M. Seel - L’apparire prima della parvenza. Considerazioni per un’estetica dei media

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Gabriele Ferri

Università di Torino

Mercoledì 15 maggio 2024

1. Estetica dell’essere e apparire

Estetica dell’essere:

ci sono alternative??

  • Secondo Platone, le arti riproducono ciò che appare: i poeti e gli artisti riproducono una parvenza.

  • rimangono due alternative:

    • o si approva la parvenza come pregio - Kant (piacere e dispiacere - esperienza della finalità), Nietzsche (capacità dell’artista di agire in senso extramorale e di “vivere gioiosamente”)
    • o l’arte permette accesso alla verità - Schopenauer (affrancamento temporaneo dalla volontà), Heidegger (disvelamento dell’essere)

La discussione attuale dimentica il dualismo platonico

  • La discussione attuale sull’estetica dei nuovi media (media elettronici) considera questa alternativa obsoleta e pretende di superarla.
  • Ma questo gesto porta con sé un errore, secondo cui non esisterebbe più opposizione tra essere e parvenza.

Apparire

la dimensione fondamentale dell’estetica

  • Prima di scegliere tra essere e parvenza, essere oggetto di un particolare modo della percezione è la prima relazione possibile con l’opera d’arte.

  • L’opera d’arte, prima di essere essere o parvenza, deve essere percepita nella modalità del suo apparire.

  • Questo apparire viene prima:

    • della relazione con ciò che in esso si potrebbe mostrare
    • prima dello svelamento dell’essere o dell’evocazione della parvenza.

.

L’apparizione dell’opera è apparire di se stessa

  • L’apparire dell’opera d’arte va concepito come l’apparire di se stessa, e non di qualche cosa.
  • L’essere dell’opera d’arte è il suo apparire, che è apparire né di un’essenza né di una parvenza.
  • Le proprietà che vengono attribuite all’opera sono rilevanti solo se si riferiscono al processo di percezione dell’opera d’arte.

Esempio: il peso di una scultura non ci dice nulla della costituzione estetica di una scultura, ma ha una rilevanza estetica solo se riferisce al processo di percezione della scultura - se la pesantezza è percepibile oppure no.

L’opera d’arte anzitutto è sempre a disposizione di una percezione

appare - sia come rivelazione che come messa in scena

  • La condizione fondamentale dell’opera d’arte è di essere a disposizione, nel suo apparire, di una percezione.

  • L’essenza dell’opera d’arte sta nell’apparire a una percezione

  • Il suo apparire può essere inteso come rivelazione dell’essere o messa in scena della parvenza - ma spesso questa è più o meno e allo stesso tempo entrambe. Può anche non essere nessuna delle due, e solo un gioco di apparizione.

  • A fronte di questa nuova definizione, si aprono delle opzioni - l’estetica della parvenza può superare il confinamento alla teoria dell’arte, definendo l’attenzione estetica in generale come attenzione orientata all’apparire di ciò che appare.

2. Estetica, nuovi media, arte mediale: due installazioni video come esempio

Estetica dei media

L’estetica dell’arte è gia “mediale”

  • A partire almeno da Hegel, l’estetica dell’arte è stata estetica dei media: ha dovuto rendere conto della particolarità del medium delle varie forme d’arte, esplicitando come la pietra, il suono, il colore, si mostrano nell’opera in quanto pietra, suono, colore.
  • Estetica dei media è dunque estetica di particolari tipi di media - quelli elettronici - usati in senso artistico.

Differenza arti tradizionali e nuove forme d’arte:

  • Arti tradizionali: materiale e medium sono inseparabili: c’è un medium che è anche materiale sensoriale (es. notazione musicale - il simbolo che raffigura la nota non può esistere separatamente dalla carta).
  • Nuove forme d’arte: materiale e medium sono separabili - il medium è il codice, che si differenzia dagli effetti percepibili del codice - cioè la loro manifestazione empirica.
  • Il medium digitale non è vincolato ad un materiale sensibile percepibile e può essere trasformato in qualsiasi modo (manipolato).
  • Opera codificata in digitale ha una costituzione fenomenica diversa da un’opera convenzionale.

Le opere digitali sono opere d’arte?

devono poter essere percepibili nella sfera del corpo

  • La codifica digitale di opere già esistenti non può essere considerata un’arte mediale. Questa si ha solo se le opere non possono essere conservate in maniera diversa.
  • L’opera digitale infatti, non percepibile dai sensi umani nel modo in cui è codificata (codice) deve poter entrare nella sfera del corpo. I fenomeni estetici si danno solo nella sfera di una percettibilità sensoriale.
  • I dati - che non hanno nulla di estetico di per sé - si devono adattare all’apparizione.

Cos’è l’arte mediale

Arte mediale è arte dell’apparire

  • L’arte mediale non è quindi in primo luogo né arte dell’essere né della parvenza, ma anzitutto dell’apparire.
  • Riflessioni ontologiche sulla identità di queste opere non posso essere separate da osservazioni fenomenologiche sulla realizzazione della loro parvenza.
  • L’apparire mediale provoca tutti i fenomeni della parvenza.

Spazio di proiezione per Documenta IX - Gary Hill

  • sala lunga, buia, priva di rumore.
  • delle figure umane proiettate si alzano e si dirigono verso l’osservatore, rivolgendosi a lui o a figure dietro di lui, poi se ne vanno
  • siamo davanti a degli Scheinsubjeckte (soggetti illusori)
  • al movimento dello spettatore in una determinata zona, le figure si alzano e vanno verso di lui
  • gli spettatori reagiscono alla presenza di un’opera che nasce sotto l’influsso del loro comportamento

Osservazioni:

  • come ci poniamo rispetto a queste figure?

  • chiediamoci: proviamo timidezza? perché la proviamo se i personaggi non sono reali?

  • perché li guardiamo in modo così insistito?

  • queste questioni sembrano essere risolte da un’estetica dell’essere: o le immagini sono vere, o sono false

  • ma la base della parvenza a cui entrambe ricorrono è l’apparire, lo stare di fronte dell’opera rispetto all’osservatore.

  • quelle figure, in altre parole, provocano degli effetti reali, delle sensazioni reali: i fenomeni della parvenza. Apparire mediale .

Installazione: Anthro-socio - Bruce Nauman (1991-1992)

installazione audiovisiva

  • 7 voci da teste (senza corpo e rotanti) e provenienti da 4 monitor creano un singolo brusio indistinto ripetendo all’infinito 3 frasi:
    • Help me / Hurt me / Sociology
    • Feed me / Eat me / Anthropology
    • Feed me / Help me / Eat me / Hurt me
  • chi si avvicina può ascoltare ciò che dice un singolo monitor
  • chi rimane al centro riesce a percepire solo un brusio indistinto

Anthro-socio: osservazioni I

  • la condizione sonora di un’installazione non può essere sintetizzata - canto e urlo allo stesso tempo.
  • si mescolano rispetto all’umano elementi naturali (mangiare, essere mangiati) e della sua artificialità-cultura (aiutare e ferire).
  • riduzione dell’essere umano al contrasto creaturalità/artificialità

Anthro-socio: osservazioni

un tentativo di spiegazione di quest’opera mostra l’inoperabilità del dualismo platonico

  • qual è la verità di questa installazione?

  • una spiegazione in termini di essere o parvenza è insufficiente: il punto non è che l’oggetto deve essere percepibile affinché ci sia la possibilità di percepirlo in quanto arte; ma qualsiasi analisi possibile prende le mosse dall’ apparire dell’opera come presenza fenomenica, resa possibile dai diversi dispositivi elettronici (i monitor).

  • impossibilità di conciliare ciò che avviene contemporaneamente: i monitor non possono essere guardati tutti insieme.

  • il senso dell’opera è cioè completamente ancorato alla situazione letterale e situativa della sua materialità

  • la testa senza corpo mostra sia l’assenza di corpo che una corporalità estrema

3. Arte e virtuale

Arte nel cyberspazio

qual è il rapporto tra virtuale e reale?

  • parvenza costitutiva del cyberspazio: in un mondo virtuale, la nostra percezione è rivolta a un luogo che non è il luogo in cui fisicamente ci troviamo. siamo in due spazi contemporaneamente non si tratta di uno spazio metaforico immaginario, come quello di un libro, ma uno spazio di fatto che cambia con il nostro movimento fisico
  • percepiamo i nostri movimenti nello spazio reale come se fossero movimenti di uno spazio immaginario

.

Dove siamo quando “siamo” in uno spazio virtuale?

Benjamin, Saggio sul Surrealismo

  • per Benjamin, si apre uno spazio immaginativo (Bildraum) identico allo spazio reale
  • ma questo spazio non sarebbe identico allo spazio reale, bensì uno spazio reso possibile da uno spazio reale (quello delle apparecchiature che mi permettono l’interazione con questo mondo)

In generale, oggi mancano:

  • una fenomenologia dello spazio virtuale solida
  • possibilità di una valutazione ragionata dello stimolo che possiamo trarre dalla permanenza in questi spazi

Percezione dei mondi virtuali

quando verranno frequentati di più, avremo

  • una percezione pragmatica, legata agli oggetti della conoscenza nel virtuale (es. usare un archivio online)
  • una percezione estetica, legata allo spazio-tempo della percezione

In altre parole, l’accessibilità di un luogo virtuale è diversa dall’uso estetico che possiamo fare di un luogo virtuale.

Spazio immaginativo virtuale

spazio d’immaginazione che fa emergere le possibilità di realtà e immaginazione

La tecnica del cyberspazio non è artistica in quanto tale: lo spazio immaginativo virtuale potrà acquisire un carattere estetico a condizione che la permanenza in esso si possa distinguere da:

  1. permanenza in uno spazio reale
  2. permanenza in uno spazio immaginario

La permanenza in uno spazio immaginario diventerebbe permanenza in uno spazio d’immaginazione, facendo emergere le possibilità di entrambi gli spazi.

  • L’unità di spazio reale e virtuale sarebbe l’oggetto di questa arte - in questo caso si troverebbe al di qua della parvenza: si troverebbe nell’apparire dello spazio virtuale in una situazione reale e in una virtuale.

4. Aistetica?

Estetica dei media

È aistetica - una nuova teoria generale della percezione?

  • Gli esponenti di questa nuova disciplina, l’estetica dei media, pretendono di formulare non una teoria estetica, ma una nuova teoria generale della percezione
  • Cioè i nuovi media sarebbero una nuova modalità fondamentale della percezione tipica dell’epoca postmoderna
  • Questa nuova disciplina si presenta come aistetica. Secondo questo approccio è inopportuno riferire i fenomeni dell’estetica esclusivamente mondo dell’arte

Test Rötzer

  • L’autore decide di sottoporre le proprie ipotesi sull’estetica dei media a un Test Rötzer
  • Florian Rötzer ha presentato il dibattito sull’estetica dei media a un pubblico più ampio - raccoglie le posizioni vari autori che sostengono che si deve trattare l’estetica dei media come argomento singolo di una estetica tradizionale - un’errore

Weibel

estetica come semiotica del potere

  • Cita Peter Weibel, che mostra come la struttura concettuale dell’estetica sia ormai inutile. L’arte si è trasformata a causa dei media tecnologici.

    • Weibel sostiene come Foucault un’arte ironica - che si confronta con i rapporti di potere svelandoli

    • Data l’impossibilità di una fondazione ontologica, puntiamo su una fondazione semiotica dell’arte*, perché essa pone il problema del potere

    • cioè: la realtà è un effetto prodotto da sistemi di potere e segni contingenti

    • In questa prospettiva, per una teoria dell’arte (strettamente riferita all’arte) è indifferente un’ontologia dell’essere o del potere - il suo compito rimane uguale: svelare qualcosa che si compie dietro i fenomeni

    • La teoria di Weibel è quindi una versione alternativa dell’estetica dell’essere, contro cui si rivolge contro

Paul Virilio

estetica della sparizione

  • Sostiene che è esistita un’estetica dell’apparire a partire dall’invenzione della lastra fotografia (Niepce):
    • prima le cose venivano direttamente dall’essere, dalla materia, dalla tela della pittura e dalla costruzione architettonica
    • l’uomo tentava di far apparire delle forme, ad esempio nella pittura.
    • ora le immagini esistono proprio perché spariscono
    • anche secondo lui, quindi, tutto si è capovolto.

Critiche:

  • l’idea che le cose ‘spariscano’ non può essere presa sul serio - si devono poter dare le comparazioni tra le cose (alcune immagini spariscono, ma altre rimangono)
  • le cose prima di sparire, devono essere o apparire
  • quindi anche questa è un’estetica dell’apparire
  • qui questo apparire viene solo definitivo ex negativo (cioè: dicendo cioè che non è)

Abbandoniamo l’estetica dell’essere

ma dove emerge l’apparire autonomo?

  • Questo tipo di estetica vorrebbe abbandonare l’estetica dell’essere e il discorso della parvenza - ma non capisce che l’apparire può anche essere concepito come apparizione non già di qualcos’altro, ma come apparire autonomo.

  • L’apparire autonomo emerge:

    • nell’arte tradizionale: la scultura del David che si erge e gode di una sua stabilità e autonomia
    • nel cinema è ulteriormente evidente: l’opera ha una sua autonomia
    • quindi anche se c’è un cambiamento importante - la definizione di un’apparire non-metafisico - non c’è uno sconvolgimento così radicale dell’essere come ipotizza Virilio.

Vilém Flusser

il concetto di parvenza digitale

  • Flusser porta all’estremo la tesi per cui i media hanno portato un radicale sconvolgimento del paradigma estetico tradizionale: dobbiamo intendere tutto, compresi noi stessi, come una parvenza digitale.

  • Gli oggetti intorno a noi, ciò che veniva chiamato anima, vanno pensati come computazioni di punti.

    • questo perché non riusciamo più a distinguere tra verità e parvenza o tra scienza e arte.
    • La bellezza deve essere l’unico criterio di verità ammissibile. Tanto più la parvenza è bella, tanto più sono reali e veri i mondi proiettato.
    • Finché i mondi alternativi sono percepiti come belli, i mondi sono anche la realtà in cui viviamo
    • Noi stessi [non siamo più soggetti ma] siamo i fari che proiettano nel nulla mondi alternativi per contrastare il nulla: possiamo affermare che tutto ciò che appare reale è da percepire come computazione.

Flusser: Ruolo dell’artista e progresso

  • L’artista è l’essere umano come progetto, un analista sistematico e sintetico che pensa in modo formale. Visione di progresso, dell’essere umano come artista creatore.
  • C’è una avventura dell’umanizzazione che è arrivata al punto di non riuscire a farci distinguere tra scienza e arte.

Critiche:

  • possiamo ancora farneticare di un’avventura dell’umanizzazione
  • non possiamo pensarci come soggetti, come fari che proiettano nel nulla, come soggetto creatore del mondo.

Profeti dell’epoca mediale

non vale la differenza tra essere e parvenza

I profeti dell’epoca mediale obbediscono a questo slogan per cui la differenza tra essere e parvenza oggi non vale.

  • Tra questi:

    • Rötzer
    • Dietmar Kamper
    • Peter Zac
    • Holger van den Boom: la perdita di realtà non è una vera perdita - la paura della parvenza nasce dal fatto che le persone vedono un numero crescente della realtà trasformati in software sotto ai loro occhi.
    • Norbert Bolz

N. Bolz

Breve storia della parvenza

l’estetica digitale […] ci conduce […] verso un aldilà di significato segnico, di senso e oggetto che […] non ci conduce però fuori dal labirinto del possibile, ma sempre più profondamente dentro al mondo del combinatorio, del multiplo e degli eventi permutazionali. Andiamo in labirinti estetici con i quali ci esercitiamo ludicamente alla realtà della parvenza.

5. Conclusioni

Il Nietzsche semplificato:

Il punto comune di tutte queste argomentazioni

  • Il punto comune di tutte queste argomentazioni è il Nietzsche semplificato:

    • poiché la nostra intera conoscenza poggia sull’utilizzo di media della conoscenza - sensi, linguaggio, telecamera, computer) qualsiasi conoscenza è costruzione mediale.
    • Tutta la verità è invenzione e tutta la realtà parvenza.
  • Ma non possiamo pensare che i processi di digitalizzazione e virtualizzazione mettano sottosopra i concetti di verità e realtà, pur causando sicuramente degli sconvolgimenti radicali nel nostro modo di vita.

Errori del Nietzsche semplificato

  • La conclusione è sbagliata: anche se il conoscere è costruttivo non si può affermare che sia esclusivamente costruttivo.

  • Ma che la verità sia una proprietà degli enunciati non significa che la realtà sia tutta questione di parvenza: ma significa che la verità è accessibile solo attraverso una nostra presa di posizione nei confronti della verità degli enunciati

    • anche se gli epistemologi ‘aistetici’ affermano che l’abbandono di un realismo metafisico obblighi all’accettazione del carattere finzionale della realtà, questo può farlo solo chi assume tacitamente che un realismo metafisico sia l’unico modo per evitare un estetismo epistemologico.

Ripensare le differenze per descrivere la nuova realtà

L’estetica dei media impazzita si sottrae al “compito storico di ripensare i concetti portanti della comprensione del mondo in rapporto ai cambiamenti storici tecnologici che aprono nuove possibilità di percezione e di conoscenza.

  • Bisogna iniziare ad assolvere questo compito ripensando innanzitutto le differenze necessarie per descrivere la nuova realtà:
    • essere e parvenza
    • reale e virtuale
  • Quindi sviluppare strumenti specifici (di che tipo? fenomenologici?) per sviluppare questo tipo di analisi

La risposta all’estetica dell’essere

non è un’estetica dell’assoluta parvenza

  • Senza le dovute differenziazioni tra spazio reale e virtuale la struttura di opere come Hill o Naumann non potrebbero essere descritte - per non parlare dei prodotti dell’arte cibernetica.

  • Seel rigetta il criterio accettato dai profeti dell’epoca mediale, quello di un necessario superamento della differenza tra essere e parvenza. Un’estetica dell’assoluta parvenza è la risposta sbagliata all’estetica dell’essere.

  • Una estetica dei media adeguata deve sviluppare un linguaggio adatto a un mondo in cui l’influenza mediale aumenta sempre di più.