferimento ad una resistenza, maggiore o minore. Questa analisi presuppone la definizione foronomica di materia, ma come causa ad un effetto.
Cosa intende Kant con questa ultima espressione? Le usa in senso generale.
La materia non viene trattata in quanto oppone resistenza quando viene rimossa dalla sua posizione - ossia, come resistenza meccanica; quando dalla quiete viene messa in moto; ossia, come inerzia - ma solo quando deve ridurre lo spazio in cui si estende.
Stiamo parlando invece della resistenza alla compressione. Il pistone non si muove, cambia il volume dell’aria.
L’aria può riempire uno spazio.
La materia non riempie uno spazio mediante la sua sola esistenza, ma mediante una particolare forza motrice.
Una resistenza che può essere maggiore o minore.
La penetrazione in uno spazio è un movimento, nell’istante iniziale si chiama sforzo di penetrazione.
Se io prendo un peso nel primo istante, non cambia velocità, ma avrà una tendenza a cadere.
Impenetrabilità assoluta - a un certo punto non si può più avere la compressione degli atomi.
Scarto tra spazio vuoto e impenetrabilità assoluta.
Kant aggiunge un altro pezzo. Nella foronomia parlava di questi movimenti senza considerare le cause della diminuizione. Nella foronomia si parlava solo della composizione di due movimenti contrari nello stesso tempo e con lo stesso oggetto, ma riferite a sistemi di riferimento differenti.
Teorema della foronomia: se io voglio due sistemi nello stesso sistema di riferimento, essi devono opporsi a una forza.
Altri interpreti parlano del tentativo di Kant di passare dalla foronomia alla meccanica senza passare dalla dinamica.
La causa del movimento nella direzione opposta prende il nome di forza.
La materia, perciò, riempie lo spazio mediante una forza motrice e non mediante la sua sola esistenza.
Quando Kant parla di una forza motrice, è la forza che causa un’accelerazione. C’è un’altra definizione di cui Kant parlerà più avanti, la forza di un corpo in movimento.
F = ma e p = F/a sono quantitativamente diverse. Ma Kant non inquadra il suo discorso in questa distinzione.
Kant fallisce su tre punti:
Kant ha un nemico: non esiste una solidità assoluta. Perché? Per via del principio di non-contraddizione. Possiamo immaginare un universo in cui le cose passano una attraverso l’altra.
A Kant pare che l’impenetrabilità della materia sia un dato empirico. Aveva già proposto ciò nella Monadologia Fisica 1756.
Non è il principio di non contraddizione; ciò che resiste nella materia è una forza repulsiva.
La forza è la forza motrice, che può essere repulsiva o attrattiva.
Forza repulsiva: la materia è causa del fatto che altre materie si allontanino.
Forza attrattiva: forza respingente o traente.
Punto importante: Kant aveva già immaginato ciò nella Monadologia fisica, con le forze che proiettano una sfera, una sfera in cui si fa fatica ad entrare.
La materie riempie il proprio spazio mediante la forza repulsiva di tutte le sue parti, mediante una forza espansiva che possiede un determinato grado, per cui si possono pensare gradi minori o maggiori all’infinito.
Due modelli per spiegazione condensazione e rarefazione della materia: momento atomistico, oppure momento dinamico - c’è una forza emanata dalla materia che esercita pressione.
La materia riempie lo spazio mediante una forza motrice (Teorema 1). Questa forza è repulsiva (Definizione 2). La materia rimpie il proprio spazio con forse ripulsive che spettano ad ogni sua parte.
Questo tipo di forza, di un corpo esteso in tutte le sue parti, si chiama forza espansiva.
Questa forza espansiva è ciò che Kant chiama pressione.
Il grado può essere maggiore o minore, ma pur sempre finito. Posso lasciare il pistone, lasciar espandere l’aria.
La forza espansiva con cui la materia riempie il suo spazio ha un grado che non è mai minore o maggiore in assoluto.
Le differenze di grado non saranno mai 0.
La forza espansiva della materia viene anche detta elasticità.
Esempio dei Prolegomeni: l’aria è elastica; se ci mettiamo un peso, l’aria non rimane compressa ma inizia ad espandersi.
Qualsiasi materia avrà una elasticità originaria, che potrebbe essere alta o bassa, ma sempre in un certo grado..
Si ha una soppressione della materia, quando una compressione elimina del tutto lo spazio della sua estensione.
L’aria sarebbe soppressa, ma noi non riusciamo a sopprimerla.
Questa soppressione si chiama meccanica.
Ho ammesso che più una forza espansiva viene costretta, più reagisce.
La materia gode di una elasticità essenziale.
Se la forza fosse solo apparente, non seguirebbe questa legge.
Cosa faccio quando comprimo il pistone? Lo muovo. C’è una forza che rallenta il movimento. Cosa esercita allora pressione? Una forza repulsiva; e una attrattiva, la forza di gravità.
A livello atomico le particelle si muovono contro le pareti del sistema; la somma di tutte queste forze causa la pressione.
Kant vuole dimostrarci a priori che il suo modello è meglio di quello dinamico ma non è detto che ci riesca.
Le linee nere corrispondono la forza repulsiva.
Da una parte la forza repulsiva riempie lo spazio con una certa densità - la massa esercita una forza gravitazionale su se stessa tenendosi in equilibrio.
C’è una circolarità.
Kant a Beck: l’attrazione è la stessa in tutta la materia, solo la repulsione varia tra i diversi tipi. Ma c’è un ciclo da cui Kant afferma di non riuscire a uscire.
Quattro classi di teorie sulla materia:
Modello meccanico-continuo si chiama così perché è determinato dagli urti; nel modello dinamico il punto materiale emette un campo di forza; e la forza accelera o decelera altri corpi.
Modello meccanico discreto: atomistico. Quello più diffuso nella prima scienza moderna (Huygens). Questo è il modello con cui Kant polemizza.
Kant parla prima del suo modello, poi analizza il dinamico-discreto (giovanile); ma il suo vero obiettivo polemico è il meccanico-discreto; cioè l’atomismo.
Per l’esistenza della materia delle forze compressive devono contrapporsi a quelle espansive.
È una forza originaria anche quella repulsiva.
Ad ogni materia appartiene un’attrazione originaria come forza fondamentale propria della sua essenza.
Oggetto di questo testo è sia come funziona la materia in particolare sia come funziona in generale.
Come passiamo da una proprietà della materia a un’altra? cioè come passiamo dalla forze repulsiva a quella attrattiva? L’impenetrabilità è un giudizio analitico a posteriori. Come l’oro, il metallo giallo.
Definizione dinamica del concetto di materia. Partiamo da qui e aggiungiamo la forza attrattiva con un giudizio sintetico a priori, una forza diversa che appartiene al concetto di materia.
C’è sempre stata nella storia del pensiero scientifico in età moderna una sorta di simpatia per le forze repulsive e le forze per contatto. La scienza moderna è materialista; esistono atomi e vuoto e i movimenti si comunicano per spinta. La materia resiste.
La repulsione non basta da sola, ci vuole anche l’attrazione.
Se non ci fosse affatto una forza repulsiva, la materia collasserebbe.
La forza repulsiva appartiene alla materia sempre con l’attrazione, vanno sempre insieme.
L’atomismo si perde in una forma di regresso all’infinito nel cercare di un fenomeno come l’impenetrabilità.
La forza attrattiva si dissolve.
Il contatto fisico consiste nell’immediata azione e reazione dell’impenetrabilità.
L’azione senza contatto è azione a distanza. (Actio in distans). È possibile senza una materia intermedia.
Questa è esattamente la forza teorizzata da Newton, ma Kant ne parlerà più avanti.
La forza d’attrazione originaria ha in sé il fondamento di possibilità della materia in quanto cosa che riempie lo spazio in un certo grado.
Ma come fa un oggetto ad agire a distanza, dove non è? Come è possibile?
Ma Kant argomenta: anche la trasmissione per contatto è inconcepibile; il movimento si trasmette quando si toccano. Ma come fanno se sono impenetrabili a sovrapporsi?
Eliminata anche la possibilità dell’attrazione per contatto.
Se esistesse un etere, ci sarà una attrazione apparente.
Senza forze attrattive, l’attrazione solo apparente divena un circolo vizioso.
Newton era scettico nei confronti della sua stessa forza a distanza, secondo Kant.
Abbiamo due tipi di forze:
La prima è quella in cui l’aria esercita una forza sulle pareti, ma solo nella parte che tocca.
La seconda è il peso che c’è sopra; la forza di gravità attira tutte le parti del peso insieme.
Questa forza di attrazione attrae tutto assieme.
La forza per contatto è superficiale, quella a distanza agisce su tutta la materia presa assieme in contemporanea.
Quali leggi matematiche descrivono le interazioni tra forze? E se non si riuscisse a ottenere questa costruzione? È un compito meramente matematico che non appartiene più alla metafisica.
Il problema del fisico è che non si rende conto che sta usando concetti metafisici come basi del suo ragionamento.
L’attrazione è proporzionale alla quantità di materia originaria.
Da una parte la gravitazione, dall’altro l’elasticità originaria. Questi sono gli unici caratteri generali della materia che si possono conoscere a priori.
L’elasticità riguarda la materia internamente, l’altra nei rapporti esterni.
La coesione è l’attrazione reciproca della materia, limitata alla sola condizione del contatto. La coesione non appartiene alla possibilità della materia in generale. È una proprietà fisica e non metafisica, pertanto non appartiene a questa trattazione.
Esempio della costruzione matematica della faccenda.
L’attrazione dipenderebbe dal cubo della distanza perché relativa al volume e non alla superficie.
Poi si rende conto che questa regola non è in accordo con la Legge di Mariotte relativa all’aria.
L’esposizione di una legge non appartiene alla sua trattazione metafisica; nel caso della materia la costruzione di fatto, la possibilità di costruire la materia concretamente,
Cosa c’entrano le categorie? Si tratta della qualità della materia per quanto spetta ad una Dinamica metafisica.
Tutto il reale degli oggetti dei sensi esterni, che non sia semplicemente una determinazione dello spazio, deve essere considerato come una forza motrice.
L’attrazione si basa sulla quantità di materia.
La metafisica è impiegata come metodo; il risultato è negativo. Viene esteso il campo d’indagine dello scienziato della natura.
Kant dice che non vuole spiegare la determinazione e diversità della materia - come si passa dalla materia generale a quella particolare?
L’unico contenuto dello spazio è il movimento.
Metodo di spiegazione matematico-meccanico ha molti vantaggi, come spiegare meglio le proprietà della materia.
Ci manca un mezzo per costruire questo concetto di materia; questa impossibilità è in generale o riguarda particolari tipi di materia? Tutto questo rimane non chiaro.
Nel meccanicismo non ci sono forze motrici che agiscono a distanza - agiscono come macchine.
Filosofia dinamica della natura è quella di Kant e si contrappone a questa visione.
Parto dal concetto empirico di riempimento, poi i fisici devono trovare la legge specifica.
La diversità specifica della materia senza spazi vuoti.
Ci sono gradi diversi di riempimento.
Nessuna legge specifica può essere dedotta a priori.
Tutta la filosofia naturale serve a ricondurre tutte le leggi a quelle originarie.
Kant non riesce a costruire le leggi specifiche di attrazione. Non riesce a costruirle ma dice: costruitele voi fisici. Arrivo alle forze fondamentali come idea regolativa.
A priori costitutivo: vi do le forze fondamentali e so costruire un caso di materia secondo certe leggi.
A priori regolativo: non so costruire il caso, ma trovate le leggi specifici a partire dalle forze fondamentali.
Questo è tutto ciò che la metafisica può fare per il concetto di materia.
Prima presentazione.
Attenzione - il professore ha dichiarato che la presentazione è completamente sbagliata, senza bibliografia. Non considera adeguato il contenuto dell’articolo. Le informazioni che seguono non sono completamente corrette.
Non esiste costruzione spaziale - non possiamo indagare il concetto della natura come particellare, è solo qualcosa che sta nell’’esperienza rispetto all’oggetto.
La metafisica a priori, le verità metafisiche non possono essere dedotte.
Ciò che sto scoprendo non possono ricostruire il concetto.
Limite della fisica. Siccome abbiamo un dato fisico per dire che il sole ha una certa temperatura, non significa che possiamo determinarla.
I concetti fisici si integrano con l’esperienza.
Esempio, proprietà di un virus: indagine strutturata nell’esperienza - validità scientifica.
Concetto di ubergang (transizione):
La fisica può fondarsi sui principi metafisici, che si possono conoscere solo a posteriori e mai a priori: es. concetto di essere.
La riflessione è una sintesi di pratica e teoria.
Tutto ciò che ha una dimensione scientifica ha secondo Kant un fondamento metafisico.
Professore associato a Minnesota
Si rifà alla nota generale alla dinamica, nel II cap. dei primi principi metafisici alla scienza della natura.
Presenta una presentazione tripartita della diversità specifica della materia (attrito, stati aggregativi..)
Sottolinea il fatto che secondo lui questi aspetti risultino secondari secondo il compito di fondare l’a priori.
Due forze fondamentali, attrazione e repulsione si manifestano secondo un’azione e reazione.
I fenomeni presentati sono variabili a seconda dei vari tipi di materia, appartengono in generale ad una metafisica del corpo.
Kant porta delle prove a sostegno delle proposizioni che riguardano
Confronto tra i primi principi e remark sulla dinamica.
Secondo l’autore la nota generale alla dinamica è uno dei punti più enigmatici del corpus kantiano - vuole capire il apporto tra le fisiche razionali e quelle empiriche. La fisica razionale fonda la fisica empirica, le forza fondamentali della seconda derivano da quelle della prima.
La relazione non è determinata unicamente su base logica, ma la relazione tra forze emerge da una interazione tra le forze fondamentali.
McNulty sostiene che siano ulteriori informazioni per derivare i fenomeni fisici.
La fisica razionale è la dottrina a priori della materia, la fisica empirica a posteriori. Le leggi a priori derivano dalle determinazioni categoriali del concetto di materia, foronomia, dinamica, ecc.. fenomenologia ecc.
La coesione, l’elasticità, l’attrito sono caratteristiche non universali della materia e potenzialmente infinite.
La chiarificazione di questa specific variety of matter è la più nobile per la scienza della natura.
Rapporto fisica razionale e empirica riguarda la distinzione tra forze universali (attrazione e repulsione) e derivate (coesione, elasticità attrattiva).
È un po’ oscuro secondo McNulty nell’opera Kant. Forze derivate nella fisica empirica, forze fondamentali della fisica razionale.
Per McNulty la distinzione tra forze fondamentali e e secondarie che si ha in Kant è riconducibile a Leibniz. Già in Leibniz la relazione tra le due dimensioni è oscura, e il riappropriarsene di Kant non chiarifica.
McNulty si focalizza sulla dipendenza con le forze fondamentali della fisica razionale.
Per sviluppare argomento usa:
La relazione tra fisica empirica e razionale può essere spiegata in uno di questi due modi.
Questi fenomeni della fisica empirica possono essere ricondotti ai principi della fisica razionale.
Per Kant c’è una materia esistente che è l’etere, che rende possibili fenomeni contingenti come elasticità e coesione.
Nessuna derivazione logica delle forze: usare le note concettuali sulla coesione non fornisce alcun indizio sul fatto che le note concettuali siano realmente possibili.
Una forza derivata in termini di altri concetti analitici non determina in un certo senso se la forza derivata appartenga alla natura di una cosa.
La riduzione delle forze derivate a quelle semplici deve essere di tipo non-logico.
Iniziamo la terza parte, i Principi metafisici della meccanica.
L’obiettivo generale dei Primi principi in generale è quella di fornire una costruzione del concetto di materia.
Prima questione è la costruzione di un concetto di materia in generale.
Dire qualcosa a priori interno alla materia in generale. È possibile?
Le analogie dell’esperienza dovrebbero bastarci per darci delle nozioni a priori, ma questo non è sufficiente, e usiamo la matematica per costruire la nozione - esibita a priori.
Nella foronomia il concetto empirico di materia è la relatività del movimento nello spazio.
Alla fine Kant ci mostra come costruire il concetto di movimento - costruire il movimento come una grandezza estensiva. Nella foronomia usiamo lo stesso punto materiale riferendoci a diversi sistemi di riferimento.
Dinamica: il concetto empirico di riempire uno spazio riguarda l’esistenza di forze attrattive e repulsive.
La dinamica è la parte più lunga e complessa, e anche quella dove si guarda con più sospetto alla fisica classica. Il primo passaggio necessario tra foronomia e dinamica viene articolato da Kant con un argomento, pieno di fallacie e paralogismi.
La forza attrattiva dipende dalla quantità di materia.
Altro problema di Kant: la varietà delle materie (Forze attrattive e repulsive).
La materia è il mobile, che in quanto tale possiede una forza motrice.
Chiarificazione terminologica, non soltanto in Kant ma in tutta la letteratura pre-metà dell’800, ci sono due concetti di forza che convivono, si relazionano l’uno all’altro, che in realtà vengono descritti chiaramente.
Newton: prima nozione di forza $$F = ma = F \frac{d}{dt}mv$$ La forza causa un cambiamento di velocità
Forza cartesiana: mv
Leibniziana: la capacità di produrre effetti in un corpo in quanto è in movimento. mv2 Forza viva = energia cinetica - è l’energia di un corpo che si muove.
Von Helmotz, lo scopritore della conservazione dell’energia, chiama il suo scritto Principio di conservazione della forza.
Nella dinamica, Kant usa il significato in base a questa definizione - cioè un corpo in quanto si muove. Kant abbraccia la nozione cartesiana di forza, cioè F = mv.
Un corpo con massa doppia avrà doppia capacità di produrre effetti.
La forza motrice presa in considerazione è una forza attrattiva o repulsiva - agisce anche quando la materia è in quiete.
Imprimere e comunicare - la repulsione era volta a imprimere il movimento; nella repulsione invece la consideriamo come se comunicasse un movimento.
Il mobile non avrebbe nessuna forza per il solo fatto di muoversi se non possedesse anche forze motrici originarie.
Si introduce l’impenetrabilità.
Le leggi della meccanica definiscono il concetto di forza, quindi come facciamo?
Parla solo delle forze repulsive, per esempio nell’urto: determinare la velocità in cui in seguito a un urto le parti si allontanano.
La quantità di materia è l’insieme del mobile contenuto in uno spazio determinato.
Newton definisce la quantità di materia come il prodotto tra il V volume e la d densità. Kant vuole suggerire un’altra definizione.
Una grandezza estensiva e additiva.
Kant distingue tra quantità di materia e massa. Una quantità di materia possiede una massa quando agisce in massa, quando tutte le parti hanno lo stesso movimento, cioè le sue parti hanno la stessa velocità. Allo stesso tempo, se questa massa ha una certa forma, si chiama corpo.
La quantità di movimento si misura mediante la quantità della materia che si muove con la sua velocità.
Nella foronomia la quantità di movimento in senso lato era la velocità.
La materia è divisibile all’infinito, mediante l’insieme delle sue parti.
Non è possibile una misura valida della materia, né immediatamente né mediatamente.
La quantità di movimento di un corpo è proporzionale alla quantità di materia e alla sua velocità.
La costruzione del movimento consisterà nella composizione di lunghezze uguali tra loro.
Composizione del movimento: già nella Foronomia abbiamo visto cosa significava comporre movimenti rispetto a sistemi di riferimento differenti.
Una biglia se riferita a un sistema di riferimento che si muove può anche avere movimento 0.
La composizione dei movimenti di tipo mv, c’è un movimento che causa il cambiamento nel moto dell’altra, perché urta. Questo secondo un rapporto causale escluso nella Foronomia.
Perché misurare la forza in modo diverso da Leibniz? Kant nel suo primo scritto interveniva nel dibattito tra cartesiani e leibniziani a proposito della nozione di forza viva.
Quanto tempo impiega un corpo a fermarsi? Un corpo che ha velocità doppia percorrerà uno spazio quadruplo.
Possiamo identificare gli effetti con quanto spazio impiega a vincere la forza.
Possiamo guardare al tempo impiegato, in luogo dello spazio percorso - l’idea è che l’oggetto rallenti istante dopo istante fino a fermarsi. La misura della forza è il tempo complessivo necessario per fermarlo.
Consideriamo l’azione di una forza in ogni istante per poi sommare tutto alla fine.
Perché Kant preferisce mv a mv2? La prima può essere usata sia per il movimento che per l’equilibrio, la seconda solo per l’equilibrio.
La forza viva possiede un suo movimento.
Distinzione tra velocità virtuale e velocità reale.
Immagine: caso dell’equilibrio. Quand’è che due pesi sono in equilibrio? Possiedono masse inversamente proporzionali a quelli che avrebbero se fossero liberi di muoversi.
La materia si misura per somma di parti, e non per intensità. Questa confusione nasce nella Monadologia.
Io posso parlare veramente di massa solo quando c’è un corpo rigido.
Uso la stessa velocità per misurare la differenza di velocità in due oggetti con stessa massa.
Sembra un circolo vizioso, ma non lo è. C’è una definizione quasi operazionale di un concetto.
Nel caso dell’equilibrio, un modo per misurare l’urto potrebbe essere: supponiamo che l’urto sia completamente elastico - le velocità finali saranno uguali a quelle iniziali, cambiate di segno. Questo è legato al fatto che la materia è impenetrabile.
Le velocità iniziali saranno uguali, in riferimento all’equilibrio. Non uso velocità vere, ma uso velocità virtuali all’inizio dell’equilibrio.
Se i bracci della leva sono uguali, le velocità iniziali sono uguali, quindi posso calcolare.
Usando questa formula posso quindi comparare le masse senza ricorrere alla densità.
Kant distingue dicendo che la quantità di sostanza non è un grado, ma una grandezza estensiva derivata da una somma.
Cambia in modo piuttosto radicale il concetto di sostanza.
Il concetto di sostanza designa il soggetto ultimo dell’esistenza. Il rapporto sostanza-accidente è analogo al rapporto soggetto-predicato.
Tutto ciò che esiste nello spazio è movimento.
Alcune parti di materia si muovono rispetto ad altre, ma al loro interno le parti si muovono tutte assieme.
Definizione logica di sostanza viene applicata al concetto di materia.
La materia è divisibile all’infinito, e ciascuna delle parti risultanti dalla divisione è a sua volta materia.
La forza motrice che una materia possiede nel suo proprio movimento dipende dal concetto di quest’ultimo in quanto soggetto ultimo nello spazio.
La forza attrattiva determina nell’istante iniziale una piccola variazione di velocità, che poi aumenta. Questa velocità mi permette di misurare la massa. Sembra che Kant si stia riferendo al Principio delle velocità virtuali.
Prima legge della meccanica. Rapporto tra Kant e Hume. Tutta una tradizione che afferma che Kant è un newtoniano. I principi puri corrisponderebbero alle leggi di Newton.
La prima legge è Legge di inerzia un corpo permane in una condizione di moto rettilineo uniforme a meno che non intervenga una forza risultante esterna.
II legge: F = ma
III legge: Azione = −reazione
Possiamo notare una analogia con le analogie dell’esperienza. Ci sarebbe una corrispondenza tra formulazioni delle leggi di Newton in termini di quantità di moto e analogie dell’esperienza.
Sarebbe bello se ci fosse una simmetria tra principi newtoniani e kantiani, katn avrebbe fatto una formulazione più astratta.
Kant invece fa tutto un discorso per dire che questa corrispondenza, anche se è plausibile, non si dà. Vediamo i principi di Kant.
Prima legge della meccanica è la legge di inerzia.
Seconda legge della meccanica assomiglia al primo. Ogni cambiamento della materia ha una causa esterna. Ogni corpo persiste nel suo stato di quiete o di movimento, nella stessa direzione e nella stessa velocità, se non viene costretto da una causa esterna da abbandonare questo stato. Fondazione negativa: implica un principio di anti-ilozoismo, cioè la materia è inerte non vitale.
Kant dice che il principio di inerzia combina il primo e il secondo principio di Newton (F = ma).
Terza legge della meccanica: in ogni comunicazione di movimento l’azione e la reazione sono sempre uguali tra loro. Friedman continua a difendere l’analogia tra questo principio e il terzo principio newtoniano. Implicazioni: l’unico modo per far muovere qualcosa è un altro movimento.
Kant non sta formulando la teoria del moto, sta formulando una teoria della materia; in queto senso Kant non ha l’intenzione di derivare i suoi principi da quelli di Newton; li dà in qualche modo per scontati.
Prima legge della meccanica. In tutti i cambiamenti della natura fisica la quantità di materia resta in totale la tessa, senza aumentare né diminuire.
La sostanza è il fondamento di un predicato, il predicato è soggetto del movimento. La sostanza-fenomeno, non parliamo di una sostanza metafisica, anzi è una nozione diametralmente opposta. La concezione prototipica della sostanza metafisica è quella di Leibniz.
Idea di sostanza come ciò che sta sotto agli accidenti - definizione puramente analitica. Kant dice: aggiungo un aspetto sintetico, sintetico e a priori - che la sostanza rimane nel tempo.
Nella nota, Kant sottolinea come il suo concetto di sostanza sia diverso da quello della definizione metafisica - sostanza come soggetto ultimo di predicati. Non è così per Kant.
La sostanza di Kant è la sostanza-fenomeno, sostanza nello spazio che è oggetto dei sensi esterni. Per questo motivo essa si conserva.
Kant non applica questo concetto di sostanza alla coscienza. Kant trasforma il vecchio principio di sostanza in un principio di conservazione.
Il pensiero dell’io, la coscienza, non è affatto un concetto, è un concetto in senso interno; qui Kant sta alludendo a tutti gli argomenti che la KrV porta contro l’esistenza dell’anima - è annoverata tra i paralogismi, quegli argomenti in cui non si può inferire che l’anima sia un’esistenza.
La materia è una grandezza estensiva; quello che Kant aggiunge è che se la materia è considerata come sostanza, la sua quantità, necessariamente, a priori, dovrà conservarsi. Sposto le parti della sostanza, ma queste, se vengono distribuite differentemente, si conservano.
Seconda legge della meccanica: ogni cambiamento della materia ha una causa esterna.
Anche un cambiamento di luogo avrà una causa - Kant aggiunge una nota alla II edizione della critica.
È impossibile stabilire se un corpo mantiene la stessa posizione nel tempo o la cambia.
Kant chiama forza la quantità di moto, e la causa esterna non è definita come forza. Differenza sostanziale con la seconda legge di Newton.
Cosa sta facendo Kant? L’ipotesi interpretativa che suggeriamo è
che Kant qui sta formulando la teoria della materia. Questo corrisponde
alla legge di causalità di Hume che abbiamo discusso a lungo nei
Prolegomeni. Ogni cambiamento dovrà avere una causa..
Qui, nella metafisica corporea, dobbiamo aggiungere che si tratta di una
causa esterna.
La monade è definita dal suo stato interno, passa da una percezione all’altra. Se uno procede per soli concetti, si arriva alla monade. La sostanza di cui stiamo parlando è invece definita solo dai suoi rapporti esterni: riempie lo spazio, ha parti… Nulla è interno; tutto è esterno.
Kant parla di una legge di inerzia con un sapore metafisico, non spiccatamente meccanico come nel caso di Newton.
Kant si sta difendendo dall’ilozoismo - la legge di inerzia dice esattamente l’opposto: la materia non ha un principio interno di cambiamento. Ha solo un principio esterno. La nostra possibilità di conoscere la natura riposa su questo aspetto.
Kant non sta difendendo una forma di realismo estremo.
La materia, essendo composta di parti, non può essere spiegata in ultima istanza. Non c’è in Newton qualcuno che mi possa spiegare perché un filo d’erba è fatto così; ma dato che esiste, posso provare a spiegarlo in modo meccanico. Kant rifiuta l’ilozoismo, nessuno sforzo positivo, attivo, nella materia.
Kant sta rifiutando una dottrina ilozoistica.
Si deve prendere dalla metafisica generale la proposizione per cui ogni azione esterna che accade nel mondo è un’azione reciproca.
Kant dice abbastanza chiaramente che questa è una controparte dell’altro principio, quello negativo - qualifica tutte le cause esterne come rapporti reciproci, effetti reciproci.
Non c’è una forza attiva, interna. Faccio fatica ad accelerare un corpo. Come se la materia avesse una resistenza.
Tutti i rapporti d’attività della materia nello spazio devono essere sempre rappresentati come reciproci.
Qui Kant riprende abbastanza nel contenuto uno stesso argomento usato nel 1758, La nuova dottrina del moto e della quiete. Fondamentalmente Kant usa lo stesso argomento.
Quando osserviamo due corpi in urto elastico, non siamo tanto interessati al rapporto tra il corpo e il sistema di riferimento, quanto al loro movimento reciproco. Non guardiamo allo spazio relativo, ma a quello assoluto.
La terminologia va presa cum grano salis. Lo spazio assoluto è il sistema di riferimento che possiamo considerare come in quiete. Il sistema di riferimento nella Foronomia era arbitrario; nella meccanica la questione è diversa. Se da un punto di vista foronomico posso dire che la pietra si muove verso la parete e la parete si muove verso la porta, in questo contesto, quello meccanico, guardiamo l’effetto che i movimenti dei corpi hanno uno rispetto all’altro.
Dal punto di vista foronomico, lasciamo perdere il riferimento esterno, e considerare dal punto A al punto B. Velocità inversamente proporzionale alle masse.
La velocità è inversamente proporzionale alle masse. Kant dà una dimostrazione geometrica. Distribuiamo le velocità in questo modo. Questo è il significato di azione-reazione.
Dimostrazione fondamentalmente corretta se non in casi speciali.
Kant ha interesse in una teoria della materia, e vuole dimostrare che di per sé un corpo in quiete non agisce sulla materia complessiva.
Conseguenza: un sistema chiuso non può mettersi in moto da solo.
Newton pretende di aver derivato la legge dall’esperienza, mentre Kant ci dice che è una condizione sintetica a priori, e cioè necessaria per rendere l’esperienza possibile.
Altri hanno postulato l’esistenza della forza di inerzia in cui la materia oppone resistenza.
Sono tre leggi:
Queste sono le analogie dell’esperienza applicate.
Kant non procede in modo così diretto - cerca di formulare una teoria della materia di ispirazione newtoniana, ma non un suo sviluppo.
Visione complessiva di questa seconda parte.
Non c’è una resistenza della materia al cambiamento - una sua forza interna; ma esercita invece una forza opposta.
Non si può pensare che l’obiettivo di Kant sia una confutazione dello scetticismo.
La minaccia all’impegno morale dipenderebbe dal senso comune, che può essere sconfitto solo dalla filosofia.
Nella filosofia teoretica la dialettica è naturale per la ragione; compito della filosofia è limitare una volta per tutte l’influenza dannosa della dialettica. La dialettica è infatti una delle principali fonti dello scetticismo.
Kant può essere considerato lontano dall’essere indifferente allo scetticismo.
Le controversie dialettiche sono prodotti naturali e inevitabili della ragione
La dialettica suscita lo scetticismo naturalmente.
Lo scetticismo sui principi primi della filosofia pratica sorge quanto si cerca di giustificare i principi tramite l’esperienza.
Non si possono, come vuole Hume, derivare le categorie esclusivamente dall’esperienza.
Kant presenta il proprio progetto critico in risposta alle obiezioni di Hume.
Kant non si riferisce allo stesso metodo scettico di Hume. Per Hume i dubbi scettici rimangono sempre valide; per Kant la filosofia trascendentale è la confutazione definitiva allo scetticismo.
Le due forme di scetticismo trovano risposta nell’Analitica della Ragion Pura e nella Dialettica Trascendentale.
Nell’Analitica trascendentale la necessità delle forme dell’intuizione e dei concetti può essere difesa solo sostenendo che esse esprimano la struttura della mente umana.
La risposta allo scetticismo humiano ha due fasi:
Nella seconda edizione l’Estetica trascendentale viene divisa in due parti.
Se le intuizioni caratterizzassero sia la nostra mente, sia gli oggetti che percepiamo, queste sarebbero caratteristiche contingenti degli stessi oggetti.
Secondo Guyer siamo noi stessi a imporre alla natura le categorie di ordine e regolarità.
Guyer si chiede come è possibile stabilire una unità sintetica a priori se non ci sono le condizioni per queste all’interno della mente? Le capacità cognitive presuppongo le categorie.
La risposta di Kant è presentata nella Dialettica Trascendentale
Kant sostiene che la confusione della metafisica sorge dall’assunzione naturale della ragione.
Guyer elenca quattro conflitti descritti di Kant, e qui nella Dialettica trascendentale. Risultati:
Stessa struttura dello scetticismo teorico.
Il senso comune presuppone l’esistenza di principi morali universali e necessari. Si spiega come è possibile la fondazione di tali principi.
Il senso comune possiede una conoscenza a priori dei principi morali fondamentali. Ma non percependosi come in possesso di tali conoscenze, il senso comune deve essere aiutato dalla filosofia, che spiega come questo sia possibile.
Per Guyer, Kant identifica lo scetticismo come sfida inevitabile per la ragione umana. La risposta allo scetticismo non è dogmatica, ma è un’indagine critica sul funzionamento della ragione stessa.
La soluzione è mostrare come il senso comune è portato a dubitare delle proprie convinzioni fondamentali.
Obiettivi dell’articolo: 1. esaminare la legge di azione e reazione
della dinamica di Kant, Wolff, Leibniz, Newton
2. la legge di Kant guarda a Leibniz e non è fondata su Newton
3. Kant propone questa legge per risolvere ai problemi post-Leibniz
Nel 1880 un gruppo di studiosi di Kant iniziano ad affermare che la metafisica kantiana concorda in qualche modo con i concetti fondamentali della fisica newtoniana.
Tre filoni interpretativi:
In Kant manca il concetto di forza impressa
La scuola di Marburgo suggerisce una corrispondenza tra le seconda e la terza legge di Kant e i tre principi newtoniani.
Kant non parla di forze impresse ma di forze motrici.
Stan Marius afferma che nonostante ci siano somiglianze terminologiche tra Newton e Kant tra azione e reazione, ci sono molte differenze.
Sono intese da Newton come forze impresse su luoghi diversi. Specificato dalla seconda legge di Newton. Derivano entrambe dallo stesso tipo di forza.
Domande poste dall’autore:
Risposte:
Leibniz distingue due tipi di forze:
Ogni forza si divide in forza attiva o passiva. Per Leibniz ogni azione ha una reazione e aggiungerà più tardi che sono uguali e opposte.
Per Leibniz c’è un modello a due corpi. A fondamento della resistenza della materia vi è l’inerzia naturale.
La dualità coincide con la distinzione forza attiva-forza passiva.
In Leibniz c’è un punto poco chiaro rispetto al principio di azione e reazione, ma in altri luoghi capiamo che derivano da due tipi diversi di forze, la prima da una forza attiva, la seconda da una forza passiva.
Un protetto di Leibniz, insegna dal 1703 a Padova.
Scrive la Foronomia, in cui classifica forze attive collegandole all’azione, l’inerzia invece alla forza passiva.
Deriva da questo paradigma la legge di azione-reazione. Non parla di forze diverse, ma spiega che l’azione è l’applicazione di una forza che reagisce.
Principio di reazione di Hermann: in ogni azione corporea, tanta forza dell’agente si perde quanta ne viene acquisita dal corpo che riceve l’azione.
Sviluppo di una cosmologia generalis in cui aggiunge qualcosa a Leibniz.
Aggiunge a Leibniz:
Ma qual è il ruolo di azione e reazione nella meccanica di Wolff?
Sviluppa un teorema che conclude che in ogni collisione il corpo agente spende tanta forza attiva nel vincere il corpo paziente quanta ne ha quest’ultimo come forza passiva per resistere.
Questo principio vale tuttavia solo per le collisioni anelastiche
Il principio di reazione nella Nuova dottrina del moto (1758).
Kant propone una critica interna di Wolff; rigetta la forza inerziale. Rifiuta la forza inerziale e la teoria del moto relazionale. La resistenza inerziale non è necessaria per concepire il movimento.
Introdotta la nozione di moto come relazione; ogni collisione è una interazione simmetrica. Nessun corpo è in quiete in modo assoluto.
Si forma da due corollari:
Il punto importante dell’interpretazione di Stan è la forte somiglianza trovata tra i principi di reazione di Kant e Wolff.
Somiglianze e ambiguità dei principi di reazione di Kant e Wolff:
In questo contesto Kant è il critico interno di Wolff: elimina la forza d’inerzia, ma mantiene tutto il resto.
Dal modello wolffiano eredita la vaghezza sulle nozioni di azione, reazione e forza motrice.