Il primo libro, il suo, è un confronto tra Schelling e Nietzsche - con Schopenauer in mezzo.
Il secondo è un esempio di filosofia morale descrittiva - modello che fa ricorso alle neuroscienze per spiegare i meccanismi legati alla morale.
Il terzo è una figata, riguarda il nesso vita-potenza in marco aurelio, spinoza, nietzsche. Bella hit, io faccio questo.
Gli appunti che si prendono nella prima parte del corso sono più importanti e sostituiscono il manuale. Prendili bene. Per i frequentanti non c’è il manuale e non c’è uno dei due testi di Nietzsche - genealogia della morale.
Previsto esonero scritto il 22 marzo. Superato l’esonero con voto di 7/10. 10 domande aperte e chiuse, un paio di facciate.
Per frequentanti:
È una riflessione filosofica sulla nostra condotta, e nel Novecento della fondazione plausibile di una condotta; una riflessione su che cosa sia giusto fare e su quali siano gli obiettivi da raggiungere nell’azione.
Riflettiamo sulla nostra condotta non solo nel campo dell’umano.
La domanda che guida la nostra riflessione potrebbe essere: che cosa è giusto fare? Che cosa è bene fare? Queste domande, anche se sembrano coincidenti, sono molto differenti.
La prima rimanda ad un obbligo, ad un dovere, mentre l’altra rimanda ad un valore.
Riflettiamo sulla nostra condotta non solo nel campo dell’umano.
La domanda che guida la nostra riflessione potrebbe essere: che cosa è giusto fare? Che cosa è bene fare? Queste domande, anche se sembrano coincidenti, sono molto differenti.
La prima rimanda ad un obbligo, ad un dovere, mentre l’altra rimanda ad un valore.
Se queste sono le domande che ci dobbiamo porre, dobbiamo fare alcune precisazioni
Bernard Williams, nel suo libro L’etica e la filosofia (1985), considerava queste domande troppo vaghe per una indagine di natura morale e teorizza che la domanda di base deve essere: come si deve vivere?
Le domande come cosa è giusto fare :
La domanda come si deve vivere sembra invece un buon punto di partenza.
Il testo di Williams indaga i problemi connessi alla filosofia a lui contemporanea (la filosofia analitica quindi): quali sono i suoi limiti, quali sono gli ambiti di cui non può dirci più di tanto.
Il titolo tuttavia non è molto preciso rispetto al suo contenuto; L’etica e i limiti del linguaggio potrebbe essere un titolo più appropriato per questo libro.
Il titolo dice qualcosa di troppo e qualcosa di troppo poco.
Questo non è però solo un libro di etica; nel momento in cui si interroga sui limiti di una certa filosofia si sta interrogando sulla filosofia e su quali siano i suoi confini.
Se l’etica mette in evidenza i limiti di una certa filosofia, in qualche modo determinerà i problemi di quella di filosofia, e una riflessione sulla filosofia in generale.
Il libro indaga un problema espresso da Wittgeinstein già dagli anni ’30: l’etica sembra essere eccedente rispetto a una definizione che il linguaggio può offrire. Il discorso di Williams si pone dunque come continuazione del discorso di Wittgeinstein.
Secondo Wittgeinstein, ciò che dice non aggiunge nulla alla sua conoscenza, ma è un documento di una tendenza dell’animo.
Ciò che vuole dire qualcosa che abbia assoluto valore non può essere una scienza.
Wittgeinstein si chiede: l’etica può essere una scienza? La filosofia rinuncia a dire a qualche cosa sul significato della vita? Risposta: no.
Il problema etico viene differenziato da una scienza: non aggiunge nulla alla nostra conoscenza.
C’è la necessità di introdurre un linguaggio che esprima questi limiti. Ma noi cerchiamo di assaltare la nostra gabbia del linguaggio.
Per Bernard Williams questi limiti devono essere superati, ma la questione morale in filosofia deve essere comunque affrontata.
Queste domande non vanno ancora bene perchè danno scontate troppe cose.
Nell’Introduzione Williams continua. Ma qual è il pregio della domanda di Socrate come si deve vivere? Questa ha una forza speciale in questo si pone con distacco rispetto a ogni situazione particolare. È una domanda generale perchè si colloca fuori dal mondo, portandomi a riflettere sulla mia vita con una prospettiva generale e di lungo termine. Non è legata ad un particolare contesto.
Questa domanda è molto importante e valida perchè comporta un distacco dal contingente e mi dice come orientare la nostra esistenza, senza dirmi cosa fare in quel determinato momento. La questione è fuori dal tempo e non è legata ad un momento particolare.
La riflessione filosofica etica non riguarda una possibilità di definire un decalogo a cui conformarsi: c’è una fiducia nel fatto che la moralità che dispieghiamo nelle nostre azioni non richieda un approfondimento filosofico costante - altrimenti rimarremmo in un perenne dilemma e rimarremmo bloccati.
Ma questi dilemmi in etica sono rari: la riflessione etica in filosofia mette a fuoco quelle situazioni dilemmatiche e prova a dare delle soluzioni.
Ma se io posso il problema dalla soluzione di un dilemma alla domanda come si deve vivere: non un problema specifico contingente ma uno generale. Pensiamo all’etica come un orientamento.
Le definizioni di morale e di etica sono sostanzialmente coincidenti. La moralità invece è l’insieme delle condotte pratiche tenute dagli individui, e dalle credenze a partire dalle quali giudicano questi comportamenti come giusti o sbagliati, buoni o cattivi.
L’etica filosofica si occupa prevalentemente di problemi morali di secondo livello. Quelli di primo livello sono quelli della quotidianità.
In genere la riflessione morale è diretta a fondare e a giustificare azioni e giudizi dei problemi morali attraverso la ricerca di ragioni che siano pubblicamente argomentabili.
Quella di Williams è una ipotesi di accesso alla filosofia morale.
Approccio deontologico - cioè legato al dovere, e quello utilitaristico o consequenzialistico, che insiste sugli effetti delle nostre azioni e sulla nostra responsabilità.
Seguendo questo ultimo approccio emergono le etiche della virtù.
Williams è convinto che si possa trovare una condotta generale che può trovare attuazione nella nostra quotidianità.
La filosofia analitica, oggetto della trattazione di Williams, riflette sugli enunciati linguistica della filosofia morale, tipo è giusto come ti sei comportato.
Secondo Williams, il problema etico si intreccia strettamente con il problema della plausibilità del discorso filosofico in generale.
Se la moralità è intesa come la capacità di distinguere il bene e il male, e la capacità di formulare giudizi complessi, la storia del pensiero morale riconosce due fonti per questa nostra capacità: una è la razionalità e il sentimento.
Abbiamo sia una impostazione riconducibile al razionalismo e uno riconducibile al sentimentalismo. I due grandi nomi sono da una parte Kant per il razionalismo, e dall’altra Hume.
Si rifà alle teorie della creazione, per cui la differenza tra essere umano e vivente non umano consiste nella capacità di raziocinio e quindi di portare a compimento una azione morale.
C’è una riflessione filosofica che poggia su una certa concezione dell’essere umano, che poggia sua volta su un certo dialogo tra scienza e filosofia nella ricerca della eccezionalità e specificità morale dell’essere umano.
Secondo il razionalismo noi avremmo la possibilità di conoscere verità morali intrinsicamente connesse a leggi naturali (stoicismo).
Legato all’empirismo e al naturalismo. È fondato sulla capacità umana di provare simpatia, cioè di sentire come gli altri, sentire con gli altri. Nel Novecento questo termine è stato sostituito con empatia.
Questo approccio ha trovato conferme anche nella teoria evoluzionistica, nel senso che alcuni importanti risultati vengono raggiunti meglio collaborando.
Con questi presupposti la morale sembra venire estesa rispetto ad un approccio razionalista: la simpatia può riguardare anche ciò che è fuori dai confini dell’umano; questo approccio sembra in linea di principio estendere i confini della moralità.
Cerca di:
le nostre azioni.
In questo libro Bernard Williams vuole sgombrare il campo da 3 obiezioni che impediscono di formulare una proposta teorica convincente. Queste sono:
L’amoralista chiede: “perchè dovrei fare una qualsiasi cosa?”
Due possibili sensi di questa domanda:
Non ci sono ragioni per cui io debba comportarmi in qualche maniera.
Dire la verità, mantenere le promesse
Queste sono obbligazioni morali necessarie per la tenuta della società.
L’amoralista si avvale di queste azioni morali degli altri, e può vivere da parassita all’interno di un consesso sociale moralmente organizzato. Beneficia del fatto che queste sono regole largamente condivise in gran parte nella società, che quindi ha un comportamento prevedibile.
L’amoralista può anche dire che non si sente obbligato a…. ma può dirlo perchè è protetto da un consesso che si comporta moralmente per le regole della convivenza.
Nell’atteggiamento dell’amoralista c’è qualcosa di sotterraneo, che vira nella direzione del mondo morale. Vivendo in una società che si muove secondo criteri morali, di tanto in tanto, pur non sostenendo le ragioni di questa società, agisce in modo da sembrare morale. C’è nell’amoralista una preoccupazione simpatetica, per quanto piccola, per l’azione morale. C’è qualcosa che anche solo episodicamente e senza volerlo lo lega agli altri.
Questo piccolo spazio di simpatia è la base da cui partire su cui bisogna costruire l’agire morale.
“Morale” è relativo alla tua o alla mia azione.
Per il soggettivista non c’è nulla di oggettivo, compresa l’azione morale.
Se è possibile che le persone si confrontino su queste posizioni soggettive, allora bisogna presupporre una base minima di accordo morale su cui gioca la disputa su ciò che può essere vero o falso, giusto o sbagliato.
Il problema è il punto 2. Cioè che non ci dobbiamo adeguare ad un approccio normativo, ma entrare in una riflessione etica universale della morale.
3 nega e contraddice 1.
Socrate incontra Eutifrone e gli racconta di essere accusato da Meleto di corrompere i giovani.
Eutifrone vuole andare ad accusare il padre.
Nel dialogo si parla non di ciò che è giusto ma di ciò che è santo. Eutifrone conosce ciò che è santo.
Santo è ciò che è caro agli dei.
Ma è santo perchè piace agli dei o piace agli dei perchè è santo?
La prima opzione ha un fondamento metafisico. Ma dobbiamo togliere gli dei dall’equazione; dobbiamo togliere il fondamento. La ricerca etica si fonda in questo contesto.
Dobbiamo capire che cos’è l’essere umano sia sul versante razionalista che sul versante sentimentalista. Noi prendiamo la branca dell’antropologia note come antropologia filosofica. Gli iniziatori sono Schlener e Plesner.
Per molti esseri umani non è scontato che i due ambiti siano separati. Una prospettiva religiosa è infatti in grado di fornire delle norme abbastanza chiare su cui fondare la propria condotta.
Riprendiamo l’Eutifrone è il problema: giusto perchè piace a Dio, o piace a Dio perchè è giusto?. Nel dialogo, viene scelta la seconda opzione; ma a questo punto non sappiamo che cosa è effettivamente giusto.
Ipotesi: se gli dei sono portatori di verità ciò che piace agli dei è vero; Socrate nega questa affermazione: ciò che è giusto è giusto in sè; il valore è nella giustizia stessa e non nel dio.
Ma Socrate non mostra a Socrate un’altra verità: Socrate è atopos, cioè pone il dubbio, e in questo senso incarna appieno lo “spirito” filosofico.
L’impostazione morale novecentesca rifiuta in ogni modo una impostazione metafisica. Questo atteggiamento affonda le sue radici nel concetto di morte di Dio.
Nell’affermazione della morte di Dio si ha il passaggio da fondazione a giustificazione. Leggiamo un passo sulla morte di Dio (aforisma 125). Dio è ciò a partire dal quale ci orientiamo e la morte di Dio indica la perdita di ogni riferimento; non c’è più l’orizzonte, non ci solo i soli, non c’è più un alto e un basso.
La filosofia si è attestata più sulla giustificazione che sulla fondazione.
Per Bernard Williams dobbiamo scrivere una genealogia di Dio (una onesta biografia). Bisogna capire dove e quando è nato, dove è morto, e provare a dividerne l’eredità.
Williams vuole dunque proporre una genealogia della morale in senso religioso e una morale come orientamento per le nostre esistenze. Questo orientamento è tutto da costruire; ora bisogna metterlo in discussione.
Il Novecento filosofico vive questa crisi di fondamento.
Per Williams uno degli errori che si può fare in etica è che facendo una genealogia dell’etica si possano trovare delle prescrizioni.
Uno dei capisaldi dell’etica è che ci sia una netta distinzione tra enunciati descrittivi e prescrittivi. Per Hume se in uno scritto di etica c’è un passaggio tra i due, si tratta di un passaggio che deve essere chiarito; non del tutto indebito.
Non possiamo dedurre come si deve vivere da una storia.
Storicamente, le concezioni genealogiche si sono spesso intrecciate alle concezioni razionalistiche, in quanto facevano risalire la morale a un comando divino, inscritto nella natura, dunque riconducibile ad una razionalità.
Ma se noi ipotizziamo, come Nietzsche, che Dio sia una costruzione umana, dobbiamo partire dal presupposto che **l’etica come una creazione umana.
Nella morte di Dio è il culmine della parte distruttiva della filosofia Nietzschiana, il nichilismo attivo. Non si presenta ancora una possibilità di superamento.
A Zarathustra è affidato il compito di annunciare il superamento; ma la morte di Dio la deve affrontare qualcun’altro, perchè il superamento non è ancora in vista.
La figura che annuncia la morte di Dio è Diogene di Sinope, il famoso cinico.
Secondo Diogene Laerzio, Platone avrebbe definito Diogene di Sinope un Socrate impazzito: ricorda Socrate ma in modo diverso, è un pazzo. La sua follia rimanda al fatto che il suo annuncio sembra descrivere una condizione in cui qualcosa non funziona. Il suo riferimento stabile è venuto meno, e il frutto di questa mancanza è la follia, la follia descrive una atopia.
Ci sono ragioni per ricondurre le domande di Socrate al nichilismo contemporaneo. Socrate è atopos, inquietante, senza luogo, così come unheimlich - heim sta per patria, terreno, suolo, un è come un alfa privativo. In un frammento Nietzsche descrive il nichilismo come unheimlich, cioè inquietante e senza luogo. Ciò che lo caratterizza è che non lo si possa utilizzare per orientarsi. Non c’è un rimando alla verità, ma una esortazione alla ricerca.
Il nichilismo assoluto non può essere però unheimlich, perchè quest’ultimo non prevede una via d’uscita; allo stesso modo lo scetticismo di Socrate non è assoluto, ma nega che non ci possano essere delle verità che non possano essere messe in discussione.
Mettere tutto in discussione è una sorta di servizio al Dio.
Secondo Heidegger, per Nietzsche il nichilismo è il più inquietante di tutti gli ospiti, perchè ciò che vuole è lo spaesamento in quanto tale. Non è qualcosa che può essere evitato o ignorato.
[Sul dono di Marcel Moss - saggio importantissimo in campo filosofico e antropologico.]
Perchè lo straniero si collega all’ospitalità? Può essere un ospite favorevole o ostile, a seconda se entri o meno in relazione con chi lo ospita con lo scambio di doni. Si offre l’ospitalità, e la persona che viene ospitata offre i propri doni.
Il dono di Socrate scandalizza e mette in difficoltà, perchè il suo dono richiede che altri si conformano a quell’agire.
Socrate è anche un dono fatto per sanare (dosis è un veleno come pharmakon, qualcosa che cura mentre ti avvelena). Ti cura da una malattia, quella di non mettere in discussione nulla, ma ti avvelena nel senso che ti destabilizza.
L’ospite vuole che tu stesso non ti senta a casa tua.
Tutto ci rimanda ad una concezione di filosofia come atopìa. La filosofia non si insegna: si può evocare, si può provocare, si può usare in senso pratico. Si possono insegnare le metodologie, ma la filosofia non è qualcosa che si può insegnare.
L’essenza della filosofia non sta infatti nella sophia ma nel philein, nell’amore, nella tensione verso la conoscenza.
A livello di società fondiamo la nostra etica su topie o paradigmi.
Secondo Landauer la storia si muove di topia in topia, di assetti sociali e istituzionali che man mano seguono il passo a nuove forme più stabili, mediante quelle che vengono chiamate spinte utopiche. Questi assetti sono transeunti.
Il paradigma è ciò che rende coerenti fra di loro diverse teorie. Viviamo in un certo paradigma; quando esso entra in un equlibrio instabile subentra un nuovo paradigma.
Topie e paradigmi sono quindi assetti funzionali all’equilibrio di una data società. Sono però assetti rivedibili, che non hanno un fondamento saldo nè metafisico che garantisca loro una totale stabilità.
La u di utopia deriva da eu, quindi dolce luogo, ma anche da ou, quindi non luogo.
L’utopia è la visione di qualcosa che non c’è, che è meglio di quello che c’è, che può ispirare per migliorare la topia, cioè l’assetto del mondo in cui viviamo. C’è un ottimismo di fondo per cui si può progredire da un assetto all’altro, e in questo senso ci troviamo di fronte a una filosofia della storia, dove il progresso è possibile.
Consapevolezza nichilista dell’inesistenza di una verità ultima; consente un orientamento capace di sfuggire all’attrazione del fondamento. Consapevolezza che gli assetti esistenti sono sempre rivedibili. Permette di ipotizzare soluzioni sapendo che queste non devono far ricorso a una qualche verità assoluta, perchè una verità assoluta non si dà. Le verità sono verità funzionali.
Il nichilismo è Unheimlich: proprio nel momento in cui non abbiamo verità incontrovertibili la riflessione etica assume un’importanza capitale nell’orientamento della condotta umana. Tuttavia non consideriamo il nichilismo assoluto, ma il nichilismo “passivo”.
La filosofia non è legata solo alla episteme: il philein, questa tensione alla sapienza, che è sempre legata all’aspirazione morale e a un saper fare. La ricerca del filosofo ha un obiettivo principalmente etico. Non stiamo parlando di un intellettualismo etico: non c’è una deduzione dalla conoscenza all’agire morale, ma di un rapporto tra le due. La tensione diretta alla sapienza è consapevole che non c’è un punto di arrivo legato al bene, ma la possibilità di vedere nella riflessione filosofica un connotato etico. La filosofia, letta in questo modo, è una pratica potenzialmente etica, potenzialmente diretta a una vita buona. Ma nella filosofia la vita etica non si dà se non nel vivere stesso; non si arriva ad essere sapienti; ma lo scopo è mantenersi in quella infinita tensione.
Altri hanno altre concezioni: ad esempio per Hegel la filosofia è Bisser, cioè sapere: attraverso il suo sistema è possibile sistematizzare la totalità del sapere, e questo sapere coincide con la filosofia. Più avanti nel corso avremo modo di rileggere questa osservazione di Hegel. Un altra cosa su cui ci dovremo interrogare è il rapporto tra riflessione etica e scienza, soprattutto alla luce del fatto che alcune scoperte scientifiche (evoluzionismo, neuroscienze) hanno cambiato per sempre i presupposti del pensiero morale.
Etica descrittiva, metaetica, etica normativa ed etica applicata sono tutte branche della filosofia morale. Se le prime tre sono suddivisioni interne all’etica filosofica o filosofia morale; l’etica applicata riguarda invece l’applicazione alla riflessione etica ad ambiti specifici ad un sapere (bioetica, etica ambientale, etica della tecnica).
Mira ad una descrizione del sistema di credenze morali, è una raccolta che codifica i livelli esistenti. Superando in qualche modo i suoi confini, può essere anche una indagine che possa formare dei modelli di proposta, e in questo senso diventerebbe prescrittiva. Il passaggio ad una prescrizione è in qualche modo arbitrario. Ci sono posizioni che fanno riferimento a questa posizione, ad esempio quelle della neuroscienze.
Ma una descrizione non implica che ciò che viene descritto sia etico: per esempio, se affermo che l’uomo è x, non è detto che l’uomo debba essere x, non è detto che sia un bene che l’uomo debba essere x. Questa strada, secondo Hume, non è vietata nella riflessione etica, ma richiede particolare attenzione.
Insomma, la domanda è: il passaggio tra descrizione e prescrizione è debito, è corretto?
Riguarda la seconda metà del Novecento, si riconnette alla ricerca della filosofia analitica. Studia la possibilità di produrre enunciati nel campo dell’etica, la possibilità di produrre enunciati sensati.
È buono ha carattere assiologico (termine assiologico). È giusto ha una funzione prescrittiva (termine deontico - riguarda il dovere).
Uno dei limiti di questa è il rischio di fermarsi al livello linguistico e alla verifica, senza offrire un contributo veramente etico, se vogliamo senza rispondere alla domanda socratica “come si deve vivere”.
Bernard Williams, di tradizione analitica, si interroga lui stesso sui limiti dell’etica - e lui stesso individua il limite appena citato, in un certo senso limitando la profondità della ricerca metaetica/analitica.
È mirata alla fondazione di un modello generale di condotta buona e giusta. Siamo nell’ambito della prescrizione. All’indagine etica segue una proposta: che dobbiamo fare?
Si divide in etica deontologica, consequenzialistica (utilitaristica) o etica delle virtù.
In ogni azione possiamo individuare un agente morale, una azione e le conseguenze. Ciascuno di questi tre modelli si concentra su uno di queti tre elementi
Modello consequenzialistico (o teleologico): il giudizio morale di una azione parte dagli effetti dell’azione. Se l’azione ha conseguenze buone, l’azione è buona. Etica della responsabilità (contrapposta a etica dei principi, Weber)
Modello deontologico: giudico l’azione in sè, integrata alpiù da una riflessione sulla intenzione che guida l’azione. L’azione è buona se l’azione che l’accompagna è tale. Un esempio è Kant.
Etica della virtù: riflette sul carattere dell’agente. Mi interrogo soprattutto sul soggetto, sull’intenzione.
Segna il passaggio dall’etica filosofia alle sue applicazioni. Come posso applicare una teoria morale ad ambiti specifici?
Ci sono delle questioni dibattute, dei limiti alle questioni etiche, che ci portano ad interrogarci su possibili soluzioni.
La morale non può essere risolta perchè non si tratta di un problema risolvibile in modo scientifico. Questo ci rimanda alla riflessione di Wittgeinstein proposta sopra: il problema etico eccede i confini della filosofia come linguaggio, e deve essere affrontato con metodi e approcci che esulano dalla riflessione filosofica.
Gli antiteorici dunque sostengono che
Chi abbraccia questa posizione si attesta solitamente su posizioni di carattere normativo.
L’essere umano viene riconosciuto come l’unico agente capace non di azioni morali, ma di riflessioni morali. È l’unico capace di riflettere, di porsi questioni di secondo livello, sulla sua attività morale.
Il pregiudizio antropocentrico dice anche qualcosa di più: mi riferisco solo alla capacità attiva del paziente.
Secondo questo pregiudizio, è degno di considerazione morale, come paziente (cioè come beneficiario) solo l’essere umano. Rilevanza morale viene riconosciuta solo all’essere umano.
Etica della prossimità: tendiamo a riferirci a coloro che possono beneficiare della mia azione e siano nelle condizioni di ricambiare; non perchè mi attenda che questi contraccambino, ma perchè facciamo parte di un contesto sociale e ci aspettiamo una reciprocità.
Questo problema si riferisce in particolare all’etica tecnologica; riflettere in termini di generazioni future è stato fatto da alcuni autori - gli stessi Kant e Hume - ma appartiene in particolare al mondo tecnologico, dove vige la consapevolezza che il comportamento tecnologico è in grado di condizionare le generazioni a venire.
L’accusa è quindi di muovere la riflessione etica solo verso il presente, solo verso chi può ricambiare, e non verso chi non può, cioè le generazioni future, che sono dotate di rilevanza morale.
Tuttavia, qui siamo ancora all’interno del pregiudizio antropocentrico.
La situazione cambia quando passiamo da: umani viventi > generazioni future > natura-ambiente - e posso arrivare fino a considerare ciò che è inorganico.
A seconda di quanto estendo questa considerazione, si vengono a creare due grandi famiglie di etica ambientale:
Secondo Piaget il bambino, attraverso i genitori, assume un comportamento morale, fino ad assumere una certa autonomia rispetto al giudizio morale.
Secondo Kohlberg, esistono 3 livelli di sviluppo morale (pre-convenzionale, convenzionale, post-convenzionale), ma soprattutto la sua ricerca attesta una coincidenza tra sviluppo cognitivo e sviluppo morale.
Secondo Kohlberg è meglio fare riferimento ai fini, l’etica deontologica è ad un livello superiore rispetto a quella consequenzialistica, in quanto è ad un livello di astrazione maggiore (e quindi con uno sviluppo cognitivo maggiore).
Osserva e studia come si comporta il cervello nei campi del:
L’etica descrittiva è un supporto o è sufficiente? Secondo una concezione più strettamente filosofica, si tratta di un supporto non sufficiente ad esaurire il discorso.
È una riflessione sui termini e sugli enunciati dell’etica. Studia le condizioni di validità degli enunciati e la possibilità di parlare sensatamente di fatti, verità, oggettività, universalità. Si occupa della organizzazione linguistica e logica di una disciplina.
Per Moore, buono è una nozione semplice, che non può essere definita. Per questo incorriamo nella fallacia naturalistica.
Errore per cui identifichiamo il bene con qualche oggetto. Secondo Moore in questo errore incorrono siamo le etiche naturalistiche sia le etiche metafisiche (stoicismo, Spinoza, Kant, Hegel) - abbiamo una applicazione di ciò che è buono ad oggetti, che siano naturali o sovrannaturali.
La fallacia naturalistica viene fatta coincidere con l’induzione - nel momento in cui accetto che buono può essere definito a partire da un oggetto naturale, devo ammettere che l’etica deriva dalla descrizione di questo oggetto. L’etica quindi risulta essere una descrizione di questi oggetti naturali.
Nelle teorie metafisiche il modello logico di riferimento non è più la deduzione ma l’induzione. Facciamo delle ipotesi (es. esistenza di Dio), e dagli attributi che diamo a questa ipotesi, fondiamo la nostra etica.
Passaggio da una descrizione ad una prescrizione (Hume). Nei testi di etica Hume riscontra spesso l’uso di si deve, non si deve, anzichè è, non è. Dobbiamo quindi fare attenzione al nesso che nega queste due formule, secondo Hume non è indebito passare da una cosa all’altra, ma bisogna riflettere su questo passaggio.
Questa distinzione rimanda alla distinzione tra giudizi analitici e giudizi sintetici.
I giudizi sintetici a priori non fanno uso dell’esperienza, ma aggiungono qualcosa al concetto di partenza.
Il “buono” proposto da moore a cui ci riferiamo non è nè naturale nè soprannaturale, ma ha una sua realtà non naturale.
Se le proposizioni etiche non hanno una funzione conoscitiva, qual è la loro funzione? Secondo Ayer servono ad esprimere emozioni
Il linguaggio ha una funzione performativa: dicendo “ti sei comportato male” porto me stesso e l’altra persona su un livello di discussione morale.
Secondo Wittgeinsteim, ci rifacciamo alle regole del gioco e determiniamo un significato dell’etica che è convenzionale.
Concentrando la nostra attenzione su agente, azione, o conseguenze, possiamo individuare tre modelli.
La distinzione tra etiche dei principi ed etica della responsabilità risale a Max Weber.
A questa categoria appartiene l’utilitarismo
Caratteristiche
Obiezioni
Nei trolley case al 95% tendiamo ad essere consequenzialisti, poi riflettendo diventiamo deontologici.
Tuttavia l’etica deontologica deve fare i conti anche con le conseguenze dell’azione: non basta il dovere.
Altre proposte: - Hume, legato a ciò che ci lega agli altri, l’empatia - Perfezionismo Nietzschiano - Etica della cura, di origine femminista
Le obiezioni a questi modelli sono che nell’ambito sociale esteso queste etiche non sanno dare risposte; sono applicabili a delle piccole comunità.
Approccio che tiene insieme approccio consequenzialistico e approccio deontologico, tiene insieme azione e intenzione.
Ci sono 4 condizioni con cui dobbiamo verificare se un azione che comporta degli effetti negativi possa essere portata a termine o meno:
Esempio: una piscina si sta riempendo di acqua, e ucciderà una persona. Posso azionare una leva che, se azionata, inizierà a riempire un’altra vasca, che riempendosi ucciderà 4 persone. Se aziono la leva, rispetto i primi 3 punti, ma non l’ultimo. Siamo, come si suol dire, inculati.
Secondo questo modello, dunque, l’eticità di un’azione si dà sia nell’intenzione che nelle conseguenze.
Soprannaturale | (Deduzione) | Teoria morale | (Induzione) | Naturalistico
Hume nel passo si pone il dubbio che si possa passare da una concezione del soprannaturale ad una teoria etica.
Il trolley problem semplice (caso 1) e quello con fat man (caso 2) mettono in evidenza come noi non riusciamo a non dare più peso agli effetti di quello che facciamo. Il ciccione è coinvolto dall’agente morale. Siamo portati a ragionare in termini consequenzialistici, sulla massimizzazione del bene e minimazzione del bene
Distinzione di Agamben tra zoè e bìos. zoè è la semplice sussistenza, mentre bìos connota un’agire politico, una differenziazione qualitativa.
Dimostra l’ingiustizia non solo nel logos, ma nel bios. L’agire di Socrate per questo motivo è stato detto etopoietico, cioè un agire che testimonia nella vita e nel comportamento una ingiustizia (S. Forti, Letture Socratiche)
Socrate si oppone al tribunale di Atene e questo ci porta a condurre una riflessione sul potere. Nel ’900 3 filosofi riflettono sulla figura di Socrate. Harendt, Foucalt, Patocka.
Tre domande:
Si distacca dalla concezione di potere come una res, come un qualcosa di singolare e di realmente esistente. È qualcosa di reputato dalla società. Per esaminare il potere dobbiamo prendere in considerazione la collettività. Potere si esplica nella capacità di innovare, praksis e leksis, capacità di pronunciare discorsi nella sfera pubblica.
La politica si dà nel momento in cui gli uomini si riuniscono insieme, vivono e parlano insieme. L’uomo crea uno spazio infra, uno spazio politico. Lo spazio politico è la condizione di possibilità in cui gli esseri umani possono esprimere sè stessi.
Qual è la differenza tra un potere degenerato e un agire insieme (scritto On violence)
Hannah Harendt scinde i concetti di potere e potenza.
Il potere ha a che fare con il potere plurale, collettivo. La potenza invece è sempre singolare.
Questo è il concetto di Due-in-Uno
Possiamo differenziare due paradigmi: da una parte chi esprime la propria potenza singolarmente; e poi le masse che delegano la loro capacità di decidere al vertice di questo sistema.
Come si può resistere a questo potere? La risposta è nella figura di Socrate. Socrate è capace di vivere con se stesso e con gli altri. Il pensare ha delle ricadute morali.
La condotta politica corretta si dà nel pensiero; Eichmann Non ha pensato.
Anche secondo Foucault il potere non deve essere inteso come qualcosa di singolare; è una rete sinaptica che si esplicita tra i diversi componenti di un contesto sociale, attraverso le parole.
L’essere umano è libero nella misura in cui può resistere alle sollecitazioni del contesto sociale in cui si trova; in questa situazione è anche capace di rispondere alle sollecitazioni in cui si trova.
I dispositivi sono i modi attraverso cui il potere esplicita se stesso. Nel corso del XVII sec il potere pastorale del medioevo diventa disciplinare. Oggi il potere diventa biopolitico, qualcosa che deve essere governato allo stesso modo del corpo umano.
Differenza tra un contesto in cui c’è mobilità e non mobilità: gli stati di dominio si dà nel momento in cui la capacità di resistenza viene superata dal potere dominante; nello stato di dominio i singoli delegano la loro capacità di essere liberi ad un vertice. Negli stati di dominio sono situazioni in cui i rapporti sono fissati.
Qual è la risposta alla degenerazione del potere? La parresìa, parlar franco, senza giri di parole. Dire la verità in pratica. Questo è l’esercizio più grande della propria libertà.
Discorso e verità nella Grecia Antica.
Nichilismo come ipertrofia della ragione
Il nichilismo crea dei problemi che ritroviamo nella storia del XX secolo
Come possiamo salvare l’identità europea dunque? Attraverso il concetto socratico di cura dell’anima –> essere capaci di ragionare e di pensare nello stato di contingenza in cui ci si trova.
Tutti sono d’accordo: bisogna recuperare l’interiorità che caratterizza ogni uomo. Il daimon socratico è il nome per poter dire ciò che nel soggetto pone costantemente una resistenza. è la POSSIBILITÀ PER CIASCUNO DI RESISTERE AD UN POTERE.
Recuperare una vocazione pratica, una tensione etica, grazie al pensiero di Socrate. etopoietica.
Bernard Williams può essere considerato un antiteorico.
In metaetica abbiamo una divisione:
Un esempio di etica consequenzialistica fondata sulla responsabilità o teleologica è rappresentato da Hans Jonas nel Principio Responsabilità. La sua deontologia è fondata su dei presupposti ontologici.
Obiezioni ad un’etica consequenzialistica:
Altri esempi di etiche deontologiche sono Kant e lo Stoicismo. Caratteristiche:
Un’azione può determinare:
Un esempio è rappresentato da Elisabeth Anscombe.
Un altro esempio è quello di Alisdair MacIntyre, autore di After Virtue, in cui propone un ritorno alle virtù aristoteliche, che però vengono riformulate per rendere la società più stabile.
Ipotizziamo che esista una natura che si contrappone al soggetto.
Ma cosa significa natura? L’impossibilità di definire questa parola ci porta a un punto morto.
Secondo Bernard Williams dobbiamo trattare Dio come una persona morta e tracciare una genealogia della morale.
Nel ’900 si verifica il passaggio da fondazione a giustificazione. Ma la giustificazione non è soddisfacente in quanto chiediamo alla filosofia morale una indicazione. Per questo la filosofia morale può essere pensata come un orientamento. Nell’orientamneto nulla è stabilito, non è una legge universale che vale sempre, quindi una inclinazione - questo ci porta a pensare ad una forma particolare di etica della virtù che riguarda la virtù aristotelica.
Un buon punto di partenza per orientarsi può essere la domanda come si deve vivere?
Un orientamento può essere costruito anche con una genealogia, una descrizione storica, ma tale approccio rischia di cadere nella fallacia descrizione-prescrizione, ovvero nella fallacia genetica: l’idea per cui nella Storia possiamo trovare una legge a cui conformarci.
Il relativismo è una caratteristica della società liberale, in cui convivono una pluralità di concezioni.
Possiamo distinguere 3 forme differenti di relativismo:
In generale un approccio relativista rifiuta di essere universale.
È una questione etica o non etica? Sicuramente ha a che fare con una responsabilità.
Le questioni di etica ambientale sono comunque sempre antropocentriche, in quanto si concentrano sull’impatto dell’uomo.
Secondo Hargrove (1989), l’etica ambientale ha presupposti incompatibili con alcune posizione di base nella storia della filosofia, cioè:
Il Principio Responsabilità di Hans Jonas mette in luce la necessità di sviluppare una nuova etica per la società tecnologica.
Estensione della rilevanza morale: Umani viventi → Generazioni future → Natura-ambiente
I termini morali denotano una proprietà che esiste indipendentemente dal soggetto
Possiamo conoscere le proprietà attraverso:
Non abbiamo una conoscenza razionale di ciò che è vero o falso
La tecnica può essere definita come ciò che prolunga e potenzia l’agire umano.
Possiamo tentare di fondare un’etica con un approccio naturalista o non-naturalista, ma entrambi hanno dei problemi. Oppure dobbiamo cercare di fondare una teoria morale che sia una sintesi tra questi due approcci.
Due esempi di una possibile “terza via” sono l’intuizionismo di Platone e il non naturalismo di Moore.
Kant: Agisci in modo che anche tu possa volere che la tua massima diventi leggi universale (Fondazione della metafisica dei costumi)
Jonas: “agisci in modo che le conseguenze delle tue azioni siano compatibili con la permanenza di una autentica (vera) vita umana sulla terra”.
Nella concezione di Jonas convivono una concezione consequenzialista (conseguenze) e deontologica (ci sono i doveri - agisci in modo che). La natura ha un valore in se (perchè Jonas ha una concezione teleologica della natura), l’essere umano è nelle condizioni di comprendere il valore della natura. Per Jonas non è sufficiente fondare un’etica sulla sua concezione metafisica, ma è necessario anche guardare alle conseguenze.
Cosa vuol dire autentica (vera) vita? Un’etica che ci mette nelle condizioni di poter rispondere o no a quell’imperativo. Se non saremo messi nelle condizioni di realizzare questo, non sarà una vita autentica e l’obiettivo non sarà raggiunto.
La responsabilità ha in vista la preservazione della vita di un essere umano che è libero di scegliere, che dunque ha una vita autentica. Jonas ammette che si possa non rispondere adeguatamente a questo obiettivo.
Alle donne vengono riconosciute alcune capacità non riconosciute agli uomini, come la capacità di “prendersi cura”.
Carol Gilligan (1982, con voce di donna), richiede parità e l’apporto di una voce diversa.
V. Held - Etica femminista. Trasformazioni della coscienza e famiglia post-patriarcale.
Diogene Laerzio ci trasmette 40 massime capitali di Epicuro. Un’altra grande fonte è l’epistola a Meneceo. Il giardino era aperto a tutti, anche a donne e schiavi.
Epicuro vuole superare l’aporecità del tema, proposto in modo insoddisfacente da Epicuro, su che cosa sia la virtù. Per Aristotele infatti bisognava chiedere al saggio cosa fosse, quindi si entrava in un circolo vizioso. Il piacere per Epicuro viene identificato con il piacere. Epicuro vuole anche superare l’intellettualismo che fino a quel momento aveva contraddistinto il pensiero greco. Epicuro apre invece una porta alla introspezione.
Per Epicuro non si può vivere senza un’esperienza soggettiva contraddistinta da dolore o piacere. Piacere e dolore si escludono reciprocamente. Influenza dell’eleatismo: l’essere è o non è; il piacere è o non è. Basta eliminare i beni non necessari e non naturali per essere felici.
La filosofia di Epicuro è a tutti gli effetti materialista: solo ciò che sentiamo esiste.
Il pensiero di Epicuro, ma in particolare di Lucrezio, è riconducibile alla categoria novecentesca di esistenzialismo.
L’idea del clinamen ha sia un valore fisico che un valore “interiore”: non possiamo conoscere ciò che è dentro noi stessi.
Neuroscienze: “l’assenza completa di sentimenti significherebbe una sospensione dell’essere” Damasio, uno dei più influenti neuroscienziati al mondo.
Per Schopenauer l’etica stoica non è un’etica della virtù in quanto la virtù è solo un mezzo per raggiungere la felicità e non un fine.
Per Seneca la libertà è garantita all’uomo.
Compatibilismo: un problema moderno. Come possiamo coniugare le neuroscienze con la libertà, e la filosofia morale, laddove le prime sembrano riuscire a spiegare una gran parte dei comportamenti umani?
In Epicuro la filosofia pratica rompe la necessità della vita politica. L’astensionismo stoico dalla politica è più una presa di posizione per denunciare la corruzione della polis.
L’individuo diventa responsabile del proprio destino personale
I concetti di libero arbitrio e grazia vengono fusi nell’idea dell’amore cristiano. Il corretto comportamento umano non può riferirsi solo alla razionalità umana o alla ragione.
Ma se la felicità viene cercata da tutti, perchè così pochi la raggiungono? L’uomo non è un animale esclusivamente razionale. L’uomo ha una natura desiderante, che pone delle domande di senso: chi sono, da dove vengo, da dove sono diretto?
I filosofi pagani sbagliano perchè desiderano troppo poco, non si pongono come obiettivo quello di avviare una riflessione oltre la morte; la vita eterna, la beatitudine, ecc.
Il messaggio Paolino è un messaggio ecumenico. Paolo distingue tra gli uomini dello spirito e della carne. Paolo tematizza la contrapposizione tra l’uomo nuovo che si converte, e l’uomo vecchio.
Già in Paolo la vittoria del Bene sul Male provoca la sconfitta dell’indisciplina della passioni. Per Paolo le passioni non vanno represse, ma solo correttemente indirizzate.
Agostino introduce per la prima volta l’espressione “peccato originale” per distinguere i nostri peccati da quelli di Adamo ed Eva
(Non ho ascoltato le lezioni 12, 13, 14; sintesi slide + materiali)
Continua Hans Jonas.
Riprende Imperativi vecchi e nuovi
Jonas riprende da Max Weber (La politica come professione, 1919) la distinzione tra etica dell’intenzione (Gesinnungsetik) ed etica della responsabilità (Veranvortungsethik). Nell’etica della responsabilità bisogna sempre tenere conto delle conseguenze dell’agire.
In questo senso, la capacità propria dell’umanità è la capacità di previsione e di azione libera, che si dà nella previsione dello stravolgimento tecnologico.
Euristica della paura: l’uomo non è mosso dalla speranza, ma dalla paura. La paura è la preoccupazione per l’oggetto di cui siamo responsabilità: non paralizza l’azione, ma la motiva, per scongiurare gli scenari negativi (futuri) che siamo in grado di cogliere.
Viene introdotto il termine Antropocene, l’era geologica caratterizzata dal dominio assoluto dell’essere umano su tutto il resto.
Si può far iniziare:
Secondo J.R. McNeill (Qualcosa di nuovo sotto il sole, 2020) è la prima volta nella storia che l’uomo ha modificato gli ecosistemi in maniera così profonda e con tale rapidità, in una sorta di esperimento non controllato.
In questo modo l’uomo si scopre una forza naturale capace di alterare gli equilibri della natura stessa. Ma il concetto di Antropocene è il primo concetto pienamente anti-antropocentrico (Morton, Ecologia Oscura). Nonostante le limitazioni del dualismo antropocentrico vs anti-antropocentrico.
Leggere Prefazione al Principio Responsabilità, allegato al Moodle, lezione 13.
Riprende:
La nozione di ambiente permette di significare la relazione tra gli organismi e i loro dintorni.
Possibili svolgimenti di questa nozione:
La natura può essere considerata:
Considerazione dell’agire corretto secondo Aristotele e stoici: - per Aristotele si comporta in modo corretto chi si conforma alla propria natura o essenza. L’azione conforme all’ordine naturale è un esercizio di virtù. - per gli Stoici l’azione conforme all’ordine naturale è un dovere etico.
Kant distingue:
Con Darwin c’è la prima vera fondazione della morale sulla natura, per cui alla base dei sentimenti morali ci sarebbe una spinta evolutiva alla socievolezza. Hume è un precursore di questa teoria, e aveva teorizzato una benevolenza che spingerebbe l’uomo a uscire dal suo isolamento.
Gli studi antropologici recenti sembrano confermare questa tesi.
la natura esiste per l’essere umano
è legittimo sfruttarla per i propri interessi-bisogni («valore strumentale» della natura)
è legittimo un trattamento distinto per esseri umani e la natura non umana
Antropocentrismo ‘angusto’
Antropocentrismo (debole) non rivolto alla natura: conservazione
Antropocentrismo (debole) sensibile alla natura: protezione
la natura ha un valore intrinseco
l’uomo è parte della natura
non è legittimo un trattamento distinto per esseri umani e la natura non umana
Patocentrismo: antropocentrismo ma riconosce dignità al dolore anche degli animali
Biocentrismo: dignità a tutte le forme di vita
Ecocentrismo
Immanuel Kant (1724-1804)
Kant è un pensatore sistematico, dato che un sistema filosofico è un’organizzazione logica di diverse risposte di ambiti filosofici differenti tutti gli ambiti indagati da Kant sono da considerarsi collegati. Le domande a cui Kant cerca di rispondere sono:
La risposta è nella Critica alla ragion pura (1781).
è il limite della conoscenza: tutto ciò che viene indagato nella dialettica è ciò che l’uomo può pensare ma non conoscere
Struttura:
Risponde nella Critica alla ragion pratica (1788), Fondazione della Metafisica dei costumi (1785), Metafisica dei costumi (1797).
L’indagine Morale di Kant intende trovare delle condizioni a priori di un agire universalmente valido degli imperativi della ragione, delle leggi oggettive e universali. La Critica alla ragion pratica è da considerarsi come la seconda parte della Critica alla ragion pura: svolge la stessa indagine ma tenendo conto della morale; sono da considerarsi parte di un unico progetto.
Kant porta 3 formulazioni dell’imperativo categorico:
agisci come se la massima della tua azione dovesse essere elevata dalla tua volontà a legge universale (Fa sì che la tua massima sia universalizzabile) – ne La fondazione della metafisica dei costumi.
agisci in modo tale da trattare l’umanità sempre come fine e mai soltanto come mezzo: riconoscimento della dignità umana
agisci in modo che la volontà, in base alla massima, possa considerare contemporaneamente se stessa come universalmente legislatrice
simile a 1)
A-L alle 10 in punto. Esame di 40 minuti.
3 domande da 2 punti (3 righe) 4 domande da 1 punto (7 righe)
Riprende:
Differenza imperativi ipotetici e categorici:
L’imperativo di Jonas per i suoi obiettivi è più politico, quello di Kant più universale.
Distinzione tra etica dei principi o della convinzione (Kant) e un’etica della responsabilità, che guarda gli effetti dell’azione, più che ai principi. Tuttavia nel pensiero di Jonas c’è anche una componente deontologica: abbiamo un dovere come esseri umani verso un’essere più esteso cui apparteniamo. Questo aspetto è fondato su un principio ontologico, che assicura la nostra libertà di azione.
Se non sono più libero di agire in modo che… blablabla non c’è più la possibilità di essere responsabili, cioè siamo ad un punto di non ritorno.
Se da un lato Jonas fa ricorso alla paura come prospettiva che agevola la risposta all’imperativo; nell’etica deontologica più che sulla paura possiamo far leva sulla convinzione.
Riprende trolley, fat man, ultimo uomo sulla terra.
L’ultimo uomo sulla terra è legittimato a togliersi la vita?
Autonomia della riflessione morale rispetto a un quadro descrittivo.
Metodo deontologico (Kant): Come si può accertare la moralità di un atto secondo questo metodo?
Non mentire, mantenere le promesse.
Secondo Hare, Kant con l’imperativo categorico fornisce una sorta di test dell’universabilità dell’azione morale: *agisci solo secondo quella massima per mezzo della quale puoi volere che essa diventi una legge universale**.
Secondo questo test il mio agire non è morale se:
La riflessione morale di Kant identifica l’essere umano come una natura finita in cui non c’è accordo tra volontà e la razionalità.
L’uomo è a un tempo sensibilità e ragione, e può decidere come agire liberamente. Per agire moralmente, deve trascendere la responsabilità.
L’obiettivo della riflessione etica di Kant è fondare l’universalità della legge morale sulla ragione umana, cioè trovare le condizioni a priori (perchè non poggia sull’esperienza) di un agire universalmente valido. Occorre rifarsi a imperativi della ragione.
Caratteristiche dell’etica di Kant:
formale: ci parla della forma del nostro agire, e non una prescrizione materiale. Non ci dice cosa fare, ci dice come farlo: seguendo il dovere. Questa è un’accusa perchè, come abbiamo visto a più riprese, l’etica comporta sempre un’attenzione alla contingenza. Nella seconda formulazione dell’imperativo infatti Kant aggiunge una sorta di oggetto dell’azione morale (la dignità delle persone), perchè si rende conto che la prima formulazione è veramente troppo generica.
Etica della convinzione (gesinnungsethik)
Etica dell’autonomia: a differenza da etiche eteronome, poggia sulla capacità del soggetto morale di dare a se stesso la legge del proprio agire. Siamo liberi da - la stessa condizione a cui fa riferimento Jonas - ma siamo anche liberi di, perchè la nostra azione non è vincolata da qualcosa di specifico; siamo noi che ci diamo la legge.
Le antinomie sono delle argmentazioni così chiamate da Kant che intendono dimostrare l’inconoscibilità di determinati oggetti del pensiero mostrando la compresenza di due affermazioni contraddittorie che violano il principio di non-contraddizione.
Rapporto tra causalità e libertà.
III antinomia in KrV:
Per Kant, entrambe le formulazioni sono potenzialmente corrette. Questo è il risultato limite della Critica della Ragion Pura. Noi possiamo conoscere la libertà?
Ma cosa conosciamo prima? La legge morale o la libertà? La legge morale, da cui deriva poi la libertà.
Riconosco l’esistenza della legge morale (moralitàè ratio cognoscendi della libertà, permette all’uomo di conoscere la libertà, perchè può andare contro ad essa. Ma posso solo essere libero di conformarmi o meno a quella legge - ne ricavo la conoscenza pratica della libertà:la libertàèratio essendi della moralità, cioè condizione sostanziale della moralità, in quanto scelgo di obbedire alla legge morale.
La libertà che noi avvertiamo deve potersi esplicare nella natura. Qualcosa deve tenere insieme la causalità della libertà e quella della natura, secondo i limiti visti nella KrV. Noi abbiamo esperienza sia della prima (Ragion Pratica) nella seconda.
Deve esserci qualcosa che tenga insieme la causalità naturale e la causalità libera, nulla che sia fondamento solo della libertà o della causalità empirica, ma che le tenga insieme. Un fondamento dell’unità del sovrasensibile, che tenga insieme le due causalità.
Questo fondamento trova svolgimento in uno dei più importanti continuatori della filosofia kantiana: Schelling
Gli idealisti avevano un duplice obiettivo:
Secondo Schelling, la filosofia teoretica e quella pratica di Kant sono prive di fondamento e incomprensibili, se non derivano da un unico principio, quello della originaria autonomia dello spirito umano.
La filosofia di Kant vuole essere priva di fondamento.
Autonomia è la libertà di dare a sè la norma del proprio agire.
Perchè l’autonomia? Perchè l’essere umano agisce nella libertà di un ente particolare, che può essere visto sia come agente meccanico che come agente libero. Nell’essere umano si esprime sia la causalità naturale che causalità libera.
Nel Mondo come volontà e rappresentazione, la volontà è un sovrafondamento che tiene insieme causalità (fenomenica) della natura e la causalità noumenica della libertà, senza che però si possa mai definire quale causa dei fenomeni a cui sovrintende.
Se fosse possibile definire l’azione libera come causa, trascenderemmo i limiti imposti da Kant.
Ma perchè proprio volontà e non qualcos’altro? Perchè in questa volontà noi possiamo avere immediata conoscenza. Senza una ricostruzione causale o mediata, riconosciamo questi fatti. Non si può conoscere per via dei nessi causali e si riconosce immediatamente. È IL FONDAMENTO DELL’UNITÀ DELLA CAUSALITÀ LIBERA E CAUSALITÀ NATURALE.
La formalità del principio consente una libertà positiva.
Legge morale: devi quindi puoi.
KU = critica giudizio
Viene introdotta la necessità di un fondamento sovrasensibile che tenga insieme razionalità naturale e razionalità libera.
Cosa significa definire la libertà come factum della Ragione? Affrontare questa domanda significa entrare nella critica a Kant. Non si tratta di un dato che si può intuire, ma qualcosa che è il risultato della capacità di ragionare. Factum della ragione = opera della ragione. Cioè si basa sui nostri apriori, non è una intuizione.
La natura non va pensata in una contraddizione con il soggetto (lo spirito), ma in una forma processuale e continua, in cui il soggetto agente umano è parte di un soggetto più ampio - la natura stessa.
Per Schopenauer il principio di ragion sufficiente tiene insieme il mondo fenomenico, cioè il mondo della rappresentazione. I fenomeni rappresentano una legge precisa di La volontà in quanto in sè del mondo non può fungere da rappresentazione, perchè non è in continuità causale con la rappresentazione.
Utilitarismo di Bentham e Mill attenua imprevedibilità del consequenzialismo, tramite una differenziazione tra diritti dei singoli e diritti dei molti
L’etica non tratta del mondo.
Il mondo è ciò che è definitto attraverso degli enunciati. Ritrovati in quelle proposizioni l’etica non si può fare, perchè la logica e l’etica sono condizioni attraverso le quali il mondo si dà. L’etica, se esiste, è qualcosa di soprannaturale.
Ci sono 3 usi del linguaggio:
Nella prefazione leggiamo che: Il trattato tratta i problemi filosofici. La formulazione dei problemi filosofici si fonda sul fraintendimento della logica.
Il senso del mondo deve essere fuori di esso: l’etica, Dio, devono trovare il loro fondamento fuori dal mondo: l’etica non può essere detta dentro al mondo.
C’è una continuità tra Wittgeinstein e Schopenauer.
6.432: Come il mondo è, è affatto indifferente per ciò che è più alto. Dio non rivela sè nel mondo.
6.44: non come il mondo è, è il Mistico, ma che esso è.
Il Mistico è il mondo che si dà.
Il punto di partenza della riflessione di Schopenauer (Dissertazione 1813) è l’esplicazione del principio di ragion sufficiente. Questo principio non può essere spiegato ma lo si accoglie così come si dà. Non posso ragionare della Volontà in termini di causa.
Se la filosofia razionale è negativa, la filosofia storica è positiva, secondo schelling; filosofia razionale si interroga su che cosa sia quello che c’è, la filosofia positiva parte invece dal fatto dell’evidenza dell’esistenza.
Questo è il punto di partenza della filosofia di Schopenauer.
Questo punto di partenza è che il mondo è una mia rappresentazione: non una falsificazione, ma la continua spressione di una volontà a cui io stesso appartengo. La filosofia non può spiegare come o perchè, ma accoglie questo come punto di partenza.
Nella filosofia tutto è sconosciuto, tutto è problema. La filosofia a differenza delle altre scienze non può fondarsi sul principio di ragion sufficiente. Le altre scienze sono invece soddisfatte quando riescono a ricondurre tutto a questo principio.
La filosofia non si può fondare su delle prove - per la filosofia tutto è ugualmente ignoto. L’ignoto non può essere indagato a partire da ciò che è noto. In ciò che è noto vige il principio di ragion sufficiente, mentre in ciò che è ignoto no.
La filosofia di Schopenauer è immanente. Le domande sul perchè dei fatti, sono tutte trascendentali: non possono essere spiegate dalle forme e funzioni dell’intelletto.
Due cose sono assolutamente non spiegabili - ciò non si può spiegare il loro perchè:
Volontà: è qualcosa di immediatamente noto. L’essenza della volontà non è conosciuta in astratto o in modo mediato.
Se per Kant il fenomeno è l’unica cosa su cui si possa parlare - e sul quale specula la ragione - per Schopenauer è possibile la cosa in sè. Questa non può essere ricostruita sul piano logico: è qualcosa che avvertiamo immediatamente in me, in quanto io sono a un tempo un fenomeno e un noumeno. Da un lato percepisco il mio corpo come fenomeno, ma pensando a me stesso, **mi avverto come volontà*.
La conoscenza è un epifenomeno, uno strumento di cui la volontà si serve per le sue rappresentazioni. Attraverso la conoscenza, la volontà conosce se stessa.
Quel quid inesplicabile nelle cose è ciò che è volontà nell’uomo: macrantropo.
Nel mondo come volontà, la volontà come essenza dell’essere, è il sovrafondamneto che tiene insieme la causalità fenomenica e la causalità noumenica della libertà, senza che però sia mai la causa dei fenomeni a cui sovrintende.
Conseguenze della filosofia schopenaueriana:
In critica del giudizio, la libertà deve essere postulata: dobbiamo essere liberi per poter seguire l’imperativo categorico.
Il mondo fenomenico risponde al principio di causalità: ma allo stesso tempo noi ci sentiamo liberi di agire. Come possiamo rendere compatibili libertà individuale e causalità?
Va chiarito insomma il legame tra fenomeno e noumeno. Se fossero in un rapporto di causalità, il noumeno sarebbe ascrivibile al mondo fenomenico.
Il significato della filosofia tedesca (Hegel) è escogitare un panteismo il cui il male, l’errore e la sofferenza non possono essere argomenti contro la divinità.
Schopenauer invece diviene negatore del mondo per mantenere la legittimità della sua valutazione morale del mondo (ascesi) e diventa poi mistico.
La volontà per Schopenauer va negata, per Nietzsche la volontà va costantemente affermata: trasformare l’esistente in altro.
Il principio di ragion sufficiente vale esclusivamente nel mondo della rappresentazione. Esiste in quattro forme:
Ci avviamo alla fase etica del pensiero di Schopenauer.
Non possiamo dire perchè ci sia il pensiero di ragion sufficiente. Riprende filosofia di schopenauer
I tre meriti di Kant.
Secondo Schopenauer è impossibile trovare una causa al di là della catena causale fenomenica. Non si può ipotizzare un noumeno che sia in una posizione di causa del fenomeno.
La quarta classe di principio dir ragion sufficiente - la classe dell’agire, che ha quindi ha è la prospettiva interna sul principio di causalità (vivo l’azione nel fenomeno, passando dalla mia volontà all’azione) - grazie ad essa posso accedere alla conoscenza. Dal piano etico passo al piano teoretico. Faccio riferimento solo a ciò che avverto immediatamente in me, nel passaggio dalla volontà all’azione.
Ma come mi introduco al mondo fuori di me? Io mi avverto come volontà, come fenomeno e come rappresentazione. Devo poter pensare che fuori di me ci sia la stessa funzione dell’esistenza - mondo esterno che non è altro che la oggettivazione inadeguata della volontà stessa.
Questo è un passaggio critico nel pensiero di Schopenauer, per giunta spiegato in modo abbastanza poco chiaro.
L’in sè è l’oggettivazione adeguata della volontà, attraverso il mondo delle idee. La rappresentazione è l’oggettivazione inadeguata della volontà.
La realtà è una rappresentazione del soggetto - tuttavia non c’è nessun egoismo teorico.
In sostanza, non possiamo pensare che il mondo esista fuori di noi e dopo entri nel nostro cervello una seconda volta. Schopenauer è avverso a visioni scettiche (per un eccesso di soggettivismo) che dogmatiche (che presuppongo esistenza del noumeno fuori dalle possibilità di conoscenza.
Schopenauer prende le distanze dal sistema dell’identità di Schelling in quanto questa visione è in definitiva riconducibile a un razionalismo. Nella filosofia di Schopenauer vivono due tendenze filosofiche: quella di Fichte, che parte da l’Io e trova l’oggetto. Una forma di spinozismo che ricostruisce il soggetto a partire dall’oggetto.
Il principio di volontà è il principio che sussiste come identità tra soggetto e oggetto. In definitiva, il riconoscimento della volontànon è data da nessun principio logico o dogmatico, ma solo a partire dalla mia esperienza. Il soggettivo è immediato ed è il punto di partenza della conoscenza. L’oggettivo è mediato.
Il corpo è oggetto immediato. Il corpo è oggettivazione (o oggettità) della volontà. Dunque si può dire che la volontà è conoscenza a priori del corpo, mentre il corpo è conoscenza a posteriori della volontà.
Analogia con Schelling, in cui la natura è spirito visibile, mentre lo spirito è natura invisibile.
Atto di volontà e azione del corpo non sono in una relazione di causa e effetto. Sono la stessa cosa, ma una ci è data immediatamente, l’altra come intuizione dell’intelletto.
La volontà dà unità alle cose come ce le rappresentiamo. Tiene unite le cose.
Nella misura in cui si oggettiva la volontà , si verifica la conoscenza. Nell “in sè”, cioè, non si dà conoscenza; c’è immediatezza.
La volontà ha - in modo inspiegabile - esigenza di oggettivarsi. Si oggettiva in modo adeguato nel mondo delle idee
La conoscenza però è qualcosa di funzionale all’oggettivazione della volontà della conoscenza. La conoscenza può essere differente a seconda del grado di oggettivazione in cui la troviamo.
Nel grado di oggettivazione adeguata abbiamo: - conoscenza intuitiva - puro soggetto del conoscere
Qui c’è la possibilità di accedere alla volontà in modo teoretico.
Nel grado di oggettivazione inadeguata abbiamo. - conoscenza intellettuale
È come noi fossimo mere articolazioni della volontà, che si autoconosce tramite noi.
La volontà nel corpo è:
La volontà non si impara e noi non possiamo non volere.
La vità è lotta: - sul piano metafisico (con il bisogno o con la noia) - sul piano reale, cioè con gli altri individui
Forme della noia:
Nessun oggetto può dare una soddisfazione durevole.
Schopenauer è rappresentante di un nichilismo perenne. Possiamo affermare che non c’è un perchè, eppure viviamo come se questo perchè ci fosse.
Il suicidio tuttavia non è giustificato: il suicida non vuole più vivere la sua attuale vita, che egli rifiuta volendone un’altra: non rinuncia a vivere, ma a vivere la sua vita. Nel suicidio sopprimiamo il fenomeno, e non vediamo che la cosa in sè rimane immutata; è un gesto che risponde ancora alla volontà.
L’egoismo è una espressione particolare della volontà.
Si apre una scelta: la negazione della volontà - strada percorsa da Schopenauer - o l’affermazione della volontà- che potrebbe essere letto come una “premessa” dell’eterno ritorno di Nietzsche.
L’eterno ritorno è l’accettazione di una concezione tragica della propria esistenza - e vale quando già la vita è stata vissuta in modo tragico.
Come abbiamo visto la volontà ha oggettivazioni inadeguate (il mondo fenomenico) e oggettivazioni adeguate (conoscenza intuitiva della volontà). Nell’esperienza artistica riusciamo a ri-oggettivare la volontà, riadeguarla per poterla meglio conoscere. La soluzione per riavvicinarsi ad una oggettivazione adeguata della volontà è cogliere le forme essenziali della natura: le idee platoniche nella natura.
Appunti presi sul #quadernino
Ci rivediamo venerdì 19 dalle 8 alle 11 al Cinema Greenwich in sala 1.
Se la morale può essere fondata, può essere fondata solo sulla libertà dell’agire. Schopenauer dunque rinuncia dunque a un progetto di fondazione. La sua descrizione della morale è una articolazione della volontà nei soggetti, che agiscono o secondo un criterio egoistico o secondo un criterio compassionevole.
Noi abbiamo una libertà illusoria, che non è in grado di modificare il nostro dovere, ma al massimo di illuminarci le nostre possibilità alternative, solo ex post. Non scegliamo cosa volere - possiamo solo volere. L’idea di poter volere più cose differenti ci viene dalla nostra capacità di ampliare lo spazio e il tempo delle nostre decisioni.
Per le decisioni che dobbiamo prendere molto velocemente, sentiamo che la nostra responsabilità è ridotta, in qualche modo.
Tre tipi di cause:
Domanda fondamentale: dobbiamo cercare il fondamento della morale in un contenuto immediatamente disponibile alla coscienza o in una coscienza esterna?
Il punto a partire dal quale Schopenauer innesca la polemica su Kant è la seguente: se per Kant la filosofia pratica è diretta alla prescrizione, ed è una riflessione su ciò che deve poter accadere perchè vi sia una azione morale, che si concretizza nella formulazione di leggi astratte, che non devono necessariamente avere una applicazioni empirica.
Per Schopenauer questa è una petizione di principio: non esistono delle leggi morali pure, cioè che non dipendono dalla causalità naturale, che fanno riferimento al concetto del volere assoluto.
Per Schopenauer, per fare riferimento ad una prescrizione, una legge imperativa, per dirla con Kant, dobbiamo fare riferimento ad una impostazione teologica. Il dovere per il dovere è un artificio introdotto da Kant, visto anche che Kant a un certo punto giunge a dover postulare l’esistenza di Dio, introducendo in particolare:
Per Kant:
Ma secondo Schopenauer, solo la realtà empirica può far nascere l’impulso morale, non può esistere un’etica a priori. Tutto ciò che è oggettivo è mediato: solo ciò che è soggettivo è immediato; e la ragione non può essere una fonte di virtù.
La ragione ha l’esclusivo compito di trasformare l’impulso in motivo; trasformare ciò che noi avvertiamo immediatamente come motivo.
Per prima cosa Schopenauer si scaglia contro la prima formulazione dell’imperativo categorico:
“Agisci soltanto secondo la massima che tu possa volere che diventi legge universale”.
Questo poter volere, secondo Schopenauer, riporta ad una volontà del soggetto, e quindi ad una forma di egoismo.
“Agisci in modo da trattare l’umanità, tanto nella tua persona quanto nella persona di chiunque altro, sempre come fine e mai soltanto come mezzo”.
Ci sarebbe, secondo Schopenauer, una apertura psicologico-morale al dovere che noi avremmo verso noi stessi, in una sorta di forma attenuata di egoismo. Questo dovere farebbe riferimento ad un dovere da rispettare verso qualcuno. Verso Dio?
Noi non abbiamo doveri verso noi stessi, in quanto non è un torto se uno lo vuole.
“La volontà di ogni essere ragionevole è legislatrice universale per tutti gli esseri ragionevoli”
Il contenuto della legge non è che la sua validità universale. Perchè la validità universale deve essere vincolante per l’azione morale?
Kant ha PURTUTTAVIA 2 meriti:
Kant è costretto a postulare la libertà per sviluppare il suo sistema.
Nel “Mondo” le tesi sono esposte a priori; nei nostri due scritti sono esposte a posteriori.
4 domande di Kant cosa posso conoscere cosa devo fare cosa mi è lecito sperare?
Fonti di Nietzsche:
Nietzsche si forma su manuali, e non si suoi testi originali (?)
In qualche modo la proposta di Nietzsche continua la strada intrapresa da Schopenauer, operando però un superamento.
La grande distinzione è tra libertà di fare e libertà di volere. La libertà morale risiede non nell’azione ma nell’essere, in ciò che il carattere intellegibile è.
Sul tema dell’amore si gioca buona parte della parte positiva della filosofia di Nietzsche.
Il problema posto da Nietzsche è: quale passaggio c’è tra la volontà, le sue espressioni e la loro rappresentazione? Qual è, in termini nietzschiani, l’origine dell’intelletto. Lo stesso schopenauer aveva manifestato un’incertezza su:
Programma:
Nietzsche abbraccia l’etica come orientamnento, nel momento in cui il Nietzsche positivo, quello dello Zarathustra, stabilisce dei criteri morali in totale assenza di riferimenti metafisici.
Amare = creare
Amare significa donare senso
Nello Zarathustra le due ultime tentazioni da superare per chi voglia indirizzarsi verso il superuomo sono da un lato la solitudine, e dall’altro la compassione.
Importante la definizione data da Kant di organismo.
L’organismo è causa ed effetto di se stesso. Questa visione comporta il problema della relazione che hanno le parti dell’organismo con il tutto. Secondo Nietzsche di questi anni si gioca secondo Nietzsche la possibilità di comprendere il libero agire dell’individuo, oltre alla possibilità di afferrare le ragioni espistemologiche di intuire l’esterno.
Nietzsche identifica la totalità non come volontà ma come un “caos del tutto” in eterno divenire. Caos del tutto per l’eternità. Caos del tutto per l’eternità.
Secondo Nietzsche Schopenauer attraverso il concetto di macrantropo sta antropomorfizzando indebitamente il mondo. Il suo obiettivo è redimere la natura dai suoi rivestimenti teologici e antropomorfici; sdivinizzandola. Bisogna anche rinaturalizzare gli uomini.
Il nostro intelletto è troppo ottuso per percepire l’incessante metamorfosi: l’intelletto chiama forma ciò che può giungere a conoscere - non può esserci forma perchè in ogni punto deriva una infinità.
il concetto di forma è simile a quello di individuo - individui sono organismi come unità, in quanto - centri di fini - . Ma le unità esistono solo nel nostro intelletto. Noi cogliamo solo le forme nell’eterno divenire delle cose, nel momento in cui vediamo una ipostatizzazione del divenire.
Quindi l’organismo è una forma, cioè è frutto di una rappresentazione. Ma se l’organismo è una forma, una rappresentazione dell’intelletto, che è vita, da dove ha origine l’intelletto?. Qual è il legame tra l’arreton (ciò che non può essere detto) della vita e l’intelletto che genere le forme?
Kant ipotizza un organismo che è causa ed effetto di se stesso.
La coordinazione deve superare il modello di causa-effetto.
Il problema del modello teleologico è simile a quello della libertà umana: se ne cercano le soluzioni nell’ambito di un mondo intellegibile perchè - si trascura una possibilità coordinata. Non c’è alcuna questione che viene risolta con l’ammissione di un mondo intelligibile.
Nietzsche vuole risolvere la concezione kantiana dell’organismo come causa ed effetto di se stesso attraverso una coordinazione che tenga insieme:
Emerson nei Saggi e condotta di vita (letti da Nietzsche nel 1862)
Nietzsche scrive dei saggi:
Obiettivo: connettere la volontà individuale (volontà della potenza spirituale) e la volontà complessiva (volontà del fato).
Teoria dei circoli.
Pensiero di Schelling: contrapposizione tra pensiero espansivo e contraente.
Il nichilismo storico di Nietzsche si avvale di una genealogia, ed è teso ad un superamento mediante una trasvalutazione dei valori, che orienta nella direzione dell’Ubermensch - che è una nuova relazione tra natura e individuo ; a differenza del pessimismo schopenaueriano, perenne.
Per Nietzsche la volontà libera non è nient’altro che il potenziamento supremo del fato. Il fato rimette l’uomo in collegamento organico con lo sviluppo complessivo. La relazione tra libertà individuale e complessiva è un modo per rispondere alla domanda: Come è possibile che libertà e necessità convergano?
“Nella libertà della volontà si trova per l’individuo il principio della separazione, del distacco dalla totalità, dall’assoluta illimitatezza; la libertà assoluta farebbe dell’uomo Dio, il principio fatalistico lo ridurrebbe ad un automa”
Il tutt’uno a cui fa riferimento Nietzsche diventerà volontà di potenza, un carattere complessivo dell’universo. Questo sarebbe il Caos di tutto per l’eternità.
In negativo, come Nietzsche Spinoza nega:
Affinità positive con Spinoza:
Nietzsche, sostituendo Dio con il Chaos, mira a escludere ogni visione causalistica e teleologica della Natura.
Morendo Dio, cade la distinzione tra mondo vero e mondo ideale. Cadendo questo fondamento, tutto è volontà di potenza. Tutto è descrivibile come caos eternamente diveniente, nel quale noi stessi siamo inclusi, non solo come individui, ma come forma che assumiamo mediante quella pluralità di forze che ci determinano.
con l’espressione disumanizzazione della Natura, Nietzsche intende la posizione di Dio come il risultato di una falsificante antropomorfizzazione della Natura, ma soprattutto esorta ad una riconsiderazione del rapporto uomo-natura, possibile solo nel riconoscimento di un comune riferimento, il Caos del divenire, cioè la volontà di potenza.
Amor fati: dire sì all’esistenza come divenire. Voglio imparare sempre di più a vedere il necessario delle cose come fosse quel che v’è di bello in loro.
Da Amor Dei di Spinoza a Amor Fati di Nietzsche
Il fatto che Dio si è fatto uomo ci ricorda che noi dobbiamo trovare il nostro senso sulla terra.
Lo Zarathustra è un quinto Vangelo, e il dono più grande più fatto all’umanità.
Dobbiamo passare dall’imitatio Christi all’imitatio naturae.
Un libro per tutti e per nessuno; ma se accetti il dono di zarathustra non sei più nessuno: sei tutto volontà di potenza.