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Gli appunti non coincidono perfettamente con quanto detto a lezione, ma sono l’insieme di quello che mi viene in mente mentre scrivo a 800km/h (lui parla abbastanza veloce e dice molte cose interessanti, che non posso assolutamente perdere), le cose stesse che dice, e le cazzate che dice chi mi circonda. Negli appunti infatti si trovano link, consigli di letture, film e cose varie. Presto metto tutto anche nella bibliografia.
to be continued
Da questo articolo di Philosophy Kitchen
p.48
«l’istituzione è anzitutto istituzione di un tra, di una giuntura tra
esterno e interno, ed è per questo che la parola ‘istituzione’ non ha
senso per la coscienza»
coscienza non è riducibile ad una Sinngebung. Non è il soggetto che costituisce il senso, ma gli accade.
Proprio come il cuore continua il suo battito senza di me, ossia
senza che io lo voglia o lo intenzioni – esempio caro a Merleau-Ponty –,
allo stesso modo il senso si istituisce, passivamente e
pre-soggettivamente, a prescindere dal gesto inaugurale soggettivo e
intenzionale.
In questo senso il tempo è il modello dell’istituzione.
La sedimentazione fenomenologica svolge, in questo senso, un ruolo fondamentale nell’economia dell’intero discorso, permettendo un circolo continuo tra passato-presente-futuro che, per Merleau-Ponty, ha la forma della simultaneità, in cui il pensare è, al tempo stesso, sempre un ri-pensare, alla luce di quell’archivio di pensieri già istituiti.
Soggetto: Husserl ha un dubbio sulle modalità della coscienza. È Auffasung als (apprensione, considerare qualcosa come - coscienza vuota e relazionante) o Urempfindung (sensazione originaria, coscienza di un presente in cui sono superato)?
In base a questa nozione di soggetto, cambia il rapporto con:
il mondo. sono soggetto a un tempo istituito e istituente, perché la vita mi succede, non ho scelto di vivere. c’è un progetto non decisorio che è vivere. ci sono soggetto istituito e istituente, inseparabili. ciò che mette in moto qualsiasi attività è l’essere esposto a…. In questo senso il soggetto è campo di campi.
l’altro. l’altro non è la mia negazione (non viene costituito da me) ma istituito-istituente, c’è una comunicazione vera per trascinamento laterale. al posto del rapporto soggetto-oggetto esiste un campo intersoggettivo o simbolico, quello degli oggetti culturali.
il fare. il fare si svolge nello stesso modo del vedere. la mia sostanza (gesti, parole) che si dirige vero il da-fare. il fare è attività simbolica, non è operazione che persegue un fine ma è operazione secondo uno stile, non verso un fine.
il tempo (p. 60). il tempo è il modello dell’istituzione. continua perché è stato istituito. si può parlare di quasi-eternità non tanto per lo scorrere del tempo verso il non-essere dell’avvenire, ma per lo scambio dei vari istanti, delle loro identificazioni, dell’imprecisione dei rapporti di filiazione. questo provoca una confusione, una generalità e transtemporalità del tempo. ma la transtemporalità del tempo è istituzione nascente.
istituzione non ha senso per la coscienza. per la coscienza tutto è istituito, tutto è posto. la relazione con l’altro è percepita e costituita come contratto. il soggetto (la coscienza) è vincolato dalla decisione di costituire l’altro.
[…]
p.66
l’istituito ha senso senza di me, il costituito ha senso soltanto per me
e per il me di questo istante
p.66
// installare la differenza
organizzare i segni in modo da ottenere uno scritto indecifrabile
significa installare la differenza, lo scarto
personale che è la norma, in rapporto al quale altri scarti sono
possibili
[…]
// rivoluzione e reistituzione la rivoluzione è reistituzione che conduce al rovesciamento dell’istituzione precedente.
p .66 // conoscenza come istituzione
si applica alla nozione di conoscenza mediante linguaggio e mediante
algoritmo […] ma quest’ultima non è istituzione in senso stretto, ma
sistemazione atemporale di idee che si trovano nell’eterno.
p. 67
// le rivoluzioni come si faranno
le rivoluzioni stesse si faranno mettendo in
discussione il campo definito dal superato e
quindi riattivazione* [nota] *rivoluzione continuata, ma perché
è cominciata.
// avvenire che è passato
avvenire che è compresione più profonda del passato,
che è gestiftet da questo passato in maniera
ambigua..
// doppio aspetto dell’istituzione doppio aspetto dell’istituzione: essa è sè stessa e al di là di sè stessa
// l’istituzione non è ne percepita nè pensata
l’istituzione non è ne percepita nè pensata come un concetto; è ciò
su cui faccio conto in ciascun momento, che non si vede in nessun luogo
ed è presupposta da tutto il visibile; è ciò di cui si tratta ad ogni
istante.
// senso apparentemente chiaro i “corpi” dello Stato, leggi organiche sottoposte a processi di revisione. Ma la situazione è questo più funzionamento […] istituzione vera è il quadro effettivo della dinamica di un sistema, sia ufficiale che non.
// non il contrario della rivoluzione
la rivoluzione è un’altra Stiftung
// doppio aspetto dell’istituzione
// evenemenzialità dell’istituzione è improprio
definire istituzione ogni evento non naturale (es. introduzione pianta
del mais)
esempi istituzioni: rivoluzione neolitica, rivoluzione industriale
sono* eventi matrice che aprono il campo
storico. Istituzione è ciò che rende possibili una
serie di eventi: evenemenzialità di
principio*.
p.69
// Lévi-Strauss e la tesi: nessuna differenza tra gli eventi
(entropia (iunta mia) della storia)
gli eventi sono probabilità e caso. qua è là ha luogo un
agglomerazione di eventi. […]
gli uomini imbastiscono “affari culturali” ma solo il caso fornisce
risultati […]
pertanto la storia si forma là dove sussistono numerosi fattori diversi
[…]
la storia è relativamente stazionario qaundo l’istituzione resta
isolata […]
// per Max Weber
tutti questi elementi a partire da una riunione fortuita formano un
Kosmos… per il esempio il capitalismo si forma grazie
alla congiunzione di elementi diversi come diritto, Stato, religione,
scienza, lavoro “libero” - ma tutto ciò forma un cosmo mentre altre cose
non lo formano.
// istituzione in senso forte
è la matrice simbolica che rende possibile l’apertura di un campo,
di un avvenire secondo delle dimensioni.
p.70
// il relativismo
rimuove se stesso - momento Leghissa: che figata sta cosa
l’aveva detta Leghissa a lezione esattamente in questi termini.
non si può giudicare il dato in nome dell’eventuale
// Weber: organizzazione razionale di un ordine?
il cosmo che si crea, l’ordine dell’istituzione - si chiede Max
Weber - è Rationalisierung, una
razionalizzazione, che fa dell’insieme di tutti questi
fatti una Wahlverwanschaft* (parentela di scelta,
certo che i tedeschi si impegnano proprio a creare queste parole
eh)?
[nota] L’etica protestante e lo spirito del capitalismo
// ma l’istituzione vera è anche sempre
particolarizzata
anche il pensiero del secolo XVIII è **ingenuamente
dogmatico*
// il trionfo dell’universalità sta precisamente nel rendermi
capace di comprendere le differenze. Ma c’è un orizzonte unico di
tutti gli orizzonti istituzionali?
questo è un elemento di novità rispetto alla filosofia della
Storia fondata sulla coscienza (Hegel).
// il Capitale deve essere considerato come un’istituzione
// La Rivoluzione
è un prodotto eminente della storicità occidentale, perché è l’idea
che la storia intera sia istituita in vista di un avvenire già
presente
Rivoluzione non significa:
Queste sono eredità di certo idealismo marxista ereditato da Hegel.
// la Storia diventa
relazione tra persone mediata dalle cose
// la persona stessa deve essere compresa come istituzione
p. 137
// Sinnentleerung
Svuotamento di senso
p. 139 // un incastrarsi di punti di vista, ma non di tutti i punti di vista in un sapere ultimo decentrato
p. 149 // mentre nella conoscenza essere questo significa apertura a un campo più ampio, nella storia generale ciò sarebbe opacità assoluta. Mentre nella conoscenza la situazione è un mezzo per conoscere nella storia sarebbe sinonimo di insularità. Non ci sarebbe alcun telos. *Nella storia ogni istituzione si troverebbe svuotata del suo senso, si troverebbe alle spalle dell’uomo […], una struttura opaca a essere conosciuta che si sviluppa sopra le teste degli individui.
// reazione contro Hegel [alla luce di ciò] Si reagisce contro l’idea di una sintesi reale, che accomuna davvero tutto, contro l’idea di sistema, di possesso effettivo di tutta l’esistenza dispersa degli uomini. […] già Marx […] meccanica dialettica. C’è soluzione solo attraverso la prassi, non nella contemplazione. Si tratta di una soluzione [essa] stessa speculativa, perché la prassi non è pura creazione, ma segue il movimento della storia.
p.150
Non esiste istituzione della negatività, solo una prassi della
violenza, fondata sulla critica della nostra società, atto di
ri-creazione. Non esiste la società vera, la produzione vera,
non esiste una giustificazione razionale della società in quanto
oggettivamente più reale […] di un altra.
[…] E in questo modo, stranamente, si incontra l’altro Hegel, quello che
rende lo Stato, l’istituzione, trascendenti agli individui,
poichè nel non-sapere non c’è ragione per non considerare il
non-senso come senso.
p.151
// relativismo di Lévi Strauss
Il relativismo di Lévi Strauss (è impossibile confrontare le società
in maniera oggettiva, ogni società vista dall’interno è accumulazione e
storia, dall’esterno è astorica), sfocia nel pragmatismo.
p.152
// opacità assoluta della storia e sapere chiuso
L’opacità assoluta della storia, come la sua luce assoluta, è ancora
filosofia concepita come sapere chiuso: chi la constata si
pone al di fuori della storia, fa di sè uno spettatore
universale.
[…] Se c’è istituzione nel senso di campo, non siamo nè a
favore dell’opacità nè del sistema.
// relativizzare il relativismo
[…] Facendo la sua autocritica o relativizzando se stesso, il
relativismo o scetticismo storico si supera.
// via di uscita dalla solitudine filosofica
con la nozione di istituzione come esterno-interno, si propone una
via di uscita dalla solitudine filosofica
p.153
// c’è accesso da un tempo ad un altro tempo? Per
comprendere Rabelais, considerare non documenti isolati […] ma entrare
nella totalità dei suoi orizzonti.
p.154
// Serveto e storia universale
Guillame Farel e Calvino accusano Servto di essere ateo, perché
elaborano deduzioni. In realtà Serveto è a favore del pensiero che
dialoga con se stesso. Alle luce del pensiero deduttivo, ciò significa
ateismo.
p. 156
Le questioni d’opinione non sono le questioni della storia. Una
dottrina che ha peso storico non è oggetto d’opinione.
p. 157
Il credo cattolico presuppone sia l’interiorità che l’esteriorità,
vuole entrambe, quindi sia sincerità che fedeltà - e che quindi si può
sempre volgere in una direzione: la storia è
scelta.
p. 158
[Nel secolo XVI] c’è una mancanza delle nozioni di divenire,
anacronismo, ci troviamo in un Urzeit o mito-storia.
p.160
Idea di Febvre: che l’esistenza di ogni ideologia nella storia non è mai
in forma pura […] la purezza ideologica assoluta esiste solo per gli
altri.
[p. 183-245 su fogli scritti a mano]
Critica a Sartre: considera il sogno e la veglia come due domini paralleli.
14 parti in cui è suddiviso questo corso:
Secondo P. Lachièze-Rey siamo noi a costituire la nostra passività. Ci riconosciamo impegnati (cioè attivi) nella storia. Marxismo e psicanalisi sono spiegazioni attraverso l’esterno, sono spiegazioni che gli altri hanno su di noi. Ma questa tesi vuole trasformare la dipendenza subita in dipendenza cosciente e voluta.
Se ammetto di essere pienamente cosciente del mio passato, gli nego la sua efficacia riguardo alla realtà del mio presente; questa attitudine rispetto al passato si pone in relazione a lui, poggia su di lui. È una formazione reazionaria.
La coscienza di tutto non è coscienza di nulla, affinchè ci sia coscienza di qualche cosa non ci deve essere coscienza di tutto.
La dialettica fa sì che la nostra accettazione del passato sia un presente che fabbrichiamo prendendo una decisione sul passato,e in tal modo ci rinchiudiamo in esso.
Grazie a Freud, la psicanalisi non fa del paziente un oggetto, ma un nuovo soggetto, che non è trasportato dal maestro. Paziente e analista sono entrambi nella verità, intesa come apertura, Offenheit.
p. 249
Il sogno è simbolismo: una cosa significa tutt’altro e non se
stessa.
Per Sartre: simbolismo è impotenza congenita della
coscienza incantata a prendere qualcosa per quel che è. La coscienza
non può arrestare la proliferazione delle
significazioni. La presenza immediata al mondo diventa assenza di mondo,
arbitrarietà.
Ma il simbolismo non è in relazione agli stimoli. È al servizio di esistenziali, cioè eventi recenti che “fanno eco” a eventi antichi. Il simbolismo delimita un funzionamento, non di una coscienza di qualcosa, ma di un mondo-per-me.
p. 250
Il simbolismo è il soggetto comune del sogno e della
vita. Sono due simbolismi omogenei ma distinti.
Immaginario e reale non sono due opposti, ma condividono una
strutturazione.
p. 251
L’immagine monoculare è reale? Essa non è irreale. Semplicemente
quest’ultima sparisce nell’immagine binoculare come nel suo luogo
vero.
La capacità del sogno di rappresentare un’altra cosa non è in sè
semplice impotenza.
Il contenuto latente del sogno rimane accessabile, occorre non che ci
siano 2 persone (inconscio-censura, Es-Io), ma una comunicazione tra i
due.
Dov’è la verità del simbolismo?
p. 252
rapporto tra simbolismo e rimozione ??
p. 253
Freud non ha mai detto che l’inconscio è un concetto soddisfacente. Crea
un elemento di demonismo.
L’inconscio è un concetto operativo.
Nell’intepretazione dei sogni, Freud ha provato ad esplorare una “situazione diversa”, indagando l’esistenza di una struttura onirica responsabile di una parte dell’andamento del sogno.
??
p. 254
// echi Il metodo proprio alla comprensione del sogno è la
fantasticheria ermeneutica (reverie
hermenetique) - questo perché il sogno non è una cosa detta, ma è
un’eco attraverso la totalità. Anche l’onirismo vigile è un sistema di
echi.
Non possiamo:
Tutto ciò che conta è tratto dall’ordine del reale o dell’evenemenziale (di ciò che accade a livello storico).
p. 255
???
p. 256
// contenuto dei sogni
Coscienza onirica significa senso istituito per mezzo di eventi,
alghe parlanti. Il sogno si esprime tramite concrezioni
dell’espresso, il sogno è condensato: il contenuto delle
associazioni non si trova nel contenuto del sogno, noi ripercorriamo il
senso dal senso latente al senso manifesto, cioè ci manca il modo in cui
quel contenuto si è formato. Andiamo nel senso opposto, per cosi
dire.
L’associazione sembra così fondata su associazioni arbitrarie, ma
non esistono associazioni arbitrarie.
p. 257
// contenuto dei sogni 2
Il sogno ha una intenzionalità specifica, che non è intenzionalità di
atti.
I sogni hanno chiarezza apparente. Questa evidenza è dovuta all’energia
di condensazione, che è il modo di questa coscienza
onirica.
I sogni sono costitutivamente ambivalenti.
Gli elementi del sogno non vengono ‘attraversati dal raggio delle
categorie’. Irraggiamento avviene da più centri. Sartre chiama questa
‘falsa ricchezza dell’immaginario’, considerata come vera mancanza di
punti di riferimento.
Il sogno non è un atto temporalmente circoscritto. L’ubiquità
del sogno è dovuta a delle matrici simboliche.
Il sogno è trans-temporale. La coscienza onirica inerisce a tutti i
tempi.
p. 258
// contenuto dei sogni 3
Per un sogno, ha senso chiedersi se è cominciato in quel momento e
finito in quell’altro momento?
L’onirismo riappare in filigrana in tutta la vita vigile.
Se la vita è un sogno, un sogno è una vita.
p. 259
// io sogno
La condensazione è l’Io sogno.
Anche se la coscienza onirica non esibisce rapporti
(quando, perché, così come, anche se, questo e quello) comunque non è
caos.
Sfruttiamo la presenza corporea nel mondo per creare uno pseudo-mondo in
cui soggetto e oggetto sono distinti.
Le parole non detengono più il primato per raggiungere le cose.
Le parole vengono trattate come delle cose.
p. 260
p. 261
p. 262
La concezione dell’inconscio è diversa da quella di coscienza
non-tetica. ???
p. 263
Inconscio come coscienza percettiva è la soluzione che Freud cerca.
Inconscio come sedimentazione della vita percettiva: sedimentazione originaria - i campi; sedimentazione secondaria - matrici simboliche.
p. 264
p. 265
Soggettività si trova fondata su una percezione non riconosciuta.
p. 269
Percezione non è Sinngebung.
Nuovo principio di interpretazione - Ordine percettivo: ordine della coesistenza con il mondo e con gli altri - coestensione di una vita, una vita sempre altra, interpretazione senza interru zione, eternità esistenziale.
p. 272
Intepretazione psicologica invariata. Intepretazione filosofica: non c’è
una seconda coscienza che sa la verità e la fa emergere; ma la
percezione di K2 per caso fa scattare un interruttore e
risveglia degli echi nella percezione.
p. 299
Non c’è relazione me-altri, ma relazione con un sistema in interazione.
Non ci sono tanto gli altri, quanto il loro rapporto la
differenziazione.
p. 300
p. 301
p. 302
Il volano
p. 303
Là dove c’è ambiguità, non può esserci nè determinismo, nè una
determinazione ex nihilo.
p. 304
Nuclei storici cristallizzati in Dora
p. 305
Sartre: immaginario come non essere
L’inconscio non è…. (al fondo)
Dora è pronta a dare a suo padre ciò che sua madre gli nega, e al signor K quello che la signora K non gli concede.
p. 307
Tutti e quattro costituiscono un solo sistema. L’inconscio è questa
totalità. Anche Freud interviene in questa costellazione, ma nel
contesto della vita reale.
p. 308
Presenza del passato che non è conservazione.
Margine di generalità.
p. 312
L’inconscio non è un ricettacolo di ricordi - bisogna
fare una teoria della memoria come costruzione,
imposizione di un significato.
Se la memoria è costruzione, non c’è più spazio per l’inconscio percettivo.
Alcuni eventi sono inassimilabili per la nostra Sinngebung,
per il nostro sistema.
La scelta di mantenere il precedente sistema si configura come
patologica.
Il senso non ci è mai semplicemente dato.
p. 313
191 (Lezione), 192
La psicologia individuale è fin dall’inizio psicologia sociale. Non c’è
nessuna autonomia del fattore numerico della massa nel determinare i
fenomeni appunto ‘di massa’, ma gli inizi del fenomeno possono essere
individuati in ambiti più ristretti.
In questa sezione Freud cita testualmente interi passi da G. Le Bon, Psychologie Des Foules, Parigi 1895.
193
Come spieghiamo una massa e i cambiamenti psichici che essa provoca
nell’individuo?
194 (lezione)
Gli individui assumono una sorta di anima collettiva per il solo fatto
di trasformarsi in massa. In virtù di ciò assumono comportamenti
completamente differenti rispetto a quelli che avrebbero da soli.
Quali sono le cause di questa differenza di comportamento tra individuo
di massa e individuo isolato?
195
Secondo Le Bon, scompare il modo di essere specifico dell’individuo, le
sue acquisizioni individuali scompaiono.
Il fondamento inconscio della psiche dell’individuo
viene messo a nudo e reso operante.
197
Le Bon menziona lo stato di ipnosi della folla (generalmente
auto-inflitto e quindi esponenzialmente più potente dell’ipnosi
individuale), ma non cita la persona che si trova nel ruolo di
ipnotizzatore.
198 (lezione)
Caratteri della massa
199 (lezione)
Nella massa le idee antietiche possono coesistere l’una accanto
all’altra, senza contraddizione logica. Questo, nota Freud, è un tratto
comune ai nevrotici.
200 (lezione)
Le parole davanti alla massa funzionano come formule magiche, incutono
un timore reverenziale che non produce un convincimento razionale, ma
una devozione pseudo-religiosa. Le forze magiche si riallacciano ai
nomi e alle parole.
Nelle masse l’irreale ha la precedenza sul reale.
201
L’illusione scaturisce dal desiderio non
appagato. Per i nevrotici ciò che conta non è la realtà
oggettiva, ma quella psichica. Senso di colpa nevrotico-ossessivo si
basa sul fatto che c’è un proponimento malvagio mai tradotto in
atto.
Le Bon parla di prestigio come forza che porta la massa a sottoporsi a un capo. Prestigio produce un sentimento simile all’ipnosi, e si divide in prestigio acquisito e personale.
204 (Lezione)
La massa non agisce in vista dell’interesse personale ed è anche capace
di fare grandi cose, di provare grande disinteresse e dedizione - questo
se messa nelle giuste condizioni.
Anche l’anima della massa è capace di creazioni spirituali
geniali.
Ma qual è l’influenza della massa sul singolo pensatore o poeta
‘geniale’? Resta da capire.
Ci sono diversi tipi di masse - l’analisi di LeBon fa riferimento a masse di breve durata, è influenzato dalle masse delle grandi rivoluzioni. Esistono però anche delle masse stabili, che si distinguono per la loro organizzazione. Vengono analizzate da W.McDougall. Una massa che non possiede nessuna capacità organizzativa è una folla (crowd). Una massa organizzata è un group.
207
La massa organizzata (definita da 5 condizioni che la distinguono da
quella disorganizzata) secondo McDougall è migliore di quella
disorganizzata, in quanto sottrae ad essa il lavoro
intellettuale.
208
Secondo Freud, la condizione di “organizzazione” che McDougall
ha provato a descrivere va descritta in termini diversi. Occorre dotare
la massa delle caratteristiche dell’individuo.
Se fuori dalla massa l’individuo aveva i caratteri suoi propri, la propria individualità, e la perde con il suo ingresso nella massa disorganizzata, dobbiamo ridescrivere il suo ingresso nella massa con una ridefinizione della sua identità.
Le Bon aveva attributo a due soli fattori il comportamento delle
masse: la suggestione reciproca e il prestigio del capo. Ma la prima
sarebbe conseguenza della seconda.
McDougall parla di contagio affettivo, ma anche alla base di questa
nozione di contagio sta l’idea della suggestione: perché
infatti tendiamo ad adeguare le nostre emozioni a quelle degli altri,
nella massa?
La suggestione è dunque un fenomeno originario? Qual è la natura di
questo fenomeno?
211
Parliamo della libido, l’insieme di tutte le pulsioni in qualche modo
legate all’amore, amore romantico e non, amore per un oggetto, amore che
tende all’unione sessuale…
213
Due ipotesi:
Non aver trattato Husserl al liceo è grave, ma lui PUÒ CAPIRE. La fenomenologia non è mainstream, è marginale, produce effetti ma non è popolare. Tra analitica, storia della filosofia ed ermeneutica la fenomenologia non è messa bene nel panorama filosofico contemporaneo.
Chi fa storia della filosofia pensa di poter dare un ordine alla filosofia - dare un ordine tra i filosofi più importanti e quelli meno importanti, ma presupponendo giudizi di valore. I confini del “canone” filosofico sono invece una questione teoretica.
L’opera di Husserl (fine 800 - anni ’30) è gigantesca come dimensioni. Si ripetono sempre le stesse cose, nella ripetizione il discorso fenomenologico si raffina e si modifica. Questa idea secondo cui la fenomenologia è un’opera incompiuta è un’idea sempre presente in Husserl. Questa sua creazione, la fenomenologia, non finisce con lui, ma continua infatti in altri autori, come Merleau-Ponty.
Nei corsi di Merleau-Ponty al Collège de France si considera il concetto di passività in rapporto all’istituzione.
La fenomenologia si pone come discorso che mette a confronto psicanalisi e istituzione. Leggeremo Analisi delle masse e psicologia dell’Io di Freud, per capire qualcosa delle dinamiche istituzionali. Leggeremo un saggio di Sergio Benvenuto, psicanalista italiano, di commento al testo freudiano.
Noi studenti possiamo interromperlo con delle associazioni.
Associazioni, libere associazioni, associazioni a delinquere. (Pietro Sponton)
La rimozione della psicanalisi da parte della filosofia non solo è sintomatica di un’idea di filosofia che la fenomenologia per prima ci invita a contestare, ma si perde qualcosa senza di essa. La fenomenologia si presta a produrre un incontro tra filosofia e psicanalisi. Lo stesso Husserl costruisce una teoria del soggetto ponendo la domanda: “c’è l’inconscio?”.
Leghissa ritiene insoddisfacente distinguere tra
istituzione e organizzazione.
Introduce la nozione di collettivo organizzato,
caratterizzato da norme e regole. Se si distingue tra
istituzione e organizzazione è perché si ci riferisce ad accezioni
diverse. Economisti e giuristi si sono posti la domanda su questa
distinzione. Santi Romano, un filosofo, si è impegnato in questa
ricerca.
Leghissa trova che a livello teoretico abbia più senso parlare di
collettivo organizzato. Se un collettivo è organizzato,
significa che si dà delle norme, implicite o
esplicite.
Organizzazione di solito come parola mette l’accento sulla gerarchia, sulle risorse di cui dispone il collettivo, sulla componente organizzativa. Istituzione invece mette l’accento sulla parte normativa, e sembra qualcosa di astratto e di lontano da noi.
Quando si dice collettivo, si pensa a qualcosa di molto concreto, di operativo. La parola istituzione rischia di essere troppo astratta, quando l’istituzione ha un ruolo centrale dall’inizio alla fine della nostra vita. Le istituzioni decidono della vita e la morte delle persone (ad esempio nell’interruzione di gravidanza). Sistemi normativi hanno presa sulla vita delle persone. Da cinquemila anni a questa parte questa decisione è presa da sistemi istituzionali.
La normatività di un oggetto fenomenologico (esempio università) va considerata molto seriamente nella sua semplicità, perché determina il nostro destino quotidiano di individui. L’istituzione ci dà la possibilità di essere qui. Qui si inserisce l’intero punto del corso, che è la valenza trascendentale dei collettivi organizzati.
Dobbiamo considerare l’istituzione come qualcosa di molto concreto e diretto. In quest’ottica, non esiste la società di per sè. Sarebbe meglio di parlare di strutture sociali, non si può sostanzializzare la società. Non c’è nulla di questa forma. Noi siamo dentro collettivi organizzati, ci dobbiamo confrontare con questa realtà.
Qualunque cosa si faccia “da svegli” la si fa perché si è dentro un
reticolo di collettivi. Questo discorso ha un’importanza
cruciale perché ne viene fuori che noi in quanto soggetti non
esistiamo. Questo è il risultato filosofico. Pensare di avere
un’Io sostanziale è un errore non solo etico/esistenziale volendo, ma
filosofico. In Occidente abbiamo una tradizione che ci porta in modo più
netto sulla strada di questo errore, mentre in Oriente “si sa da
sempre”, da quando c’è la religione.
Esistono buone ragioni filosofiche per dire che non c’è l’Io. L’Io è una
particella sincategorematica, che ha un significato
solo grammaticale, un riferimento esterno.
Qualcuno interviene e dice ma come è possibile che non esiste il soggettoooo. Si parla del problema dell’emergenza del linguaggio… Interessanti sono quegli approcci che non si pongono la questione dell’origine, ad esempio l’approccio di Nietzsche. Se parliamo di linguaggio è uno dei più grandi vincoli normativi all’interno dei quali viviamo, quindi parlare del linguaggio è problematico. La domanda sull’origine è una domanda mal posta, una domanda metafisica. La fenomenologia è un approccio che prende molto sul serio la scienza. Esempio di approccio fenomenologico: prendo atto che gli animali parlano, e quindi inizio a pensare da questo punto come funziona il linguaggio: posso studiare per esempio qual è il ruolo del linguaggio nei processi di soggettivazione.
Secondo questo approccio, si può dire che il linguaggio è un
artefatto, come l’amigdala, come le istituzioni. E
come ogni artefatto ha un carattere vincolante, perché
ha degli effetti quando li usi. Ci sono vincoli,
vincoli linguistici. Parlare è un’esperienza tecnologica, è
qualcosa che si impara.
Ogni artefatto vincola in modo diverso… ma perché diciamo che il
linguaggio è artefatto? Le parole sono significanti perché c’è un
soggetto che le riempie di significato, ma il significato non è
inventato del soggetto.
Ciò che Husserl chiama intenzionalità è legata anche al
riempimento di significato, alla volontà di dare il significato a
determinate espressioni. Voglio dire qualcosa, mi servo di un
significante per farlo, e il significato rimane lì in quanto tale,
“staccato dal significante”. Il significato ha una propria autonomia,
una propria vita (esempio: nel dizionario i significati). Nell’uso del
linguaggio non c’è un significato puro, ma è sempre connotato in un
certo modo, assume determinate connotazioni. Ciò non toglie che i
significati hanno uno statuto autonomo, come gli artefatti.
Ci interroghiamo sulla valenza agentiva che possono avere gli artefatti.
Le dinamiche relazionali che costruiscono i collettivi entrano in
gioco in delle catene di azioni, fino al punto che può sembrare in
alcuni casi ci fa dubitare dell’agentività di chi costruisce, qualcosa
che ci fa sembrare che godano di autonomia (esempio: intelligenza
artificiale). Il rapporto che abbiamo con l’intelligenza artificiale
tuttavia tradisce il motivo per cui la chiamiamo intelligente e pensiamo
che lo sia. Non vediamo il processo istituzionale che porta alla
nascita dell’istituzione, non vediamo il processo tecnico.
Diciamo che è intelligente perché sa ridurre la complessità e farci
guadagnare tempo, però rimaniamo in questo rapporto
sproporzionato.
Anche l’intelligenza artificiale è un artefatto umano che causa effetti
con delle procedure.
La prima opera di Husserl è dedicata alla grammatica speculativa, una
teoria generale delle grammatiche pure (IV ricerca
logica).
Possiamo vedere il linguaggio dal punto di vista logico-formale, ma
anche studiarne l’uso. Husserl stesso è impegnato in questo.
How To Do things with Words - Austin dà vita a un certo modo di intendere le cose in filosofia analitica, ricollegandosi ai giochi linguistici e al secondo Wittgeinstein. A partire da lui, parte della filosofia novecentesca inizia a interrogarsi sulla performatività del linguaggio.
Prima che ci sia autorità, ci deve essere l’autorevolezza del linguaggio, il linguaggio deve poter dichiarare qualcosa! Questi enunciati non descrivono solo stati di cose, ma sortiscono effetti.
Per Austin solo alcune questioni linguistiche hanno performatività. Con Foucault e in seno alla riflessione femminista, si è osservato che il linguaggio è performativo, parlare significa introdurre modificazioni all’interno del collettivo; parlare significa sortire effetti. Se è performativo ha una valenza istituzionale in quanto vincola i comportamenti: ma non solo dal punto di vista logico - la logica è un’ontologia realizzata, una certa logica rendera possibile la definizione di determinati domini oggettuali - anche dal punto di vista ontologico.
Con il linguaggio si possono:
metabasis es algos genos - confondere i piani (Aristotele)
Con gli strumenti della fenomenologia parleremo dei collettivi organizzati gerarchicamente e collettivi organizzati non gerarchicamente.
Hain Beckermann - Trattato dell’argomentazione. Quando parliamo tutto è retorica, tutto è performatività di linguaggio.
Fantozzi ci insegna che…Il design serve a cifrare i luoghi del potere, le gerarchie.
Il modo in cui sono fatte le città è vincolante. (Altro momento unabomber)
Oggi diamo una griglia concettuale che permette di inquadrare il tema
delle istituzioni.
Di cosa è fatta una istituzione/collettivo organizzato? L’istituzione è
fatta degli individui che la compongono, degli artefatti che la
compongono (ma lui sostiene che anche le istituzioni siano degli
artefatti), dei codici, ma soprattutto L’ORGANIGRAMMA, cioè la
gerarchia.
L’organigramma è l’elemento più invisibile perché è il più visibile.
I collettivi organizzati sono il loro organigramma.
L’organigramma fa capire chi fa cosa e a partire da quali incentivi, o
per paura di quali punizioni. L’organigramma è l’artifatto
principale, struttura se stesso. Questa questione è cruciale
per la questione della soggettività. È l’insieme delle varie caselline
che occupiamo nello schema generale del collettivo.
Non è quindi che non esiste l’Io: gli individui occupano delle
posizioni. Non esistono gli individui, e, a lato, la
società. Se vogliamo essere fenomenologicamente corretti,
dobbiamo ammettere che esistono tanti collettivi che ‘posizionano’ gli
individui.
Se c’è un collettivo c’è una joint intentionality, una
intenzionalità comune, che fa sì che i membri del
collettivo vogliono che il collettivo sussista. I collettivi
sono artefatti, strumenti per raggiungere uno scopo.
La guerra civile è la motivazione-scopo del politico: la possibilità che
l’apparato politico si dissolva e si vada in uno stato di violenza
assoluta. L’investimento libidico per uccidere una persona che conosci -
piuttosto che uno straniero - è molto forte. L’organizzazione è uno
strumento per raggiungere lo scopo.
Gli stati potenti esprimono la loro potenza attraverso una proiezione, cioè gestendo quel bene comune dello Stato che si chiama interesse nazionale (l’insieme di tutte le risorse). Questo è ciò che rende possibile la gestione dello Stato. Ma non tutti gli Stati possono proiettare la loro potenza. Uno Stato proietta la propria potenza se può. Se non può , sarà sottoposto alla potenza di altri stati. Ma non solo gli Stati funzionano in questo modo, questo è il caso di tutti i collettivi organizzati. Esempio: un matrimonio.
Vedere il report annuale dei servizi segreti: il primo fatto esposto, il primo fattore strategico che viene riportato, sono le acquisizioni di aziende italiane da parte di aziende straniere.
Legge CLOUD: legge post 11 settembre con cui gli americani si autorizzano a spiare chiunque vogliano.
Nell’ottica dell biopolitica, un manager compie decisioni politiche e non economiche sulla vita persone. Prende tuttavia decisioni che si intersecano con una sfera economica.
Dobbiamo stabilire o statuto ontologico dell’intenzionalità, su come determinate strutture hanno bisogno di un’azione collettiva. Conoscere è un’azione che presuppone che il soggetto non sia isolato, ma una rete di soggetti che conoscono.
Dobbiamo ricordarci che i collettivi organizzati gerarchicamente sono in giro da poco. Durante l’età paleolitica, gli uomini vivevano in collettivi che non lo erano.
In un numero piccolo di persone, non si può scegliere il proprio gruppo: oggi possiamo scegliere religione, gruppo. Questo numero è un vincolo biologico: l’ambiente ci costringeva a girare in piccoli gruppi. Poi come Homo sapiens abbiamo lasciato l’Africa in due ondate più o meno 60.000 anni fa, prima verso l’Asia, poi in tutto il mondo. E abbiamo fatto tutto ciò in piccoli gruppi.
Eleanor Armstrong Premio Nobel Economia per il suo lavoro sulla gestione dei beni collettivi. Ha capito che i beni collettivi si gestiscono bene se si dividono. Ci si deve mettere d’accordo, ciascuno deve capire che è nel suo interesse non rubare il pesce a tutti.
Qui c’è di mezzo ciò che oggi viene chiamata Machiavellian Intelligence: l’intelligenza che ti permette di negoziare con i tuoi partner nei tuoi interessi, in modo da trovare compromessi accettabili tra interessi evidentemente in conflitto.
Per 200.000 anni la scelta di vivere in un regime politico egualitario in piccoli gruppi è stata la scelta politica più razionale. In 150 si prendono le decisioni in maniera condivisa. Le decisioni vengono prese collettivamente, si ricerca il consenso, si prende il tempo necessario fino a quando la decisione non è condivisa. MA QUESTO SI PUÒ FARE SOLO IN UN PICCOLO GRUPPO. Perchè la Polonia ha una storia così travagliata? Perchè nel suo Parlamento le sue decisioni devono essere unanimi.
Tutto fa pensare che lo stile di vita dei cacciatori-raccoglitori di oggi (piccole comunità rurali in Asia Oceania e Africa) sia del tutto simile a quello dei cacciatori-raccoglitori del Paleolitico. Le decisioni vengono prese all’unanimità. E non hanno i numeri, non contano.
Brouwer, un matematico, noto per aver criticato il principio del terzo escluso, disse che i numeri sono lo strumento principale del dominio. Governare significa distribuire qualcosa, contarlo. In un collettivo organizzato non gerarchicamente la distribuzione è ovvia, non va gestita, non va contata.
La struttura patriarcale probabilmente non c’era, non poteva esserci 5000 anni fa.
Su questa cosa c’è abbastanza un consenso: Prima i collettivi erano organizzati in modo non gerarchico.
Nel linguaggio comune si distingue in maniera netta il pubblico e il privato. Il pubblico è il luogo del politico e il privato il luogo del mercato. Le cose non stanno così, ma per il senso comune sì. È prevalsa l’idea secondo cui la sfera dell’economico prevale su quella del politico.
Esperimento mentale. Se le cose stessero così, dobbiamo immaginare una scena in cui i rappresentanti dell’economia es. americani vanno in un contesto in cui ci sono anche i rappresentanti del politico. Tacito parla di arcana imperii = luoghi non pubblici in cui si gestisce il potere. Insomma, se l’economia prevalesse sul politico, allora i rappresentanti dell’economia direbbero ai politici come agire, così da aiutarli. Questo non si dà. Da sempre l’America è le sue big companies. Gli Stati Uniti in quanto Stato-nazione da sempre fanno politica attraverso il proprio potere economico, e lo fanno anzitutto per ragioni geografiche. Alla base della geopolitica ci sono l’elemento geografico e demografico cioè il territorio e gli individui che ci vivono. Usa si trova tra due oceani, quindi come può proiettare la propria potenza nel mondo? Non con le guerre, tipicamente si perde. L’America governa il mondo con il dollaro. La potenza americana è da sempre legata alla potenza economica delle sue grandi imprese.
La mano visibile è un libro di Alfred Chandler (1977). La mano visibile è data dai manager, che non fanno solo profitti, ma fanno il bene dell’America. Questo non lo dice Chandler ma è il dato che costituisce l’identità americana. Quello che vale per gli Usa vale anche per gli altri Stati. Gli Stati hanno tanti asset, primo di quali sono i cittadini, e a questo si aggiunge grado di istruzione, insegnamento scolastico, buon funzionamento delle strutture sanitarie, ecc.
Coase,
premio Nobel per l’economia, si chiede in un articolo del 1937
cosa sia un’impresa/azienda. L’impresa è ciò
che serve per rendere possibile un certo tipo di meccanismo sociale in
assenza di regole di mercato. L’impresa è fatta di contratti.
Il fatto che ci sia l’impresa è una negazione del
mercato. Coase introduce la nozione fondamentale di costi di
transazione per risparmiare sui costi di transazione si inventano i
contratti, le imprese.
Con il mercato l’impresa non ha niente a che fare. L’impresa è
l’artefatto creato per risparmiare sul costo di transazione e
che permette di muoversi nel mercato. Dentro l’impresa non
vigono le regole di mercato: c’è qualcuno che comanda e c’è qualcuno che
è subordinato e fa quello che gli viene detto di fare (gerarchia) dentro
i limiti previsti dal contratto. Se il potere dei subordinati è molto
basso (come oggi), dipende dai rapporti di potere che
vigono dentro dell’impresa. Questo non ha niente a che fare con il
mercato.
Mercato è lo spazio di interazione che negli ultimi decenni si è ridotto
sempre di più, infatti sempre di più vigono regimi non
concorrenziali ma oligopolistici o monopolistici.
Esempio: il fatto che Google sia così potente
imponendosi con un oligopolio è dovuto al fatto che serve agli
Usa per sviluppare la sua politica di potenza. Se gli europei
volessero liberarsi da GAFAM, non potrebbero farlo, perché gli
USA non lo permetterebbero. Non è che di per sé i GAFAM sono
potenti, ma i rapporti tra Usa e le sue colonie (= Stati
europei) sono tali per cui nelle colonie si fa quello che vuole la
madrepatria. Quando si parla di benessere dei
cittadini, si intende sufficientemente bene da non
protestare, da pagare le tasse ecc.
La legge serve ad arginare, attutire l’arbitrio del potere. In
alcuni casi lo Stato si dà delle leggi per autolimitarsi. In
uno stato democratico si ha la possibilità di affidarsi al diritto per
vedersi tutelato nella sfera della personalità individuale (non per
ottenere giustizia, che è tutt’altra cosa). La giustizia fa parte della
sfera dell’etica, che è qualcosa di diverso dal diritto e della
politica. Gli Usa sono un paese democratico, quindi esiste il diritto
che tutela i cittadini dalle prevaricazioni di chi gestisce la Rete in
un certo modo. Si sta lavorando alla costruzione di un nuovo diritto che
tuteli i cittadini che circolano in Rete.
Per tantissimo tempo siamo vissuti in collettivi organizzati non gerarchicamente. Questo perché c’erano ottiene ragioni (scelta razionale) per comportarsi in quel modo. Sappiamo questo perché abbiamo la possibilità di studiare gli ultimi resti di quella forma di vita, cioè ci sono ancora gruppi di cacciatori-raccoglitori in Amazzonia, Oceano Indiano, Pacifico…
Ernesto De
Martino è stato un importante antropologo
culturale. Legge Husserl e Heidegger. Opera di rilievo è Il
mondo magico.
De Martino riflette sul mestiere dell’antropologo e dice che consiste
nello studiare noi stessi. L’antropologo incontrando l’Altro si chiede
chi è lui. De Martino costruisce un etnocentrismo
critico che permette di stabilire gli statuti
epistemici dell’antropologia culturale. Che io incontri il
contadino della Basilicata o il raccoglitore dell’Amazzonia, in ogni
caso parlo dal mio unico punto di vista. Il mio punto di vista è sempre
quello, non posso averne un altro.
Non esiste uno sguardo sulla storia posto al di fuori della
storia (sarebbe lo sguardo di Dio). Da antropologo
posso parlare solo con le categorie dell’antropologia culturale, le
quali a loro volta stanno in qualche rapporto con le categorie più ampie
della tradizione culturale a cui appartengo. Le idee che mi
provengono dall’essere italiano, europeo, borghese, uomo del XX
sec. ecc. si riverberano nel mio lavoro etnografico.
Questo è etnocentrismo critico. L’antropologia
culturale è una disciplina che più di tutte ha riflettuto sul fatto che
il soggetto che descrive il mondo è interno al mondo. Anche Husserl pone
la questione in questi termini.
Costruire una teoria scientifica non significa descrivere il mondo così com’è, ma costruire un modello (= riduzione semplificata del mondo) a partire dal quale costruire delle teorie e poi verificarle. Questo vale anche l’antropologia culturale: abbiamo ottime ragioni per dire che le popolazioni di cacciatori-raccoglitori che oggi studiamo ci diano delle informazioni decisive per immaginarci la vita nel paleolitico.
I nostri antenati non è che fossero più buoni, semplicemente comportarsi in quel modo era più conveniente in termini adattativi. Ci siamo comportati con un regime egualitario questo modo per lungo tempo. Non sappiamo se in quel contesto si sviluppasse la violenza di genere; possiamo immaginare di sì. In questo tipo di organizzazione egualitaria, nessuno comanda. Nessuno comanda perché io non sia comandato perchè non debba sopportare il peso del comando altrui. Tutto questo ha a che fare con , cioè questi comportamenti si sono trasmessi nel tempo e si sono protratti per decine di migliaia di anni; questo significa che non c’è stata una mutazione genetica quando abbiamo cambiato comportamento. I paleontologi e i biologi evolutivi chiamano uomo moderno il nostro antenato di 100-150mila anni fa. La specie era la stessa, sempre Homo Sapiens era. Quel fenotipo (= tratto comportamentale) che si è mantenuto a lungo ha dato i suoi frutti in quel contesto; in altri contesti si è prodotta una mutazione. Ma il fatto che ci siano cacciatori-raccoglitori ancora oggi dimostra che quel tratto non è scomparso, c’è ancora.
Testo fondamentale di che dimostra la presenza di questa varietà fenotipica. Se non ci fosse, come potrebbe funzionare la variazione di Darwin? Alcuni tratti si affermano e altri spariscono, ma l’enorme varietà di tratti fenotipici è ciò che permette alla selezione di operare. Se non ci fosse una varietà di tratti, dove si attacca la selezione naturale, che è il motore dell’evoluzione darwiniana? Le teorie biologiche post-neodarwiniane prospettano una teoria dei sistemi di sviluppo, all’interno della quale si dice che la selezione naturale di Darwin va compresa all’interno di un sistema di sviluppo che comprende la nicchia ecologica e gli abitanti di questa nicchia. Gli abitanti della nicchia sono tante specie che interagiscono tra loro, poi all’intero di ogni specie ci sono interazioni che producono effetti. Vivere da cacciatore-raccoglitore per tot anni rende possibile l’affermarsi e il permanere di un certo tipo di tratto. Se il contesto cambia, si selezionerà un altro tratto. Oggi viviamo in un contesto in cui sembra inimmaginabile un’organizzazione non gerarchica: o siamo dominati o dominiamo. Se siamo dominati vogliamo diventare dominatori, e lo facciamo con una rivoluzione. Le rivoluzioni mantengono in vita le strutture base dell’organizzazione gerarchica.
Però, il fatto che noi siamo sempre la stessa specie non deve farci
dimenticare la grande rivoluzione che si è avuta nel passaggio
da collettivi organizzati non gerarchicamente a collettivi organizzati
gerarchicamente, cinquemila anni fa.
Ovviamente c’è una differenza enorme tra quello che si vive oggi e
quello che si viveva cinquemila anni fa, tuttavia da un certo punto di
vista non è cambiato nulla: parliamo sempre di una struttura
statuale. Se ci occupiamo di filosofia, dobbiamo guardare
all’identità strutturale per poter fare un discorso che tenga conto
degli invarianti antropologici. Questo fa la filosofa
quando si rapporta alla storia.
“Perché ci sono le istituzioni?” non è una domanda storica, sebbene sia
una domanda che tiene conto della storia. Quello che diciamo deve valere
a livello di un discorso in cui si parla di modelli di
razionalità, i quali devono poter essere studiati nella loro
validità universale. Anche se non avessimo la possibilità di poter
toccare con mano gruppi di cacciatori-raccoglitori, dovremmo - in quanto
filosofi - immaginarcelo. I filosofi prescindono dal dato
fattuale.
Dovremmo chiederci: “Quale modello di razionalità si mette in atto
quando un gruppo piccolo gestisce in un certo modo le sue risorse?” e
costruire un modello teorico. L’obiettivo è che si creino strutture che
rendano possibile il contenimento del free rider; questo all’interno di
una teoria generale dei costi di transazione. Quali
sono i costi di transazione che vengono sopportati da una comunità che
fa di tutto per eliminare il battitore libero? Si tratta di costi
sopportabili. Il gruppo è piccolo, i costi si sopportano. Risolvere il
problema ecologico: i costi di transazione sono insostenibili, infatti
la crisi ecologica persiste.
Il dibattito su crisi ecologica è molto vasto e ha come vincolo teorico
di fondo che i costi di transazione per raggiungere una
soluzione condivisa (presa da tutti gli abitanti del pianeta) per
attutire l’impatto ecologico dell’azione umana sono molto
alti.
Per parlare delle società gerarchicamente organizzate bisogna parlare
di un altro paio di questioni.
Fine paleolitico: 23 mila anni fa. Primo sito che attesta l’inizio di
attività agricole-pastorali. Per circa 10-12 mila anni alcuni, in alcune
aree del pianeta vivono cacciando e raccogliendo + coltivando. Momento
intermedio in cui si è un po’ nomadi è un po’ sedentari. Si acquisiscono
competenze tecniche specifiche (anche se c’erano anche durante il
paleolitico) si constata che alcune piante sono buone da mangiare e
altre no; quelle buone da mangiare possono essere aiutate a crescere. Si
creano alcune forme di sedentarizzazione. Il quadro che abbiamo dello
sviluppo dell’agricoltura e della pastorizia, quindi della
sedentarizzazione, è abbastanza ricco e variegato.
Mesopotamia caso paradigmatico: qui prima che in altri luoghi si sono
evoluti gli Stati. Area mediorientale = dai monti Zagros (confine
occidentale) dei Monti dell’Iran, fino a circa il canale di Suez.
Per arrivare alla creazione delle città c’è un processo lunghissimo. Non si può parlare di rivoluzione neolitica: il termine rivoluzione qui è errato. Quello che è rivoluzionario è però il cambiamento dello stile di vita da caccia-raccolta a sedentarietà stabile. Cambiamento radicale.
I nostri antenati costruiscono la pianta coltivata, che non è
la pianta selvatica, ma poi dipendono dalla pianta coltivata e dal
proprio insediamento. Ci abbiamo messo più di diecimila anni
per scegliere la sedentarietà, ma una volta scelta non si può più
scegliere. Dipendiamo dalla città come forma abitativa
primaria. Città intesa come vincolo. Per il
cacciatore-raccoglitore il vincolo è la savana. Per noi tutti il vincolo
è la città. Anche se volessimo fare gli eremiti dipenderemmo da
qualcuno. Impossible essere totalmente autonomi.
La città è la forma del politico, luogo in cui si
gestisce il collettivo. Nella forma della città c’è qualcosa di
vincolante. Configurazione della città e delle abitazioni cambiano nel
tempo. Dalla forma delle abitazioni l’archeologo trae una serie di
conclusioni sulla vita politica di quel collettivo. Nei siti di
diecimila anni fa troviamo case, depositi per cereali, luoghi per
funzioni rituali (non conosciamo credenze ma a partire da alcuni
elementi desumiamo che si tratti di un luogo dove avvenivano riti).
Anche in contesti di semi-nomadismo possono permanere forme
di egualitarismo. Per esempio gli Indiani d’America: il loro
capo tribù non è un vero capo. Montaigne tratta il tema dei selvaggi, fa
una serie di considerazioni sui cannibali ed esalta le loro
virtù politiche e morali. Noi siamo peggio di loro. Tra i
nativi americani troviamo forme di egualitarismo; non come quelle dei
cacciatori-raccoglitori ma molto simili: se il capo è prepotente o non
ha competenze previste (saggezza, generosità, onore) viene messo da
parte. Lo Stato americano nasce da un’opera di colonizzazione
interna. Si potrebbe paragonare con il processo di unificazione
italiana. Da parte dei Savoia c’è un elemento coloniale. Nel caso degli
Usa però non ci sono dubbi: è stata un’opera di colonizzazione
violenta tra 1860 e 1890 ci sono le guerre indiane, che
assumono tratti genocitari. Esempio di elemento genocitario è la marcia delle
lacrime (deportazione forzata degli Indiani nell’Oklahoma).
(Deportazione forzata è uno dei parametri che serve a codificare il
genocidio; perché si parli di genocidio devono esserci delle
caratteristiche precise nell’esercizio di soppressione dell’altro).
Diventando sedentari, l’egualitarismo scompare per ragioni
organizzative.
Neolitico pre-ceramico e neolitico ceramico=> ci sono i vasi, e
questo perché si raccoglie il cibo e lo si conserva.
Proposta teoretica di Leghissa: l’organizzazione è un artefatto al pari della ceramica. Per poter vivere bene in un contesto sedentario si deve anche gestire un’organizzazione, serve trovare delle antropotecniche (Devi cambiare la tua vita, Sloterdijk) che permettono di gestire quel diverso tipo di forma di vita che è data dalla vita sedentaria. Sloterdijk: essere soggetti significa essere artefici di esercizi; il soggetto è una collezione di esercizi. Io sono una serie ripetuta di abitualità (Husserl) che producono esercizi. Questi esercizi vengono compiuti in contesti collettivi. I collettivi sono ciò che viene prodotto da antropotecniche + sono ciò che mantiene in vita quelle antropotecniche. L’antropotecnica dei cacciatori-raccoglitori non è la nostra. Dopo la svolta neolitica si sono adottate altre antropotecniche, che non hanno a che fare solo con produzione ceramica, immagazzinamento cibo, coltivazione, allevamento, ma anche con lo stile di vita: la politica. La politica è il frutto di scelte di tipo antropotecnico. La politica una pratica. Si vive assieme prendendo decisioni di un certo tipo. Così come si costruisce il vaso di terracotta, si costruiscono tecniche di guerra.
La città di dodicimila anni fa es. Göbekli Tepe. Scoperta recente. È un tempio, con dei grandi monoliti: affinché potesse essere costruito dobbiamo immaginare un contesto gerarchico, altrimenti sarebbe impossible costruirlo. Non c’è la città intorno. Sito neolitico che attesta la presenza di una gerarchia. Deve esserci una struttura sociale simile alla nostra.
Alcune malattie che non c’erano nel paleolitico compaiono nel
neolitico, come il morbillo. Convivere con gli animali in uno spazio
ristretto non fa bene. Prendersi cura di piante e animali comporta la
creazione di un collettivo in cui ci sono anche viventi di altre specie
che diventano artefatti. Trasformazione culturale. Oggi non ha più tanto
senso usare il termine “cultura”, perché implicitamente usi il termine
“natura”.
Distinzione cultura-natura da abbandonare. Abbiamo
costruito buona parte della nostra auto comprensione in questi termini.
Gran parte delle filosofie che studiamo presuppongono questa
distinzione. Oggi ci sono ottime ragioni per decostruirla e non
usarla più.
Al posto di “cultura”→
struttura del sentire, che è un termine sufficientemente vago che indica
sistemi di credenze, atteggiamenti, e tiene conto del lato emotivo della
faccenda. Nelle strutture del sentire si opera
un mutamento radicale quando usi piante e animali in modo tale da
trasformarli in artefatti. Quando coltiviamo una pianta o alleviamo un
animale, costruiamo qualcosa che prima non c’era. Costruiamo un
artefatto, mettiamo in moto una macchina organizzativa complessa.
Antropotecnica è un termine che indica il cambiamento
radicale avvenuto: prima con la sedentarizzazione e poi con la creazione
di città-stato. Questi mutamenti hanno a che fare con cambiamenti
culturali profondi, a tal punto da poter parlare della creazione di
invarianti antropologiche, che sono ancora i nostri. In cinquemila anni
noi non ci siamo spostati da quell’universo “culturale”. Tra queste
strutture profonde di invarianti antropologici, il dominio
maschile.
In questa lezione tra le altre cose:
Per una serie di ragioni probabilmente legate anche a fattori
climatici, in alcune parti del mondo inizia un processo di
sedentarizzazione (?). Si ha una trasformazione degli stili di vita che
dura molto tempo. Nascono le città.
Il dato archeologico viene costruito. Ogni oggetto della scienza in
realtà viene costruito, per dare vita ai dati. Non
significa che non esiste l’oggettività o la realtà. Ogni scienza implica
un’opzione metafisica realistica. Husserl anticipa il senso
profondo del costruttivismo.
Il punto principale di Galileo è la costruzione di un sapere
contro-intuitivo…il nemico della scienza è il senso comune e
l’immediatezza. Questo soprattutto a livello di costruzioni
teoriche. Il dato emerge dall’astrazione del dato empirico. In questo
senso la scienza è un sistema chiuso che non permette l’accesso a un
ambiente che le è esterna.
Da un certo punto comunque si costruiscono templi e città. A un certo punto queste città assumono la forma di uno Stato, un ordinamento gerarchico che prima non poteva esserci. Il numero di abitanti dei villaggi neolitici fa pensare che si rende possibile una concentrazione di popolazione. Stato significa che c’è una parte del collettivo che si appropria del surplus, dando vita a meccanismi securitari che garantiscono la ridistribuzione di questo surplus.
I centri più studiati in questo senso sono le città di Ur e Uruk (bassa Mesopotamia).
Fanno sì che nascano le città.
In questo contesto non usciamo dalla storia
naturale. A scuola ci insegnano il concetto di preistoria, che
però è inservibile… come i concetti di natura e cultura. Non c’è
la preistoria. Se c’è la preistoria, significa che c’è un
insieme di presupposti tali che si dà un giudizio di
valore: ma manca un pezzo. Nella preistoria, mancano pezzi di
cultura e di società, pezzi di umano.
Nella seconda metà del ’700 si afferma l’idea che ci sia un progresso
storico, per cui c’è una scala delle civiltà: tutti i popoli possono
arrivare in cima alla scala. La progressione coincide con una maggiore
complessità dei costumi. In cima alla scala ci sono gli europei, i
maschi bianchi colonizzatori. Noi europei siamo i migliori,
quelli che hanno raggiunto la pienezza dell’umano. I primitivi non sono
a questo livello.
Tutta la filosofia della storia in rapporto al processo di
colonizzazione fa sì che si consolidi quell’idea per cui la storia è
preceduta dalla preistoria. C’è invece una sola storia di homo
sapiens, con varie fasi, senza bisogno di dare giudizi di
valore.
Non abbiamo prodotto una nuova specie vivendo in città-stato.
Un esempio dei cambiamenti che attraversano la nostra storia è
l’estinzione di massa che stiamo attraversando ora. Siamo nella sesta
estinzione di massa, e lo mostrano i dati. Estinzione di massa quando un
numero molto alto di specie scompare. Nella storia naturale, l’unica
possibile, ci sono cambiamenti, genesis kai thora, generazione
e corruzione. Questo non significa naturalizzare la storia, in quanto
esiste una storia naturale contrapposta a una storia naturale. Possiamo
dire che è finita l’epoca in cui si costruiscono modelli teorici
costruiti sulla dicotomia natura-cultura.
La svolta prodotta nella città-stato rientra nella storia naturale. Si prende atto di questo mutamento senza cercare di naturalizzare un fatto eminentemente politico. Non c’era il linguaggio, e va bene, è un cambiamento qualitativo ma si faceva anche senza. Non ha senso dividere in base a quell’elemento in storia e la preistoria.
Possiamo dire che non sono stati i filosofi a superare la dicotomia
natura-cultura, ma è stata la biologia. Il biologo J. Gould, fra
gli altri, ha scritto su questo. Lui e altri autori hanno combattuto una
battaglia per un cambio di paradigma in biologia, per mettere da parte
la cosiddetta sintesi moderna (il cosiddetto
neodarwinismo - Fisher e altri). Hanno mostrato che il neodarwinismo non
può essere il paradigma dominante in biologia.
Secondo il neodarwinismo lo sviluppo del genoma è determinato soltanto
dai geni. Nel mondo abitato dai batteri c’era uno scambio genetico
continuo, e questo ha favorito il lavoro della selezione genetica. Poi
si arriva alla rivoluzione cambriana (237 milioni di anni fa) in cui
inizia lo sviluppo di tutte le specie che popolano oggi il pianeta
(anfibi, rettili, mammiferi).
Il 54,5% del nostro genoma è composto da retrovirus, perché siamo
simbionti, come ha detto la Margulis. Non c’è una sequenza causale che
va dall’RNA alla proteina. Il punto è che c’è una plasticità
fenotipica, con cui tutti noi abbiamo a che fare. Non solo
genotipica. Abbiamo a che fare cioè soprattutto con mutazioni a
livello fenotipico, ad esempio con la nascita della città-stato.
Ci sono due possibilità nel nostro vivere sociale: dominare o essere
dominati. Ci sono delle eccezioni (vedi Spinoza, Trattato
teologico-politico, e alcune correnti anarchiche novecentesche -
generalizzando). Secondo questo filone, è importante che non ci sia
dominio arbitrario. La spinta della autodeterminazione individuale è ciò
che nel paleolitico ha permesse di creare una società egualitaria. A
livello fenotipico, secondo lui nella città-stato questa volontà di
autodeterminarsi scompare.
(Per i liberali ci deve essere poco governo. Per i repubblicani è importante che non ci sia governo arbitrario.)
La storia americana è una storia violenta… Pinkerton, repressione lotte operaie 1830-1930. Vedere Gangs Of New York. Fino agli anni ’60 continua la violenza razziale. 1860-1890 c’è il genocidio dei nativi americani, in cui si impedisce loro di portare avanti la loro cultura, agli Hopi si vieta la Danza del Serpente; si forzano i nativi a convertirsi; il tasso di violenza militare aumenta. Negli anni ’40 dell’800 c’è la marcia delle lacrime, dal sud est all’Oklahoma, la deportazione forzata della popolazione. 1890 c’è l’ultima grande strage di indiani. Il numero dei morti americani nella guerra civile è più alto del numero di tutti i soldi americani morti nel corso di tutte le guerre a cui hanno partecipato gli Stati Uniti. In America c’è quindi un tasso di conflittualità molto alto, che coesiste con la democrazia.
Nel carcere di Voghera si faceva la visita ano-vaginale ai brigatisti una volta a settimana. Violenza sistemica di Stato?
A noi non interessa tanto la violenza sistemica statuale, ma il cambiamento di paradigma antropologico/culturale, nelle strutture dell’immaginario. La forma-stato, organizzata gerarchicamente, a partire dalla famiglia, il nucleo organizzato della società. Le strutture sociali di qualunque tipo dopo la nascita dello Stato sono gerarchiche. L’organizzazione sotto cui si muovono tutte le altre organizzazioni è effettivamente lo Stato.
Usiamo espressioni vaghe, come strutture dell’immaginario, ma possiamo dire che le definizioni vaghe non inficiano il rigore di un’argomentazione.
Sargon è stato il primo imperatore che si definiva come tale. Sargon si dice signore di tutte le terre.
Ci interessa studiare i mutamenti avvenuti nelle strutture dell’immaginario, nelle strutture antropologiche.
Dopo Ur e Uruk si instaurano modelli antropologici che sono ancora i nostri. Siamo gli stessi da 5000 anni a questa parte. Rispondiamo alla domanda chi siamo. Le città più grandi hanno 50.000 abitanti.
La scrittura nasce per contare, e in questo senso è
legata all’economia. C’è un rapporto di interdipendenza tra il
collettivo organizzato non gerarchicamente e l’immaginario. Si inventa
la scrittura per questo motivo. Il lavoro per la produzione di surplus
era lavoro coatto, corveè. Si inventa la scrittura per contare, cioè per
tassare quanto si produce, quanto si rende. La scelta del grano inoltre
non è casuale, visto che i chicchi del grano si possono contare per
bene.
C’è una estrazione di surplus che ha un’origine divina.
C’è una domanda, che riguarda il rapporto tra questa visione e la dialettica struttura-sovrastruttura di Marx. In Marx, Bau, Uberbau, struttura e sovrastruttura, che agiscono in modo dialettico (ma le letture sono diverse). Il paradigma sistemico ha prevalso sulla dialettica, ma ha una storia, che viene dalla cibernetica (fico!), ecc.. Se ragioniamo in termini dialettici di struttura e sovrastruttura (mettendo da parte il paradigma sistemico), ci perdiamo un pezzo, non riusciamo a capire le ragioni delle scelte dei nostri antenati di 5000 anni fa.
In termini di complessità sistemica ci sono elementi che rendono possibile l’affermarsi di una società gerarchica che ha le forme dello Stato, collettivo organizzato gerarchicamente in modo del tutto simile a quanto avviene oggi.
Qualunque cosa significhi organismo, c’è una interazione tra ambiente e organismo.
Inizia quindi il regime immaginario che però è ancora il nostro. Dobbiamo capire i mutamenti nell’immaginario, nell’ottica delle invarianti antropologiche. Questi mutamenti strutturali nella sfera simbolica dell’umanità hanno comportato 4 conseguenze, di cui non ci siamo ancora liberati. Da cosa bisogna prendere le distanze?
Questi 4 elementi si danno assieme e vanno visti nella loro unità. Vedere il carattere sistemico e contingente di questi caratteri; ma dobbiamo cercare di capire fino a che punto queste idee sono a tal punto sedimentate dentro di noi al punto da poter diventare invarianti antropologiche.
Perchè queste cose ci sembrano così naturali ormai? La risposta è che da 5000 anni siamo in collettivi organizzati gerarchicamente.
Soltanto la percezione del nemico come animale diverso da noi ci potrà permettere di uccidere il mio nemico in battaglia come un animale, o di trattare la donna come un animale.
Questi 4 elementi si danno insieme e non sono separabili. Questi sono i pilastri della nostra esistenza. Questi riguardano ciò che Marx avrebbe chiamato ideologia, sovrastruttura. MA nel nostro approccio non c’è separazione tra questo è la struttura.
Sono nel mondo degli dei ci sono donne potenti che negoziano posizioni di potere con divinità maschili. Inanna e Ishtar sono lì a dimostrarci che solo nel mondo degli dei ci sono donne potenti. I miti raccontano perché le cose stanno così raccontando una storia inversa: perchè le donne sono subordinate agli uomini? Perchè ci sono delle dee potenti. Nel tempo mitico si danno delle cose, nel tempo attuale altre.
Propp testo degli anni ’30 sulle variazioni della fiaba e la grammatica del mito.
Giuseppe da Copertino che vola.
Altro testo importante: Weaponization
of the brain, NATO. Si parla del cosiddetto sesto fronte, oltre a
terra cielo mare e cyberspazio (sinceramente il quinto me lo sono
perso). Il sesto fronte è il cervello. Si tratta di correggere i biases
che tutti abbiamo e ci fanno cadere in mano al nemico.
Si tratta di mobilitare tutti i sapere per difendere i valori
occidentali della libertà e della democrazia e non essere influenzati
dal nemico. Bisogna adottare un condizionamneto profondo della
mentalità.
Questa è società del controllo (Deleuze)? No, ordinaria amministrazione.
Questo è quello che si fa in guerra.
In questo documento della NATO lui legge un esempio di una delle tante
possibilità di costruzione di un mito.
Questi miti rinsaldano a livello emotivo la grande distinzione
amico-nemico, senza la quale gli Stati non esisterebbero.
In questo senso i miti sono strutture narrative di un certo tipo che oltre a svolgere la loro funzione primaria, dare un senso alla vita, forniscono anche supporto alle 4 convinzioni che dicevamo prima.
L’ordinamento statuale comporta necessariamente un controllo violento tra i territori. I confini, le frontiere, non sono luoghi stabili.
Bisogna pur mangiare, Derrida… ma bisogna mangiare bene, cioè bisogna mangiare degli animali che sono considerati buoni nella gerarchia della tradizione a cui si appartiene.
Il culto del littorio, Gentile. Il nazional-socialismo quale fenomeno religioso.
Se la democrazia come sistema socio-economico sussiste, è perché esiste un consenso sufficientemente grande. Consenso su determinati valori di fondo: dare il proprio consenso all’idea di società in cui siamo cresciuti (valore individuo, democrazia) sono cose a cui noi aderiamo anche emotivamente.
L’amore per la libertà ha una valenza religiosa in qualche modo, perché riguarda i fondamenti mitici di un collettivo.
Nel mito le cose non si determinano razionalmente, ma in virtù delle strutture emotive. Il nostro mondo esiste così com’è perché tutti aderiamo al mito fondamentale, liberté, egalité, fraternité.
Finisce la parte che riguarda la spiegazione sui collettivi organizzati gerarchicamente. Ora vedremo Merleau-Ponty sugli strumenti che la fenomenologia adopera per lo studio dei fenomeni.
Oggi prima lezione propriamente sulla fenomenologia.
La fenomenologia è anti-fondazionalista: non c’è nient’altro oltre al tempo.
Io è una particella sincategorematica. Sincategorematici sono quegli elementi che non significano niente ma senza i quali non possiamo proprio parlare. Su di essi insiste molto Husserl, in primo luogo nelle Ricerche logiche, fondazione della fenomenologia come modo di far filosofia. Diversi allievi, tra cui il più famoso è Heidegger, anche se quando esce Essere e Tempo Husserl ci rimane male, vede cose completamente diverse da quelle che gli aveva insegnato.
In Essere e Tempo non c’è traccia della fenomenologia, oltretutto diventa pure nazista. Top. Husserl, invece, si disinteressa della politica.
In area anglosassone tendenzialmente la fenomenologia è accomunata all’ermeneutica, quando si tratta di due aree distinte. La fenomenologia accentua il suo carattere di tradizione vivente – su questo insiste molto Husserl. Fenomenologia come qualcosa che si fa, modo di fare filosofia. Bisogna sempre partire dalla fenomenologia.
Gesti fondativi:
Il gesto husserliano va ripetuto e, quindi, ci sono tante fenomenologie quanti sono i seguaci di Husserl. Paci, Menandri, Derrida, Blumenberg, Lumann (volendo, e questo si fa all’estero, si può considerare Lévinas come fenomenologo – ma Derrida dice che non è così: il tema del volto dell’altro che rimanda al volto divino, tesi principale di Lévinas, non è compatibile con la fenomenologia. Per la fenomenologia gli dei esistono quando si danno nella storia.
In che senso la fenomenologia è un sapere non
fondazionalista? Torniamo ai collettivi organizzati
gerarchicamente. Un collettivo del genere dipende dalle sue risorse
materiali? No: non c’è niente di esterno all’organizzazione. Non c’è da
una parte una risorsa (es. il pesce) e dall’altra l’organizzazione. C’è
una divisione dei compiti alla ricerche delle tecniche più adatte oppure
a quelle meno costose, quelle più soddisfacenti (H.
Simon).
Non sempre la scelta è quella ottimale, migliore, ma dipende. In ogni
caso, costi quel che costi, ogni collettivo (gerarchico no) deve
affrontare il free rider; secondo Leghissa questo è il modo in
cui inizia il politico. non c’è una fondazione nella prospettiva
fenomenologica: non c’è una fondazione esterna, ma sta
tutto dentro al collettivo. E allora si inventano le
regole.
Non c’è un elemento esterno ai collettivi che li
fondi – il collettivo si autofonda. Non c’è un’economia che
fondi il politico, il collettivo, ma è tutto politico.
dinamiche in cui non c’è una fondazione esterna, un elemento esterno. Il
collettivo si fonda da sé per raggiungere obiettivi che si danno di
volta in volta. In un contesto paleolitico c’era un solo tipo di
collettivo – quello cacciatori-raccoglitori. Dalla svolta neolitica in
poi, e soprattutto dalla fondazione delle città allora si crea
lo stato, un grande collettivo che contiene gli
altri. Lo stato è il collettivo – niente gli è esterno.
Il collettivo che si organizza è un caso di sistema
autopoietico. Ci sono diversi strati che si intersecano tra di
loro. A livello disciplinare diverse discipline non si fondano l’una
dentro l’’altra “a matrioska”, ma si intrecciano tra di loro. Ciò che
fonda non è esterno a ciò che è mostrato – e questo lo spiega bene
Merleau-Ponty. Si parla di causalità come causalità
circolare.
Spostiamoci sul versante filosofico. Fondazione filosofica di questo
discorso non nel senso della Begrundung (classica parola del
tedesco per dire fondazione nel senso di fondazione del mondo,
nel senso di “trascendentale”).
Hegel porta ad un cammino che supera la Begrundung che porta ad
una fondazione circolare. Begrundung: il filosofo guarda il
mondo da fuori e vede che non sta in piedi.
Hegel: inizio dell’Enciclopedia. La filosofia si distingue da tutte le altre forme di sapere e dal senso comune in quanto istituisce il proprio sapere e comincia con nulla non posso presupporre niente e quindi non presuppongo niente. Per Hegel, però, questo non è possibile, c’è sempre un presupposto (e anche Husserl: etwas uberhaupt) – ci deve essere il fatto che c’è qualcosa. Ci deve essere il concetto, che si dà nella sua genesi. Ogni passaggio del concetto ripete i momenti precedenti. Hegel si accorge che la Vorsetzung losichkeit ha un presupposto: un gesto. Lo stesso dirà Husserl in modo più specifico.
La filosofia fenomenologica di Husserl inizia con un’epoché
(che Heidegger non accetterà: sarà un elemento divisivo tra i due).
L’epoché è ciò che stiftet, fonda – da
Stiftung, che in tedesco si traduce con fondazione, ma
è diversa dalla Begrundung.
C’è una grande differenza tra Stiftung e Begrundung.
La Stiftung è nel tempo; la
Begrundung invece si pone come sospensione della
temporalità: troviamo il soggetto che si occupa di
Begrundung, che fonda il tempo stesso – per Husserl non c’è
niente di esterno al tempo e quindi il tempo non lo si può
fondare.
Stiftung indica un qualcosa che all’interno del tempo
istituisce qualcosa: essa è autofondazione, un
gesto, che può essere ripetuto ma si trova comunque nel tempo. Siamo
enti e solo gli enti, con un corpo (tema
centrale soprattutto in Merleau-Ponty) possono fondare nel senso
di Stiftung.
Partire dal corpo allora? No, altrimenti si rimane ad un livello, basso,
di empirismo; il corpo non può essere per ora il punto di
partenza, ma più tardi lo sarà. Sarà vero e proprio punto di
partenza solo quando si analizzeranno i deittici –
nelle Ricerche Logiche.
Il deittico è il mostrare, potere significante della parola che di per sé non significa niente. Per arrivare a dire che i corpi hanno una valenza fondativa bisogna percorrere un’altra via – e li si capirà come ci sia una fondazione circolare – commistione e sovrapposizione tra empirico e trascendentale.
Husserl, nel testo sull’Origine della geometria si dice
a priori storico, un’espressione paradossale. Dell’a priori si
dà una storia e della storia si dà un a priori. Lo
storico ha bisogno di una fondazione filosofica fenomenologica,
che però non è esterna perché il soggetto che fonda è quello che
vive – il soggetto trascendentale è il soggetto
empirico pur essendo diversi nell’ultima opera di Husserl, la Crisi
delle scienze europee. Già all’inizio della fenomenologia però
questo discorso è implicito proprio per l’epoché. Il
soggetto che fa filosofia è il soggetto trascendentale:
chiunque pensi è soggetto trascendentale.
Se il soggetto che fa filosofia è il soggetto trascendentale, come può
questo corrispondere al soggetto empirico? Perché indagando la sua
genesi scopre che il gesto che lo ha fondato - quello di non
accettare nessun fondamento - è un gesto come un altro. La
fondazione propria del filosofo inizia con un gesto come tutto il resto.
La fenomenologia non chiede di rinunciare a questo gesto, anzi
lo esalta (infatti Husserl dirà che la sua è
una fenomenologia trascendentale – affermazione forte,
e infatti Derrida dirà quasi trascendentale).
Secondo Husserl tutto questo si chiarisce molto bene con la pratica dell’epoché, che è la sospensione della validità dei nostri atti posizionali. I nostri atti posizionali restano tali e quali, prima, durante e dopo l’epoché. L’epoché non modifica i fatti, ma sospende la validità dei nostri atti posizionali. Un enunciato è vero o è falso, non è che dopo l’epoché cambi valore di verità. Si sospende la validità degli enunciati, di tutti i saperi, di tutte le scienze – sospendo tutto ciò che so a partire dalle scienze.
All’origine di qualsiasi problema filosofico per Husserl c’è l’epoché. Essa non è una questione solo teoretica. È importantissima, non c’è fenomenologia senza epoché, che è sospensione del giudizio su ogni enunciato: non solo sugli enunciati soggetto-predicato, ma anche sui dati percettivi. L’epoché fa sospendere anche la validità di quei particolari atti posizionali che sono quelli percettivi, che per noi sono quelli primari, alla base di tutto. Si sospende anche la percezione. Si mette alla prova l’esperienza, si fa esperienza dell’esperienza.
Il fenomenologo dice che anche la percezione, che è fonte di verità indubitabili, deve passare sotto l’epoché, anche la sua validità va sospesa. Riferimento a Cartesio: egli mette tutto in dubbio – solo che Cartesio pensava che alla fine aveva trovato un fondamento. Per Husserl tutto ciò non sta in piedi, una fondazione nel senso di Begrundung non è possibile niente fondamento baby, niente Begrundung. Il gesto di dubbio cartesiano è la base di ogni operazione moderna.
L’epoché sospende la performatività (gli effetti che sortisce) di ogni atto posizionale: si inserisce un atto percettivo in una rete di relazioni molto più ampia. Epoché come sopensione della validità ha come primo effetto questo: inserire l’atto percettivo in una continuità fondativa di atti più ampia del singolo atto che è stato epochizzato. Dopo l’epoché vedo la catena di atti stiften, o meglio mitstiften, co-fondativi. E se c’è una rete significa che non c’è un uno, una fondazione. Non bisogna dimenticare la catena di atti che hanno permesso l’istituzione di un singolo atto percettivo. Per vedere cosa lo precede, devo fare l’epoché, uscendo dall’immediatezza di un atto percettivo. Ciò che interessa Husserl è il modo in cui si intrecciano gli atti, la catena. Ciò che qui conta è il problema della fondazione: se io pratico l’epoché vedo che la fondazione non c’è. Non c’è un’origine per tutto questo, ma c’è un concatenarsi di tratti di realtà. Vedere questo fenomenologicamente significa capire come questi atti si intersecano.
In questa lezione tra le cose più curiose:
Epochè, sospensione, auschaltung. Questa parola vuole indicare la possibilità dell’autoriflessione, consapevoli del fatto che non si può incontrare il soggetto dell’esperienza fuori dallo stesso soggetto. Husserl stesso dichiara che il soggetto trascendentale e il soggetto empirico sono lo stesso ma diversi, e in questo enuncia un paradosso.
Come si fa a giustificare la posizione, la Setzung (Hegel), cioè il posizionamento del soggetto che riflette, visto che qui inizia la filosofia. Questo inizio presuppone come dicevamo ieri una totale assenza di presupposti. Questo è stato uno dei problemi della filosofia. Quando la filosofia incontra il teologico, cioè quando il cristianesimo si mescola alla filosofia per avere più successo, ci troviamo di fronte a una possibile giustificazione di ciò. Il soggetto che è fuori dal mondo è il Dio dei cristiani, in grado di porsi al di fuori dell’esistente, visto che l’ha creato. Questo invece non è mai valso in filosofia.
Per Platone ciò che c’è si rivela buono, perché è bene che ci siano
le cose. Il to agathon viene posto al di là dell’essere per
giustificare il fatto che ciò che guida il pensiero non è il
pensato. Il discorso epistemologico in Platone ha cioè
valenze teologiche, anche se nel Timeo ha caratteri
materialistici, come il primo motore immobile di Aristotele. L’uomo,
cioè la spinta motivazionale che ci spinge a giudicare buono il mondo,
non è dell’ordine dell’esperienza e dell’episteme, che, al
contrario della doxa, può essere conosciuta da tutti.
Ma perché possiamo pensare in modo da poter costruire teorie
vere? Ciò proviene dal fatto che noi riteniamo buono il mondo e lo
possiamo conoscere.
Parte dall’esperienza di incontro con il Dio cristiano. Per Paolo
bisogna rendere conto della propria fede, di fronte ai pagani, che non
possiedono la fede. Logum didonai, rendere conto della fede.
Paolo nell’Areopago… la lotta che viene vinta dai cristiani in questo
senso ha permesso di fondare il problema della conoscenza come
esteriorità, conoscenza esteriore.
In un orizzonte moderno, in cui si torna al modello di origine greco
- antichità greca non è vista come qualcosa di cui ci si può
riappropriare direttamente (il lavoro del filologo è infatti pieno di
mediazioni). Si può però ricostruire l’antico per ritornare alle nostre
origini. Questo segna anche la superiorità degli europei in particolare
con riferimento all’antichità greca, nel discorso coloniale. La
disciplina filologica come è oggi è stata fondata nel 1810 da qualcuno.
(Questo uomo sa troppe cose).
Nella cultura greca si definiscono i caratteri specifici
dell’uomo moderno:
I filologi tedeschi dicono: se bisogna uscire dallo stato di minorità, bisogna avere l’educazione, la Bildung, che deve passare attraverso lo studio dei greci, e di qui la costruzione dell’antico per la modernità.
Questo ci riporta al problema: come si fa a fondare, sapendo che
non c’è nessuna esteriorità, che ci si muove sempre
nell’immanenza.
La prima soluzione moderna plausibile è quella di Cartesio, soluzione
che però non è soddisfacente per nessuno. Si pone la domanda come si
fa trovare un fondamento che non sia Dio.
Dio per Cartesio è come un lume innaturale. Husserl parla delle tensioni
nelle Meditazioni Cartesiane. Quello che colpisce Husserl è la
radicalità del cogito cartesiano. Ricerca di
qualcosa che può sottrarsi alla contingenza dell’immanenza nella misura
in cui è produzione di pensiero. Già con il sum porto con me la
contingenza…Il cogito invece è pensiero, che tenta di rendersi
immortale, di sottrarsi all’immanenza.
Correzione husserliana di Cartesio: Husserl evidenzia come la finitezza
del soggetto che pensa sia già inclusa nel cogito. La filosofia
husserliana mette in evidenza che c’è una genesi storica del
cogito. L’Husserl che legge Cartesio insiste sul fatto che
qualunque atto ha una genesi, e a questo serve
l’epoché: a mostrare una genesi mentre la guardi.
Tarschstellung: indicare qualcosa nel suo mostrarsi, nel suo darsi a vedere. (Vorstellung è rappresentazione, Tarschstellung è il contrario). Termine tecnico anche in Wittgeinstein. Pongo attenzione al fatto che penso mentre penso. Sposto l’attenzione sul fatto che penso.
In Merleau-Ponty c’è la ripresa del tema del paradosso della formazione, ma non tanto dell’epoché. Lui tende a includere Merleau-Ponty tra i fenomenologi, perché ci sta dicendo in tutta la sua opera che epistemologia e ontologia si intersecano.
Se c’è una teoria pura scientifica, questa è staccata dalla
contingenza dei soggetti che la producono. Quando si costruisce
una teoria falsificabile, una teoria con i caratteri di cui parla Popper
nel ’34, costruisco un oggetto che ha delle proprietà per cui il
suo valere è indipendente dai soggetti che la producono.
Per Galileo addirittura tutto il discorso
scientifico viene posto come contro-intuitivo.
La teoria a sua volta dipende da una semplificazione estrema del mondo,
con un modello.
Tutto vero per i fenomenologi, ma non basta. Devo mettere in gioco
anche il fatto che gli atti di pensiero vengono effettivamente pensati
da qualcuno. Non si può negare l’a-storicità dei contenuti del sapere
scientifico. Ma la genesi di questi contenuti va pensata. La
considerazione di questa genesi non può essere una mera
storicizzazione.
Ernst Mach è il primo ad arrivare a questo risultato, a mostrare che c’è
un nesso, per esempio tra Conoscenza e interesse. Husserl è un
interlocutore fondamentale per Mach. Husserl vuole mostrare come questa
genesi possa venire mostrata, analizzata fenomenologicamente, mantenendo
una sfera pura all’interno della quale la storicità stessa viene
mostrata come condizione di possibilità del pensiero.
Se io dico storia, il fatto che essa esista è un dato
empirico. Questo è un dato di fatto
irrilevante in termini filosofici. Non possiamo lavorare teoreticamente
su un dato di fatto, se vogliamo costruire una teoria
trascendentale.
Il tema della storia entra all’interno del neokantismo (teoria dominante
ai tempi). Lo storicismo per Husserl è una variante dello
psicologismo.
L’incipit della Fenomenologia husserliana è contro lo psicologismo. La Filosofia dell’aritmetica va in questa direzione. Frege dirà che in realtà Husserl sia uno psicologista, pensa di liberarsi da questa storia dello psicologismo ma non ci riesce. Oggi chi non si occupa in modo specialistico di Husserl, afferma che lui di fatto sia uno psicologista.
Lakantosh Kuhn
Il problema dirimente è che la filosofia della scienza si occupa del
formale nel pensiero scientifico.
Ma Husserl afferma sempre di non essere psicologista,
in quanto fenomenologia è descrizione della formalità degli atti.
La scelta husserliana è una scelta fondativa. Ma
il soggetto che pensa il pensiero:
Per Husserl (e anche Merleau-Ponty) non si tratta di dire che la
genesi del pensiero comporta una storicizzazione degli atti del
pensiero. Dedurre l’ideale dal fattuale, dire che la storia si
riduce al fatto, è un errore. Bisogna ricostruire in
modo trascendentale la sfera logica in cui si pensano gli atti
genetici. Ecco che l’epoché ci fa entrare nell’area
dove si muove il soggetto trascendentale, un soggetto
che non esiste nella realtà. Se siamo coerenti con il gesto dell’epoché,
anche il soggetto trascendentale deve dar conto della sua genesi; dunque
Husserl arriverà a dire che soggetto trascendentale e soggetto reale
sono lo stesso.
Nel discorso husserliano dire corpo significa anche dire
intersoggettività e storia. Ma Husserl non parte dal
corpo nella teoria genetica del pensiero.
Il corpo viene messo alla fine del soggetto
tradizionale, che comporta la Zelfzetsung,
auto-posizionarsi del soggetto trascendentale, il soggetto del pensiero
filosofico, l’autore che non ha nulla a che vedere con la massa dei
corpi, e poi a partire da qui si recupera la corporeità.
Il discorso sulla storicità è un discorso che Husserl pone dopo che
si chiarisce nel suo sistema che prima del tempo storico c’è la
temporalità; la temporalità è l’orizzonte di ogni esperienza
possibile, e quella di enti matematici, e a maggior ragione l’esperienza
storica.
Il primo passo è constatare che gli atti percettivi sono
innervati dotati di una qualche idealità.
Ding un Raum, cosa e spazio, corso di Husserl 1905
Tempo è uno dei temi fondamentali del discorso husserliano.
I testi più letti di Husserl sono quelli che hanno come tema il tempo.
Heidegger prende una parte di questi corsi e li pubblica nel 1928,
l’anno dopo della pubblicazione di Essere e Tempo.
L’atto percettivo è infatti strutturato nel
tempo, c’è un decorso percettivo all’interno del quale
si fonda l’oggettività dell’oggetto conosciuto. Questo non significa
cancellare l’evidenza. Se io faccio l’epoché, io non cancello
l’evidenza, ma la sospendo.
L’epoché è uno smontaggio dell’evidenza: la rompi per vedere come è fatta. Se vedo dentro all’evidenza vedo che non c’è niente di immediato. Ma non c’è niente dietro l’evidenza. L’evidenza è il telos di ogni atto cognitivo.
L’esperienza è l’esperienza della verità, dice Husserl, perché mi si
dà in modo evidente. Questo flusso percettivo ha una legalità
interna.
Per Husserl si dà evidenza ogni volta con cui ci incontriamo con un
oggetto nella sua datità immediata; ma non sempre incontriamo
oggetti in una datità immediata. Dobbiamo ricostruire
un’esperienza che ci spieghi perché l’evidenza è evidente.
Se una cosa non è evidente, vedo che non è evidente. Se vedo che non è
evidente, vedo con evidenza che non è evidente. Perchè? Perchè il modo
in cui l’oggetto mi si dà, io riconosco immediatamente la
legalità interna del darsi in generale di quel tipo di
oggetto con cui ho a che fare in questo preciso momento.
Abschattung, cioè schiasma (ombra, adombramento).
La nozione di adombramento è centrale. Se io vedo l’oggetto in maniera
tale che non sia completamente visibile. tipicamente gli oggetti
non si danno mai nella loro evidenza piena: mi si danno, dice
Husserl, per adombramenti. Ma io so che c’è un altro
lato, qualcos’altro, e non già per un’esperienza pregressa, ma perché
quella forma lì in particolare evoca un lato posteriore (ad esempio del
computer).
Vedo in modo evidente che l’oggetto che mi si presenta non mi si dà in
maniera evidente.
Economia di pensiero di Mach: perché pensiamo questo e non quell’altro? Per semplificarci la vita, ridurre la complessità del mondo.
Per Husserl, il fatto che non veda tutto il mondo non è un
problema: quando manca un pezzo, io so che questo è legato alle
proprietà dell’oggetto. Ecco l’elemento
ontologico. L’elemento tipico (gli oggetti si danno per
tipi), è in grado di esprimere completamente le proprietà del
tipo. C’è un elemento eidetico per Husserl nel processo conoscitivo. Nel
decorso stesso dell’esperienza, riconosco il prima e il dopo.
Il prima e il dopo è l’elemento fondante di ogni esperienza possibile.
Ogni esperienza possibile è determinata dal darsi degli oggetti in un
prima e in un dopo. Il tempo è ciò che rende possibile il darsi
dell’oggetto in quanto tale, il darsi in generale di qualunque
oggetto possibile. Ecco che il tempo assume una valenza
fondativa.
Dire che il tempo è fondamento però significa dire che non c’è
un fondamento nel senso classico del termine.
Anche quando mi muovo nel mondo del ricordo, i miei sensi non mi ingannano. Ma i sensi appartengono sempre al soggetto trascendentale. Nel mondo della fantasia godi di libertà maggiore che nel mondo reale, ma i sensi funzionano sempre allo stesso modo. Secondo Husserl, un’unità interna esiste per tutti i mondi possibili, sia in un mondo percettivo che in un mondo modalizzato.
Lo sapevi che… esiste un master in Creazione di scenari futuri? Buono a sapersi
Domanda: come è possibile in questo scenario l’errore?
Per Husserl l’errore è una variante interna del flusso dell’esperienza.
Cioè che pensi male o percepisci male, compiendo un errore, stai facendo
un’esperienza dotata di una sua plausibilità. La credenza non vera avrà
la stessa forma logica, la stessa struttura, delle credenze vere.
Domanda: è compatibile questa epistemologia con una ontologia
diversa?
Wils-Swangler??? inaugura la psichiatria fenomenologica, prendendo un
po’ Husserl e un po’ da Heidegger.
Una psichiatria umanistica, in cui il malato non è diverso da
noi, ma sta in altri mondi. Vede altri mondi. Si sta dicendo
che “i matti non sono matti”, ma sono persone che vedono cose che noi
non vediamo. Non è che non esiste quello che il malato sente,
perché lui lo sente e lo vede effettivamente. Il discorso di
Wils-Swangler porta una rivoluzione nella psichiatria e nella filosofia,
con un approccio fenomenologico. È importante riconoscere la
self-consistency, la coerenza interna del delirio. C’è
un senso nel delirio, c’è una coerenza,
un’organizzazione del tempo.
Perchè ha nominato Wils-Swangler? Crede che questo sia un buon modo per
rendere produttiva l’importanza della fenomenologia sull’importanza
dell’apparato epistemologico. Le possibilità di
modalizzazione sono infinite: questo non significa sposare il
lato ontologico. Gli oggetti che vede lo schizofrenico non esistono, ma
bisogna capire bene la portata di questo concetto.
Se io deduco dal fatto che qualcuno vede qualcosa che io non vedo che lui è inferiore a me, commetto un errore: è un altro sistema di credenze, basato su una legalità interna del processo epistemologico che coinvolge tutti gli esseri umani allo stesso modo. Una superstizione, per esempio, è una possibile modalizzazione dell’esperienza. Questo non significa relativizzare i sistemi di credenza, ma riconoscere la loro specificità. Ogni ontologia è organizzata secondo gli stessi termini, anche se erronea. Esiste un’ontologia cannibale e la dobbiamo riconoscere, per esempio. Gli spiriti, anche se non esistono, hanno degli effetti, es. spirito arrabbiato -> malattia. Questo non rende però veri gli spiriti. Riconosco la coerenza interna come un sistema di credenza che ha lui stesso una coerenza interna. Questo ci impedisce di dare giudizi di valore.
Noi siamo legati nella nostra filosofia occidentale ad un’ontologia che non è storica nè contingente: ci sono buone ragione per credere “scientificamente” che gli spiriti non esistono.
Domanda: cos’è legge per Husserl? Elemento formale riscontrabile nel decorso dell’esperienza. L’atto percettivo attuale è il momento di un atto percettivo che lo contiene. Cos’è il tempo? Il tempo dell’esperienza. C’è un momento originario? Nel 1905 lo pensa, ma poi teorizza la ritenzione e protenzione, per cui un momento è costituito anche da un momento immediatamente precedente e un momento immediatamente successivo.
Il presente è composto, non c’è una ur-impressione, un momento originario (almeno nell’analisi fenomenologica).
Domanda: inserirebbe Preciado nella questione psicofarmaco come camicia di forza e intossicarsi? (prima si è parlato brevemente di psicofarmaci, non l’ho scritto).
Forse no, l’obiettivo di Preciado è più politico e si perde il rigore filosofico. In politica non ci si può perdere in sottigliezze metafisiche. Il discorso che fa Preciado sugli psicofarmaci tocca direttamente la questione di chi vuole cambiare sesso…
Preciado è studioso importante di questioni di genere, un nome importante nel dibattito contemporaneo. Sade dà un grande peso politico al coito anale, Preciado scrive un saggio che si chiama Terrore Anale dove riprende Sade; ha dato un contributo a tutto ciò che riguarda le questioni di genere.
La condanna della violenza non si giustifica filosoficamente. Predilige la teoria dei sentimenti morali di Adam Smith rispetto alla Critica di Ragion Pratica di Kant. La condanna della violenza per dirla con Nietzsche, una questione di gusto. Se dovesse condannare la violenza dovrebbe aggiungere dei presupposti ragionevoli ma non razionalizzabili fino in fondo.
Mourdieu appartiene alla scuola sociologica
francese, ha scritto in generale della questione del
potere.
Ha scritto Il dominio maschile, un libro in cui sviluppa la
nozione di violenza simbolica come espressione del
dominio maschile.
Il problema è il dominio: secondo lui scindere dominio
maschile, guerra, alimentazione carnea, e credenze religiose non ha
senso. Oggi questi 4 elementi risultano essere invarianti
antropologiche.
Ontologicamente esistono gli individui prima dell’istituzione, e
l’intenzionalità degli individui è inmportante.
Kolnotai, femminista rivoluzionaria con Lenin… la rivoluzione sarà incompleta fino a quando non si eliminerà il dominio maschile. Brodieu ha scritto cose importanti rispetto ad una ridefinizione del concetto di classe.
Lavoro di ….: Storia economica dell’impero romano.
“Alla base di ogni ontologia c’è un’antropologia” -
Husserl
Come leggeremo, Merleau-Ponty, in accordo con Husserl, afferma che
il trascendentale e l’empirico si intrecciano: il trascendentale
è un empirico che si modifica. I filosofi hanno separato il
trascendentale e l’empirico per autofondare il proprio pensiero, per
auto-istituirsi.
L’epoché mette in discussione il senso comune e le scienze. La classificazioni delle quattro invarianti è un esempio di epoché. Soltanto epochizzando le scienze umane riesco a comprendere appieno una continuità tra quei quattro elementi.
Visibile e invisibile, ultimo corso di Merleau-Ponty, coevo a quello sulla passività.
Oggi parliamo dell’intenzionalità.
È il gesto che permea tutta la fenomenologia husserliana, ma
dopo l’epoché. Con essa deduciamo che non esistono più
soggetto e oggetto. Le nozioni di soggetto e oggetto non sono le stesse,
cioè che troviamo nella tradizione precedente. Per Husserl
soggetto e oggetto sono separati solo dalla intenzionalità. La
relazione intenzionale tra soggetto e oggetto funziona come esperienza
principale.
Soggetto e oggetto in generale sono ciò che sono perché sono uniti
dall’esperienza intenzionale. Sono i due poli dell’intenzionalità. Non
c’è uno che viene prima e uno che viene dopo.
Enzo Pace, un altro studioso di Husserl che mette il naso nei suoi manoscritti. Finora siamo arrivati a 43 volumi + 8 supplementi dell’enciclopedia husserliana
Per Merleau-Ponty questo uso che fa Husserl del soggetto-oggetto è
poco radicale. Husserl parla di costituzione della
soggettività: Merleau-Ponty propone di leggerlo parlando di
istituzione; ma questo è un gesto di ortodossia
husserliana.
Quando io percepisco il mondo sono l’oggetto che percepisco.
Non ho un’esperienza del percepire successiva alla percezione
stessa.
Husserl prende molto da Brentano, a sua volta studioso di Aristotele. Qual è il rapporto tra noesi e dianoia (conoscenza razionale)? La noesi è intuizione? Pare di sì, si ha a che fare con il coglimento di un oggetto in quanto unità di oggetto. Ma se è un elemento tetico è extra-riflessivo.ìNon sto esprimendo un giudizio, ma intuisco l’oggetto.
La soluzione husserliana è da considerarsi la più radicale: se c’è un oggetto c’è un soggetto e viceversa, e questi due elementi si auto-costituiscono in maniera reciproca. Qualunque atto percettivo si dà mostrando da sè la legalità che ne permette l’identificazione. Rispetto alla conoscenza dell’oggetto c’è anche la mia percezione di soggetto come soggetto conoscente.
Levinas, Sartre, Merleau-Ponty si occupano di queste cose.
Husserl insiste sulla sparizione di soggetto e oggetto come elementi distinti. Noi oggi possiamo dire che non esiste il soggetto, ma diverse posizioni percettive. Qualunque soggetto percipiente è un’istanziazione, Vereinzelung(-Ver indica valore transitivo, -einz- rimanda all’uno) del fenomeno percettivo.
Merleau-Ponty lavora principalmente su due testi di Husserl - lo vediamo in Idee 2:
Concentriamoci ora sulla sparizione del soggetto
tradizionalmente inteso. Il soggetto è una
istituzione. Non c’è il soggetto, c’è il rapporto intenzionale.
Per lungo tempo, quando il libro più letto di Husserl era Idee
1, si dava una lettura soggettivistica della fenomenologia. Fino
agli ’90 e forse ancora oggi la percezione di Husserl è quella di
soggettivismo idealistico. Ma le cose non stanno così.
Per Husserl non c’è invece un soggetto, ma un polo soggettivo
all’interno della relazione intenzionale.
Per i protestanti l’Eucaristia non implica la transustanziazione.
La sparizione del soggetto permette di costruire una critica della soggettività molto produttiva, anche prescindendo da Husserl.
In Lumann non c’è la nozione di soggetto, perché noi siamo il prodotto di interpretazioni diverse di strati. Ma dire che io sono i miei circuiti neurali potrebbe essere un discorso privo di senso.
Il soggetto sparisce come elemento sostanziale all’infuori del mondo, ma non si può eliminare il suo funzionamento. Io devo sempre rendere conto di quello che il soggetto compie quando fa qualcosa.
La teoria critica in questo senso risulta problematica: se io critico
le ideologie e le devo smascherare, devo pensare di poter essere esterno
alle ideologie, che hanno lo statuto di discorso falso, e quindi
attraverso una critica costruisco un discorso vero.
Da una prospettiva fenomenologica, questo è impensabile. Ogni visione
vera sul mondo presuppone un posizionamento del soggetto: come dice
Nietzsche, è una questione di gusto.
In una prospettiva fenomenologica, a partire da argomenti ragionevoli (e
non razionali), noi possiamo far scattare una teoria critica dei sistemi
; ma consapevoli che il nostro posizionamento è legato al
carattere contingente di quel nostro disgusto, di quella nostra
posizione. Il “senso della terra” di cui parla Husserl nella
rivoluzione copernicana. Ognuno ha una propria posizione, che è
una posizione tra altre. Questa posizione a suo parere ha una
forte connotazione anti-totalitaria, è un vaccino anti-totalitario.
Il relativismo è impossibile da sostenere. Il mondo è questo, non c’è
n’è un altro; nessuno può chiamarsi fuori dalla cornice ultima che ci
riguarda tutti, quello della ragione. Questo a meno di non cambiare
completamente registro, entrando nella cornice del mito, dove
non porti argomentazioni. Alcuni elementi di
un’argomentazione, come ad esempio la coerenza interna di un
argomento, non sono negoziabili. Se entrambi accettiamo
determinate regole, siamo nella cornice delle regole.
Non si può negare che ci sia la verità ad esempio; non
si può negare che esistano proposizioni vere.
La razionalità umana è una, perché il mondo è uno.
In questo senso il relativismo non può esistere ed è
autocontraddittorio.
Stesso problema della fondazione: la filosofia persegue l’ideale
dell’assenza di presupposti, ma mentre articola il discorso sul
presupposto mostra i propri presupposti. La fenomenologia arriva a dire,
cioè, che soggetto empirico e trascendentale si sovrappongono, perché
esiste il corpo.
Per Husserl c’è a priori storico, un fondamento che non
fonda niente che è il nostro corpo; nel senso che il nostro corpo è il
risultato di una storia evolutiva.
Il soggetto fenomenologico è il soggetto trascendentale, un
idea-limite, un soggetto che epochizza, che mette tra parentesi
l’ingenuità che caratterizza la nostra conoscenza. Interrompi il flusso
dell’esperienza, introduci uno scarto che permette uno spostamento dello
sguardo. Vedi le stesse cose di prima nella loro connessione; quindi
vedi il tempo che connette tutto; quindi vedi che l’elemento che è
autore della conoscenza è all’interno del flusso temporale,
tutto sta nel tempo. L’orizzonte del tempo è l’unico
orizzonte possibile. Questo ha una valenza
trascendentale e non è solo una nota empirica.
Dentro la temporalità troviamo anche il darsi del formale, del logico.
Per Husserl le forme sussistono nella dimensione temporale che è la
onnitemporalità, che cioè valgono per tutti, sempre,
indipendentemente dal fatto che vengono pensati da qualcono.
Se le cose stanno così, anche il soggetto trascendentale è dentro la temporalità, ma prescinde dal fatto che ad occupare quella posizione sia io. Il soggetto trascendentale è chiamato a descrivere l’esperienza nella sua forma pura.
Fichte potrebbe essere un antecedente di Husserl rispetto alla sovrapposizione critica tra soggetto empirico e trascendentale. Gli interessava però più Hume, c’era un interessamento in Austria per la tradizione dell’empirismo inglese, e Brentano, maestro di Husserl, è rappresentativo di questa tendenza. Il kantismo era in Austria politicamente pericoloso, come filosofo ti occupavi o di scienza o di questioni teologiche. Husserl è quindi erede di una tradizione fortemente segnata dall’empirismo – Mach è molto importante per lui.
Il soggetto trascendentale ricostruisce la genesi dell’esperienza, anche dell’esperienza matematica. Vede quindi che c’è tempo, che il tempo è articolato in parti. Il presente è presente vivente, un organismo multiforme. Il tempo non è una successione di istanti, ma una rete di protenzioni… È l’orizzonte di ogni esperienza possibile, la rete che unifica le singole datità. Queste spariscono come datità e diventano parti della temporalità. Questo comporta anche la sparizione dell’oggetto: non c’è il dato, ma il darsi, che dentro la catena temporale si mostra in un certo modo a qualcuno. C’è un’unica temporalità: la temporalità dell’esperienza.
I lati pre-ordinano ciò che vedrò di quell’oggetto. Nell’esperienza c’è un intreccio costante tra polo soggettivo e polo oggettivo. Ci sono stili percettivi. Ti abitui a percepire il mondo in un certo modo.
Se il soggetto trascendentale scopre la fuggenza della temporalità originaria (oltre il tempo non c’è niente) - questa è un’operazione di visualizzazione, cioè ci permette di vedere meglio. Husserl si ritrae da certe cose che vede, lui li espone nei suoi testi, ma ha una paura filosofica delle cose che vedeva Comunque, dopo la fuggenza, scopriamo che anche il soggetto trascendentale deve dare conto della sua genesi: in questo processo di ricostruzione genetica si riscoprirà la storia, che in questa prospettiva è il frutto di una ricostruzione trascendentale. In’ottica fenomenologica non posso nemmeno presupporre la storia.
Per questo Husserl afferma che c’è un’antropologia apriorica, che dietro ogni ontologia c’è una antropologia, cioè le strutture trascendentali che caratterizzano gli umani.
Persino l’epoché è una forma di mediazione.
Ora esce un numero di Aut Aut sull’antispecismo. Sottrarsi al consumo di carne, come dice Sloterdjik è una antropotecnica, uno sforzo ascetico.
Perchè forse non è corretto dire che c’è Storia, ma Genesi?
Se secondo Husserl è vero che l’orizzonte dell’esperienza è la
temporalità, il decorso temporale lascia tracce che si
sedimentano. Ricostruire la genesi significa ritrovare le
diverse tracce che si sono sedimentate, comprese quelle di cui non
abbiamo conoscenza diretta. Come differisce questo dal mestiere dello
storico, che spiega le cause di quello che succede? Si tratta di
mostrare per ragioni trascendentali e non empiriche che le cose stanno
così.
Cioè, se c’è un passato, ciò non dipende cioè dal fatto che noi abbiamo
un passato; è un elemento strutturale della realtà originaria. Tempo è
sedimentazione del passato nel presente, intersezione di passato
presente e futuro, e questo vale per chiunque
pensi.
Eterno ritorno di Nietzsche. La tua esistenza è una delle tante variazioni all’interno di un ciclo di ripetizioni. Nietzsche vuole indicare un cammino di liberazione dalla fissità della nostra condizione. Fissità perniciosa in quanto produce ideologie, attaccamento, violenza. Le forme di attaccamento, di fissazione identitaria, sono riduzione della complessità problematiche. Qualcosa di pericoloso nei termini di apertura di possibilità. Si perde in fluidità ed elasticità. Analogia con Nietzsche per mostrare che siamo di fronte a prospettive filosofiche che comportano la pratica di un esercizio. Non stiamo parlando di esperienze religiose.
Il luogo del mutamento è il nostro atteggiamento (=
Einstellung). Il mondo resta tale e quale ma ne vedo
l’impermanenza e la complessità. Nel linguaggio buddhista dire
che tutto è vuoto, che nulla ha una natura propria, che tutto si
connette con tutto. Che tutto si connette con tutto lo dice anche
Husserl. La filosofia di Husserl è quella che più si presta, tra le
filosofie novecentesche, a essere messa in relazione con le filosofie
orientali.
Il relativismo non ha senso nemmeno confutarlo perché
è una posizione insostenibile. Nel relativismo
non hai una posizione; significa negarsi la
posizionalità. Guardare dal di fuori e comparare non dà conto
della propria posizione. Solo se pensi di non avere nessuna
posizione puoi guardare tutte le posizioni dal di fuori.
Ma questo non si può fare. Tra le condizioni di possibilità
dell’esperienza c’è che il fatto che l’esperienza è sempre
situata. Non c’è esperienza possibile che non sia situata.
Tutte le esperienze possibili sono possibilizzazioni di un
posizionamento dato dal qui e ora.
Il posizionamento è inevitabile. Presupporre niente
è impossibile, presupporrò sempre il cominciamento, ossia il fatto che
adesso sto incominciando. Per dare conto di questa dinamica - di questa
circolarità che c’è tra la concretezza del posizionamento e il fatto che
il soggetto trascendentale sia un soggetto che guarda i propri
posizionamenti (pur non uscendo dal proprio posizionamento) - Husserl
parla di epoché.
Epoché è l’esercizio che mi consente di acquistare dimestichezza
con questa circolarità. Una volta che mi scopro soggetto
trascendentale (= soggetto che guarda l’esperienza ricostruendone la
genesi), devo anche fare un’operazione auto-riflessiva, quindi
ricostruire la genesi del soggetto trascendentale stesso. Questo non
annulla il mio posizionamento di soggetto trascendentale.
Ecco perché non c’è relativismo. Il soggetto
trascendentale è un soggetto universale. Il discorso che fa il
relativista: io mi scopro soggetto trascendentale, che è legato
all’empiria dei miei specifici processi di soggettivazione; cioè, la
posizione filosofica si trova radicata in una storicità. Husserl insiste
sul fatto che il soggetto trascendentale si mantiene comunque come tale:
una volta che se ne mostra la genesi empirica, non è che il soggetto
trascendentale sparisca. Dobbiamo continuare a “parlare di fronte al
tribunale della ragione” e argomentare in modo tale che il
nostro argomento sia universalizzabile.
Quando si fa metafisica non si può essere relativisti. Si sta parlando
di qualcosa che riguarda il pensato/ pensabile in quanto tale,
quindi di qualcosa che non riguarda una posizione storica
determinata.
Epoché per Husserl significa dischiudere il campo universale
del soggetto trascendentale. Il discorso fenomenologico, in quanto
discorso trascendentale, indaga la legalità di ogni apparire per ogni
soggetto. Questa sospensione non modifica lo stato delle cose, si tratta
piuttosto di qualcosa che modifica l’atteggiamento rispetto all’analisi
dello stato delle cose. Fare epoché = fare un’analisi
fenomenologica.
La legalità è ciò che si vede operando trascendentalmente, quindi
operando da fenomenologi che descrivono l’esperienza pura, quindi
l’esperienza di ogni soggetto possibile. Che ci sia un prima e un dopo,
che il presente sia un intero formato da parti non indipendenti
(ritensioni e protensioni), è qualcosa che fa parte di ogni possibile
descrizione dell’esperienza. Allo stesso modo, che la datità di un
oggetto sia tale per cui questa presuppone un soggetto a cui l’oggetto è
dato, non è qualcosa che si inventa Husserl ma è la legalità interna del
fenomeno. Dire fenomeno significa dire che c’è qualcosa che appare a
qualcuno. Se così non fosse l’apparire sarebbe privo di senso.
Legalità è un termine che indica qualcosa a cui non si può opporre, una cogenza. Per Husserl c’è una cogenza dell’apparire. La fenomenicità del fenomeno non ce la inventiamo noi, la vediamo in quanto fenomenologi. Per Husserl legalità è sinonimo di formale, e formale è sinonimo di logica dell’intero e delle parti. Se c’è un fenomeno, questo è un intero, che ha delle parti, una di queste è il soggetto. Il soggetto è parte non indipendente della fenomenicità. Questo viene radicalizzato da Merleau-Ponty. Se dico soggetto, non sto parlando di un individuo x che guarda il mondo. Non è che ragionare in questi termini sia sbagliato; normalmente la viviamo così. Ci sembra naturale vedere le cose così, ma se sei fenomenologo trasformi questa esperienza, nel senso che la vedi in un altro modo: vedi che non ci sei, e che a sua volta l’oggetto non c’è, ma esistesolo la relazione tra soggetto e oggetto. Da fenomenologo vedi la relazione, che ha una sua legalità, essendo fatta di un intero e di parti (polo oggettivo e polo soggettivo non sono indipendenti tra loro!). È un fatto trascendentale per Husserl il fatto che ci sia un radicamento corporeo del polo soggettivo. Prima di arrivare al testo sull’istituzione di Merleau-Ponty, leggeremo dei passi da un saggio contenuto nella raccolta Segni e da Il visibile e l’invisibile. Ma prima, ancora alcune nozione di base sulla fenomenologia.
Husserl, interrogandosi sul modo in cui si costituisce il
tempo dell’esperienza, introduce la nozione di sintesi
passiva. Ha una valenza aporetica: tradizionalmente se c’è la
sintesi non c’è la passività, e viceversa. Invece per Husserl c’è una
sintesi passiva, nel senso che ogni attività contiene un
elemento di passività e ogni passività contiene un elemento di
attività. Questa nozione viene
costruita per rendere conto di quella legalità implicita
dell’apparire che noi non vediamo. A Husserl interessa la
dimensione ante-predicativa, precategoriale, che
accompagna sempre la nostra esperienza del mondo. La nostra
esperienza del mondo è un’esperienza tecnica, cioè ci sono degli
atti posizionali, che però non vengono posti da un soggetto
trasparente a se stesso mentre percepisce. Tipicamente non prestiamo
attenzione a tutti gli strati dell’esperienza presente.
Il presente è fatto di strati e alcuni di questi strati si
trovano in una sfera
precategoriale/ante-predicativa/predianoetica. Questa sfera è
però compresente agli atti coscienti. Ci sono una serie di movimenti
totalmente irriflessi (respirare, camminare ecc.) e poi ce ne sono altri
che lo sono meno.
Il presente è stratificato. Le descrizioni
fenomenologiche sono descrizioni di questi strati e del modo in cui si
intrecciano. Questi strati non sono mai disposti in maniera
gerarchica. La gerarchia è provvisoria: la
componente ante-predicativa negozia continuamente con la componente
cosciente e preme per emergere. Ecco perché Husserl parla di sintesi
passive: c’è un elemento della passività, quindi del precategoriale, che
comunque ha una sua valenza sintetica (= permette il venire a un senso
dell’esperienza).
Esempio: cammino per strada, devo girare l’angolo; prima girare l’angolo
mi aspetto che troverò ancora la strada. Mi aspetto che il mondo
continui a darsi con quello stile percettivo con il quale mi sono
abituato a costruire la mia esperienza. Si sono sedimentato in me
stili percettivi, abitualità, che mi rendono possibile
una costante presa sul mondo anche nella sfera della non riflessione,
quella precategoriale. Questa sfera precategoriale sostiene la
coerenza interna dell’esperienza.
Tornando all’esempio precedente: giro l’angolo e mi aspetto che
la strada continui, ma non formulo questo pensiero Questo mio
pensiero è implicito nel mio camminare. Implicito nel mio atto di
camminare c’è l’aspettativa che girato l’angolo troverò ancora il
marciapiede. Per Husserl l’esperienza è un continuo intreccio di
sintesi attive (atti posizionali che possono arrivare
alla formulazione di un giudizio, oppure semplicemente prestare
attenzione a ciò che vedi) e sintesi passive. Gli atti
posizionali hanno la loro forma paradigmatica nell’atto percettivo, e da
lì si può passare all’atto del giudizio. Questi sono solo alcuni dei
tanti strati che ha il mondo fenomenico, che ha la nostra esperienza di
soggetti immersi in un mondo di oggetti. Fissare l’attenzione
sulla percezione è importante.
C’è un testo husserliano che raccoglie testi che usciranno postumi,
che si intitola Esperienze e giudizio.
Qui il tema della passività viene radicalizzato. Husserl descrive tutti
gli strati. È come se volesse sminuzzare il decorso
esperienziale per descrivere gli strati e vedere come si
intrecciano. Gli strati non si intrecciano a caso:
legalità del reale. Se dico sintesi
passiva dico che c’è un decorso percettivo
regolare, fatto di aspettative basate su esperienze
pregresse. La sintesi passiva è attiva perché nel produrre
abitualità, stili percettivi, aspettative, opera dentro la percezione
individuale indicando (un numero finito di) direzioni possibili.
Alla domanda “perché c’è il mondo?” un fenomenologo risponderebbe
“perché c’è il mondo”. Oltre il mondo non c’è niente: sowiel schein
sowiel sein. Con l’epoché smettiamo di interrogarci su
un’origine extra mondana.
Assunti metafisici sono ingiustificati in sede
fenomenologica. Non c’è evidenza dell’esistenza di Dio. Sintesi
attive e sintesi passive si intrecciano modificandosi a vicenda (fino a
un certo punto: la sintesi passiva, che permette di
rendere abituale la mia posizione soggettiva non è tanto
modificabile). La passività che sorregge il mio
costituirmi come soggetto non è tanto modificabile, così come
non è tanto modificabile l’esperienza del mondo. Husserl tenta di
mettere assieme la coerenza interna dell’esperienza (la legalità) con
gli elementi imprevedibili che l’esperienza propone. Esperienza è
qualcosa che ha un decorso temporale, all’interno del quale c’è sempre
un novum (possono succedere cose inaspettate). Esperienza piena
di elementi nuovi ma questa novità è inquadrabile dentro il decorso
esperienziale pregresso. La novità non può essere assoluta. A un livello
psicologico si può parlare della dissonanza cognitiva.
Pandemia. La politica non ha a che fare con vero e falso; è un sistema distinto da quello della scienza. Ciò che è dato potrebbe essere altrimenti, si mostra con l’orizzonte delle sue possibili altre manifestazioni. Analizzando la passività, quindi il precategoriale, tutto questo è più coglibile. Precategoriale è l’elemento passivo dell’esperienza; è dentro l’esperienza ma non ne abbiamo coscienza attiva. L’elemento passivo è la promessa del futuro, proprio perché è sedimentazione di un passato. Un oggetto che mi si dà qui ed ora potrebbe essere altrimenti, ma quel potrebbe essere altrimenti è predelineato a livello di passività, nel senso che io non so come potrebbe essere. Discorso della sintesi passiva mostra la centralità della nozione di sedimentazione. Il passato - il mio e quello delle generazioni precedenti - si sedimenta. Io sono il prodotto delle mie e delle altrui sedimentazioni. Per Husserl non c’è storia, c’è sedimentazione. La sedimentazione spiega fenomenologicamente perché poi, a un altro livello, possiamo dire che c’è storia, cioè i fatti storici. Il passato si sedimenta e opera nel presente.
Derrida: secondo Leghissa è un fenomenologo. Derrida pone
l’enfasi sulla traccia. A monte di questa nozione c’è
la teoria husserliana sedimentazione. Il fatto che qualcosa si sedimenti
vuol dire che qualcosa di irriflessivo, di non
cosciente, opererà all’interno del mio decorso percettivo.
Questo è ciò che mi costituisce come essere storico. Io non ho scelto la
lingua madre, ma me la ritrovo pronta quando nasco. Quella lingua si
sedimenta in noi così come prima si è sedimentata in una comunità di
parlanti. Lo stesso discorso si può fare con usi e costumi, quindi con
la cultura, che è il prodotto differenziale (?) di serie di
sedimentazioni.
Il discorso sulle sedimentazioni è pienamente novecentesco (nel senso di
post-nietzschiano). Non c’è un’origine delle sedimentazioni. Nel
discorso sulla Sedimentierung, Husserl non si pone
nemmeno la questione dell’origine della sedimentazione poiché si tratta
di una domanda fenomenologicamente priva di senso. Piuttosto si
tratta di mostrare come operano le sedimentazioni.
Del sogno non ho nessuna esperienza. Però nella mia vita presente
il sogno lascia in qualche modo dei sedimenti, delle
tracce. Husserl dice l’inconscio in
filosofia non ha senso, però quando parla dei sedimenti afferma
che la sua nozione di Sedimentierung corrisponde
all’inconscio. La sedimentazione è qualcosa di cui non abbiamo
coscienza, perché si tratta di qualcosa che lavora a livello di
passività e a livello di sintesi storiche pregresse.
Siamo immersi in un decorso temporale, che si cristallizza in
momenti di fissità che permettono l’attività tetica,
che fissa l’oggettualità (es. l’oggettualità del nostro corpo, del
nostro io). Le abitualità che ci costituiscono ci danno buone
ragioni per credere che io sono oggi quello che ero ieri e che sarò
domani quello che sono oggi. Noi non percepiamo la durata
temporale; ci percepiamo in un eterno presente.
Pensiamo di essere gli stessi che eravamo ieri. Mi accorgo che è passato
del tempo (mi guardo allo specchio e noto invecchiamento) ma non
percepisco l’essere passato del tempo. Carattere fungente della
temporalità. Fungente: il tempo è lì anche se
non gli presto attenzione.
Non ha senso dire che “c’è il tempo”; il tempo è
l’orizzonte che rende possibile il manifestarsi di qualunque
cosa. Noi abbiamo a che fare con questo manifestarsi, non con gli
oggetti che ci sono, che fissiamo in un catalogo che è interno alla
nostra esperienza soggettiva. Non abbiamo conoscenza diretta del mondo
quando pensiamo. Siamo immersi nell’esperienza e il mondo si dà a noi
nel suo darsi.
L’elemento che permette al darsi del mondo di essere conosciuto
non è il mondo, la conoscenza del mondo sta nei giudizi che diamo sul
mondo. I giudizi non sono nel mondo. La conoscenza è un sistema
chiuso, così come lo è l’esperienza (nel nostro decorso percettivo noi
siamo dentro e non fuori). Le sintesi passive sono un sistema
chiuso: operano per conto loro, noi non ne abbiamo coscienza ma
rendono possibile la coerenza interna del decorso percettivo, in modo
tale che si formino abitualità.
Taddio immagina una qualche autonomia
dell’ontologico. Leghissa: qualunque costruzione di ontologie è
una costruzione: questo non significa che il mondo dipende da
noi che lo costruiamo, ma che la nostra conoscenza del mondo dipende da
un soggetto che lo conosce. Le categorie dell’ontologia sono decise in
sede epistemologica: sottolineando questo aspetto avrò la possibilità di
costruire una teoria critica della conoscenza che mostri la valenza
politica degli atti conoscitivi.
Perché è bene conoscere? Perché è bene vivere in una società giusta?
Non ci sono ragioni definitive. Non ci sono ragioni ultime.
Posso portare degli argomenti. C’è un’evidenza di ogni posizionamento
che non sfugge all’argomentabilità. Da qui il conflitto
politico.
Per mostrare che ogni posizione teorica (comprese quelle metafisiche) ha
una qualche relazione con i posizionamenti politici dei soggetti (i
soggetti sono sempre politicamente situati) devo poter disporre
di un’epistemologia in relazione alla quale si comprende il dato
ontologico.
Se c’è sintesi passiva c’è sedimento. Queste due nozioni si
rispecchiano l’una nell’altra: per spiegare come funziona sedimento
abbiamo bisogno di sintesi passiva; se parliamo di sintesi
passiva introduciamo un elemento che comporta il lasciare
tracce. Sedimenti possono essere risvegliati
(Erweckung). Se l’elemento passivo non avesse una componente
sintetica, quindi coglibile dalla coscienza, le sintesi passive non
sarebbero risvegliabili, i sedimenti rimarrebbero lì.
Dal momento che la sintesi passiva presenta questa componente sintetica,
io la posso analizzare. Per Husserl esiste la nozione di
inconscio nel senso di sedimentazione. Questo elemento
inconscio sedimentato deve essere risvegliabile,
riattingibile, riattivabile da una
coscienza che lo descrive.
Qui ci imbattiamo nel tema della storia. La storia è costruibile come oggetto attraverso la scienza storica. Coscienza storica è prodotto storico, si può vivere anche senza la scienza storica. La nascita della scienza storica è l’incipit della modernità: c’è storia → c’è cambiamento → essere moderni > essere medievali. La storia per noi è una costruzione, un oggetto (così come le altre discipline). L’applicazione di categorie storiche (che sono una costruzione) rende percepibili, visibili le differenze tra noi e gli altri. Non in tutti i contesti c’è storia.
Settecento, Cina diventa modello per gli illuministi: si può
governare senza teologia politica. Religioni di Stato atee.
Però la Cina è pur sempre inferiore perché non ha
storia. Ci sono annali ma non opere
storiografiche. La Cina si pone in un eterno presente. Questa
la ricostruzione della Cina nel Settecento. Per un europeo storia >
non storia. La storia comporta progresso e se c’è progresso c’è la
giustificazione teorica del fatto che gli occidentali sono migliori
degli altri, avendo percorso tutti i gradini del progresso. La storia,
il progresso, permettono di dire che questo è il migliore dei
mondi possibili.
La storia è una costruzione, che può esserci o non
esserci. Se ragioniamo da fenomenologi, prima che si dia la
storia (come costruzione di un passato e un presente; come analisi delle
differenze tra epoche, forme di vita, regimi politici ecc.) c’è la
sedimentazione, c’è il sedimentarsi dell’esperienza (non umana
ma) di un soggetto possibile. Husserl parla di una
sfera trascendentale. Ci accorgiamo che il tempo passa;
le cose cambiano: oggi non è come il Medioevo, il Medioevo non era più
come l’età romana, l’età romana non era come il paleolitico ecc. Ma
prima (prima in un senso logico e trascendentale) che io possa dire
questo c’è il sedimentarsi di ciò che avviene nel corso dell’esperienza.
Il sedimentarsi che produce cambiamento.
Husserl non si occupa di storia. A monte di ogni
ontologia c’è un’antropologia a priori. Prima
delle scienze umane, che studiano il particolare, c’è il
sedimentarsi, la sintesi passiva, il passivizzarsi dell’esperienza che
produce sedimenti, cambiamento e continuità.
Continuità: ci sono degli invarianti
antropologici, a monte dei quali c’è quell’invariante
che è la struttura di un soggetto in generale. Il
soggetto trascendentale non cambia con la storia,
altrimenti non sarebbe trascendentale. Si tratta di identificare le
strutture di un soggetto in generale. Chiunque occupi la
posizione di soggetto avrà a che fare con il tempo secondo
Husserl. Temporalità è ciò che guida il trascendentale.
Anche la forma pura del soggetto (che non ha storia, un
sesso, un corpo, ecc.) si muove in un orizzonte
temporale. Nell’analisi del trascendentale è
importante mostrare la molteplicità dei modi di darsi di un
oggetto possibile per un soggetto possibile.
Per Husserl nella sfera trascendentale c’è una molteplicità dei modi di
darsi passibili, una molteplicità di oggetti possibili, per dei soggetti
possibili. Temporalità e non storicità. Che ci sia una
molteplicità dei modi di darsi e degli oggetti possibili è una verità
che resta tale e quale sia che ci siano gli umani sia che non ci siano.
Oggettualità possibile continuerebbe ad esistere anche
se gli umani sparissero dalla terra. Un oggetto possibile è un oggetto
definito. Se dico oggetto possibile definisco i modi possibili
attraverso i quali quell’oggetto si dà, ma quell’oggetto, se è quello e
non un altro, si darà in quei modi possibili che sono inerenti
all’essere fatto in quel modo, all’avere quelle proprietà, ecc.
Non c’è possibilità di ridurre il soggetto trascendentale al
soggetto storico. Però, se faccio la genesi del trascendentale,
scopro la storia. La storia la scopro dopo, cioè una necessità
trascendentale. Questi possibili modi di darsi di oggetti
possibili per soggetti possibili poi di volta in volta si incarnano in
oggetti dati e soggetti dati.
Se io ripercorro la genesi del soggetto trascendentale troverò
la storia, dunque l’intersoggettività, cioè il
fatto che c’è un mondo oggettivo. Il mondo che vedo io lo vede allo
stesso modo anche l’altro. A questa conclusione arrivo a partire dalla
percezione sensibile. A partire dall’incompletezza costitutiva dell’atto
percettivo posso dire es. che i lati del cubo che non vedo sono visti da
altri. Ci mettiamo d’accordo sull’identità del cubo perché
constatiamo che le nostre prospettive sul mondo sono prospettive
convergenti (legalità). Questo è un discorso trascendentale.
Analizzando la forma pura dell’esperienza nostro fenomenologicamente che
è necessaria l’intersoggettività, perché
l’incompletezza di ogni atto percepito richiede, per essere completata,
l’intersoggettività. Intersoggettività è il trascendentale: solo
una comunità di soggetti genera l’oggettività. È per
ragioni trascendentali che riconosco che l’oggettività è un prodotto
dell’intersoggettività. Husserl non dice: io vedo in un modo,
tu vedi in un altro modo, poi ci mettiamo d’accordo e raggiungiamo
oggettività. Questo discorso viene radicalizzato da molti filosofi
successivi.
Intersoggettività non è relativismo.
[manca una prima parte]
Merleau-Ponty parla di ontologia e vuole costruire un’ontologia fenomenologica. Il discorso merleau-pontiano è originale: si distacca da Husserl, ma i concetti chiave della fenomenologia vengono rielaborati. Atteggiamento: Merleau-Ponty parte dal dato percettivo. Ciò che caratterizza in primis il discorso fenomenologico è indagare i rapporti tra precetti e concetti. Merleau-Ponty mostra interesse per la Gestalt.
Da Bergson i fenomenologi francesi prendono spunto per leggere Husserl. Sartre abbraccia il marxismo, e lo stesso fa Merleau-Ponty. I due mantengono però posizioni molto diverse. Per Sartre “si può chiudere un occhio sulle nefandezze dei compagni”, per Merleau-Ponty no. Merleu-Ponty si è sempre occupato di questioni politiche, e la sua filosofia può essere vista come un contributo al marxismo francese. Tuttavia, il marxismo di Merleau-Ponty va visto come qualcosa di separato dalla sua fenomenologia.
Marxismo italiano più originale di quello francese. Sartre
abbraccia il dogmatismo dei partiti comunisti.
In Italia c’è Paci che unisce fenomenologia e marxismo. Melandri scrive
La linea e il
circolo. Panzieri a Torino fonda la rivista Quaderni rossi ed è
stato uno dei più importanti elaboratori teorici del marxismo europeo. I
temi presenti nei Quaderni rossi confluiranno nella tradizione
dell’operaismo italiano. Quello che viene dopo il ’64, tutto il grande
fermento teorico della sinistra italiana, ha le sue radici nelle
riflessioni di Panzieri. Anche il Cacciari di Krisis viene da
lì.
Il marxismo italiano ha mille declinazioni, in una Produzione teorica
che va anche al di là della filosofia. Fondazione della semiotica
marxista: Eco inventa la semiotica con Ferruccio Rossi-Landi coniugando
semiotica e marxismo. All’interno di questa cornice teorica troviamo
anche la fenomenologia di Paci, che vuole essere anche fondazione
filosofica della teoria marxista.
In Francia, Merleau-Ponty si distacca dai comunisti.
Nel corso al Collège de France del ’54-’55, Merleau-Ponty parla di
istituzioni.
Come avviene il cambiamento storico, l’innovazione in
generale? Questa la grande domanda del corso di Merleau-Ponty.
Questa domanda per un fenomenologo riguarda lo stesso tema dell’epoché.
Epoché per Husserl vuole essere un nuovo inizio. Cominciare con l’epoché
significa far vedere la possibilità di una trasformazione, che è in
primis una trasformazione personale. L’epoché è così radicale da poter
introdurre un elemento di novità.
Il tema della trasformazione quindi non è di certo estraneo al discorso
fenomenologico. In generale questo tema non può essere estraneo
all’orizzonte filosofico: il filosofo deve chiedersi come avviene il
cambiamento, in primis a livello di storia delle idee ma anche a livello
antropologico. Il problema della trasformazione storica e antropologica
è centrale per la filosofia. Il cambiamento storico-antropologico può
essere analizzato a partire da una fondazione fenomenologica. Ogni
ontologia deve avere alla base un’antropologia apriorica.
Merleau-Ponty ci autorizzerà a gettare sguardo su fenomeni antropologici andando al di là del suo corso. Merleau-Ponty-Freud. In che senso la psicoanalisi ci aiuta a ridefinire il problema dell’istituzione? Merleau-Ponty ci autorizza a gettare sguardo su fenomeni antropologici, andando anche al di là di quello che gli interessava nel corso del ’54. Segni, Merleau-Ponty: Il filosofo e la sua ombra. In questo saggio si parla di Husserl. In questo testo più che in altri Merleau-Ponty spiega qual è il suo Husserl.
Pg. 212
// non pensato
C’è un non pensato in Husserl. Pensare non è possedere oggetti
di pensiero, è circoscrivere mediante questi ultimi un campo da pensare,
che dunque non pensiamo ancora. La nozione di campo è
onnipresente n Merleau-Ponty.
La fenomenologia è indagine del dato in quanto esso contiene in
sé la propria variazione. Anche in Husserl ci sono delle ombre,
e a Merleau-Ponty interessano le ombre. Nelle ombre c’è un impensato
interno al discorso husserliano. È costitutivo di ogni pensiero produrre
un’ombra, un lato di non pensato. La fenomenologia postula coincidenza
trascendentale-empirico. Non si può uscire dalla circolarità fondando in
termini di Begründung. Ci si muove in un circolo. Merleau-Ponty aggiunge
qualcosa a Husserl; questa aggiunta è un lavoro sull’ombra: vuole vedere
l’impensato della filosofia husserliana.
Pg. 219
// Troviamo una delle scene archetipiche della filosofia
merleau-pontiana, presente anche in Husserl. Tra i testi di Husserl a
cui Merleau-Ponty guarda c’è il saggio sul capovolgimento della dottrina
copernicana. La Terra è il Boden in quanto condizione di possibilità
dell’esistenza umana. Se fossimo marziani avremmo Marte come Boden, ma
in ogni caso un Boden devi averlo. Le costruzioni scientifiche portano
avanti un discorso diverso. La fenomenologia che viene prima della
scienza, così come viene prima del senso comune. Prima ha valenza
trascendentale.
Per Merleau-Ponty poi sono decisivi Le origini della geometria e Idee II. Quando la mia mano destra tocca la mia mano sinistra, io la sento come una “cosa fisica”, ma nello stesso tempo si produce un evento straordinario: ecco che anche la mano sinistra si mette a sentire la mano destra… Pertanto io mi tocco toccante, il mio corpo compie una specie di “riflessione”. Nel corpo non c’è un rapporto a senso unico di colui che sente con ciò che egli sente: il rapporto si inverte, la mano toccata diventa toccante, ed io sono obbligato a dire che in questo caso il tatto è diffuso nel corpo, che il corpo è “cosa senziente”, “soggetto-oggetto” . Una mano tocca l’altra e si sentono l’una con l’altra. La cosa fisica si anima.
Il tema del corpo era già centrale in Husserl e Merleau-Ponty lo porta alle estreme conseguenze. Un corpo che deve avere una valenza trascendentale, nel senso che facendo l’esperienza della mano che tocca l’altra, io colgo a livello immediato (a livello di Empfindung) come si può rileggere in termini fenomenologici il rapporto tra soggetto e oggetto. Il corpo diventa soggetto-oggetto. Soggetto e oggetto non risultano più distinti; nel corpo c’è l’unione di questi due elementi. C’è un toccante e un toccato. Fenomenologicamente possiamo operare una distinzione, ma la condizione di possibilità di questa distinzione è data da un corpo, che è unico, che non è distinto e che si pone come soggetto-oggetto. Da fenomenologo posso mostrare come, ad un certo strato dell’esperienza, è possibile operare con questo strumento concettuale dato dal rapporto soggetto-oggetto. Però c’è uno strato primordinale della corporeità (Leiblichkeit) che precede la distinzione soggetto-oggetto perché il corpo è già sdoppiabile in soggetto e oggetto: il corpo è sempre è senziente e è sentito.
Perché c’è l’intersoggettività? Perché io sono già
altro rispetto a me stesso. Rimbaud: Je est un autre. Ricoeur:
Sé come un altro.
A costatare che “il sé è un altro” si arriva in tutto il Novecento
attraverso diverse vie: storia, letteratura, psicoanalisi,
fenomenologia. Il discorso fenomenologico fa del soggetto una funzione.
Non ci sono soggetti, così come non ci sono gli oggetti, c’è la
relazione tra i due.
Ricollegandoci al discorso dell’intersoggettività: scopro di vivere in
un mondo intersoggettivo perché prima di incontrarmi con l’altro mi
incontro con un’alterità che sono io. Quest’ultima affermazione è vera
da un certo punto di vista e falsa da un altro.
Quello della fenomenologia è un procedere zigzagante. Posso anche
capovolgere la cosa (restando in un orizzonte fenomenologico);
zigzagando posso invertire il termine e dire che scopro me stesso perché
sono già sempre in relazione con un altro. Fenomenologicamente, ha senso
dire che prima di incontrare altro incontro l’alterità in me; prima di
dire che ci sono io incontro l’alterità dell’altro. Questo aspetto
affrontato dalla psicoanalisi in modo ancora più radicale. La
costruzione del soggetto avviene attraverso la parola dell’altro.
Spitz, psicoanalista, fa degli esprimenti sui bambini e scopre
che se i bambini vengono abbandonati a loro stessi; deprivazioni
affettive; no cure parentali - quando cresceranno diventeranno psicotici
gravi. Che ci sia l’alterità dell’altro a costituire il
soggetto è uno dei grandi temi della psicoanalisi. Noi dipendiamo da un
qualche altro, e i collettivi sono costituiti in base a queste
identificazioni con forme specifiche di alterità.
Questo dato è importante anche per la fenomenologia. Da un punto di
vista fenomenologico c’è intersoggettività perché i soggetti si
mescolano tra loro. Dove comincia il mio io e dove comincia l’io
dell’altro? Dove stanno i confini tra identità e alterità? Sono confini
sfumati. Qui è importante far intervenire il concetto di
istituzione.
Questi confini porosi vanno gestiti. I collettivi
organizzati gerarchicamente hanno anche questa funzione: non possiamo
muoverci in un collettivo se non abbiamo chiara la distinzione
noi-altri. L’io deve essere attribuito ai soggetti, che devono
diventare persone. Merleau-Ponty afferma che la persona
è un’istituzione. Noi non ci muoviamo mai in un vuoto di
socialità, ci muoviamo in collettivi organizzati gerarchicamente.
All’interno di questo contesto, essere individui riconosciuti come
persone è fondamentale. Ci vengono appiccicate delle etichette che ci
permettono di circolare all’interno di un collettivo e di essere
riconosciuti come individui autorizzati ad esistere in un collettivo. Si
pensi all’atto di nascita, alla carta d’identità, al codice fiscale, al
conto bancario, ecc. Possiamo anche pensare al prolungamento prospettico
di noi stessi dato dalla nostra persona in rete. Non c’è distinzione tra
noi e la nostra presenza in rete; noi siamo anche la nostra presenza in
rete. Lasciamo tracce, anche della vita che facciamo in rete, e anche
qui ci sono delle regole che regolano la nostra presenza lì.
Qualunque sia lo spazio sociale in cui ci muoviamo, qualunque sia la
forma di interazione, ci sono delle dinamiche
istituzionali che ci rendono soggetti di volta in volta. Noi
siamo i soggetti che siamo perché di volta in volta ricopriamo una
posizione soggettiva all’interno di un contesto organizzato. Se
è organizzato c’è gerarchia; se c’è gerarchia ci sono anche
norme.
La funzione primaria delle norme è quello di conferire
identità. Il lato istituzionale dei collettivi gestisce in
primis la questione dell’identità. Non ho bisogno di rispondere alla
domanda “chi sono io?”. Nel caso in cui mi dimenticassi chi sono mi
basta estrarre la carta d’identità dal portafoglio. Noi siamo
ciò che siamo perché qualcuno conferisce un’identità a noi.
Questo conferimento di identità avviene secondo delle regole.
Per capire meglio questo punto guardiamo al diritto. Il diritto può
essere inteso grande sistema autopoietico. Per noi europei il diritto ha
la forma del diritto romano, che è il nucleo centrale, un corpus
testuale che di secolo in secolo si è arricchito. Il diritto romano ha
una coerenza interna e un tale valore monumentale da essere risultato
influente anche nei confronti di altre tradizioni giuridiche. Il diritto
romano è interessante da studiare anche da un punto di vista filosofico,
e ancora di più da un punto di vista antropologico, storico e religioso.
Nel diritto romano è chiarissimo il fatto che l’oggetto giuridico è un
oggetto costruito. Gli oggetti per noi rilevanti non possono che essere
oggetti costruiti dal diritto. Se c’è un soggetto è perché il diritto fa
sì che ci siano spazi discorsivi all’interno dei quali si stabiliscono
gerarchie tra soggetti (liberi-schiavi, maschifemmine,
imperatore-sudditi, pater familias-sottoposti). Ci sono una serie di
funzioni che descrivono le possibili caselle occupabili dal
soggetto.
La parola latina res è un oggetto giuridico: è ciò che
viene determinato dal diritto. La res è ciò che entra dentro un
reticolo di definizioni giuridiche che permettono di definire
gerarchie tra oggetti con i quali possiamo fare delle cose. Ci
sono res che rientrano nella sfera del sacer e res che
rientrano nella sfera del publicum (es. mura, piazza, tempio).
Queste res non sono commerciabili. Fuori da queste sfere invece
le res possono essere soggette a commercio, ad usufrutto
personale, ecc. Il diritto istituisce gerarchie tra usi possibili delle
cose. Non c’è una cosa che si chiama res; c’è la griglia
giuridica che rende possibile un uso di qualcosa. Alcuni possono usare
alcune cose, altri non possono usarle, tutti possono usare certe cose
(luoghi pubblici). Si costruisce un ordine sociale basato sulla
possibilità che alcuni usino alcune cose, altri né usino altre.
Filosoficamente interessante constatare che la cosa, così come la
persona, non esistono, ma esiste la loro definizione giuridica, che
serve a regolare i rapporti di potere tra soggetti. Non c’è una società
che poi so dà delle leggi. A Roma c’è lo ius e lo ius
è Roma. Ius è il diritto, cioè il fondamento dell’ordine
sociale. Diritto romano è potente a livello storico. Per quanto riguarda
la struttura di questo corpus testuale, la distinzione tra sfera mitica
e sfera non mitica è molto sottile. Sacer è un termine
giuridico che definisce la sfera religiosa; neanche gli dei si
sottraggono al diritto.
Tito Livio: nel suo testo il mito si mischia alla storia. Solo nel
Settecento, con la filologia, si distingue cosa è mito e cosa è storia
nel testo liviano. Secondo le sue parole, a Roma la distinzione tra
sacro e profano non ha senso. Raccontare la storia di Roma significa
raccontare la storia di Romolo e Remo. Il punto è stabilire una
continuità giuridica con il mito. Romolo e Remo tracciano i
confini della città, compiono un atto giuridicamente pregnante: fondano,
istituiscono la città (che è un oggetto giuridico). C’è
un’istituzionalizzazione di una proprietà, che è la proprietà pubblica
dei Romani. I Romani non esistono fuori dal diritto romano. I Romani si
richiamano allo ius per definire un’identità storico-culturale,
quindi la propria diversità rispetto ai non Romani. Da questo punto di
vista, il fatto che a un certo punto si assuma il cristianesimo come
religione di Stato non cambia molto (una religione vale l’altra);
l’importante è che ci sia l’impero. L’impero si cristianizza una volta
che l’élite diventa cristiana. Obiettivo è mantenere Roma.
Il diritto si fonda su se stesso. L’istituzione è il luogo di origine
della soggettività. Soggettività è un’oggettualità. È il diritto a
definire usi delle cose e funzioni sociali delle persone. Al di fuori
del diritto non ci sono né le cose né le persone. Questo evidente nel
diritto romano. Dal punto di vista di Roma tutto va incorporato nella
romanità. Tutte le scienze umane novecentesche - [che secondo Leghissa
culminano nella riflessione di Niklas Luhmann] - enfatizzano questo
aspetto. Nella modernità si prende coscienza del fatto che non ci sono
le cose ma le relazioni rea le cose. Si fa fatica, ma ci stiamo
orientando verso un pensiero relazionale. Difficile, perché
non è nelle corde degli occidentali.
È una conquista importante, filosofica in primis ma anche politica:
ragionando in termini relazionali si apre lo spazio per la negoziazione,
per il conflitto. La grande questione politica dettata dal
riconoscimento assume una forma più flessibile. Le lotte per il
riconoscimento sono costitutive del politico. Lottare per affermare se
stessi = lottare per avere un riconoscimento, lottare per
l’identità.
Questo non solo perché ogni autocoscienza trova il suo Befriedigung
(godimento) solo in un altra autocoscienza. È qualcosa di più, è una
questione antropologica: gli umani hanno bisogno di essere riconosciuti.
Ci sono poi varie forme di riconoscimento:
riconoscimento della dignità in primis. Anche riconoscimento della
propria corporeità. Il corpo è già da sempre corpo sociale, corpo posto
in rapporti intersoggettivi. La fenomenologia produce un discorso che
permette poi la formulazione di un discorso anche politico sul tema del
riconoscimento.
Prima di tutto c’è il riconoscimento di sé come corpo.
Fenomenologicamente, il primo dato è “la mano che tocca l’altra mano”,
quindi l’autopercepirsi come corpo. L’autopercezione, quindi il fatto di
essere corpo, fonda anche una qualunque teoria del politico, al netto
del fatto che la fenomenologia di Husserl sia impolitica. Il
punto da rilevare oggi è che il discorso fenomenologico è un buon punto
di partenza per fondare il fondamento politico. La politica è
il luogo in cui vale la distinzione amico-nemico (Schmitt); amico e
nemico sono coloro i quali in ultima analisi possono affrontarsi in un
duello corpo a corpo.
Riflessione di Von Clausewitz [Leghissa sconvolto dal fatto che
quasi nessuno lo conosca]. È un ufficiale prussiano e
intellettuale. Scrive un’opera, rimasta incompiuta, intitolata Vom
Kriege, una riflessione filosofica intorno alla guerra. La guerra è
l’essenza del politico. Guerra è continuazione della politica con altri
mezzi. Gli Stati sono perennemente in conflitto; a volte il conflitto
passa dalla minaccia alla guerra. Guerra è immanente al processo
storico. C’è sempre la possibilità che si arrivi ad una guerra civile,
la più radicale.
Tutto quello che dice Von Clausewitz sulla guerra è ancora vero; nella
sua teoria generale della guerra c’è tutto. Guerra
asimmetrica: esercito regolare vs milizie. Abbiamo bisogno di
comprendere razionalmente la guerra. La guerra è un’operazione
massimamente razionale perché sottoposta alla contingenza
assoluta. Nessuno sa come andrà a finire. La guerra è un
attrito. Forma primordiale di attrito è l’imprevisto, con cui ogni
attore coinvolto in guerra si scontra. Concetto di Friktion: la
guerra è sempre un attrito, prima ancora che tra due eserciti, tra tutti
gli attori coinvolti in guerra e l’imprevisto.
Von Clausewitz parla di organizzazione. Un Stato ha bisogno di risorse:
sistema educativo, welfare, esercito, ecc. Un esercito ben armato esiste
se lo Stato ha un’economia florida (e se nascono bambini). Von
Clausewitz analizza il politico, e lo fa da teorico della guerra. Ma se
la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi, allora
l’oggetto della sua riflessione filosofica è il politico e i suoi
fondamenti.
Lo Stato per vincere la guerra deve funzionare bene. Quando si perde una
guerra la si ha persa ancora prima di cominciare. Punto cruciale è il
sistema educativo; se si perde la guerra è perché i cittadini
non sono stati sufficientemente motivati a difendere quei valori che
sorreggono il collettivo. In guerra viene messo in
gioco il nocciolo duro dell’identità collettiva. La guerra si
fa per vari motivi, ma la posta in gioco ultima di ogni conflitto armato
è il mantenimento del proprio stile di vita/sistema di valori. Tuttavia
questa è la posta in gioco ultima della vita degli Stati anche in tempi
di pace. Uno Stato in cui crolla uno stile di vita condiviso, in cui
viene meno la condivisione di fondamenti, imploderà, perché le persone
non si riconosceranno più.
Von Clausewitz nelle prime pagine della sua opera dice che la guerra
potrebbe sembrare un duello, e in parte lo è. Il duello è centrale.
Ancora oggi molte battaglie si vincolo ad arma bianca, che è decisiva
nelle fasi cruciali delle battaglie di terra. In guerra o muori tu o
muore l’altro. La guerra generalmente ha come obiettivo la pace, una
pace in cui ci sono dei vincitori e dei vinti. Il duello è la forma
originaria del politico. Questo discorso serve a illuminare la cogenza
dell’atto istituzionale dei collettivi. Anche amico-nemico è qualcosa
che emerge da definizioni istituzionali. Sono le istituzioni che
permettono di dire chi è amico e chi è nemico. La guerra è per
definizione mortale, ed è qualcosa che ci aiuta a comprendere i
fondamenti del politico, nella misura in cui il politico è quella cosa
che permette distinzione amici-nemici.
Assange. Martire della libertà. Il fatto che un paese sia
democratico non significa che non ci sia il problema della sicurezza
nazionale, che risulta essere neutra rispetto al regime
vigente. Se qualcuno minaccia o viene percepito come minaccia per la
sicurezza nazionale, o viene ucciso (Russia) o vai in galera (USA).
Tornando a Merleau-Ponty. Quello che dice Merleau-Ponty sul corpo si riverbera in una teoria più generale del dopo come elemento centrale del politico. Fenomenologia e marxismo: il punto di partenza è per entrambe il corpo (nel caso di Marx è il corpo sfruttato che produce plusvalore).
Pg. 226 // esempio di Fundierung
Come stanno in rapporto la carnalità dei corpi con le
oggettualità logiche? Sono in un rapporto di
Fundierung, di fondazione, e non di Begründung.
Se ci fosse rapporto di Begründung attribuiremmo valenza
metafisica al corpo. Il corpo non può essere fondativo in
termini fondativi. I singoli corpi nascono e muoiono; se c’è
fondazione nel senso di Begründung abbiamo a che fare con qualcosa che
prescinde dai singoli corpi.
Qui invece c’è un rapporto di Fundierung. Esempio: quando leggo
un libro, la mia comprensione del testo dipende dalla presenza della
carta, dei caratteri stampati ecc. Non parliamo di causalità ma di
rapporti di dipendenza. Quindi la comprensione del testo ha un qualche
rapporto di Fundierung con la presenza fisica della carta, dei
caratteri stampati ecc. Non è che i caratteri stampati siano causa della
mia comprensione di senso. Es. Il rapporto tra una forma matematica e
una x c’è un rapporto di Fundierung. Es. Il rapporto tra la
donna di cuori e il gioco del Poker c’è un rapporto di
Fundierung.
Circolarità causale. A causa B, B causa C, C causa
A. Fondazione in termini non causali. Alle spalle c’è Hume, che è
decisivo per Husserl.
Nozione di grounding. Fondazione è quindi da
intendere come rapporti di dipendenza non causali, ma basati sulla
logica intero-parti (che Husserl enuncia nella terza Ricerca
Logica; le parti non sono indipendenti dall’intero di cui fanno
parte). Per spiegare ontologicamente le caratteristiche delle
parti non dipendenti devo tenere conto della dipendenza della parte non
dipendente dall’intero da cui dipende. Fenomenologia è analisi di questi
rapporti.
Husserl interroga la frase è constata presenza dai un rapporto tra
soggetto e predicato. P redicato dipende dal soggetto, ma a monte c’è la
sfera precategoriale, ci sono i corpi. L’esperienza di un corpo
in quanto corpo rende possibile la percezione precategoriale del fatto
che ci sia qualcosa che nella frase diventerà soggetto e una sua
proprietà che diventerà il predicato. Sono immerso in decorsi
temporali in cui sono evidenti i rapporti tra tutto e parti (cioè li
vedo senza pensarci su). Merleau-Ponty riassume in queste righe tutta la
faccenda, cioè i rapporti di Fundierung tra esperienza corporea
del mondo (il nostro essere carne del mondo) e le oggettualità logiche.
Rapporto di circolarità tra questi due elementi: le oggettualità logiche
ci sono perché ci sono i corpi e i corpi si rendono percepibili come
corpi perché sono distinguibili attraverso una qualche categoria.
Circolo che si comprende nei termini di una Fundierung.
Tra gli strati profondi (= sintesi passive) e gli strati superiori si
intravede il rapporto di Selbsvergessenheit (= auto
dimenticanza, dimenticanza di sé).
// Selbstvergessenheit Quello della Selbstvergessenheit è un tema già presente in Husserl su cui Merleau-Ponty insiste. Cosa dimentichiamo nel nostro rapporto con il mondo? Dimentichiamo questa oggettualità, dimentichiamo il fatto che ogni teoria si radica nell’intersoggettività corporea. Viceversa, quando siamo immersi nell’immediatezza dei corpi dimentichiamo l’importanza che ha la dimensione categoriale per quanto riguarda la nostra strutturazione della sapienza. Una doppia dimenticanza. La nostra esperienza del mondo ci costringe a fissarci su uno dei due poli e non vediamo la relazione. Praticando l’epoché le cose cambiano: cominci a vedere che c’è una relazione, c’è un rapporto circolare tra gli enti logici/il formale/il legale e l’immediatezza corporea. Entrambi vanno osservati come soggetto trascendentale, cioè devo vedere questi due poli nel loro in quanto tale.
// Sedimentierung
Si nomina la Sedimentierung, che è centrale nel corso sulla
passività. La sedimentazione è mossa dalla
dimenticanza. Qualcosa si può sedimentare perché noi
dimentichiamo; se non dimenticassimo non ci sarebbe sedimentazione. La
dimenticanza è la molla della sedimentazione. Qualcosa si sedimenta
perché è stato sedimentato. Ma il dimenticato può essere riattivato.
Grande tema della psicoanalisi questo.
Merleau-Ponty legge Freud. Per Merleau-Ponty è fondamentale mettere
in relazione dimenticanza e sedimentato: in questo modo può dare la sua
versione dell’articolazione del problema dell’innovazione.
Cosa significa innovare? Riattivare sensi
sedimentati. Se risvegliamo il sedimentato possiamo operare
delle trasformazioni storiche, possiamo cambiare il presente. Tuttavia,
non sempre si dà la possibilità che il sedimentato si
riattivi. Il sedimentato a livello di strutture
fenotipiche. Se assistiamo a una scena in cui vediamo una
relazione asimmetrica proviamo disgusto. Lo stesso disgusto che proviamo
di fronte al vomito. Abbiamo memoria collettiva (a livello di
strutture neurali) della condizione di eguaglianza di cui abbiamo
goduto. Assistere allo spettacolo di arbitrio assoluto ci
offende come specie. Alla base c’è una ragione evolutiva: siamo
sopravvissuti come specie perché siamo sia cooperativi che egoisti. A
dettare le regole della cooperazione sono le istituzioni. Siamo ora
cooperativi ora egoisti, a seconda delle regole che osserviamo in
contesti istituzionali e che rendono opportuna la cooperazione piuttosto
che l’egoismo e viceversa. Non saremmo qua se non avessimo conosciuto
anche forme di cooperazione spinta. La non cooperazione
spinta, quindi, l’arbitrio assoluto, è non funzionale in termini
evolutivi.
Siamo esseri sia cooperativi sia non cooperativi. Noi siamo socialmente
strutturati in un certo modo perché ci siamo evoluti in un certo modo, e
lo abbiamo fatto per sopravvivere. La grandezza della biologia degli
ultimi decenni consiste nell’aver reso inoperativa la nozione di
adattamento. (Come si adatta una specie? Sorry, questa domanda
non ha più senso). Se una specie è lì è perché ha plasmato il
suo ambiente in modo tale da renderlo funzionale alla sua sopravvivenza.
C’è selezione dell’ambiente sulla specie ma c’è anche plasmazione
dell’ambiente da parte della specie. Questa è la
biologia evolutiva. Naturalizzare il sociale è
un’operazione priva di senso. Non c’è una natura contrapposta al
sociale.
Parole chiave
Passività, pp. 207, 208, 209, 211, 212, 216, 217, 225, 229, 242, 246, 247, 253, 254, 264
Ricapitolando. Passività si intreccia a istituzione.
Riflessione antropologica sulle istituzioni: cultura/istituzioni
agiscono in noi attraverso meccanismi di
sedimentazione, quindi attraverso passività,
individuale e collettiva.
Come è possibile che il nostro stare in un collettivo ci influenzi?
Domanda in primis di valenza filosofica. Pur non esistendo
ontologicamente i collettivi (ontologicamente), questi
determinano la nostra individualità. Siamo gli
individui che siamo perché siamo dentro un collettivo. Non esiste una
individualità che si dia prima di stare dentro i collettivi. Questo è un
punto fermo della fenomenologia.
Considerare il soggetto significa considerare
l’intersoggettività. Se c’è un soggetto è perché ciascuno di
noi in quanto individuo è inserito in dinamiche intersoggettive.
L’individuo è ontologicamente ciò che è perché sta in reti di relazioni.
Relazioni che viviamo consciamente e inconsciamente. Inconscio è strato
della nostra costituzione soggettiva all’interno del quale viene ad
operare una dimensione transpersonale che ci costituisce in quanto
membri di un collettivo e che mi fa riconoscere come un “io”.
In crisi la visione dell’individuo come ente autonomo, sovrano: il
nostro costituirci come soggetti dipende da qualcosa che non siamo ma
che è dato, che troviamo pronto nelle dinamiche istituzionali in cui
siamo immersi. Merleau-Ponty insiste su questo aspetto: essere
individui significa istituzionalizzarsi, conquistare quella posizione
soggettiva che ci permette di negoziare i nostri rapporti nei collettivi
in cui operiamo. C’è qualcosa che non domineremo a livello
coscienziale, dato dal fatto che il nostro costituirci come soggetti è
inserito in una rete più ampia, che è il collettivo a cui apparteniamo.
Ogni individuo è ciò che è perché inserito in una rete di relazioni che
rende possibile quell’ente autonomo che è il soggetto.
Anche il discorso biologico ci dice che siamo risultato di
contaminazioni: il nostro genoma, per più del 50%, è composto da vecchi
retrovirus che ora sono parte del nostro patrimonio genetico. Cosa
significa essere individui in biologia? Ancora si discute. Lo stesso
concetto di organismo è controverso. Come individui siamo costituiti da
una complessità di stratificazioni + siamo inseriti in strati di senso
all’interno del quale si dà l’individuo. Perché si possa dire “io” ci
deve essere una sfera del senso; ci devono essere dei sistemi di
comunicazione = società. Tornando al testo di Merleau-Ponty. Polemica
con Sartre in più luoghi.
207-208
Merleau-Ponty si distanzia da marxismo nelle sue versioni dogmatiche
(come sarebbe quella di Sartre) ma non vuole uscire dal
marxismo. Piuttosto, lo declina a suo modo. Postulata la
necessità di essere ultraliberali = idea di un potere che si auto
limita, di un potere passibile di una critica continua.
209
// ontologie regionali, circolarità dei saperi, cerchi concentrici
Da un punto di vista fenomenologico l’ambito delle ontologie regionali
non è esterno alla filosofia.
Ci si muove dentro un enciclopedia dove non c’è gerarchia tra saperi. La
fenomenologia è un cammino di intersezione tra saperi. Essa si interroga
sullo statuto dei confini che separano le varie discipline. I confini
devono esserci: ogni disciplina ha statuto, metodica, campo oggettuale,
concetti operativi propri. Però la fenomenologia ci invita a non vedere
in modo gerarchico i rapporti tra le discipline. In questo senso è da
leggere anche l’interesse per psicoanalisi, che è una forma di sapere di
cui tenere conto. Includere la psicoanalisi nell’enciclopedia per far
avanzare il sapere.
Una filosofia che non sia chiusa in se stessa. Filosofia articola
problemi con i propri mezzi, che sono limitati. Pochi i problemi
risolvibili solo con strumenti filosofia. Nave di Teseo. La filosofia
deve far entrare al proprio interno anche gli altri saperi.
La fenomenologia vuole istituire la circolarità dei
saperi, che permette l’interpenetrazione reciproca, sebbene
ogni disciplina abbia i suoi confini. Per Merleau-Ponty la ragione di
questa intersezione tra discipline (= rapporto tra cerchi concentrici),
dipende dal fatto che tutto comincia con la percezione.
Ogni atto di costituzione del senso comincia con la
percezione. Costruiamo sia il senso dell’oggetto sia la nostra
identità di soggetti conoscenti. Tutto comincia e tutto finisce con la
percezione sensibile, che ci dà il paradigma del conoscere. La prassi
scientifica in parte prescinde dal dato percettivo; es. in fisica non
abbiamo un rapporto diretto con le entità della fisica.
I modelli del conoscere (che vigono anche in ambito scientifico)
da un punto di vista di rapporti di fondazione rimandano agli atti
percettivi. Il soggetto conoscente in ambito scientifico non è
diverso dal soggetto fenomenico; magari analizza la realtà in modo
diverso. Qualunque scienziato sorvola sulla sua costituzione di
soggetto che dà senso alle proprie operazioni. Ma se siamo
fenomenologi dobbiamo tornare a quel soggetto che è il soggetto
percepente.
211?
Viene meno distinzione cultura-natura, viene meno soggetto-oggetto (che
sono i due poli di un unico processo). Allo stesso modo non ha senso la
distinzione attività-passività. Husserl parla di sintesi passive,
creando un universo concettuale inedito. La sintesi evoca un elemento
attivo, eppure è passiva. Se siamo fenomenologi vediamo l’intersecarsi
di attività e passività di ogni atto percettivo.
212
Firme anticipato il tema della passività, dell’inconscio. Intreccio
percezione-prassi: dobbiamo parlare della passività. Passività come via
d’accesso che permette di mostrare come ogni nostro atto percettivo è
legato al complesso della prassi umana. Ciò che si sedimenta nei nostri
atti percettivi riguarda i nostri modi di sentire. Es. Lo sciamano vive
in un suo mondo di senso costruito all’interno della prassi del suo
collettivo. Es. Dire al paranoico - che pensa che ci siano microspie
ovunque - che nessuno lo sta spiando, non porta a niente. La realtà
percettiva ha una sua autonomia, che va letta in relazione a universi di
senso che sono il frutto delle produzioni culturali umane, della storia.
Il senso è sempre condiviso, nelle tribù dell’Amazzonia come qui. Per
noi ha poco senso parlare di spiriti, per le tribù dell’Amazzonia invece
sì. Stesso discorso vale per angelologia cristiana per esempio. Ci sono
universi di senso che hanno una loro fenomenologia. Non ha senso dire
che si tratta di esperienze deliranti; sono esperienze collocate
all’interno di una comunità storica che produce senso. Questo vale anche
per i filosofi: ognuno è immerso in universi di senso all’interno dei
quali operano miti, ideologie ecc. Esperienza di senso = esperienza di
ciò che si desume tra individui che fanno parte di un collettivo. Questi
processi di sedimentazione sono il collettivo. Quando parlo di
sedimentazione, istituzione, parlo del luogo di intersezione tra
individuo e collettività. Fondo una filosofia della cultura. Come c’è
storia, cultura? Perché c’è sedimentazione. Nella nostra esperienza c’è
la compresenza di significati condivisi. Fenomenologicamente questo si
spiega avendo come modello l’atto percettivo. Quando diamo senso alla
nostra vita, quando ordiniamo temporalmente la nostra esperienza, ci
sono dei vincoli esterni (conto in banca, famiglia ecc. - Capitale
sociale, Bourdieu) + vincoli dati da universo di senso condivisi. Noi
articoliamo la nostra esperienza a partire da modelli dati. Es. Ogni
nostra storia d’amore è una variante su temi topici che troviamo es.
nella filmografia holliwoodiana. Qualunque storia d’amore questa sarà
dentro uno script. C’è un mondo comune ma questo mondo comune non è solo
quello che percepisco ma è anche il mondo degli universi di senso
condivisi.
216
Merleau-Ponty polemizza con termini cardine del discorso husserliano. Se
dico costituzione per Merleau-Ponty rischio di sottolineare una
padronanza del soggetto dei propri atti conoscitivi. Nel nostro universo
di senso attribuiamo alla scienza il compito di dirci la verità sul
mondo. Ma questo lo facciamo in quanto eredi della modernità. È ovvio
per noi percepire il mondo includendo nell’orizzonte di senso anche
quella peculiare forma che è il discorso scientifico, che però non ha
niente a che fare con la vita quotidiana. Ecco che il fenomenologo
collega universi che paiono scollegati.
217
Il precategoriale di Husserl subisce una riarticolazione, che lo fa
diventare più pregnante in termini di argomentazione filosofica.
L’oggettività è la promessa che ci fa la scienza. La scienza ci promette
una spiegazione del mondo attraverso la costruzione di universi di senso
in cui è sensato dire che ci sono realtà oggettive indipendenti dai
soggetti. La scienza non ha bisogno per esistere di una fondazione
filosofica. Unione è distinzione di questi due universi. Riferimento al
saggio di Husserl La terra come principio originario che non si muove
[Lascio a voi la lettura. Devo correre sennò non finiamo più.]
225
Insistenza sulla storicità. La storicità è ciò che giustifica, agli
occhi di Merleau-Ponty, la necessità filosofica di un ampliamento della
teoria fenomenologica della passività in direzione della psicoanalisi.
La psicoanalisi viene affrontata da Merleau-Ponty nell’ottica di un
discorso fenomenologico sui rapporti tra fenomenologia e scienze; e deve
poter mostrare storicità degli atti percettivi e dei costrutti teorici
della scienza. Questo, a sua volta, giustifica la mossa teorica di
Leghissa: mostrare perché Freud ci dà un ulteriore aiuto teorico per
comprendere il collante dei collettivi organizzati. I collettivi
agiscono a livello della passività, quindi a livello di queste dinamiche
di cui non rendiamo conto quando diamo per scontata la nostra
appartenenza a un collettivo. Essere membri di un collettivo spesso
significa star fare insieme cose assurde. Senza i meccanismi
proiettivi?? non esisterebbe nessun collettivo.
Qualunque “noi” ha bisogno di meccanismi di identificazione che agiscono
a livello di passività e di cui non renderemo mai conto definitivamente.
Conflitto tra valori: non esiste una teoria dei valori che sia univoca,
condivisa da tutti. Il “noi” presuppone un’identificazione di cui nessun
membro darà ragione fino in fondo. C’è un elemento patico che sta a
fondamento di ogni scelta valoriale e di cui non si può rendere conto in
termini razionali (al massimo in termini ragionevoli). A monte c’è
l’essere membri di un collettivo, di una storia culturale, che non
abbiamo scelto e che agiscono in noi a livello di passività.
Sedimentazioni portano a valori condivisi, cultura, ecc. Importante (già
visto) la definizione di istituzione data nel resume del primo corso
(pag.176). La sedimentazione è l’articolazione del futuro, la sua
condizione di possibilità.
Le Abschattungen funzionano un po’ come la sedimentazione:
quando guardo es. un cubo le Abschattungen promettono le altre facce. Le
tre facce nascoste del cubo sono promesse di quelle tre che vedo. Così
funziona anche la costruzione del senso storico-culturale. Voler
costruire un futuro migliore rimanda a esperienza pregresse,
sedimentate. Il fenomenologo, prima di vedere cosa è la storia, analizza
la percezione.
Differenza tra Merleau-Ponty e altri fenomenologi marxisti: per i
marxisti la storia è la storia di lotte di classe. Ma come ci arrivo lì?
Da filosofo non posso accontentarmi di nessun dato, nemmeno di quello
storico. La grandezza del gesto Merleau-Ponty sta nel fatto di aver reso
in filosofia plausibile la introduzione del discorso psicoanalitico per
comprendere meccanismi passività.
229
Ribadito fatto che non possiamo scindere la storia delle nostre
percezioni individuali dalla storia dell’umanità. Se c’è storia, questa
sarà sempre di storia di percezioni comuni di un mondo comune.
L’ineguaglianza Noi percepiamo l’ineguaglianza; a questo percepire
attribuiamo un senso come qualcosa di negativo. L’ineguaglianza è
qualcosa di disturbante. Nietzsche direbbe che è una questione di gusto.
Si tratta di partire dal dato percettivo. Ci sono buone ragioni per dire
che anche gli altri percepiscono l’ineguaglianza come cosa disgustosa.
Partenza dal dato percettivo, che sta poi alla base di varie
articolazioni politiche per introdurre cambiamenti di vario modo.
242
// dimensione immaginaria, immaginari normativi condivisi,
onirismo
Veglia e sonno. Merleau-Ponty prima dice che la nostra esperienza ha dei
buchi. Poi dice che la nostra vita da svegli è intrisa di
onirismo, di immaginazione, di anticipazioni del senso compiute
dalla passività. Noi anticipiamo il sistema di credenze dell’altro
attribuendogli coerenza interna. La prima impressione è l’impressione
che ci proviene da qualcuno che condivide il mio stesso mondo
fenomenico, e a partire da qui immaginiamo una vicinanza tra il discorso
altrui e il mio, una possibile compenetrabilità. Immaginiamo che stiamo
condividendo un mondo. Diamo credito alle parole dell’altro, accogliamo
in modo immediato l’alterità.
In questo senso siamo immersi in una dimensione
immaginaria. Se ci pensiamo non è un’affermazione così folle.
Avere un mondo comune - che è il presupposto del fatto che io e l’altro
ci capiamo - significa essere immersi in strutture immaginarie comuni,
condividere universi di senso, in cui il senso che ci viene dal discorso
scientifico è uno dei sensi tra i tanti. Non tutti i nostri discorsi
sono scientifici, pochi lo sono. Anzi, non facciamo appello a verità
scientifiche ma a mondi comuni. Ci muoviamo dentro a quello che nelle
scienze umane viene chiamato immaginario collettivo, mentalità,
strutture del sentire. Stiamo parlando della struttura immaginaria della
costruzione di senso nei processi storico-culturali.
Nei collettivi organizzati, i parlanti costruiscono immaginari
condivisi. Se dobbiamo dirimere questioni controverse facciamo
riferimento a sottoinsiemi dell’universo di senso complessivo (che
richiedono competenze specifiche). Ma quando non ci muoviamo in settori
specifici facciamo affidamento a quegli universi di senso condivisi che
si danno nella forma dell’immaginario condiviso; qui si decidono
questioni di gusto, questioni valoriali, ecc.
La condivisione di valori si dà nelle forme dell’immaginario, attraverso
esempi, attraverso l’identificazione con la posizione normativa che
attribuiamo a determinati set di valori. Noi ci identifichiamo con la
posizione normativa che attribuiamo a determinati valori. Un’idea ha
valore perché occupa una posizione normativamente rilevante.
Identificazione con il normativo in quanto tale: noi troviamo ovvio che
ci sia il normativo, cioè che ci sia una dimensione altra e superiore
rispetto al piano delle nostre vite individuali; per cui, il richiamarsi
a quella sfera, legittima i comportamenti condivisi. Il
normativo funge da vincolo.
Per migliaia di anni siamo vissuti in collettivi egualitari. Invece nei
contesti contemporanei si è sedimentata l’idea che o si comanda o si è
comandati. Bisogna vedere come si istituzionalizzano queste
ovvietà. Per fare ciò serve l’aiuto della psicoanalisi.
246-247
“Freud è un grande” perché ha capito che il mondo dei significati non
smette di significare quando dormiamo. Noi siamo una macchina a
significare che funziona anche nel sogno: questa la scoperta di Freud.
Freud ci dice che questa macchina funziona sia da svegli sia nel sogno.
Nel sogno funziona in modo parziale ma comunque continua a funzionare.
Freud dice che i sogni hanno un significato che non ha a che fare con i
significati della vita ordinaria.
Lacan si chiede come questa macchina può funzionare: funziona perché
siamo inseriti, in quanto soggetti, nella catena significante. A monte
dei significati c’è il significante. Passo decisivo compiuto da Lacan.
Significati consci-significati inconsci: non c’è nessun rapporto tra i
due, il significato del sogno rimane oscuro; interpretare il sogno è la
traduzione di qualcosa che rimane oscuro.
253
// Incoscio come concetto operativo
Per Freud l’inconscio è un concetto operativo, come lo
sono i concetti della fenomenologia di Husserl. Merleau-Ponty è acuto
nel riconoscere che Freud non dice che ci sia l’inconscio. Per Freud non
c’è l’inconscio; si tratta di un concetto operativo per maneggiare gli
effetti della vita onirica e della vita infantile sulla nostra vita
adulta. Freud è un medico; ha un problema concreto: deve curare le
persone. Allora si inventa una tecnica terapeutica che abbia una
impiegabilità.
254
Cosa significa interpretare i sogni? Significa produrre
fantasia sui sogni, amplificarne il significato dando significati che
nel sogno non ci sono. Il sogno non significa niente, è un enigma! Come
le cose nel sogno ci riguardano? Dobbiamo spiegare che ci riguardano
perché nel sogno siamo sempre noi. Per produrre senso, costruire un
senso che non c’è immediatamente nel sogno, io devo operare quella che
Merleau-Ponty chiama fantasia ermeneutica, quindi devo
inventarmi delle cose. Ogni relazione con l’altro è una
relazione immaginaria. La nostra esperienza cosciente del mondo è
intrisa di fantasticheria. L’esperienza del mondo comune è
immaginaria(?). Le operazioni che compiamo, le compiamo in parte
coscientemente e in parte no, perché solo così abbiamo il mondo del
senso condiviso. Quando parliamo ci intendiamo a partire da una legalità
interna del senso. Siamo sempre immersi in universi di senso condiviso
sempre evidenti in virtù della legalità interna delle strutture di
senso. Gli umani quando parlano si capiscono per i significati che
vengono condivisi da tutti, così come condividiamo un enciclopedia, un
archivio. Se voglio un hamburger non vado alle Poste, mi sembra ovvio:
questo lo so dall’enciclopedia.
Tutto si collega con tutto. Niente ha natura propria. Niente esiste in
se è per sé. Tutto ciò che esiste ha un significato in quanto esistente
nella misura in cui è inserito in una rete di relazioni in cui i
significati si illuminano vicendevolmente. Tutto questo rimanda alla
prassi: parlare è prassi, pensare è prassi, ecc.
Definire rapporto sapere-potere è decisivo per allargare il discorso
fenomenologico. Nel contesto intersoggettivo abbiamo mondi comuni in cui
c’è anche produzione di senso, all’interno di cui si articolano tutte le
possibili interpenetrazioni tra semantica e ontologia.
Semantica e ontologia, a seconda di come li articoli, cambiano di
significato. Il modo di vivere comune funziona bene articolando in un
certo modo epistemologia e semantica. Epistemologia e semantica come si
articolano nelle scienze? Abbiamo ottime ragioni per dire certe cose a
partire da un discorso scientifico, ma questo va ricondotto al modo
moderno. Forme di ragionamento che sono strutturalmente moderne.
264
// Oggetto a, sessualità e sedimentazione, immaginario Merleau-Ponty
legge Freud accogliendo la centralità della sessualità come insieme di
pratiche sessuali, luogo di intersezioni desiderio-godimento. Proposta
teorica freudiana si incentra sul tema della sessualità, che è qualcosa
che ci costituisce. Nella sessualità la sedimentazione funziona al
massimo grado. Qui si mostra il nostro essere immersi in universi
immaginari.
Lacan arricchisce discorso di Freud. Lacan introduce l’oggetto
a, che diventa meta della pulsione. Ognuno ha
i suoi oggetti a, che sono la nostra meta pulsionale. Meta
pulsionale data nella struttura immaginaria complessiva della nostra
vita psichica. Oggetto a è un ritaglio della nostra immaginazione. Il
soggetto si istituisce in quanto oggetto sessuato, quindi oggetto
desiderante. Se desiderante ha di mira qualche soddisfazione del
desiderio.
La psicoanalisi quando parla della sessualità mostra in modo
evidente cosa vuol dire sedimentazione, come funziona l’incrocio
attività-passività.
da Il Visibile e l’invisibile
Visibile e invisibile oggi, Merleau-Ponty rivendica la necessità dell’incontro della filosofia con la psicanalisi (strutture inconsce). Il confronto con la psicanalisi ci spiega perché qualsiasi attacco contro la violenza è così difficile, perchè ogni attacco contro i 4 pilastri dei collettivi organizzati gerarchicamente sia così difficile - perchè si tratta di elementi che restano nell’inconscio.
Dicevamo che Merleau-Ponty riprende il discorso husserliano e
lo radicalizza - questa è la sua lettura, c’è anche chi non la
vede in questo modo e sottolinea la distanza che lo separa da
Husserl.
Le ontologie regionali - come le chiama Husserl -
basate sul dominio di una singola scienza, una fetta, un taglio
di realtà che appunto si ritaglia e definisce uno spazio
ontologico.
C’è sempre una tensione tra ontologie e semantiche. Visibile e
invisibile è un’ontologia fenomenologica perché l’invisibile entra
in scena, viene catturato da ciò che vede - e questo è il senso profondo
di un’impostazione fenomenologica. Il soggetto non dà conto delle
proprie azioni perchè è implicato in esse.
Il fenomenologo riconosce il punto cieco (o macchia cieca), lo ritroviamo in tutti i filosofi che si rifanno a Husserl tra cui Derrida e Merleau-Ponty. Il punto cieco è ciò che resta del soggetto che non si vede mentre egli compie determinate operazioni (cioè la fondazione). Il fenomenologo fa suo questo paradosso.
Le filosofie del ’900 dal canto loro eliminano il problema della
fondazione, eliminando la fondazione. Non si ragiona
più in termini fondativi, non si pone più la questione dell’infondatezza
e della fondazione. L’esito più eclatante in questo senso è Deleuze. Nè
in Logica del senso nè in Differenza e Ripetizione nè
in Millepiani Deleuze non si pone la questione di chi sono
io. Deleuze costruisce tranquillamente una metafisica.
Anche Merleau-Ponty potrebbe essere rimproverato di non voler dare conto
di questa operazione.
Secondo Leghissa se si insiste sulle contraddizioni insite nel processo fenomenologico è poi (non immediatamente) possibile rendere conto della politicità, della non-neutralità di ogni fondazione filosofica. Mostrare l’infondatezza di ogni gesto fondativo possibile, senza scadere nel relativismo (non stiamo parlando di soggetto empirico che fonda, ma di soggetto trascendentale - il soggetto sottratto alla storia che dovrà rendere conto della genesi storica che lo ha prodotto. I soggetti in quest’ottica non possono essere istituenti…ma istituenti di cosa?
Anzitutto di una identità - il primo gesto con cui gli individui danno un senso.
La polis presuppone un elemento che definisca la natura del formale, la forma del formale. Cioè l’assemblea della polis ha bisogno di operare in base a un principio di giustizia, che è presupposto.
Continuiamo a leggere dal Visibile e l’invisibile. p.40.
Se ci concentriamo sulla temporalità vedremo il flusso del fenomeno. Osservando la differenza tra noema e noesi vedremo i poli.
Vedo da una distanza oggettiva la metafisica, e sorvolo, come fenomenologo costruisco un modello e prendo le distanze. Colui che interroga è chiamato in causa dalla domanda. Il fenomenologo vuole mostrare, lo scienziato sorvola.
Nella Struttura del comportamento Merleau-Ponty dialoga con le scienze cognitive. Dice che anche il fisico quantistico è chiamato in causa, per la prima volta, dalla domanda che si pone.
p.58.
Essere in ritardo è il tema centrale della filosofia di Derrida. Nachtraglichkeit. Anche Freud ne parlerà; Derrida mostrerà che quella di Merleau-Ponty e quella di Freud vadano intese insieme. Pensare al processo del pensiero in senso fenomenologico significa essere sempre in ritardo sul pensiero.
Enzo Paci, Idee per una enciclopedia fenomenologica.
Fuori dall’Europa, mostrare i processi significa mostrare l’infondatezza. Questo è un discorso incomprensibile in Occidente, e riguarda anche il modo in cui si struttura il potere: se la sovranità si fonda su un significante che è Dio. I processi dipendono da questa cosa, Dio, che non ha una natura processuale. Questa cosa ha un peso ancora maggiore se la penso nei termini di sovranità. Il luogo della sovranità resta ciò che non muta; e la violenza che si attribuisce allo stato sovrano è una diretta conseguenza di ciò.
Il discorso kantiano sul trascendentale rimanda a questo: la possibilità di costruire il potere, rifondando la concezione teologica - necessità della distruzione filosofica del teologico.
p. 85
Noi siamo visibili, ma non siamo causa adeguata di tutto ciò che siamo. Il mondo è il visibile, noi siamo in esso compresi come quelli che vedono; ma siamo anche visti: Merleau-Ponty insiste sul fatto che siamo visti dal mondo e dalle cose.
Affordances sono il libretto di istruzioni che ogni oggetto ha con sè. Es. la sedia è fatta per sedersi. Gibson (campusnet) costruisce tutta la sua teoria su questo. Il darsi di quell’oggetto è tale da far sì che io agisca in un certo senso rispetto a quell’oggetto lì. Se vedo il mare mi tuffo; se vedo l’asfalto non mi tuffo nel 99% dei casi. Gibson con questo vuole mettere in luce l’usabilità degli oggetti a partire dalle loro proprietà intrinseche.
Ecologia della percezione visiva: ogni oggetto si dà noi con una superficie che lo delimita.
Il campo del visibile è un processo che fa emergere al proprio interno il soggetto, visibilizzandolo. Ma se il visibile è qualcosa che emerge da ciò, non c’è distinzione nell’opposizione tra visibile e invisibile. Questo fatto è un corollario della polarità tra soggetto e oggetto.
agency degli oggetti
Dibattito sulla agency degli oggetti. Agentività degli oggetti a partire dalla teoria della mente estesa.
Come si sono appropriati di questi oggetti gli archeologi cognitivi? Hanno dimostrato che costruire oggetti, artefatti, produce delle soggettività. Confrontandoti con la forma del materiale stesso, subirai il materiale stesso, verrai agito dal materiale stesso. Analisi degli archeologi cognitivi sull’artefatto: gli oggetti hanno una agentività.
A noi interessa vedere come questi temi erano già state problematizzate in ambito fenomenologico. Non è dunque così strano per Merleau-Ponty dire che noi siamo visti dalle cose, in un mondo che per farsi guardare da noi deve inventare noi che lo guardiamo. Costruire artefatti è una variante interna del costituirsi del mondo. L’artefatto che ci interessa di più è il soggetto.
Che le tecniche di governo siano da considerarsi tecniche è Panzeri. I rapporti di potere che stanno dentro la fabbrica sono in primis rapporti politici che non hanno nulla a che fare con la produzione. Se capiamo questi rapporti capiremo questa cosa della società. Bisogna immaginare la fabbrica diffusa. Quei rapporti di potere sono un modello per tutta la società.
ahahahha mi ricorda l’intervento di carmelo bene, chi esce dalla fabbrica non esce dalla macchina.
Non ci sono le macchine che governano direttamente ma le tecniche del management.
Engels la situazione della classe operaia di Manchester.
Secondo la lettura di Panzeri di Leghissa, l’autore vuole dimostrare che il lavoro è sempre fordista perché è sempre rapporto di dominio, non c’è cambiamento… La struttura dello sfruttamento è la stessa.
La dottrina del valore di Marx non è vera. La produzione di ricchezza non è nel plusvalore, ma avviene nello scambio.
continuiamo con il merlot.
p. 105.
Perchè carne? C’è già un corpo, diciamo proprio carne, l’essere toccati e toccate. Per questo diciamo sessualità e desiderio: ecco perché poi finisce su Freud. Negli anni ’60 Sartre, Paci, leggono Freud. Se ti occupi di fenomenologia a un certo punto ti incontri con la psicanalisi. Questo fa Merleau-Ponty.
Trascendentale (secondo Husserl): Molteplicità dei modi possibili di darsi di oggetti possibili per dei soggetti possibili.Il darsi dell’oggetto modo nel suo modalizzarsi.
In generale, per la fenomenologia si tratta di mostrare la
circolarità - e quindi la paradossalità -
degli atti di fondazione; cosa che aveva già affrontato
Hegel nella Scienza della Logica.
Quando si parla di emergenza non si parla di processi causali - riguarda
il rapporto tra le parti e un intero. L’emergenza è una
questione distinta da quella dei nessi causali.
da Passività p. 58, 59, 62, 66, 177, 275
A Trieste:
Il discorso di Merleau-Ponty mira a superare il rapporto tra soggetto e oggetto, in una direzione quasi post-fenomenologica. Il soggetto che pone in senso hegeliano e “fonda” presuppone se stesso. In Husserl questo discorso si declina in una mostrazione dell’atto del porre.
Tutte le espressioni strane di Merleau-Ponty hanno a che fare con (e sono tali per) l’indicibile della filosofia occidentale, che è l’atto della fondazione.
Continuiamo lettura di Merleau-Ponty.
(Trovare pdf di visibile e invisibile) - controllare su campusnet
In Merleau-Ponty ogni cosa che vediamo è un continuo passaggio tra figura e sfondo. Come in una scena di Touch of Evil - Orson Wells.
Francisco Varela scrive autopoiesi e cognizione in cui mette a confronto sistemi complessi e sistemi cibernetici o qualcosa del genere. Varela è alla base di nuove correnti della fenomenologia che hanno in Shawn Gallagher uno dei suoi rappresentanti, che vuole mostrare come questo tipo di discorso sia sostenibile in questi termini. Varela ha messo insieme scienze cognitive e impostazione fenomenologica.
Insieme a Thomson e Rosch Varela ha scritto un libro che si intitola The Embodied Mind. Dicono: se vogliamo capire come si incarna la mente dobbiamo guardare a Merleau-Ponty, ma anche al buddismo.
Varela sviluppa l’idea di un sè che non esiste se non come relazione.
Tra l’altro, tutto è in connessione con tutto è una frase che troviamo testualmente in Husserl.
Fare fenomenologia è anche un esercizio spirituale, che permette di vedere le connessioni.
p.275
- non c’è il per sè o per altri (riferimento a Sartre
qui); sono faccia l’uno dell’altro e si incorporano.
Riferimento alla piega, all’essere come guanto.
Anche l’identità risulta essere il prodotto di processi istituenti. Dire che l’io è un’istituzione sto praticamente dicendo che non c’è l’Io, perché è un’istituzione personale.
[pagine lette in questa lezione: 177, 58, 59, 62, 66]
Iniziamo a leggere alcune parti del corso sull’istituzione e la passività.
p. 177
I corsi al Collége de France hanno i riassunti alla fine. Leggili.
Per istituzione… ciò che si sedimenta, forma un deposito di sensi possibili.
(Le sintesi passive sintetizzano il materiale dell’inconscio)… questo è il materiale su cui lavora la passività; lo sfondo , l’alone di atti immaginativi che circondano gli atti coscienti dell’Io che “sa quello che fa”.
Parlando di Merleau-Ponty non si può dimenticare il lato realizzativo. Dove si sedimentano le esperienze? Nel collettivo organizzato. In primis nel collettivo organizzato che è la psiche dell’individuo. L’atto gerarchico organizzativo è legato anche alla scarsità delle risorse.
1958 simon … organizations. testo fondativo sulle organizzazioni.
le organizzazioni:
La capacità organizzativa dei manager giustifica PIENAMENTE le centinaia di milioni che guadagno annualmente.
Se dico istituzione dico inconscio, cioè che nel collettivo della nostra vita psichica individuale c’è qualcosa che sfugge alla coscienza. Ma l’istituzione come sedimento viene però organizzata da menti coscienti che organizzano l’istituito. Infatti con l’istituzione ci troviamo a fare i conti con qualcosa di già dato, di già esistente, che non abbiamo iniziato noi. I cambi di paradigma istituzionali, le transizioni istituzionali sono faticosi.
In generale, non c’è il soggetto, c’è il processo istituente. Ci si colloca in questo processo, ogni volta con diversi ruoli. Altra piccola nota che non so dove mettere ma sembra molto importante: In Merleau-Ponty il tema del corpo è centrale
Lo sciamanesimo e le tecniche dell’estasi. (Campusnet)
p.58
// sintesi passive avvengono nell’inconscio, soggetto come campo di
campi il rapporto al mondo…. le sintesi passive avvengono
nell’inconscio, Merleau-Ponty farà un altro passo e aggiungerà Freud.
Soggetto come campo di campi:
Ci sono sggetto istituito e istituente, ma inseparabili e non soggetto costituente. Dicendo istituzione e non costituzione si sottolinea il lato passivo. La parola costituzione per Husserl implica la passività; c’è circolarità, e in Husserl questo è chiarissimo.
p.59
// istituzione: campo intersoggettivo simbolico
l’altro non è costituito-costituente, ma istituito-istituente; quello
dell’istituzione è un campo intersoggettivo simbolico ; quello
degli oggetti culturali, so presenta al posto del
soggetto-oggetto.
p.62
istituzione significa lo stabilirsi entro un’esperienza di dimensioni
(di coordinate, in senso cartesiano - sistemi di
riferimento) in rapporto alle quali tutta un’altra serie serie di
esperienze avranno senso e formeranno un seguito.
libro la rivoluzione manageriale
la fenomenologia del lavoro nei paesi comunisti e capitalisti è la
medesima; non c’è la mano invisibile dei mercati - c’è la mano visibile
di chi governa il processo produttivo
le storie raccontate da Proust sono storie delle istituzioni: l’amore è inteso come un’istituzione.
Nella concezione moderna dell’amore (costruita da massimo 200 anni) si esplica la libertà dell’individuo. La promessa di felicità è il presupposto di ogni storia d’amore, un esercizio di libertà e di felicità assoluto. In questo senso si parla di istituzione.
La promessa della modernità è la felicità su questa terra. Materialismo illuminista: sai che morirai, ma c’è la possibilità fugace di felicità , che rende la vita degna di essere vissuta.
L’amore moderno inventato da Goethe in Werther è uno script che noi
riviviamo nelle storie d’amore. Il soggetto moderno è un soggetto
contingente; grazie alla felicità possiamo accettare la
contingenza.
C’è un enfasi che l’illuminismo pone sulla difesa militare
dell’illuminismo stesso: per difendere la libertà bisogna combattere i
nemici della libertà. L’illuminismo non è pacifista: se
lo è, lo è solo nella Pace Perpetua di Kant.
La società totalitaria all’opposto è una società in cui non c’è posto per la contingenza: una società in cui i conti tornano, in cui la finitezza dell’animale umano non viene gestita, non viene presa in carico.
trattato sulla guerra, klassowitz
la prospettiva come forma simbolica: Merleau-Ponty prende spunto da quest’opera per spiegare perché l’arte è istituzione. Cambia il modo di vedere il mondo istituendo nuove forme di visibilità che prima non c’erano.
L’arte figurativa è importantissima per Merleau-Ponty, che si occuperò molto di Cézanne. Nell’arte viene mostrato meglio il gioco tra visibile e invisibile, meglio che in filosofia: il pittore visibilizza il punto cieco.
p.66
// matematica come istituzione, istituzione come ciò che è presupposto
dal visibile la matematica è istituzione. la scienza meno vincolata, che
usa segni senza referenti, pure questa è istituzione.
l’istituzione non è nè percepita nè pensata come concetto: è ciò
che è presupposto da tutto il visibile; è ciò di cui si tratta in ogni
istante e che non ha un nome nè un’identità nelle nostre teorie della
coscienza.
Merleau-Ponty sta cercando di dare un nome a qualcosa che non ha un nome nella tradizione filosofica. Noi soggetti siamo una delle tante possibilità di emergenza del visibile in quanto campo indistinto.
La condizione di possibilità di esperienza si dà nel futuro; il soggetto futuro si dà come soggetto possibile in quanto emergerà da un campo già istituito: il mondo - ecco perché il termine istituzione, un termine che indica da subito la sopravvivenza dell’istituito dopo che sono morti gli individui.
Ci saranno molte premesse e tanta introduzione → nucleo teorico problematico. Poi espone parte della sua ricerca, che riguarda il tema della materia: come è possibile pensare il materialismo a partire da un quadro teorico processualistico. Cos’è la materia se è possibile la biforcazione che ha diviso qualità primarie e qualità secondaria.
Obiettivo è riqualificare la teoria della qualità togliendola da accezione di attributo e tentando di renderla virtuale.
Nella cornice teoria processualista ci sono delle posizioni per cui
il processualismo è legittimato in una sede epistemologica, e poi ci
sono posizioni ontologiche. Lei è tra quelli che pensano che il
processualismo possa dire qualcosa dell’ontologia..
Per lei processualismo è tutto ciò che non è concezione statica
dell’essere. Tra la polarità essere-divenire, se ne sviluppano
altre.
Titolo è Nozione merleau-pontiana di passività in altro contesto. Ma perché altro contesto?
libro: Neofinalismo…Ruyer.
Ma chi è questo Ruyer? Filosofo francese coevo di Merleau-Ponty. È uno letto pochissimo, e le sue opere vengono lette poco. È un autore enciclopedico e grafomane.
Tra i suoi libri:
Insomma un bel pazzerello.
Ci sono due grandi scenari in Ruyer che rimandano al processualismo:
negli anni ’30 propone un processualismo da una posizione realista che non abbandonerà mai e antisostanzialista. c’è un unico tipo di realtà, c’è un’unità di struttura. Ipotizza senza giustificare che dai legami geometrici può dedursi tutto il reale, anche la parte psichica. Attinge da un paradigma meccanico che sente di aver liberato dal materialismo classico. La realtà è configurazione di possibili figure attraverso il completamento.
la fisica è un riferimento importante, specialmente quella relativistica.
La forma è unità di struttura. Il funzionamento è integrato e dipende dalla forma.
Nozione di legame: è la ratio sui (non causa) della forma. Ogni forma coincide con la configurazione del legame.
Attraverso il funzionamento le forme si trasformano e si integrano. L’idea della causalità dipende dunque interamente dall’interferenza tra le forme. Ogni forma è assoluta, ma non è mai isolata in quanto emerge da uno sfondo preindividuale. La configurazione delle forme può far nascere addirittura nuove leggi di natura.
Ontologia basata principalmente sulla geometria. A un certo punto si rende conto che l’ipotesi non lo soddisfa. Arrivano ricerche sull’embriogenesi e fisica quantistica, e questa ipotesi non lo soddisfa più.
Bisogna far intervenire un ordine di spiegazione ulteriore alle
cause materiali. Bisogna far intervenire una dimensione potenziale.
Da una parte il virtuale, dall’altra l’attuale.
Integra il paradigma della relatività con i nuovi assunti della fisica
quantistica (in questo molto vicino a Whitehead). La forma è intesa
ubiqua e non collocabile nello spazio e nel tempo… è sempre meno
qualcosa, ma è sempre più qualcosa che fa
In Merleau-Ponty ci sono appunti su un articolo di Ruyer: Le concezioni nuove dell’istinto, articolo che ebbe molto ricezione.
Quello che sta facendo lei: l’idea di istituzione può essere concepita come un oggetto tecnico, e trasportarla in un contesto diverso. Sta estrapolando lo strumento di Merleau-Ponty. L’obiettivo di Merleau-Ponty era, in fin dei conti, creare una filosofia della storia.
In critica della ragione dialettica c’è la questione del negativo, cioè del dire no alla storia, ma la concezione della soggettività di Merleau-Ponty noi coincide con quella di Sartre, che fa della libertà una questione di scelta.
Molte voci intendono che non c’è contatto tra Ruyer e Merleau-Ponty. Ruyer è più collegato alla concezione della superficie assoluta, dell’armonia, altre cose. E sembra tutto il contrario di ciò che c’è in Merleau-Ponty: l’ombra, la passività, il punto cieco…
Lei prova a erodere Ruyer da questa prospettiva limitante.
Merleau-Ponty dice di diffidare del pensiero di sorvolo. In Francia è proprio Ruyer che sorvola. Uno dei primi obiettivi polemici di Ruyer è la Gestalt, molto cara invece a Merleau-Ponty in Visibile e invisibile.
Ciò che fa Merleau-Ponty è una critica a un moderno esternalista (forma e contenuto, opposizione soggetto-oggetto; dalla parte del soggetto c’è la messa in forma, dalla parte dell’oggetto c’è il contenuto). Problema dell’esternalismo è che:
L’origine di questa roba è in Locke. La materia viene divisa in due fette; supporto estensivo (pura materialità), e qualità sensibili. In più il supporto estensivo viene ricondotto alla matematizzazione, mentre il lato delle qualità viene lasciato al lato soggettivo e non è suscettibile di alcuna matematizzazione.
Siamo in un ambito costituente, perché al soggetto costituente viene riconosciuta la funzione di ispessire, popolare, dare vita a questo supporto, che altrimenti senza il soggetto rimarrebbe inerte. La scienza non fa che sublimare quello che fa della percezione; Ruyer arriva a dire che l’oggetto scientifico è la molteplicità dei punti di vista possibili sostanzializzati in un oggetto.
Il carattere distintivo di questo paradigma è la determinazione: c’è ritorno alle cose nell’ordine della datità, della determinazione causale - uno spettatore disinteressato guarda a dei fenomeni con delle determinazioni che sono le griglie eidetiche.
Merleau-Ponty nel distinguere tra forma e materia, apprensione e contenuto dell’apprensione la pone come unica attività significante.
Anche l’istituzione è una attività significante,
caratterizzata nell’immmanenza della forma nella
materia: la forma emerge dalla materia. Se la costituzione è
una donazione di senso - la materia per se non ha senso
e gli diamo forma; nella costituzione si produce la
Sache.
L’istituzione viene invece creata dall’interno; il potere istituente è
strettamente legato alle istituzioni materiali del qualcosa
(Ding).
Ma mentre la costituzione si chiude in un solipsismo trascendentale,
l’istituzione nell’istituire va a partecipare dell’atto istituente
stesso.
L’istituzione non è mai ex nihilo, è in un processo generativo che è sempre in svolgimento; ciò che si verifica secondo lei è una continua virtualizzazione dell’atto generativo stesso.
Se nell’atto costituitivo il virtuale è un apriori formale, nel paradigma istituente, essendo la condizione di possibilità immanente alla materia stessa, la materia è come un a priori materiale. In realtà salta la condizione di a priori, in quanto è immanente.
Concetto di istituzione forse utile per spiegare il processo morfogenetico di Ruyer?
La forma è un’emergenza che si dà all’interno della materia, e
istituisce un’unità dinamica, una forma che è se stessa dinamismo.
Nozione di Gestalt e forma piena (Ruyer).
Le due nozioni hanno in comune il fatto di essere domini
regionali estensivi - ma non estensivi in senso geometrico. Per
Merleau-Ponty la Gestalt non è localizzabile nello spazio e nel tempo, è
una composizione intensiva che ha una ratio interna, con un’inerenza
interna, e questa descrizione è vicina alla nozione di
campo - integrazione di elementi in unità.
Unitas multiplex (Alexander)
Merleau-Ponty cita Ruyer: la coscienza va concepita come un embrione.
Ruyer distingue tra coscienza primaria (coscienza dell’embrione) e
coscienza secondaria (coscienza psichica, come coscienza
di…)
Come è possibile il paradosso che l’embrione costruisce il cervello
senza avere un cervello. Già da subito quando una forma è organizzata
c’è un’identità perfetta secondo Ruyer tra forma e
vita. Si suole dire infatti che il modello di Ruyer è
psicobiologico, cioè deduciamo che ci sono delle
continuità che ci permette di prendere gli studi che vengono da parte
psichica che ci possono servire per spiegare fenomeni biologici e
viceversa.
C’è una continuità tra percezione e materialità, ma per Ruyer questo
modello non basta a spiegare lo statuto della percezione.
La coscienza per Ruyer non è un contenitore di
immagini; ma è modulazione di informazioni, messa in forma che
cambia. Analizza l’immaginare e il fantasticare. La coscienza che
ricorda è effettivamente ricordante, ma non sta creando un
ricordo.
Distinguendo tra ricordo, sogno e fantasticheria individua i gradi di della coscienza; all’interno di questa attività l’io attuale è di volta in volta catturato e raggiunto da altri io che non corrispondono con gli attuali, ma possono essere l’io che sono stato o completamente altri io; come se nella realtà psichica ci fosse una modificazione di piani di coscienza.
L’io che ricorda è ricordato da un altro io che non coincide con l’io che sono in quel momento. Mi lascio solo catturare da questo ricordo e non agisco nessuna sintesi.
Questa sostituzione resta molteplice, non c’è nessuna
molteplicità alla fine in Merleau-Ponty, questo è il punto dirimente; ci
sono una quantità di coscienze che rimangono molteplici.
L’integrazione che si dà nel fenomeno istituente non ha nulla a che
vedere con la fusione, ma è solo un ulteriore virtualizzazione di
possibili.
La dimensione trans spazio-temporale (oltrepassa i limiti del visibile) viene detta tema. C’è un tentativo di superare il fisicalismo. L’individuo misto (idea chiara a Merleau-Ponty) vive in una dimensione attuale (che posso toccare, nello spazio tempo), e poi ha una dimensione puramente ideale (il bello il buono il colore il triangolo).
Ma questo è un platonismo didascalico? Che succede? Questa forma è un misto, ma non è un sinolo… che cos’è?
Le essenze non sono un contenuto.
Nel tematismo, interazione processuale tra virtuale e reale, si stabilisce una dinamica simile all’istituzione.
La forma di Ruyer può essere definita come istituzione.
Proviamo a inserire concetto di istituzione dalla parte delle
essenze.
L’essenza, il thema, ha più a che vedere con delle istituzioni
precedenti; quando gli individui partecipano delle forme non partecipano
di virtualità specifica.
La cosa costituita non potrà invece offrire altri atti di donazione.
il principio di ogni forma è il principio di formare, aprire la possibilità di formare. Ruyer e Merleau-Ponty infatti contano molto su un’idea di tempo completamente nuovo, di tempo svincolato dal passato.
p.52 di Merleau-Ponty (corso istituzione e passività): le
istituzioni dentro un esperienza di dimensioni entro le quali tutte le
altre esperienze avranno senso, fonderanno un senso una
storia.
Questa secondo lei è la miglior formulazione del sempre del neofinalismo
di Ruyer; l’istituzione non è nè caso nè entelechìa; siamo
completamente liberi ma anche completamente vincolati.
Se nell’istituzione l’attività significante sta nel soggetto e l’essenza è una forma ideale (c’è anche un’essenza delle forme ideali, dall’altra parte nel paradigma processualista l’attività significante agisce con un certo grado di passività in processi molteplici. In questo caso la formalità pare non essere a priori, ma materialmente determinata da un a priori materiali che però è esso stesso processualità istituente.
– domande
A un certo punto Ruyer smette di parlare di soggetto, e inizia a parlare di soggettività. Soggettività è anche la molecola.
La grammatica porta a pensare che ci sia un io, un tu. Secondo Ruyer dovremmo rendere più fluidi i pronomi personali; al contempo però rimane vincolato all’altra soluzione.
Nel sorvolo c’è la distanza tra un soggetto e un oggetto.
feedback cibernetico, su virtuale e reale.
Il trascendentale esiste in Ruyer? Esiste nella dinamica di partecipazione tra Dio e il mondo. Ruyer si definisce un semi-panteista; Dio si costituisce mentre si costituisce il mondo.
riferimento a Samuel Butler
capitolo XX neo finalismo si chiama teologia del finalismo.
domanda sulla microfisica, qualsiasi cosa sia
non risponde
intervento di leghissa:
william james viene letto da husserl
la relazione la relazione la relazione; gli autori come Husserl non trovano le parole per parlare di relazioni e processi, una cosa che appartiene all’oriente ma in occidente non si poteva dire, in occidente non si poteva dire che non esisteva la sostanza.
tutte queste robe riusciranno a trovare una spiegazione rigorosa solo quando si parlerà di cibernetica e sistemi complessi.
Istituzione, p. 67, 72, 81
Grundrisse e Capitale.
// storia come riattivazione di senso
(contingente)
Filosofia della storia: Merleau-Ponty non crede nelle magnifiche
sorti e progressive dei movimenti operai.
La storia è processo continuo di attivazione e riattivazione di senso.
Le cose posso andare anche molto male; la distopia è uno scenario sempre
possibile; i cattivi possono vincere; questo viene fondato
filosoficamente da Merleau-Ponty, in quanto ogni atto di
riattivazione è contingente.
// archivio ed enciclopedia: luogo dove si
sedimentano frammenti di senso che rendono possibili i
discorsi. Vincolo teorico e gerarchizzato.
Archeologia del sapere di M. Foucault.
Il senso dell’archeologia innerva tutte le sue ricerche. La nascita
della chimica e molti altri testi riguardano la relazione
tra sapere e potere. Foucault non ha di mira in primis la
questione del potere, ma in primo luogo i progetti di soggettivazione;
ma non possiamo prescindere dal ruolo del potere in questi processi.
Foucault commenta 3 volte il saggio di Kant Che cos’è
l’illuminismo e si pone come erede di Kant.
L’archivio per Foucault è dove si depositano (si sedimentano)
frammenti di senso, pregiudizi, ecc., che rendono possibile la
formulazione di discorsi. (Enciclopedia e archivio per Leghissa sono
sinonimi: strutture di sapere che noi presupponiamo quando vogliamo
articolare un sapere). Quando si porta avanti una posizione ci si rifà
ad un sapere comune, ad una tradizione, alla letteratura secondaria
diciamo.
Questo è l’archivio: il vincolo teorico a partire dal quale ogni atto di
formazione di conoscenza si articola. Archivio ha delle
gerarchie interne. Dobbiamo capire la valenza
politica delle gerarchie interne all’archivio.
L’enciclopedia è la possibilità trascendentale di produzione del sapere. Alcuni autori, come Enzo Paci o Greco, preferiscono usare il termine enciclopedia rispetto ad archivio.
Semiotica e filosofia del linguaggio - Paci o Greco.
L’archivio non è come la biblioteca di Babele di Borges (la biblioteca che contiene anche tutti i libri che non abbiamo mai letto e non leggeremo mai). L’archivio è soprattutto un sistema di forme di gerarchizzazione delle forme discorsive. È un sistema autopoietico che regola in modo autonomo l’accesso a entità esterne. Regola da sè i propri meccanismi di autoproduzione.
// M. Ponty: carattere impersonale delle operazioni di senso
(Sinngebungen). L’archivio produce effetti.
Ritroviamo questa idea di archivio in questo corso di Merleau Ponty, che
ci mostra il carattere impersonale di queste operazioni di
senso.
Vivere in una dimensione storica significa incontrarsi con
quell’elemento impersonale dell’archivio, che potremmo chiamare una
istituzione. Secondo definizione p.176,
l’archivio produce effetti che sono riscritture di
senso.
// Gestione politica delle gerarchie dell’enciclopedia
Ci sono tutta una serie di autori come Derrida e Foucault che possono
scomparire, per esempio per la filosofia anglosassone. C’è una
gestione politica degli archivi delle enciclopedie. La
scelta di escludere dal canone autori come Foucault, Derrida e Nietzsche
(portata avanti dalla filosofia analitica ad esempio) non è solo una
scelta filosofica, ma anche politica.
// Derrida: decisioni inconsce sull’archivio. Archivi sempre gestiti da qualcuno. Derrida ha un altra concezione di archivio; commenta un testo di …. sulla trasmissione orale nella tradizione ebraica. Prende in considerazione la psicanalisi in rapporto all’archivio e alla nostra concezione della storia. Nell’archivio si possono trovare delle cose per ricordarle; altre cose vengono fatte sparire. Gli archivi sono sempre gestiti da qualcuno, che stabilisce cosa è legittimo sapere e cosa non è legittimo sapere; cosa ha la forma del sapere e cosa non ha la forma del sapere. Derrida afferma che tutto ciò ha anche a fare con l’inconscio; le decisioni ultime sulla natura dell’archivio in ultima analisi vengono prese dall’inconscio. Ci sono anche buone ragioni teoriche.
// Psicanalisi fuori dall’archivio
(Qual è lo statuto scientifico della psicanalisi? Molte materie come
astrologia è psicanalisi non sono decidibili in ambito epistemologico.)
Lacan dice che la psicanalisi è una scienza senza sapere.
L’inconscio non ha uno stato ontologico, ha solo uno statuto
epistemologico; e in quanto tale produce degli effetti.
// Psicanalisi non ha accountability
La psicanalisi è un sapere non rendicontabile, non ha
accountability.
Controversia: questa è una buona ragione per escludere
la psicanalisi dall’enciclopedia. Ma di cosa si priva la filosofia se
esclude dal suo discorso la psicanalisi? La psicanalisi indica che ci
sono dei movimenti inconsci nella formazione dei saperi. Foucault non
vuole sapere nulla della psicanalisi, la vede solo come un’altra forma
di disciplinamento; Derrida invece la abbraccia. La psicanalisi
lascia stare i significati e si concentra sui significanti
(Lacan). Obiettivo di Lacan è mostrare come i significanti
producono effetti di realtà.
La psicanalisi non si preoccupa tanto di ciò che c’è, ma dagli effetti
prodotti da ciò che c’è è ciò che non c’è. Il conflitto all’interno
dell’enciclopedia è sempre un conflitto politico.
S. Freud, Analisi finita e infinita
S. Freud, Costruzione dell’analisi
Come si fa a giustificare una teorica critica con una
Begrundung? A monte di ogni atteggiamento critico c’è un
sentimento di indignazione che hanno a che fare con il gut, una
roba di pancia. Cioè ogni prospettiva critica è giustificata da
un sentire individuale in qualche modo. (Questo mi sembra un
discorso molto nietzschiano, una questione di gusto!) Chi cancella
meglio il problema della fondazione, chi rinuncia alla propria posizione
nell’enciclopedia compie un gesto estremamente violento.
In generale, perché essere ragionevoli deve essere una cosa
brutta rispetto a essere razionali?
p.67 al fondo
// l’istituzione non è nè percepita, nè pensata come un
concetto
Merleau-Ponty sta parlando della macchia cieca; l’invisibilità delle
operazioni che si compiono quando si occupa la posizione del soggetto
che vede.
p.72 tutta
Se intendiamo l’identità in senso cartesiano ci auto-illudiamo. In
termini filosofici ridurre il soggetto alla coscienza, significa ridurre
il soggetto a un qualcosa che elimina delle strutture della soggettività
importanti, su tutte l’inconscio, di cui l’interesse
per la psicanalisi.
Qui nozione di maschera nietzschiana, e tu coinciderai più o meno pacificamente con quella maschera, e sei portato ad esserlo. ciò non è legato solo a usi e costumi e sistemi di credenze; ma proprio al posizionamento nella storia: essere storici significa assumere in un determinato contesto la prospettiva di quella persona.
Per esempio, la nozione di persona non esisterebbe come la conosciamo se non ci fosse stato il concetto di persona giuridica in diritto romano. Esiste il contesto giuridico che rende possibile l’assunzione del ruolo di persona.
Merleau-Ponty sta dicendo che i rapporti che noi abbiamo con qualsiasi cosa esiste sono rapporti che sono stati istituiti: sedimentazioni di senso (Stiftung che sono la storia); i nostri rapporti con il mondo sono in questo senso storici; ma non per questo relativi. Istituzione non è un vincolo, un collettivo organizzato con delle gerarchie, che nessuno di noi ha scelto.
// Sartre, dialettica e differenza Sartre nel trattare la dialettica è dogmatico. Nella generazione successiva a Sartre (anni ’60) non si parla più di dialettica ma di differenza. Se parlo di differenza non sto parlando di sintesi possibili. Il gioco delle differenze viene anticipato da Merleau-Ponty e ripreso da Derrida.
Simon de Beauvoir e Lucie Irigaray, femminista.
p.81
Qui sta parlando della neotenia: gli animali sono
animali neotenici, cioè non nascono sviluppati, hanno
bisogno di essere svezzati.
Coming of Age in Samoa, Margaret Mead 1928. Il lavoro esplora la vita quotidiana degli adolescenti samoani e i loro modelli culturali di comportamento sessuale e sociale.
pp. 81, 132, 133, 142, 143, 153, 159
Kassowitz è il Sun Tzu cinese.
C’è un nesso tra cultura (filosofia, musica, letteratura, ecc.) e guerra, e conflitto tra stati. La cultura è uno stato di pre-guerra.
Rusconi, Il rischio del 1914. Teoria dei giochi: si fanno certi passi e la guerra diventa inevitabile.
Merleau-Ponty insiste: istituzione NON È coscienza! Strutture e dinamiche istituzionali si sviluppano anche in senso inconscio.
Insistere sulla fine della dicotomia natura-cultura significa insistere sulle conseguenze di questa dicotomia quando esisteva. Il pensiero filosofico nelle sue strutture discorsive/argomentative ha avuto un ruolo di primo piano nella costituzione di questa dicotomia.
p. 81
// animali neotenici, corpo come strumento tecnico (Mauss)
Gli umani sono animali neotenici. Animali neotenici cioè nascono non
completamente sviluppati, cioè devono inventare le tecniche per
sopravvivere e riempiono il mondo di cultura.
Marcel Mauss in un saggio degli anni ’30 afferma testualmente che
il corpo è uno strumento tecnico. Il corpo è come una
protesi di cui disponiamo.
1965 esce Il soggetto e la maschera di Vattimo. In Francia sempre negli anni ’60 Cerezy dà vita ad una Nietzsche rénaissance a cui contribuiranno Derrida Foucault e Deleuze.
Se non ci fosse la famiglia non ci sarebbe il dominio maschile [Leghissa].
p. 132
// Husserl: confutazione dello psicologismo, genesi delle diverse forme
di esperienza
Husserl è un avversario dello psicologismo di Frege. La filosofia
comincia con la confutazione dello psicologismo: confutare l’idea che il
logico, il formale sia ciò che è perché dipende dal modo in cui noi
pensiamo; per Husserl il vero ha uno statuto autonomo. Ricostruire la
genesi del vero non significa fare la storia dello psicologismo; non
bisogna fare la storia dei neuroni, la storia dei meccanismi di
pensiero. Costruire la genesi del formale significa mostrare i nessi di
Fundierung che ci sono.
Gallagher, Zahabi, Longo sul pensiero di Husserl.
Husserl non può essere psicologista perché la genesi che gli interessa è la genesi che si dà di volta in volta nelle diverse forme di esperienza, insomma, rispetto al soggetto. Io mi muovo in una sfera in cui ho fatto epoché di tutte le scienze comprese le scienze cognitive.
Per Husserl bisogna analizzare il mentale in virtù delle sue proprietà formali.
p.133
// storicità ed elemento formale della trasmissione
C’è sapere perché io posso accedere ad una tradizione pregressa di
sapere costituiti. La cosa importante però è che ci sia il processo di
fondazione del sapere, la storicità rimanda all’elemento
apriorico del conoscere che è il suo storicizzarsi.
Per Husserl qui ciò che conta è l’elemento formale del
trasmettersi, del sedimentarsi. Non mi può neanche interessare
a livello storico-fattuale l’origine della geometria. Si devono studiare
le strutture che rendono possibile lo
storicizzarsi.
// Merleau Ponty e Derrida: traccia, la possibilità trascendentale di
iscrizione e sedimentazione coincidono
Leggendo queste pagine Derrida parlerà di traccia, la
possibilità di iscrizione, il fatto trascendentale che qualcosa possa
iscriversi. Questa è l’origine della storicità e l’origine del
pensiero.
Lettura di Merleau-Ponty: Sedimentazione (concetto husserliano) e
concetto di traccia di Derrida più o meno coincidono. Dire che
io so qualcosa equivale a dire che io faccio parte di un
contesto che ha prodotto quella conoscenza.
Questo tipo di risultati fenomenologici appartengono prettamente
all’ambito francese-italiano (e non tedesco).
p.142-143
// campo della conoscenza e inconscio
Il campo è il luogo dove si svolge l’incontro tra il trascendentale e
l’empirico; il luogo dove si trovano i limiti estremi che permettono
alla coscienza di andare nell’inconscio: il campo della coscienza è
appunto un campo, che può andare a finire nell’inconscio.
Il sonno è una parte di questo campo di coscienza; quando mi sveglio
faccio esperienza di ciò.
Inconscio in psicanalisi ha a che fare con il carattere sessuato dei
processi di soggettivazione.
Scuola delle Annales, ricezione francese del marxismo,
gruppo di storici fonda una rivista, Les Annales, un tipo di
storiografia che si mischia a elementi antropologici, si concentra sui
fenomeni di lunga durata, Fevbre e Bloch tra i fondatori, Merleau-Ponty
parla di un qualcosa teorizzato da Fevbre.
La domanda (affrontata a partire da un libro su Rabelais) come è: come
nasce in Europa l’esperienza atea? Come è possibile che
si dia questa nascita?
Tradizione come matrice dell’istituzionalizzazione.
p.153
// Istituzioni che si sedimentano
Invariante storico che rende possibile il passaggio d’epoca; la domanda
che si fa lo storico è una domanda fenomenologicamente cruciale.
Come facciamo parlare un passato muto? Tendiamo a ricostruire i processi
mentali. Storia come problema di istituzioni che si
sedimentano. Si ha accesso ad un altro tempo perché il tempo
storico è accomunato da questi processi di sedimentazione; gli umani
sono tutti figli di questi processi.
p.159
// Unico campo storico e riattivazione (possibile), campi di
sedimentazione
C’è un unico campo storico che accomuna gli umani; la
storia è una per tutti. Ma una riattivazione in qualche misura è solo
una possibilità; noi possiamo far cadere nell’oblio, non riattivare,
forme passate dell’umanità. La riattivazione di qualcosa è
legata alle esigenze del presente. La storia è sempre storia
contemporanea. Nei campi di sedimentazione lo
storico si colloca da un elemento tra tanti.
// valenza impersonale della storia come sedimentazione
Il circolo ermeneutico è troppo legato all’idea di un soggetto
cosciente; c’è un soggetto che pensa di essere padrone delle proprie
operazioni: quando Merleau-Ponty dice non coscienza ma istituzione, si
tratta di includere i pregiudizi nella mia ricostruzione storica.
Questo significa che la storia ha una valenza
impersonale. Il sapere è nella sua struttura storico, perché è
impersonale e rimanda al campo del soggetto trascendentale, è il campo
in cui si sedimentano le conoscenze.
// Levi-Strauss e strutturalismo, Lacan, Edipo come struttura
culturale, inconscio come un linguaggio
Levi-Strauss delle Strutture elementari della parentela è
strutturalista. Dice: nessuno sceglie le strutture della parentela che
determinano lo svolgimento socio-politico della società. Ci sono delle
strutture che funzionano inconsciamente.
Nel 1966 (dieci anni dopo del corso di Merleau-Ponty) escono gli
Scritti di Lacan. Levi-Strauss, Freud, De Saussure e li mette
insieme. Le strutture elementari della parentela.
L’Edipo ha qualcosa a che fare con il linguaggio - di cui la tesi per
cui l’inconscio funziona come un linguaggio. C’è una
combinatoria dei significanti che entra in gioco anche nell’analisi
delle strutture della parentela. Se c’è uno strutturalismo in senso
proprio, questo fu il primo Lévi-Strauss.
Levi Strauss servirà a far dire a Lacan: l’Edipo non è
culturale, è una struttura elementare della parentela. Cioè ci
sarà qualcuno che fungerà da figura paterna e materna, indipendentemente
che sia il vero padre o la vera madre. Edipo è una
struttura.
Merleau-Ponty mette insieme nei corsi degli anni ’50 sia Levi-Strauss
che Freud.
Il sistema simbolico è un dato sociale. I fatti sociali si danno a noi con un’evidenza che è simile all’evidenza percettiva.
// Storicismo: scienze dello spirito e scienze della
natura
Tradizione dello storicismo: Dilthey. Storicismo non si occupa di teoria
della conoscenza né di questioni metafisiche, ontologiche… Con l’avvento
dello storicismo si istituisce la dicotomia tra scienze dello
spirito (Geisteswissenschaften) e scienze della natura
(Naturwissenschaften). Dilthey fa sua questa distinzione e si
muove a partire da essa.
Nel Novecento si dibatte sulla differenza tra questi due ambiti, non
solo in Germania, vi partecipano i neokantiani. Oggi questa
distinzione si è imposta nel senso comune. Ma così come non ha
senso distinzione cultura-natura, non ha senso distinzione tra scienze
storico/culturali e scienze naturali.
// Superamento contemporaneo del neodarwinismo: non
dipende tutto dai geni
Le scienze naturali con cui abbiamo a che fare oggi non sono più quelle
scienze naturali che si impongono a fine Ottocento, che rendono normale
il paradigma social darwinista.
Anni ’70/’80 del secolo scorso: rivoluzione interna alle scienze
naturali, che porta la biologia a staccarsi completamente dal paradigma
darwinista. Social darwinismo = neodarwinismo = sintesi moderna (tutti
sinonimi). Questo tipo di discorso fa dipendere tutto dai
geni. Tuttavia, in un contesto postneodarwiniano, quindi
contemporaneo, affermare questo non ha più senso. Vari
ambiti disciplinari della biologia evolutiva ci costringono a mettere da
parte l’impostazione neodarwiniana.
// Gli organismi hanno un’agentività
Una distinzione tra scienze della natura e scienze dello spirito
non ha più senso: le scienze storiche sono scienze biologiche.
Gli ultimi progressi delle scienze biologiche ci mostrano in che modo
gli organismi plasmano i loro ambienti, e questo imputa
all’organismo un’agentività. Gli organismi
partecipano attivamente alla modificazione dell’ambiente
all’interno del quale avviene la selezione naturale, quindi non
ha più senso parlare di una distinzione tra il biologico e il culturale
(sia a livello ontologico sia a livello epistemologico).
Stiamo parlando di meccanismi di interazione che avvengono a livello
microscopico (cellule) e macroscopico (organismi influiscono sul loro
ambiente, dal quale a loro volta vengono modificati).
// Husserl anticipa insensatezza della dicotomia
natura-cultura
Ragionando in termini fenomenologici vediamo che già per Husserl
questa distinzione non ha senso. Non ha più
senso parlare della storia come qualcosa che viene dopo la
percezione: si parla di storicità già studiando gli atti
percettivi primari. Da questi ultimi dipende il sapere. Filosofia
comincia con la domanda “Che cosa c’è?”, “Come posso conoscere questo o
quello?”, “Che rapporto c’è tra i concetti che mi permettono di
conoscere il mondo e il mondo nella sua datità
preconcettuale?”.
// Visione stocastica della scienza
Nessuna scienza si muove al di fuori di una visione stocastica, cioè
probabilistica.
Per i filologi le cose stavano già così prima. Filologo come padre di
tutte le discipline culturali e storico-sociali. Filologo ha sin da
subito a che fare con un sapere probabile. Testi vengono datati in
maniera più o meno probabile, attributi ad un certo autori con un certo
grado di probabilità… I margini del suo lavoro vengono relegati nelle
note dell’edizione critica, in cui si spengano i motivi che portano a
preferire una variante piuttosto che altre. Filologo come un
artigiano.
// Einfühlung = immedesimazione nell’epoca dell’autore
Dilthey parla di Einfühlung = immedesimazione nell’epoca e
nell’autore. Un tedesco teorizza la metodica delle scienze
filologiche e nel 1807 pubblica un importante manuale di riferimento:
c’è qualcosa di mistico nell’attività del filologo, hai delle visioni.
Il filologo cerca di immedesimarsi e di trovare la verità filologica. Il
filologo interagisce con un’alterità.
Dibattito vivo ancora oggi: c’è un forte elemento soggettivo
nella interpretazione dei testi o delle culture altre.
Presenza del soggetto. Le scienze storiche possono
fornirci una verità di natura extra metodica: questo aspetto per lungo
tempo ha giustificato l’inferiorità delle scienze storiche per lungo
tempo. Ma tutti i saperi scientifici sono saperi del probabile!
// Lettura fenomenologia della storicità: sintesi passiva
Probabilità non vuol dire che non c’è scientificità.
Nel discorso fenomenologico troviamo strumenti che ci permettono di
reimpostare la questione della storicità a partire da un’analisi
del rapporto precetto-concetto.
Se c’è storia=> c’è sedimentazione; se c’è
sedimentazione=> c’è sintesi passiva. Sintesi passiva non è
qualcosa che riguarda il nostro essere culturali/ storici ma il nostro
essere enti che percepiscono un mondo. Il tema della passività è
costitutivo per Husserl di ogni analisi degli atti di costituzione che
permettono di fissare un’identità oggettuale all’interno dei decorsi
percettivi.
// storia universale come storia di sedimentazioni, stili percettivi
(definizione)
Qui comincia a porsi la questione della storia. Per Husserl
tutto avviene entro la cornice della temporalità. È
temporale la fissazione dell’oggetto logico; non sfugge al tempo
l’enunciazione e di un giudizio né la fissazione dell’identità
dell’oggetto che percepisco. Di conseguenza noi possiamo poi
riflettere sulla storia universale, che è una storia di sedimenti.
La storia universale è strutturalmente simile alla nostra storia
percettiva. Noi siamo storici perché nella nostra vita
percettiva di sedimentano i risultati delle nostre percezioni
pregresse, come quelli dell’umanità che ci ha preceduto. Si
creano degli stili percettivi, cioè delle
modalità percettive che si fissano, si sedimentano diventando
abitualità. Ci abituiamo a vedere, a percepire il mondo in un
certo modo. Tema dell’abitualità è centrale in Husserl e viene
enfatizzato da Merleau-Ponty quando usa il termine
istituzione.
// istituzione come abitualità
L’istituzione di Merleau-Ponty è
abitualità, un’abitualità che ha un peso, talvolta tale da
risultare immodificabile. Questo vale per esempio per i quattro
invarianti antropologici, che sono abitualità, che noi diamo per
scontate, o perlomeno ci rendiamo conto di quanto sia complicato
smontarle. Questo quattro perni sono difficili da abbandonare perché si
sono istituiti, incistati in dinamiche istituzionali.
// fenomenologia e psicanalisi
Passo in avanti. Si arriva alla psicoanalisi. Questo passaggio non è
così ovvio negli anni Cinquanta. Non così automatica la connessione
fenomenologia-psicoanalisi. Paci prima e Melandri poi vedono in Freud un
momento importante nella riflessione novecentesca. [Melandri scrive
testi che vengono continuamente ristampati, introvabili per anni, vedi
La linea e il circolo.]
C’è un intreccio tra il discorso fenomenologico e quello psicoanalitico.
In Francia Merleau-Ponty è il primo a mettere insieme questi due
discorsi. Lacan (che opera a Parigi in quel tempo) se ne accorge. C’è un
dialogo a distanza tra Lacan e Merleau-Ponty: entrambi leggono
Freud alla luce dello strutturalismo nascente. Merleau-Ponty
nel corso parla di Levi-Strauss (che nella sua prima fase è uno
strutturalista). A monte di Levi-Strauss c’è la linguistica di De
Saussure.
// strutture della parentela funzionano come il linguaggio:
significanti
Lacan e Merleau-Ponty ci portano a Freud attraverso la mediazione della
concezione strutturale della linguistica di De Saussure riletta da
Levi-Strauss. Levi-Strauss dice che le strutture della parentela
funzionano come il linguaggio: sono un insieme di regole.
Quindi studiare le culture umane significa andare a vedere come queste
si articolano a livello di significanti (dice Lacan). Noi - che viviamo
all’interno di un sistema di parentela - non percepiamo il
significante, ma il significato. Ci attacchiamo ai
significati.
Ma l’antropologo vede vede i significanti, cioè
le strutture, che possono variare ma che in
quanto strutture funzionano tutte allo stesso modo. Le
strutture servono a regolare scambi. Cultura come insieme di strutture
significanti che producono effetti indipendentemente dalla coscienza
degli attori.
// antropologo traghettatore di significati incomprensibili
Questa concezione della cultura introduce qualcosa di innovativo nella
riflessione antropologica. L’antropologo - prima di Levi-Strauss - era
un “traghettatore di significati” da una semiosfera a un’altra. Si
trattava cioè di studiare alterità culturali,
incontrare significati incomprensibili e tradurli nella cultura
di partenza. Già negli anni Trenta ci si rende conto che questa
operazione di traduzione sarà influenzata dalla appartenenza alla
cultura europea occidentale. Consapevolezza metodologica questa che
successivamente si tradurrà in consapevolezza politica. Questa
riflessione culmina in De Martino.
Dall’egocentrismo non si esce, però se lo si vive
criticamente e lo si rende parte integrante alla descrizione
etnografica, può produrre effetti di conoscenza.
// elementi strutturali trans-soggettivi (Levi-Strauss) e sintesi
passive (Husserl)
Leggere Levi Strauss in quegli anni significa prendere coscienza di
elementi strutturali trans-soggettivi, impersonali. A questo
Merleau-Ponty è già preparato, perché la nozione di sintesi
passiva husserliana andava già in questa direzione - a partire
dal Husserl dobbiamo ammettere che c’è qualcosa nei nostri atti
cognitivi che è di natura trans personale, che trascende, che
viene prima (in senso fondativo) rispetto a quegli atti di coscienza
attraverso i quali noi diamo senso al mondo. Questo elemento trans
coscienziale legato alla passività è già presente in Husserl.
// Analogia strutturale: inconscio e macchia cieca (Merleau-Ponty e
Freud)
Merleau-Ponty compie un passo ancora successivo e guarda a Freud.
Accostare fenomenologia e psicoanalisi non è una cosa ovvia per un
filosofo. Non è un gesto pacifico ma richiede del coraggio filosofico,
poiché immette nel discorso filosofico una produzione discorsiva che è
costitutivamente estranea alla filosofia (e che deve rimanere tale). La
psicoanalisi ha senso solo se si prende sul serio l’inconscio, che è la
macchia cieca del filosofo. Inconscio e macchia cieca si assomigliano
strutturalmente nel senso che hanno la stessa funzione: rendono
conto del fatto che il soggetto conoscente non rende conto dei propri
atti conoscitivi. Analogia strutturale.
A Leghissa preme costruire un discorso filosofico che permetta di
mettere insieme, in qualche modo, pur nella loro differenza radicale,
filosofia e psicoanalisi.
// in filosofia non si presuppone niente, infondatezza
In filosofia si incomincia presupponendo niente, ma questo atto di non
presupposizione radicale in realtà presuppone qualcosa: perlomeno e come
minimo presupporrai il tuo posizionarti (Setzung). Sei qualcuno che
guarda (schauen) qualcosa da una posizione. Già in Hegel si incomincia a
intravedere l’infondatezza che rende possibile lo sguardo
filosofico.
// introdurre psicanalisi nella filosofia: guadagni teoretici -
inconscio (macchia cieca) , desiderio (volontà di potenza)
Introducendo la psicoanalisi ho un guadagno teoretico perché do
un nome a quel non vedere qualcosa: il non vedere lo chiamo
inconscio. Il soggetto non si vede mentre guarda, e la psicoanalisi
rende conto di ciò.
In più introduco l’elemento del desiderio. Il filosofo non renderà mai
conto della volontà di verità (Nietzsche).
Perché vogliamo conoscere il mondo e riteniamo che farlo sia un bene?
Ogni volontà di verità è anche una volontà di potenza. Questo implica il
carattere istituente-istituito di tutte le forme del sapere. La
filosofia è un’istituzione tra altre, quindi sarà innervata da rapporti
di potere e avrà la funzione di produrre potere. Il discorso filosofico
stesso è servito a legittimare quei quattro invarianti antropologici
alla base dei collettivi.
Dominio maschile, inferiorità dell’animale, credenze religiose e guerra
si possono decostruire a partire dalla posizione nietzschiana
del nesso volontà di verità-volontà di potenza. Se la filosofia
è stata complice di discorsi violenti è perché, in quanto discorso, non
può che essere anche espressione di volontà di potenza.
// psicanalisi: il desiderio
Psicoanalisi permette di mostrare perché esseri umani sono sempre alle
prese con il desiderio, che può assumere, tra le forme possibili quella
della volontà di dominio. Le dinamiche della vita sono strane e varie, e
rimandano tutte alla dinamica del desiderio. Il desiderio ha vari modi
di raggiungere il proprio oggetto, quindi di ottenere il
godimento.
La psicoanalisi insegna che nelle nostre esperienze soggettive ci sono
vari modi di mettere insieme desiderio e movimenti. Le nostre vite sono
i modi che ciascuno di noi sceglie di mettere assieme desiderio e
godimento. Dimensione della sessualità cruciale per tutta l’analisi
psicoanalitica.
// desiderio e godimento, volontà di verità e volontà di
potenza
La dialettica desiderio-godimento si gioca nella questione della
sessualità. Quello del filosofo è un mestiere, che come tale è legato
alle dinamiche del potere. Al di fuori dell’istituzione filosofica ci
sono altre istituzioni. Il filosofo deve essere sempre aperto alla
possibilità di una trasformazione.
La Repubblica platonica ci dice che la buona città è governata da
persone che non dispongono di una teoria definitiva della giustizia.
Ogni volontà di verità è volontà di potenza. Questo non perché la
volontà di verità sia intrinsecamente malata.
C’è un legame strutturale tra volontà di verità è volontà di potenza,
nella misura in cui l’istituzione filosofica è un’istituzione tra altre,
e come tale si deve difendere dai nemici, dall’ignoranza del volgo
ecc.
// sublimazione e oggetto del desiderio
Filosofia: irraggiungibilità dell’oggetto. La filosofia maneggia oggetti
di difficile definibilità. Pochissime le questioni filosofiche risolte.
Le grandi questioni filosofiche sono problemi aperti sui quali si
dibatte. Tuttavia però, per tutti i sistemi chiusi vale il non poter
raggiungere l’oggetto di godimento. Chi desidera troverà sempre parziali
le soddisfazioni del desiderio. Freud mostra come la sublimazione sia
l’espressione del desiderio allo stato puro: quando sublimiamo sappiamo
che non otteniamo l’oggetto desiderato.
Sublimazione consiste nel non poter godere dell’oggetto del
desiderio.
Per esempio Freud parla di sublimazione in riferimento alle attività
culturali, la Bildung. Studiare è una forma di sublimazione: sei alle
prese con un oggetto imprendibile. In Freud la sublimazione è
costitutiva in quando espressione pura della dinamica del desiderio, che
consiste in un rimando continuo dell’oggetto. Chi sublima sa che sta
sublimando, quindi sa che il desiderio non si soddisfa; il fatto che lo
sappia rende questa operazione non nevrotica.
// Desiderio: Freud, Nietzsche, Spinoza
Psicologia delle masse e analisi dell’io è il testo che ci
permette di analizzare in chiave psicoanalitica le dinamiche
istituzionali.
La dinamica del desiderio è importante. Possiamo parlare di desiderio o
di volontà di potenza. Aria di famiglia tra Freud e Nietzsche. A monte
c’è Schopenhauer per entrambi, e in termini genealogici ancora prima c’è
Spinoza, quindi una teoria della potenza intesa come atto
vitale. Il filosofo come tutti gli altri enti vuole permanere
nell’essere. Il desiderio freudiano è una variante del
conatus spinoziano, ma c’è l’aggiunta
dell’elemento sessuale.
// regolamentazione della società e collettivo organizzato
Il sesso è l’elemento disturbante per eccellenza. Nelle società il sesso
non viene mai represso ma regolamentato. La regolamentazione lo rende
onnipresente. Il controllo delle espressioni della sessualità umana
implica una presa in carico della sessualità da parte delle
istituzioni.
Nei collettivi, tra le varie cose che si fanno, ci si occupa della
sessualità, quindi si regola lo scambio. I miti servono a rendere
inoperative certe domande. Un collettivo regola in primis l’uso libero
della sessualità, originariamente libero. Pratiche sessuali libere
vengono escluse a priori. Se c’è collettivo organizzato (anche
non gerarchicamente), c’è anche regolamentazione della sessualità
libera.
// Freud: dall’individuo e la società, sesso come pratica
sociale
Freud estende la sua teoria psicoanalitica dall’individuo alla società.
Punto di partenza del suo discorso è la possibilità di venire a
patti con le regole che troviamo pronte in materia di sesso.
Questi interdetti sono costitutivi dell’esercizio
sociale della sessualità.
Sesso è la pratica sociale per definizione. Freud mostra che c’è una
regolamentazione necessaria a partire da una strutturale non
regolamentabilità del sesso in quanto tale. Su questo tema
ragiona anche Wilhelm Reich, interprete eretico della psicoanalisi.
// Freud: natura anarchica del desiderio - la
Libido
Questo è solo un aspetto della psicoanalisi. L’antropologia freudiana
non può essere ridotta alla dialettica tra controllo e volontà di
liberazione implicita nella pratica sessuale, tuttavia una parte del
discorso di Freud va in questa direzione. Freud insiste sulla natura
asociale, anarchica del sesso in quanto tale.
Questo perché nel sesso troviamo l’espressione della
libido, del desiderio. La libido - che costituisce gli
individui in quanto tali, li fa vivere, permette loro di stare in vita -
è legata alla pulsione sessuale. Da piccoli viviamo immersi in un
godimento indifferenziato che vorremmo poter recuperare; proviamo a
farlo con l’attività sessuale.
L’attività sessuale è quel tipo di esperienza che si autoriproduce
producendo l’illusione di una pienezza originaria ormai
perduta. Si tratta della pienezza di quando stavamo nella
placenta o degli anni subito successivi alla nascita.
Appena nati e per i primi anni di vita si ha un rapporto diverso con il
mondo, un rapporto con qualcosa che non è altro da noi. La coscienza
delle altre menti, che arriva intorno a 3-4 anni, è coscienza di sé.
Prima di questo momento c’è questo essere immersi in un universo
indifferenziato nel quale non c’è né l’io né il tu. Questo è fonte di
godimento, forma suprema di godimento.
Il godimento è sessuale, quindi legato alla pulsione
primaria dell’individuo. Questa pulsione si tradurrà, estrinsecherà in
vario modo. Ognuno sceglie il proprio modo per gestire i possibili
incroci tra desiderio e godimento.
// Merleau-Ponty e pulsioni, Lacan e linguaggio
A Merleau-Ponty interessa mostrare il carattere di non padroneggiabilità
del sesso, del desiderio, della pulsione.
Lacan calcherà ancora di più la mano: l’inconscio funziona come
un linguaggio (introduce un elemento ulteriormente
depersonalizzante). Il linguaggio per Lacan è un
sistema di segni, una catena di
significanti. Il significante non significa niente.
La lingua è semplicemente il fatto che parli, il fatto che dei
significanti si riproducono; non vuole dire niente. Lacan
fedele a Freud anche se introduce un elemento in più.
// Lacan: significanti puri, sogno come insieme di significanti
Il godimento del bambino consiste nell’essere esposto al parlarsi di un
linguaggio, ad un insieme di suoni, che per il bambino sono
significanti puri. Il bambino non conosce i significati
delle parole ma gode del sentir parlare. Essere esposti al linguaggio,
al significante puro, è una forma primaria di godimento. Il sogno è
un’esperienza di significanti non di significati. Un significante
presenta un soggetto per un altro significante. Noi diventiamo soggetti
nel momento in cui ricopriamo varie posizioni nella catena dei
significanti. Così avviene nel sogno, che è
un’esperienza di significanti (non di significati).
Nel 1895 Freud pubblica un testo di neurologia (Progetto di una psicologia). Nel 1900 con L’interpretazione dei sogni si istituisce la psicoanalisi come discorso. La psicoanalisi è interpretazione dei sogni, è tentativo di dare senso a ciò che non ha senso. I sogni interpretati non è che poi diventano sensati, ma acquistano il senso che gli si dà nella seduta. Il sogno continua a restare un rebus, un insieme di significanti messi lì dall’inconscio.
// Merleau-Ponty: l’inconscio non ha
intenzionalità
Il grande merito di Merleau-Ponty sta nel guardarsi bene
dall’interpretare l’inconscio come un rebus. Leggendo Freud, si potrebbe
pensare che l’inconscio esiste ed è una sostanza, una sorta di forza
occulta che ci governa. Ma non è così.
L’inconscio non è dotato di intenzionalità: è
l’infinita potenza auto riproduttrice del desiderioh; è
un gioco pulsionale.
// Freud: pulsioni come secondo mito fondativo della
psicanalisi (oltre l’inconscio)
Non dimentichiamo che Freud si comporta sempre da
scienziato, nasce come neurologo. Inventa la psicoanalisi e
vuole che funzioni come se fosse una scienza.
Questo risulta evidente quando definisce il senso della parola pulsione.
Pulsione = Trieb (da treiben, spingere).
Il mito fondatore dell’analisi sono i Triebe,
le pulsioni. Freud non ci dice che ci sono la pulsione
o l’inconscio. Freud è consapevole del fatto che il Trieb è una
sua invenzione, è qualcosa che è frutto della sua fantasia.
Tuttavia, questa invenzione viene posta a mito fondatore del suo
discorso, permettendogli di maneggiare gli effetti, postumi, del
desiderio.
// Freud: Al di là del principio di piacere - artifici
teorici
Negli anni ’20 Freud scrive il suo testo teorico più importante: Al
di là del principio di piacere. Qui Freud si dimostra consapevole
di come funziona il metodo scientifico; conduce la sua argomentazione da
scienziato. Consapevole di star compiendo operazioni problematiche da un
punto di vista teorico.
Il Trieb è uno strumento teorico che gli serve a provare a
spiegare il rapporto che può esserci tra la dimensione biologica e la
dimensione psichica.
Freud è consapevole di star compiendo un’operazione teorica in cui c’è
bisogno di un artificio concettuale per aprire un campo
oggettuale in cui l’oggetto in questione non esiste, cioè non
ha lo statuto ontologico degli enti della fisica. Freud nasce come
neurologo e vuole restarlo. In mancanza di basi neurologiche usa la
psicoanalisi, un sapere che si inventa per curare le problemi psichici.
Freud è onesto.
Oggi si parla di emergenza, parola vuota, metafora, che usiamo per dare
nome a ciò che non ha nome. Non disponiamo di una teoria causale della
mente: il big problem resta un big problem.
// Carattere contingente della psicanalisi
La psicoanalisi ha sì una valenza teoretica, ma la grande maggioranza
dei testi freudiani vengono scritti per fare conto di ciò che succede in
clinica. Si tratta di un setting legato al carattere dell’evento, a una
contingenza assoluta: la seduta di analisi che fai quel
giorno, a quell’ora raccontando i tuoi sogni (già se gli stessi
sogni vengono raccontati il giorno dopo, cambia l’interpretazione). Per
dare conto dell’assoluta contingenza dell’evento
analitico.
Lacan racconta fatti strani: non può dare una teoria seria.
Freud scrive di psicoanalisi come un medico che tenta di costruire una
teoria che spieghi quello che vede con i suoi pazienti.
// Pratica psicanalitica e filosofia
La psicoanalisi si muove anzitutto come eziologia delle
nevrosi. La filosofia non si occupa di questo aspetto clinico;
è lecito leggere Freud e Lacan prescindendo dalla clinica: i loro testi
possono essere inclusi all’interno dell’enciclopedia filosofica
novecentesca. Tuttavia, l’elemento straniante della psicoanalisi è
legato alla clinica. Per capire la psicoanalisi bisognerebbe praticarla.
C’è un lato spiazzante nella psicoanalisi, legato alla pratica, che al
filosofo resta indigesto. Si va in psicoanalisi per stare meglio; c’è un
malessere che si cerca di alleggerire. La psicoanalisi non guarisce: il
paziente impara a convivere con i sintomi. L’ostacolo, da inciampo,
diventa strumento creativo.
// A Edipo non si sfugge, ma non c’è determinismo; ci sono dei
vincoli
Così come non scegli l’inciampo non hai scelto l’Edipo, quella famiglia,
quella declinazione particolare della struttura familiare. La famiglia,
in qualunque modo sia declinata, sarà sempre strutturata nella forma
dell’Edipo. All’Edipo non si sfugge. Non si sfugge ad una struttura di
relazioni nei quali siamo immersi sin dall’infanzia (in quanto animali
neotenici). Il modo in cui la struttura si declina nel caso della tua
esistenza personale specifica, darà vita al tuo destino
pulsionale.
C’è dunque determinismo? Non più di quanto non ce ne sia in quello che
abbiamo detto finora.
Gli umani sono esseri liberi nella misura in cui gestiscono
vincoli. Gestire vincoli non vuol dire volersene liberare o volerli
accettare. Gestire vincoli: nessun giudizio di valore in questa
espressione. Ciascuno di noi gestisce vincoli, cavandosela in qualche
modo con restrizioni di vario tipo e costruendo spazi di libertà.
Il vincolo principale è l’avere un corpo sessuato, che
ha delle pulsioni (che possono essere in contrasto con le regole sociali
ecc.).
// vincolo corporeo e vincolo sociale; carattere è nevrosi
Vincolo corporeo è vincolo sociale. Se dico corpo dico
società, se dico società dico corpo individuale. Queste due cose non
sono distinte. L’individuo è parte di un collettivo; si
definisce a partire dalla propria appartenenza ad esso e a partire dalla
posizione che occupa nella gerarchia di quel collettivo.
Nel nostro mondo nascere con disabilità significa essere soggetti a
forme di discriminazione pesanti. Questo perché, da un certo tempo a
questa parte, si istituzionalizza un certo modo di gestire la
disabilità, che la vive come inferiorità ecc. Si tratta di un problema
di gestione di un problema organizzativo.
Gli umani gestiscono in vario modo il vincolo dato dal loro essere corpi
desideranti, abitati da pulsioni. Questo è il vincolo di partenza e
partendo da lì lo si può gestire in vario modo.
Una scelta può essere quella della psicosi: di fronte a situazioni di
disagio estremo diventare matto può essere una alternativa. La psicosi è
scelta, così come è scelto il sintomo nevrotico che ciascuno di noi ha.
Quello che noi chiamiamo carattere, in termini freudiani è la nevrosi
individuale. Siamo tutti gestori di apparati sintomatici, che faranno sì
che noi - attraverso la nostra nevrosi - decliniamo nel modo che ci è
proprio il rapporto che ci è proprio tra desiderio e godimento. Quindi
scegliamo quali oggetti saranno oggetti del nostro godimento e quali
no.
// oggetto del godimento e
fantasma
Il passo successivo sarà vedere che questi oggetti di godimento sono di
natura fantasmatica. Oggetto di godimento ha la natura del fantasma;
questo ci permette di capire come funzionano i meccanismi identificatori
che governano i collettivi. Il fantasma, che governa la dinamica del
desiderio, non è solo legato all’oggetto sessuale ma a tutti gli oggetti
che provocano godimento. In un collettivo, il godimento maggiore lo
otteniamo quando ci sentiamo sicuri.
Ciò che ci dà sicurezza liberandoci del peso della libertà, è oggetto di
desiderio potente. Identificazione con il capo = sicurezza = godimento.
Al contrario, quando le forme del godimento si declinano in termini
sessuali, lì non c’è sicurezza.
Da La passività: p. 264, 299, 301, 318, 333, 336,
p. 264
// onirismo della veglia: inconscio non è contrapposto alla
coscienza
Per Merleau-Ponty l’inconscio non è contrapposto alla coscienza;
radicalizzando al massimo il discorso al massimo sulla coscienza si
mostra che ciò che chiamiamo coscienza non è lo stato di veglia. C’è un
onirismo della veglia, dice Merleau-Ponty. L’onirismo abita la
coscienza. In Merleau-Ponty si realizza una ri-significazione dell’idea
di coscienza. Matrice husserliana di questo discorso: siamo immersi
nell’intenzionalità, le realtà storiche danno senso al mondo. La
coscienza è uno stato in cui l’Io c’è o non c’è.
p. 299
// soggetti a matrioska Il caso Dora
Uno dei 5 casi clinici di Freud (4 nevrosi e 1 psicosi - lo psicotico è
compreso dal diario del presidente Schreber). Non c’è relazione nè
altri. C’è relazione con un sistema in interazione. Non ci sono tanto
gli altri quanto me stesso, io non sono più assoluto dell’altro, ma io
sono parte dell’altro, soffro per identificazione.
Merleau-Ponty parla di matrioske: l’idea del soggetto
della psicanalisi è l’idea di un soggetto a matrioska. Non c’è identità
sostanziale. Ma considerare questo tipo di soggetto non significa
annullarlo, solo considerarlo come stratificato.
Rimbaud - Io sono un altro.
Nel senso comune è diventato normale considerare se stessi come entità sostanziale. Tra i luoghi di origine di questa narrazione ci sono le istituzioni.
Domanda specifica su soggettività e psicanalisi. Al di là della
considerazione fenomenologica del soggetto psicanalizzato, Edipo come è
inteso da Freud può essere considerata una fondazione metafisica?
Risposta: la psicanalisi da sè è definita come scienza da una
ontologia regionale.
p.301
Investimenti libidici: realtà dell’inconscio è realtà dell’investimento
libidico.
// oggetto a
Elaborazione di Kant sull’immaginario.
Lacan XX seminario (i seminari devono essere ancora pubblicati): La
psicanalisi comincia con il porre che non può esistere il rapporto
sessuale. Non c’è quella cosa che chiamiamo unione sessuale; c’è lo
stato immaginario in cui l’oggetto sessuale si incaricherà di far andare
il desiderio da una parte o dall’altra, e rendere l’oggetto altro. Si è
in rapporto non con l’altro, ma con il nostro immaginario. L’altro è
colui che tiene il posto nel nostro immaginario. All’altro capita di
essere l’incarnazione di quello oggetto a cui capita di essere
l’incarnazione.
In Analisi delle masse e psicologia dell’Io emerge
l’importanza che Freud attribuisce, nel campo sociale, alle
proiezioni.
Fenomenologia e filosofia hanno dei livelli di sovrapposizione vanno
mantenute distinte. Il fenomenologo pone infatti come proprio
presupposto che ogni tipo di posizione sia una posizione tra altre.
La psicanalisi è un sottoprodotto dell’illuminismo. Fuori dallo studio dello psicanalista devi cavartela da solo, sei responsabile delle tue azioni. Sovranità individuale, un mito della modernità. Dio non può essere sovrano. Sei tu il sovrano.
Non c’è una gerarchia tra i vari collettivi organizzati
gerarchicamente.
A monte di questi collettivi ci sono gli stessi decisori, egemonici. C’è
una meta-stabilità degli ordini gerarchici.
Nel discorso sulle istituzioni Merleau-Ponty afferma che le cose possono anche andare male nelle istituzioni.
Fondazione - ossia come si giustifica una teoria?
p.318
// problema dell’origine
Il tempo è il riferimento del tempo della coscienza? Senza una coscienza
che vive non si produrrebbe il tempo, ma non è che senza il corpo non ci
sia il tempo; il tempo è un organo - e ciò fa sì che non sia solo una
massa di dati ma una struttura temporale e spaziale. A monte c’è
il tempo; quindi non c’è un origine.
p.333
// riassunto del corso
Sognare non è tradurre un contenuto latente in contenuto manifesto, ma
vivere il contenuto latente nel contenuto manifesto.
p.336
L’essenziale del freudismo è che nell’analisi di un condotta ci siano
più strati di un possibile significato; ogni scelta ha sempre
più sensi senza che se ne possa attribuire uno solo.
Possiamo “usare insieme” fenomenologia a psicanalisi, per descrivere una
realtà fisica stratificata.
Noi pensiamo di vivere nell’immediatezza, ma sappiamo che un’illusione, c’è una mediatezza. in altre parole, muore cartesio, poi arriva husserl e poi Freud. non c’è nulla di immediato. Freud ci invita ad abbracciare una visione dei fenomeni di tipo complesso, stratificato; questo non significa che ci siano delle gerarchie, ma dei cerchi metastabili.
La nevrosi e ciò che ha a che fare con l’inconscio… Il sintomo del nevrotico è il punto di partenza per costruire una storia, una narrazione.
Sorelle Bronte librooooo. Jane —?
La nevrosi ha anche a che vedere con le scelte dei collettivi.
Da Psicologia delle masse e analisi dell’Io: p. 194, 198, 199, 200, 204, 211
// punto cieco Il fenomenologo costruisce la propria teoria con la consapevolezza di non poter vedere completamente le proprie operazioni.
// Psicologia delle masse e analisi dell’Io 1931: Psicologia delle masse e analisi dell’Io nasce come commento alla Psicologia delle Folle di Le Bon, un libro che quando uscì ebbe una grande importanza. Freud si ispira alla sua opera. Fa il riassunto di Le Bon e poi propone la sua teoria.
// Freud: strati dell’individuo
Quello che Freud studia da psicanalista non è un soggetto individuale, è
un soggetto plurimo. Istanziazione provvisoria (meta-stabile) di una
totalità. Freud si sente autorizzato a parlare di folle perché
l’individuo che tratta la psicanalisi è un individuo nella società. La
strutturazione dell’individuo tale da permettere all’altro di abitarmi.
Negli strati di cui sono composto ci sono delle pieghe relazionali.
Lacan unisce il lavoro di Freud con Levi-Strauss e arriverà a dire
che le strutture di parentela hanno a che fare con
Edipo.
L’inconscio è lo strato della nostra attività psichica grazie al quale
cui intratteniamo qualche tipo di relazione con il resto dell’umanità.
Se con Lacan dico che l’inconscio funziona come un linguaggio dico che
l’inconscio funziona come un insieme di strutture significanti.
p.194
Non possiamo vedere nella massa un collettivo organizzato
gerarchicamente, ma un collettivo organizzato si. si crea una comunanza
che crea l’illusione dell’unità. Di questa illusione ci parla Le
Bon.
p.198
p.199
// identificazione La massa non segue le regole logiche, e in essa hanno
luogo i meccanismi di identificazione
La psiche così come viene caratterizzata da Freud è tale da funzionare in maniera analoga per tutti: funziona in modo non logico, a partire dalla necessità di mantenersi stabile e di mantenere quelle forme che producono stabilità.
Nel ’28 uscirà in America un testo di un parente di Freud, Propaganda - termine che è usato sempre con un’accezione negativa. Propaganda è tutto ciò che un collettivo fa al proprio interno per tenere in vita il proprio sistema di valori. Se vogliamo avere la democrazia dobbiamo fare una buona propaganda, per far sì che le idee di libertà siano dominanti. Freud qui anticipa questi temi.
p.200
// irrazionalità della massa
La psicanalisi dà una spiegazione dei collettivi non articolabile in
modo completamente razionale. Perchè ci uniamo nei collettivi? In una
sorta di scambio della libertà e sicurezza.
Ad analisi finita lo psicnalista dice ‘fai quello che vuoi’, ma
noi ci mettiamo nei collettivi organizzati gerarchicamente
appunto perché vogliamo barattare questa libertà con un po’ di
sicurezza.
Zarathustra dice che la vita non ha senso. La psicanalisi anche in
qualche modo l’afferma, in quanto l’inconscio è al di là del senso, non
può essere compreso. Quindi per Freud che ne è della libertà? La libertà
acquista quanto più valore tanto più è grande il sintomo.
L’unica liberazione che la psicanalisi promette è quella
individuale.
Lacan intenderà la psicanalisi come una riarticolazione della storia
individuale.
Essere colpiti da immagini o da parole è essere affetti da significanti, ed ha a che fare con l’inconscio, che è il nostro modo di essere affetti da parole è immagini, è qualcosa che non si può spiegare e accade. Il collettivo in cui siamo dentro avrà carattere impersonale, e grazie ad esso saremo in grado di produrre affezioni. I processi di socializzazione posso essere compresi meglio grazie alla psicanalisi, che introduce l’elemento dell’inconscio: questi processi non sono cioè comprensibili fino in fondo. Perdiamo qualcosa a livello teoretico? Secondo lui c’è un guadagno teoretico che parte da una teoria della ragione fa della ragione uno strumento. Se la ragione è uno strumento tra altri, è ovvio che ha funzioni limitate.
p. 204
// rapporti tra il poeta e la massa
Wissenschaft: solitudine è libertà. Stare a studiare in
biblioteca da soli.
Husserl attinge a Ernst Mach. Ma perché ne stiamo parlando? Ahh: non esiste solo l’intuizione del singolo autore, del singolo filosofo, ma si dà un collettivo organizzato all’interno del quale emergono le idee.
Questione della storicità del vero - in questa questione si colloca il dibattito sulla 4 e: embodied, extended, enacted, xxx. Questo problema rimanda a un altro problema - fino a quanto la nostra produzione intellettuale ‘sta’ nel nostro cervello? Ogni teoria della mente prova a riformulare il meccanismo neurale con cui si arriva alla produzione dei pensieri. Se il senso viene dalla storia (Husserl - il senso lo trovo pronto nei libri che leggo all’università).
p.211
// libido
Libido - si ha un rapporto libidico, erotico, anche con le
idee. diventa interessante per cui fenomeni in cui gli individui si
immolano per qualcosa. Per Jung la libido non era solo sessuale, e
questo segnerà il punto di distacco da Freud, che credeva che essa fosse
in primo luogo sessuale. Nella sublimazione il desiderio appare
completamente distaccato dall’idea, in questo senso è il godimento allo
stato puro; si mostra come tensione verso l’oggetto di cui godiamo. Più
in generale, l’energia sessuale.
Il mito della psicanalisi è il Trieb. L’analisi comincia con l’assunzione di un mito, che è l’assunzione del Trieb nella vita psichica. La pulsione sessuale è ciò che ci fa vivere, il desiderio ci fa vivere, quasi nel senso di conatus spinoziano. Chi decide di uccidersi ha comunque la psiche che funziona nello stesso modo di chi non si uccide, e dobbiamo tenere conto di ciò. Esiste un trattato sul suicidio di Hume.
L’istinto di morte ci porta a vivere; vivendo ‘moriamo al momento giusto’. L’istinto di morte è istinto sessuale, quella cosa che ci fa desiderare. La nostra vita conflitto desiderio movimento finchè morte non ci separi, in questo senso dobbiamo far convivere queste due cose. Desiderio e godimento, e siamo qui per questo. Troviamo infiniti modi di soddisfare il godimento -
Al di là del principio di piacere (testo più filosofico di
Freud): una vita in cui impara a rimandare il principio di piacere. Se
rimando la soddisfazione mi rimando ad un piacere ancora più grande.
Lacan spacchetterà il piacere in Jouissance e ???.
La dimensione del narcisismo, usato dall’individuo per costruire una
identità, viene anche trasposta nelle logiche interne ai collettivi.
Elementi stilistici idiosincratici costituiscono la mia
personalità.
Nel dire ‘Noi’ c’è un godimento. C’è alleggerimento dell’io nel
dire che appartengo a qualcosa. C’è un godimento nel dire noi.
Voglio riconoscermi nel collettivo di cui faccio parte senza
conflitti.
Da questo testo di Freud si evince un certo pessimismo, è come se stesse dicendo: i collettivi sono tutti un po’ fascisti, come se i gruppo creassero un allineamento e un accumulo libidico che si trasforma in violenza nei confronti di chi non è d’accordo. C’è un elemento non razionalizzabile che ha a che fare con la violenza. Società è violenza, e la violenza non è mai socializzabile. Inoltre la sessualità sfugge ad ogni allineamento sociale.
Lacan dirà: il godimento è sempre stupido perché è sempre godimento
d’organo.
La prima funzione del godimento è quella di indicare un qualcosa che va
al di là del sociale. Il sesso è asociale.
Il fondamento del sociale è l’investimento libidico che tutti fanno sul ‘noi’; ma proprio perché questo noi come tutti gli investimenti psichici ha a che fare con la sessualità, ogni collettivo è minato al suo interno dallo scarto non razionalizzabile della sessualità. Questo emerge con gli investimenti libidici che noi esercitiamo quando escludiamo qualcuno dal gruppo.
Seminario XX Lacan: non c’è rapporto sessuale. Lacan sta dicendo che non c’è rapporto, c’è fusione nel rapporto sessuale. Se diciamo che il godimento è stupido, stiamo ammettendo un rapporto di Fundierung nell’atto amoroso, un intreccio, e non un rapporto di causa-effetto.
Ma nessuno sa che cosa fa il corpo, sperimentiamo solo gli effetti di ciò che avviene a livello neurofisiologico.
L’atto sessuale nell’uomo e nella donna di Masters & Johnson. Un libro che andava ai tempi. Una coppia ha misurato cosa succede a livello neurofisiologico durante l’orgasmo e cose simili. Fu un bestseller che ha permesso a livello di cultura di massa di affrontare anche nella cultura popolare la sessualità. (Sono anni della rivoluzione sessuale, stessi anni in cui esce Eros e Civiltà). Viene letto anche fuori dai circoli scientifici.
Dal punto di vista lacaniano possiamo dire che la ricezione di quel
libro non ha niente a che fare con l’atto sessuale, ma
ha che fare con l’Immaginario del sesso. Tutto ciò che avviene nella
sfera amorosa a livello di investimenti affettivi. Tutti gli
investimenti psichici che facciamo sull’atto sessuale sono di
natura immaginaria. Così Lacan introduce l’objet à.
Non sappiamo cosa succede nell’atto amoroso, sappiamo che qualcuno si
colloca a livello psichico rispetto ad una persona.
C’è questa idea della psicanalisi della situazione come teatro.
L’Altro con la A maiuscola in Lacan è l’inconscio che a livello di
significanti governa il desiderio.
La libido è la stessa che secondo Freud unisce le masse; scompare il soggetto all’interno di una massa, e questo è un pensiero confortante - anche in una coppia se c’è la pretesa, come c’è soprattutto nella concezione moderna dell’amore, di “diventare uno”,
Das Ding, la cosa, è ciò che l’altro ci invita ad amare
sotto ogni travestimento assunto dall’oggetto piccolo a. La
psicanalisi si riferisce in profondità a questa cosa. Anche la
psicanalisi come la fenomenologia si posiziona all’interno
della produzione teorica che viene esposta; questo perché Freud inventa
la psicanalisi a partire dal setting analitico, dove
lui scopre che non è uno spettatore oggettivo imparziale del paziente,
ma è coinvolto. Nella dinamica psicanalista ciò che è in gioco è il
desiderio dell’analista - tu ti rivolgi all’analista come il supposto
che ne sa (più di me anche di me stesso) - poi si vede che
l’analista non sa niente. Il non sapere niente
dell’analista diventa un modello per non sapere niente nemmeno io stesso
del mio inconscio.
Ti incontrerai con il desiderio muto come il tuo. Quando scopri che
l’analista non ne sa niente, significa che si può vivere anche senza
saperne niente.
C’è una circolarità del discorso fondativo (Fundierung) che troviamo anche nella psicologia.
Mostrandosi essa stessa come una finzione, la psicanalisi mostra la sua natura.
La libido sta alla base dei legami sociali: c’è un investimento sulle immagini.
// significante vuoto (Benvenuto)
Essere moderni (indirizzati verso una società più giusta)
significa accogliere la natura vuota dell’immagine che forma le
strutture del potere. Con la consapevolezza, cioè, che l’uomo della
sovranità è vuoto, cioè che è contingente. (S. Benvenuto) Il trono è
vuoto, ma noi non possiamo evitare di riempirlo con immagini. Ma se
conosciamo questa dinamica possiamo prendere una distanza.
Per Hobbes non possiamo liberarci dal sovrano; veniamo protetti ma cediamo inevitabilmente a lui la responsabilità della libertà - lui suggerisce di estendere l’ipotesi di Hobbes a tutti i collettivi organizzati. Non ci possiamo liberare dalle gerarchie, ma possiamo prendere delle distanze, vedere questa distanza.
[sorry, oggi mi sono dimenticato il libro di Freud a casa e mi sono dimenticato di trascrivere le pagine]
L’identificazione è la forma di legame più originaria con un oggetto.
Commento: C’è un capo perché può sorgere il tipo di identificazione rispetto ad un oggetto posseduto in comune. Non c’è una attrazione sessuale (la libido è sessuale sempre, ma non sempre in questa forma). Questa libido sorge grazie al capo.
Tutto ciò che l’oggetto fa ed esige è corretto. Nell’innamoramento il senso critico dell’ipnotizzato è compromesso. Questo è in comune con l’ipnosi. Insomma ritroviamo le stesse dinamiche che ci sono nell’ipnosi.
L’ipnosi si distingue dall’innamoramento per il numero di partecipanti e per il fatto che non c’è la componente sessuale, ma sono due strutture dove ci sono gli stessi processi di identificazione.
Salambò di Gustave Flaubert.
Qual è il significato psicologico del lavoro?
Psicologia dinamica è il nome ‘istituzionale’ della psicanalisi, che non può entrare in accademia. Come la psicanalisi può aiutarci a decostruire le dinamiche organizzative.
La psicanalisi ci aiuta a capire i significati.
Qual è il primo lavoro che si fa in assoluto? Il gioco. Riguarda:
Qual è il significato psicologico del lavoro? Freud sostiene che il soggetto si adatta malvolentieri al lavoro, che risulta essere una costrizione. Il lavoro deve avere un altro motivo che non sia i soldi.
Il lavoro può divenire oggetto di investimento energetico e favorire il contatto con la realtà.
Sublimazione come meccanismo di difesa. La mente ha come obiettivo mantenere l’equilibrio. L’equilibrio è messo in gioca da varie cose:
meccanismi di difesa:
La domanda è: perché ho scelto il percorso x? cosa mi ha portato? La scelta del lavoro in una prospettiva psicoanalitica deriva da motivi inconsci che possono essere indagati solo in analisi che possono essere indagati solo in analisi. Motivazione che porta a una scelta è più profonda:
Nel significato del lavoro Freud ci dice che più è rigida la nostra
struttura mentale, più facciamo fatica a entrare in organizzazione meno
rigide, più lasche.
A seconda della personalità, funzionerai bene in una organizzazione
piuttosto che un’altra. Se la regola è molto rigida, il Super Io è molto
rigido, e interiorizziamo a partire dai 4-5 anni di vita.
Interiorizzazione (dei contenuti dei genitori) -
avviene perché quando si è bambini portiamo dentro di noi le cose brutte
per identificare la cosa brutta e poterla controllare. Divento
l’aggressore per poter non essere aggredito, divento la morte, per poter
neutralizzare la morte.
Cambiare sempre lavoro, compagno/a, paese, è indice di una volontà di non affrontare il problema.
Duplice visione del lavoro:
Spesso si sviluppa un conflitto, uno sfasamento tra le due cose; spesso nella fase iniziale siamo portati a idealizzare. Il processo di idealizzazione è fondamentale, perché permette di avere una carica.
Tutti i sistemi mentali sono come una moneta a due lati. Dal lato opposto dell’idealizzazione c’è la svalutazione.
Il lavoro funziona così: dovrebbe arricchirci, ma a volte ci aliena. Il rischio dell’alienazione è la perdita dell’identità.
Lavorare stanca (film degli anni 2000). Oltre le nuvole - George Clooney
Tantissimi autori hanno parlato del lavoro.
Nella narrazione la storia diventa reale, la persona diventa reale. Una persona che si racconta diventa reale. Altri autori prendono il pensiero freudiano e fanno emergere l’idea di un essere umano più relazionale.
Un super-io sufficientemente flessibile facilita il processo di sublimazione. Un super io rigido e persecutorio può essere un ostacolo all’accettazione delle regole che il lavoro contiene sempre.
Il lavoro offre la possibilità di istituire una identità. La situazione di partenza di ogni individuo è la zona di comfort. Cosa ci impedisce di uscire dal comfort, dalla comodità?
L’identità si costruisce su una matrice, che è una matrice culturale. La nostra cultura è basata su:
Generazione dei nostri genitori è superegoica: prima il dovere poi il piacere.
Freud: fintanto che sto con una mia identità non ne cerco un’altra, perché non ne ho bisogno. Quando il bambino deve cercare un’identità, cercherà una relazione. Creatività è l’esemplificazione di una identità.
Goffman, Asylum
Il lavoro ci offre la possibilità di essere istituzionalizzati.
Cultura: le regole istituzionali offrono dei chiari limiti, ci sono delle regole anche non scritte che codificano i comportamenti. La cultura così intesa è una struttura di codice di senso espressi da un sistema simbolico attivo in ogni momento della vita organizzativa.
Ogni individuo interiorizza la cultura a cui appartiene.
La cultura organizzativa ha due livelli di contenuti:
Tutte le organizzazioni in quanto composte da individui, hanno dei meccanismi difensivi. Esempio: capro espiatorio.
Esempi di difese: (Jaques, 1975)
Tipologie organizzative (Kets De Vries)
Psicodinamica della vita organizzativa (Quaglino).