Bibliografia

Glossario

Simon Weil

Eckhart

#1 : giovedì 18 aprile 2024

Informazioni preliminari

Si inizia alle 17.15. Se non si fa la pausa si finisce alle 19.30.

Esame:

Testi:

Moodle:

Definizione di misticismo

Mistica e misticismo? Quando possiamo usare questa parola? Si pensa che la magia, il misticismo spesso siano una parte della filosofia come legati a una sorta di esoterismo deteriore.

Il misticismo per indicare quella parte della filosofia che concerne gli stati più elevati della conoscenza e dell’amore, e che riguarda la conversione e il ritorno dell’essere umano alla sua origine metafisica. […] Questi stati più elevati della conoscenza e dell’amore (o esperienza) afferiscono a un dominio ancora ulteriore in cui questi due vettori trovano la propria germinazione.

Conseguenze di definizione:

  1. il misticismo è una parte della filosofia seria
  2. il misticismo prevede uno schema metafisico che comporta:

Anche quando l’essere umano si volge verso l’origine, non abbandona il cosmo, la natura esplicata, il corpo esplicato, dunque il mondo.
L’essere umano che si rivolge all’origine si differenzia rispetto agli altri enti e rispetto anche agli altri esseri umani. C’è un certo disprezzo (limitato) nei confronti del mondo. Ci sono delle correnti di misticismo estremo, che prevedono un sacrificio da parte dell’individuo, che deve sacrificare la propria componente creaturale. Questa è un’idea di misticismo molto radicale, in cui per tornare alla propria origine metafisica bisogna disintegrare la propria forma umana. 3. Ritornare: questa idea di ritorno all’origine significa fare conoscenza dell’origine all’interno dell’esperienza.
Qui si possono già evidenziare due direttrici:

Due tipi di misticismo

Secondo alcuni studiosi, si possa parlare di misticismo solo dal 1700 in avanti, secondo alcuni ragionamenti filologici. Può essere vero, ma definendo il misticismo come l’abbiamo definito si può trovare il misticismo in autori precedenti il misticismo, come Plotino.

Facendo un discorso teoretico si cerca di dare delle definizioni che possano comprendere meglio anche fenomeni filosofici che presentano i caratteri del misticismo prima del 1700.

Genericamente e fornendo delle categorie generali per orientarci, possiamo individuare due tipi di misticismo:

Principio personale e principio impersonale

Principio metafisico: Dio.
Ad esempio Eckhart dice che il concetto di Dio va superato in quello di divinità.

Posso dire Dio, divinità, principio metafisico.

Il principio metafisico può essere di due tipi:

La derivazione può avvenire secondo libertà o secondo necessità. In generale, se per il cristianesimo si parla di libertà, in un contesto neoplatonico, in cui dall’Uno deriva il cosmo, se in una prima fase della ricerca si parlava di necessità, c’è una coincidenza di libertà e necessità.

In autori cristiani come Eckhart e Cusano, è tale l’influenza del neoplatonismo di Proclo che il principio impersonale - principio libero, siamo sempre in un’ottica di cristianesimo - abbia un carattere necessario, bonum diffusivum sui, diffusivo per suo stessa natura. In Eckhart possiamo parlare di bonum diffusivum sui.

Anche Cusano nelle prime opere non parla di creazione di Dio, ma di esplicazione. A Dio tutto è co-implicato. Tutta sta all’interno della divinità. Dice Cusano che la divinità si esplica, cioè svolge una cosa che già possiede interamente.
A partire da un certo punto Cusano - influenzato da Eckhart - usa creazione, iniziando a sottolineare la volontà divina. Sottolinea la volontà del principio che si dà nella creazione.

Anima del mondo

Bruno parla di monade prima, monade seconda (che può essere considerata l’anima del mondo dei neoplatonici).

In un opera che si chiama Lampada seginta statuarum (lampa dalle 30 statue), Bruno mette all’origine i principi della luce (pienezza, bene) e dei principi di tenebra (male, vacuità, orco, abisso).

Gli autori più difficili sono Bruno e Weil. Heidegger è difficile, ma con il testo introduttivo si riesce. Dedicheremo meno tempo ad Heidegger e Hakim Bey.

Tutti gli enti di natura sono teofanie, lumi divini, degli enti limitati attraverso cui si mostra la divinità. Il limite, il confine, è usato nel senso della classicità: permette, avendo una mancanza, di avere un confine che è il campo di espressione della divinità. Il limite, cioè, permette alla divinità di manifestarsi.

Giordando Bruno userà il concerto di Minuzzarìa: anche gli enti più marginali, gli scarti, sono enti teofanici, pieni di divinità. Questo viene utilizzato da Bruno soprattutto nelle sue opere magiche - in questo senso il mago è per Bruno colui che è riuscito a stabilire un contatto con l’origine. Così il mago opera con le minuzzarìe.


Cuozzo ha scritto dei libri sull’“etica del resto” in cui parla anche delle minuzzarìe.


Espressione/processione e sottrazione/caduta

Cusano dice che chi vuole trovare l’origine deve prima andare alla scuola del mondo sensibile: gli enti di natura mostrano la divinità. Chi si vuole distaccare dal mondo, deve iniziare dal mondo. Questo è da intendersi come più vicino a un paradigma di espressione/processione.

Posso anche avere una dinamica legata ad una sottrazione/caduta: gli enti di natura sono teofanie in senso meno forte, e la critica agli enti di natura e nei confronti del cosmo sensibile sarà più forte.

Realtà stratificata: ambivalenza di ogni livello

Abituiamoci a questa idea di una realtà stratificata.

Esempio: la creazione può essere considerata + come teofania + come “perdita d’essere”

Per Eckhart la trinità: + aspetto positivo: ogni persona rimanda alla totalità + la trinità è negatio negationis: una radicale negazione della negazione portata dalla determinazione


Scritto sull’Iliade e la filosofia della forza


Vedere il file: Schema Weil su Moodle.

Neoplatonizzante significa iscritto nell’arco del neoplatonismo, ma con dei caratteri specifici che lo differenziano, che derivano dalla mistica ebraica, dallo gnosticismo.. ecc.

C’è sempre una matrice di antropocentrismo in tutto questo pensiero, anche se limitata dall’idea della teofania, perché l’essere umano è l’ente posto in evidenza nello spettro del cosmo, in quanto è l’unico ente che può tornare all’origine.

L’essere umano si muove da uno schema (la realtà) già posto dall’origine. Anche l’essere umano che fa esperienza dell’origine non si sostituisce mai alla divinità.

In Simon Weil la “freccia verso l’alto” funziona in modo peculiare, l’ascesa è più una discesa: la divinità discende, sottranea una sua componente - l’effetto più compiuto di questa discesa è la crocifissione. Questa discesa è una discesa forte. L’essere umano che vuole ascendere non deve salire, ma deve discendere, come ha fatto la divinità. L’immagine è quella della leva. In questo senso devo accettare il male - solo accettando il male posso in parte pormi come barriera. C’è un amore per la sventura.
In termini Bruniani, secondo Weil io “devo farmi” minuzzarìa.

Film tipicamente Weiliano è Martyrs (2008). Influenza anche di Bataille.

Enti naturali e origine: 3 schemi

Primo schema

Il primo schema è quello polare, ascesa, discesa. L’origine è unita agli enti da linee ascendenti/discendenti.

Secondo schema

Il secondo schema è quello radiale. Rispetto a Cusano per esempio.
Posso mettere gli enti naturali intorno all’origine. Metafora degli specchi e metafora dell’icona (entrambe cusaniane). C’è uno schema polare e uno radiale.

Il secondo tipo di schema ci fa capire:

Terzo schema

Secondo un terzo tipo di rappresentazione, la divinità è un luogo perfetto infinito, divino, indeterminato, eterno. Non determinato dallo spazio del tempo. Il luogo è soltanto una metafora.

Come cambia il rapporto con la natura?
Abbiamo visto che per Latouche la natura diventa il principio alla quale tornare.
In Heidegger quando l’essere umano si dà al pensiero tecnico, la natura viene sfruttata. In Bruno, il mago opera modificando una porzione di natura. Il mago riesce a dominare la natura anche da un punto di vista politico. Il mago di Bruno non abbandona mai le vicissitudini, cioè il concorso umano. In Bruno c’è un’idea di dominio guadagnata attraverso l’opera interiore.

Immanenza e trascendenza

In queste forme di pensiero, si dice che il principio è sia trascendente sia immanente.

Trascendenza –> differenza Immanenza –> identità

Quando parliamo di immanenza parliamo di una identità, di una presenza radicale: ad esempio sottolineamo il carattere immanente della teofania.

Il principio è sempre trascendente. Anche nel caso in cui l’uomo si vincola in modo consapevole alla divinità, resta sempre lontano dalla divinità. È anche sempre immanente perché c’è sempre questa idea della teofania.
Allo stesso tempo il piano della divinità eccede il piano della natura e del cosmo. Secondo lui sussistono entrambe ma con una leggere precedenza della trascendenza.

Il principio è ubique et nusquam. Una formula che si ritrova anche nelle Enneadi.
Ogni ente è teofania ma nessun ente risolve la perfezione del principio. Un esempio di ciò è il concetto di contrazione di Cusano.

#2: venerdì 19 aprile 2024

Il discorso mistico usa molte immagini (es. Eckhart) per rappresentare la natura divina dell’essere umano.

L’essere umano deriva dalla divinità (I schema) ed è fissato all’interno della divinità (III schema).
In tutti gli autori si trovano dei riferimenti spaziali.

Ma cosa fa sì che l’essere umano abiti la verità? Nell’essere umano c’è una componente di natura divina, esso è abitato dalla verità. Tutti gli enti sono in qualche modo divini (teofania). Ma non è mai un immanentismo né un panteismo, c’è un livello della divinità che eccede le cose stesse. C’è una radicale differenza legata alla trascendenza, che trascende appunto l’identità, cioè l’immanenza.

Imago Dei, scintilla dell’anima, apex mentis, castello

L’essere umano non è solo un ente determinato, che può essere chiamato teofanico, e oltre a esprimere la divinità, traducendone il principio divino secondo un limite, presenta anche un punto di identità con la divinità. È quindi una teofania, ma a differenza degli altri enti (antropocentrismo) c’è anche una componente divina identica alla divinità. A seconda dei pensatori ci sono vari nomi per definire questa identità: Eckhart e Cusano chiamano questo elemento imago Dei - ma gli studiosi dicono che questa imago significa identità: questo punto è identico alla divinità.
Imago rimanda alla metafora catottrica in Cusano, legata all’idea dello specchio, legata all’idea del superamento dell’identità. Immagine = modello. Eckhart utilizza scintilla dell’anima, castello (la parte alta della città, come parte alta dell’essere umana - recupera un significato di elevazione), e afferma chiaramente che si tratta di un’identità. Nella tradizione neoplatonica si usa apex mentis, cioè apice della mente.

Ci troviamo nel territorio del misticismo speculativo, dove si dà particolare centralità all’intelletto come mezzo per arrivare a Dio. L’apice della mente è una componente identica alla divinità, pur rimanendo l’essere umano in una dimensione bassa riesce ad ottenere una connessione con la divinità, grazie a questo punto in comune.

Conferma dell’imago Dei

Quindi l’uomo è già divino così? È già divino ma deve confermare la presenza divina: deve riconoscerla, deve vederla, deve sapere che c’è una divinità che gli dona questa componente - in questo senso deve riconoscersi subordinato e vincolato alla divinità.
Lo sviluppo, la sapienza in Bruno, è legata sempre all’umiltà (tema ripreso da Agostino). L’essere umano ha una scintilla divina e coltivarla, confermandola. In questi casi si parla di realizzazione dell’immagine. L’essere umano ha l’imago Dei, non è imago Dei, è un complesso creaturale che ha varie componenti e una di queste è l’imago Dei - componente che decreta l’essenza dell’essere umano, che lo lega alla divinità. Questa è presente in tutti gli umani. Ciò a differenza di quanto sostengono alcune sette dello gnosticismo, per cui solo alcuni individui hanno questa scintilla divina.

Complicazione, Esplicazione, Contrazione

Per capire questa dinamica possiamo citare il pensiero di Cusano, nel concetto di contrazione.


Introduzione a Niccolò Cusano, Giovanni Santinello (Laterza).


Complicatio

Tutte le cose sono co-implicate in Dio. Complicazione è riferito alla divinità. La divinità è complicazione di tutte le cose. La divinità è a un livello semplice e unitario - può essere rappresentato come un punto nella sua semplicità: a partire da questo punto, che gira su se stesso (attività) procede l’universo.
Divinità è semplice, unitaria e perfetta. In questo punto sono complicate (cioè co-implicate) tutte le cose. Qui c’è l’eternità (essenza di tempo). Questo è un infinito negativo, cioè un infinito dove non ci sono determinazioni. Il nome più appropriato, secondo Eckhart e Cusano è Uno.

Explicatio

Tutte le cose si esplicano nell’universo, nella natura esplicata. Tutte le cose si sviluppano a partire da questo punto esplicandosi, cioè si dispiegano nell’universo sottoposte al tempo come enti molteplici. Questo infinito si chiama infinito privativo, cioè segnato dalle determinazioni - perché il nostro è universo infinito, composto da una serie infinita di elementi finiti.

Contratio

Ogni ente esplicato è un ente contratto - la contrazione indica una privazione. La divinità è contratta negli enti determinati: la divinità è lì dentro, ma in un modo in cui le “manca qualcosa”.

Secondo Santinello: “nella contrazione è presente tutta la divinità - non può esserci una parte, perché la divinità non ha parti in quanto non è determinata - ma secondo una prospettiva particolare (si rifà probabilmente al prospettivismo di Cusano - per Cusano ogni ente è considerato una prospettiva sulla verità - tema ripreso dall’ermeneutica del ’900, da Pareyson: verità come prospettiva).

Ogni ente è dunque contratto in quanto in ognuno c’è una divinità, ma secondo una prospettiva determinata e situata, segnata dal limite e dalla finitudine.
Tutti gli enti sono contrazioni della verità, lumi teofanici.

Cusano nell’Idiota demente dice che l’essere umano è Imago Dei. Questo ci fa capire che Cusano è più dalla parte del misticismo speculativo.

Bruno Vocab

Nei termini di Bruno, la mente è superiore all’intelletto, in altri luoghi parla di lume di ragione. C’è una componente divina nella dimensione legata alla volontà, detta da Bruno meridiano del core.

Predica nello stile di Eckhart

Si può leggere una predica di Cusano che sta su Moodle, in cui è centrale l’uso del termine latino ubi, che rimanda allo spazio. Stiamo leggendo una predica che si chiama: “Predica nello stile di Eckhart”. Edizione di Cusano, il Dio nascosto (ed. Laterza) (sta in biblioteca, e non i commercio) (anni ’40 del 400) - La predica fa parte di un quartetto di predicozzi.

Realizzare l’imago Dei: l’opera interiore

L’essere umano deve realizzare l’imago Dei… ma come? Deve compiere l’opera interiore, riconoscere la presenza della divinità, e collocare l’Imago Dei al centro della propria anima.

Eckhart utilizza due termini per descrivere l’opera interiore:

Distacco

Riguardano sia la dimensione gnoseologica sia quella ontologica.
Per distacco si intende il congedo dall’influenza degli enti determinati. È un distacco dall’influenza che la determinazione esercita sulla nostra anima. Non c’è una distruzione, una violenza esercitata sull’ente determinato. Il distacco riguarda la rimozione della coltre dell’influenza che gli enti determinati hanno su di noi.
Per questo c’è l’idea di fare il vuoto in alcuni autori - se io sono preso dagli enti determinati, questi occupano il mio spazio mentale con delle immagini (anche elevate, come concetti) - comunque nel fare ciò io racchiudo un certo ente in una certa dimensione, ma dimenticandomi della sua origine. Penso di poter racchiudere la perfezione divina tra le mura di un concetto, pensando di poterla padroneggiare e governare.

A partire dal medioplatonismo questa verrà chiamata teologia negativa. Se secondo la teologia positiva (o catafatica) si pone una determinazione per indicare la divinità (Dio è buono, Dio è ente sommo…), c’è il pericolo di non riuscire ad arrivare all’inesaurabilità della divinità.
La teologia positiva va superata con la teologia negativa, in cui dico ciò che Dio non è. Nella teologia negativa l’idea della negazione rimanda al distacco, in qualche modo è più trascendente.

Uno è una negatio negationis, un termine che rimanda a un processo di negazione estrema.

In alcune correnti dello gnosticismo c’è una fortissima critica della forma, una distruzione della forma dell’ente determinato (anti-cosmismo [volontà di distruggere il cosmo] e anti-nomismo [le leggi del cosmo sono un ordine che va distrutto]

Terzo livello

Ma c’è un ulteriore livello, Cusano chiama teologia mistica, circolare. Cusano in questo riprende Dionigi Aeropagita. Cusano cerca di mettere in una situazione di “corto circuito” le negazioni e le determinazioni. Prova a dire, dell’ente sommo, che tutte le cose che si possono dire, non gli convengono a causa della sua infinità. C’è un Dio nascosto. In questo passo prova a giocare con le parole, Dio non è né ciò che sussiste né ciò che non sussiste, è un principio anteriore a ogni pensiero. In altri pensatori questo terzo livello assume altri nomi. Eckhart parlerà di negatio negationis.

Abbandono

Ha due significati:

  1. distacco: distacco dall’influenza che le cose determinate hanno su di noi
  2. abbandono in Dio. Come se io mi abbandonassi alla divinità. Non c’è un ruolo attivo di chi si abbandona, non c’è un chiedere, ma solo un porsi in attesa.

Heidegger: nell’epoca della tecnica bisogna porsi in ascolto dell’essere, anche se viviamo in un mondo di enti che dimentica il principio. Pensiero rammemorante è porsi in ascolto dell’essere, di ciò che è assente.

L’abbandono è una operazione/opera interiore.

Bisogna svuotarsi, o farsi cavi, per riconoscere la subordinazione nei confronti dell’eternità.

Secondo Eckhart le opere interiori sono opposte a quelle esteriori. Quando c’è l’opera esteriore - guidate dalla creatura (le azioni dominate dall’attenzione verso gli enti determinati) non c’è opera interiore e viceversa. Quando c’è opera interiore è la divinità ad agire sull’essere umano. Eckhart attribuisce alle opere interiori la giustizia. I due tipi di opere sono due contrari incompatibili secondo Eckhart. Si tratta di contrari reversibili: posso sempre passare da uno all’altro. Posso sempre cambiare, sempre sempre sempre, ma non ci sono gradi intermedi.

Ci può sempre essere una conversione (conversio), un cambiamento di prospettiva. Sinonimi di conversione: metànoia o epistrophè.

L’amore inferiore (rivolto a enti determinati) si contrappone all’amore soprannaturale, verticale, pone quella orizzontale come manifestazione subordinata a quella verticale. Quando considero quella verticale, anche i rapporti che avrò con gli enti saranno di natura autentica in quanto incardinati in quel punto centrale che è l’origine.

NON SBAGLIARE: opere interiori e opere esteriori

Quindi se l’opera interiore è incompatibile con le opere esteriori, alcuni studiosi parlano di ritorno alle opere esteriori: non c’è una scansione temporale. Diciamo cioè che quando c’è un’opera interiore, spariscono le opere orizzontali rivolte agli enti determinati, ma l’opera interiore determina un particolare tipo di opera esteriore.
Le opere esteriori traducono le opere interiori di chi le compie, cioè chi le fa è guidato dalla sua parte più divina. L’opera interiore si caratterizza principalmente per la sua passività - c’è anche un versante attivo in quanto si tratta comunque di un’opera. Alcuni la caratterizzano come ricettività, per evidenziare sia il lato attivo sia quello passivo.

In ogni caso, operari sequitur esse: la qualità dell’azione è determinata dall’ente che compie l’azione.

Secondo Simone Weil bisogna accettare la sventura (esistenza dei totalitarismi), prendendola su di sè, in questo si può limitare la sventura - si passa da essere un criminale ad essere uno sventurato che limita la sventura.


Per Eckhart il primo passaggio di ritorno alla divinità è volgersi al sensibile: vedere la natura come teofanica. L’attenzione verso le cose contraddistingue l’amore - c’è qualcosa che proviene dalla presenza divina all’interno dell’essere umano..

Grazia

La divinità può essere considerata anche come grazia, parola che coincide con amore divino. La grazia è un dono incondizionato della vita. Non è segnato da determinazione o richieste, è un amore incondizionato.

Secondo Eckhart ci sono vari tipi di grazia:

In questo senso la grazia viene prima, durante e dopo l’individuo. Intervento finale della grazia seconda viene indicato con temi che rimandano a un’azione immediata, violenza:

È immediata e violenta perché si deve dare l’idea di un qualcosa che avviene fuori dal tempo.


Hakim Bey parla di schermi, immagini, come deviazioni dalla verità che vanno superate in modo immediato.


La grazia è intesa come questo intervento divino prima durante e dopo l’opera interiore.

Cusano nel De Visione Dei dice che la divinità è in un giardino del paradiso che ha delle mura. Quando faccio un’opera esteriore sono fuori dal muro; quando faccio un’opera interiore mi colloco sul muro, ma poi l’origine mi prende sul bordo, e mi rapisce.
L’opera interiore arriva fino alla porta a cui uno bussa, poi viene portato via con un’azione repentina.

Ma questo dal punto di vista dell’essere umano…cosa succede se mi metto nel punto di vista della divinità? Le cose cambiano.
Se parlo ex parte creaturae, ex parte hominis, succedono delle cose; se parlo ex parte Dei le cose funzioneranno in modo diverso.

Se grazia = Dio = verità = perfezione, e l’essere umano sta in questo campo, io devo dire che la grazie è una sola, ed è data a tutti: anche il peccatore sta nella grazia. Il peccatore sta nella grazia, ma è chiuso alla grazia. L’uomo che fa l’opera interiore si apre alla grazia - vivendo in modo autentico. Tutti abbiamo già ricevuto la grazia.


Latouche e la conversio

Latouche ragiona esattamente così, in termini mistici, pone nella posizione del principio la natura come organismo.

Quando deve dire cos’è esattamente la decrescita, ne parla come una metanoia. Devo cioè operare una vera propria conversione, che mi faccia riconoscere il senso del limite.
Bisogna operare una decolonizzazione dell’immaginario: cioè pulire il mio spazio mentale dalle immagini della società che mi portano a consumare in modo illimitato.
C’è una conversio sul piano dello spazio mentale, quindi a un doppio livello gnoseologico e ontologico.

AHAHAHAHAHAHAHAHAHA

Plotino si faceva le canne (forse?), insomma era uno psiconauta…


Oltre la linea, libretto confronto Junger-Heidegger.
Anche Junger ha un afflato un po’ mistico.


Libro interessante sugli aspetti mistici sulle sostanze


Avvicinamenti, droghe ed ebbrezza, Hakim Bey. Tradotto da Ugazio, il prof. in sedia a rotelle… come me tra poco


Fatti consigliare un libro introduttivo su Junger


Sono le 19.25 ancora cinque minuti… ora vado a casa e mi faccio una canna (ma senza unirmi a Lui…)


Per Hakim Bey c’è Il principio elementare, un principio caotico legato al dionisiaco, non completamente distruttivo che deforma (Hakim Bey cita anche Lovecraft) - è caos sia creativo sia distruttivo.

Secondo Junger la droga fa parte di quelle esperienze erotiche che permettono di vivere lo spazio anarchico e l’esperienza erotica. Retaggio della cultura di destra di Junger: sono “esperienze aristocratiche”, tentativi di aprire questo spazio al di là per aprire un livello ulteriore.

Nel mondo di oggi ci sono 4 possibilità di esperienza:

Non c’è quindi solo una mistica fusionale, non c’è mai una fusione ma un tentativo di mantenere una presa sulla realtà.


Intervista a Hoffmann


In Bruno il furioso migliore è quello eroico, ed eroismo significa un costante controllo dell’intelletto, e una presa salda sul reale che ottengo avendo stabilito una relazione con il principio del tutto.

#3: venerdì 26 aprile 2024 [PERSA] - ???

#4: giovedì 2 maggio 2024 [PERSA] - ???

#5: venerdì 3 maggio 2024 [PERSA] - Weil

#6: Simon Weil

[Disegnino A | Giovedì 9 Maggio agenda]

Il limiti tendono

La necessità tiene a bada la materia, si formula una potenza, che è la presa del limite sulla materia.

Secondo Simon Weil la materia è un margine oscuro - influenze neoplatoniche di Weil.

La materia va considerata come una sorta di risvolto oscuro del margine - l’ultima postazione del processo di creazione. La materia viene utilizzata anche metafora, immagine dell’opera interiore.

Chi compie l’opera interiore si dispone in una situazione di unità radicale che ricorda l’inerzia della materia. Il momento dell’opera interiore è il momento di farsi materia, per significare l’opera interiore come metafora dell’unità estrema: l’essere umano si fa inerte, si fa materia. Indica la ricettività estrema che contraddistingue l’opera interiore. L’opera interiore è un farsi passivo, uno svuotamento, un porsi una condizione di passività.

Questo equivale alla forma rispetto alla materia.



Le varie sfumature di necessità (filosofico) si possono trovare nel suo libro. In Dio c’è una sovrapposizione di libertà e necessità, c’è una convergenza. Sono coincidenti come nel modum diffusivum sui. Questo processo viene descritto come una sottrazione che è affermazione della grazia - un processo necessario.

Dobbiamo ricordare che questo processo, questa necessità, dipende da una coincidenza di necessità e libertà. Nel neoplatonismo quando si dice che questo è necessario si dice - attenzione, all’origine c’è una sovrapposizione di libertà e necessità.
In Dio insomma le due cose coincidono. C’è un trattato delle Enneadi in cui Plotino pone questo problema.

Il nostro mondo è il mondo dei limiti e della necessità. Il limite agisce sull’essere umano in modo freddo e necessario, vuole dipingere questo livello come un livello in cui lo spazio e il tempo agiscono sull’essere umano come un meccanismo rigoroso, geometrico. C’è l’idea di un ordine geometrico associato a questo livello. All’ingresso dell’Accademia c’era scritto che bisognava

Il limite, la proporzione era tipico della cultura classica. Ma il limite è anche gravità, c’è il vettore della dispersione. L’ordine geometrico è anche un meccanismo inesorabile, ha questa sfumatura. Questo perché questo è l’ambito della teofania ma anche quello della forza e della sventura - questo ambito agisce sull’essere umano come meccanismo rigoroso e talvolta impersonale. Il limite deriva dal limite divino, che è l’amore e l’impersonale. Viene chiamata necessità quella che presenta questo come un meccanismo rigoroso.

Il fatto che ci sia necessità non implica che non ci sia libertà - probabilmente usa necessità per dire che il limite agisce come meccanismo impersonale, inesorabile. Questo nella stessa accezione con cui Giordano Bruno parla di inesorabile - lo spazio e il tempo sono meccanismi ai quali io sono sottoposto.

richiamati:

Questi due termini indicano un certo rigore geometrico legato alla tecnica e al lavoro. C’è l’idea di questo livello come decorato da questo meccanismo sradicante.

Junger nella prima fase del suo pensiero dice che l’essere umano superiore riesce a superare questa mobilitazione totale, come in Giordano Bruno l’uomo che accetta la natura diventa superiore.

L’accettazione della vicissitudini può essere legata all’idea di amor fati. In Junger e Heidegger c’è l’idea del pessimismo disincantato declinato in questo senso. La situazione di amor fati non è paralizzante perché conoscendo il meccanismo il soggetto conoscente può intervenire nella situazione. Non si può dire quindi che esiste solo una dimensione necessaria, perché esiste anche la libertà.

Il tempo

Simon Weil usa metafore spaziali e temporali. In particolare nei Quaderni parla del concetto di tempo. Se talvolta una certa condizione del tempo può aprire la condizione dell’attesa divina - stando nel tempo in modo consapevole l’essere umano si apre alla totalità.
Altre volte il tempo è considerato una dimensione infernale, in quanto legato a una necessità sradicante. Lo sradicamento è legato all’azione del tempo - dove c’è tempo non c’è Dio. In questa prospettiva il tempo è una variabile che si oppone paradigmaticamente alla verità.

Ci sono 3 definizioni di questo concetto. Il tempo può essere:

Nella dimensione dell’ordine naturale, secondo la Weil mistica post-1939 è quella in cui domina il personale, perché in una prospettiva personale l’essere umano legge il tempo secondo la scansione passato-presente-futuro. Una dimensione teofanica, in cui però domina il personale. Quindi l’essere umano vede il tempo soltanto secondo una dimensione orizzontale. Non bisogna soffermarsi troppo su questo significato, ce ne sono altri.

Secondo Weil io devo abbandonare la prospettiva personale, entrare nella cadenza. La prospettiva personale è considerata negativamente, ma a volte si ha l’impressione che dia la possibilità che possa leggere l’ordine del tempo. Poi parleremo del concetto di lettura. Quando si parla di tempo dobbiamo parlare di questi tre livelli, soprattutto nell’ultimo periodo di Simon Weil.

In questa prospettiva personale che legge il tempo come passato presente e futuro, sembra che il presente non sia valutato nella sua pregnanza teofanica - il presente si trasforma nel luogo temporale in cui il tempo si trasforma nella dimensione dell’attesa. Il presente è considerato come il momento in ci nell’attimo trovo qualcosa di originario e trasformo il tempo.

Chi vive in una dimensione inconsapevole perde invece le dimensioni del passato e del futuro.
In una prospettiva personale, l’abbandono alla personalità è dato dalle immagini. Qui le immagini ocme in Eckhart hanno una valenza negativa. Tuttavia produce immagini consolatorie che abbandonano l’essere umano a una dimensione orizzontale. Quando vive delle sventuro, l’uomo le collega o a qualcosa del passato, o alla possibilità di esercitare una certa speranza fino a quando la sventura non passa. L’anima che si consola eleva la sventura collocata nel passato oppure secondo la speranza. Dove domina il personale domina l’immaginazione, e in questo caso si dimentica la divinità e non ci si apre. Tutti lato sensu sono sventurati.


Alcuni hanno accostato Castoriadis e Weil - perché l’immaginazione è una facoltà costitutiva che può agire nell’ordine del mondo per cambiarlo.
Anche in Latouche l’immaginazione è considerata in modo positivo - chi sceglie la decrescita immagina un altro mondo. C’è l’idea della possibilità del cambiamento significata anche dall’immaginazione.

In Weil Immaginazione è sempre una facoltà creativa che produce immagini consolatorie, mentre in questi casi ha un valore rivoluzionario di trasformazione dell’esistente.


Immagini

Chi fa il vuoto allontana l’immaginazione, elimina l’attività personale, fa tacere ogni immaginazione e purifica ogni spazio mentale e quello volitivo dalle immagini consolatorie. Ci sono anche le immagini in cui questi autori fanno loro stessi uso di immagini.
In generale c’è una radicale critica dell’immaginazione e delle immagini.

La figura dell’infermiera in prima linea imita Cristo - opponendosi al soldato delle SS - critica la propaganda dei totalitarismi. L’infermiera come simbolo compie l’imitatio Christi, un simbolo lanciato contro le immagini della propaganda. A questa propaganda si oppone il simbolo dell’infermiera.

Declinato nel linguaggio della mistica, nel simbolo è presente ciò che è immediato, ciò che è intuitivo. Legata alla totalità dell’attesa, l’opera interiore eccetera. Lo sventurato è il simbolo che viene contrapposto all’immagine - una contrapposizione non solo metafisica ma anche politica contro la propaganda.

Lettura e Prospettiva Personale

Su Moodle c’è un articolo sul concetto di lettura. Questo si lega al concetto di prospettiva personale.

Simon Weil in

affronta questa nozione e lo fa anche la questione anche nei Quaderni (frammenti e letture).
Weil sostiene che l’essere umano non conosce veramente le cose e si pone nel diaframma dei significati.

Il significato è legato all’attività ermeneutica del soggetto, dall’altro lato viene dal soggetto. L’essere umano nei confronti del significato è sia attivo (lavora sul significato) sia passivo (non può non subire l’azione del significato).
Se mi soffermo sul rapporto tra soggetto e significato, il primo è sia attivo che passivo - è sottoposto a una mobilitazione totale dei significati.
L’interpretazione viene detta da Weil anche lavoro.

L’essere umano, stando all’interno del mondo, non può svincolarsi con la dimensione del significato.
Il rapporto attivo con la determinazione del significato viene chiamata lettura.

Lettura: un lavoro interiore costante sulla dimensione del significato. A questo lavoro interiore ne corrisponde uno esteriore, che riguarda la modificazione della nozione di mondo.

Prospettiva personale: La prospettiva personale è una prospettiva che l’essere umano ha sulla realtà e si svolge secondo il concetto di lettura, che è un lavoro interiore. Lettura sta più dalla parte dell’intelletto e della razionalità, però comporta anche la dimensione della volontà.

Superare l’impersonale: la non-lettura

Intelletto e volontà sono segnati dalla determinazione. Questa è la condizione in cui domina il personale. Per abbandonare il personale e portare il sacro, io devo distaccarmi dalla prospettiva personale, passando dal livello della lettura a quello della non-lettura. Così possiamo realizzare l’impersonale, l’amore divino e soprannaturale.

Il salto avviene quando nell’Intelligenza (la dimensione razionale mediata, discorsiva) passo all’intelletto (una dimensione intuitiva). Lo scarto dell’apex mentis si ha quando l’intelletto legge se stesso. L’intelletto si volge a se stesso e si annulla, annullando anche la determinazione del concetto, aprendo lo spazio per la realizzazione dell’amore sovrannaturale.
Nella non-lettura l’intelletto legge se stesso e supera la propria determinazione concettuale. Questo in un momento in cui l’intelletto è sia presente che non presente - è attivo, ma leggendosi poi si annulla.

Questo stadio si definisce con lo stesso termine, lettura, ma aggiungendo il simbolo del non, ~. Questo nei frammenti di Weil. Questo per sottolineare la presenza-assenza dell’intelletto. Anche il termine utilizzato rimane lettura, con un non davanti.
L’amore divino in questa fase invade l’anima e si realizza la connessione mistica di esperienza della verità. Conoscenza che si caratterizza in modo specifico rispetto all’intelletto.

Se la prospettiva umana è sempre presente, in questa c’è una prospettiva umana, che può essere

Per Weil l’essere che ha raggiunto la non-lettura è senza prospettiva, è una prospettiva non-personale, ha abbandonato le immagini, le determinazioni, e in essa il concetto di intelletto si auto-elimina, si auto-annulla.
È senza prospettiva in quanto non è mai influenzato dal personale. Non è intaccato dalle determinazioni. Nei Quaderni si dice: io devo abbandonare la prospettiva, essere senza prospettiva.



Simon Weil ci dice infatti che leggendo i significati io posso anche vedere la lettura come un lavoro interiore a cui io posso applicare un’intensità diversa, cioè spostare la mia lettura, la mia prospettiva personale - lavorando sulla dimensione del significato cambiando l’intensità, l’ampiezza della lettura e della prospettiva.
Quindi si potrebbe pensare a una funzione “positiva” del personale. È vero che la prospettiva personale è chiusa, però qui sembra essere presente anche una certa apertura, in quanto la prospettiva personale permette di conoscere una parte del mondo, mettendo in relazione con l’altro da sé. Non si può parlare di rivalutazione di questo concetto, ma si può intravedere nei frammenti una funzione positiva.
È vero che la prospettiva personale è sempre chiusa, ma possiamo vedere delle aperture verso il mondo (non verso la divinità) - fornendo in questo modo una conoscenza preliminare del mondo.

La prospettiva personale è fonte di prevaricazione - chi sostiene questa prospettiva la rende inconciliabile con altre prospettive, diventando prevaricante. Se diventasse impersonale riconoscerebbe anche lo spazio delle altre prospettive. Weil è influenzata dalle dottrine orientali, c’è l’Io e il sé. Bisogna abbandonare l’Io, la prospettiva personale, perché è chiusa. Nella prospettiva personale io penso di potermi sostituire alla divinità. Si risolve l’intero spettro del reale in una prospettiva personale. La realizzazione dell’impersonale asseconda il senso del limite, dell’amore divino, e riconosce anche l’esistenza delle altre prospettive umane.

Io non conosco le cose che conosco, conosco i significati. Questi sono in una dimensione in cui le immagini mi vengono incontro in modo dispotico - mi vengono incontro in modi che non controllo. Qualcosa di disturbante, perché se non ho la padronanza della lettura la mia visione dei significati può vacillare.

Forza e sventura

La dimensione della necessità in rapporto alla sventura e alla forza, che sono concetti del male legati all’autonomia dell’essere umano.

/ glossario
Forza: componente preponderante dell’essere umano che agisce per prevaricazione, è causata dall’autonomia dell’essere umano che si sostituisce alla divinità.

Ma la sventura è portata dalla divinità o dall’essere umano? Nell’Attesa di Dio anche se non c’è una risposta esatta emerge che - dato che la sventura è la crocifissione, è una discesa della divinità e quindi deriva dalla divinità. Ma la sventura ha anche una componente umana - a causare la sventura c’è l’essere umano, lo sventurato consapevole, ma anche il padrone della fabbrica.

Forza e sventura sono quindi entrambe legate all’ambito umano e divino. Nella forza prevale umano, nella sventura prevale l’elemento divino.


Esempio domanda d’esame: la sventura è più umana o divina?

La sventura è più divina perché è inserita nel movimento metafisico di discesa, ma ha anche un versante umano: a diffondere la sventura sono anche esseri umani.

La forza, essendo un vettore di prevaricazione, ha a che fare con la discesa della divinità, perché ha a che fare con la discesa e la dispersione che è uno degli aspetti della necessità. Ma prevale il lato umano in quanto a compiere questi atti di prevaricazione sono gli esseri umani.

Leva e discesa

A dominare c’è un saggio di Weil Discesa di Dio - c’è una sottrazione rappresentata dalla discesa. Anche la grazia divina. Dice Bayle che l’essere umano bussa a una porta a cui la divinità apre. L’essere umano guarda in alto tentando di fare il vuoto, e la divinità scende, irrompe nella sua anima. Qui abbiamo l’idea di discesa.

Discesa, dice Weil, come ad una seconda potenza - alla fine dell’opera interiore arriva la grazia. L’attesa contraddistingue la grazie sancisce l’opera interiore. Troviamo dei passi in cui Weil definisce i risultati dell’opera interiore come un’ascesa. Qui fa riferimento al meccanismo della leva: la leva è un meccanismo che presenta un accoppiamento di due moti - due forze:

in modo automatico. C’è cioè un perno centrale con due bracci. Quando parla di ascesa da parte dell’essere umano fa riferimento al meccanismo della leva. Anche l’essere umano che compie l’opera interiore discende - imita la croce, sottrae la propria potenza personale, compiendo una discesa. Questo dà un’idea della dimensione immediata della grazia, perché mentre discende è come se scendesse, sottrae la propria potenza personale, compiendo una discesa. Questo dà un’idea della dimensione immediata della grazia, perché mentre discende è come se salisse. C’è quindi dice Weil un rigore geometrico dell’opera interiore, con un essere umano che si pone in attesa dell’intervento della grazia.

Ma essendo il cosmo crocifissione, disseminato di punti di sventura, quei punti di sventura sono occasioni di usar e questa leva. Il mondo è disseminato di potenziali leve. La crocifissione è la leva per eccellenza, fare il vuoto per colmarmi di grazia divina.
L’attestazione del limite comporta dunque la presenza, ovunque di potenziali leve.

Chi va al margine e accetta la sventura lo fa per aiutare gli altri, ma lo fa soprattutto per mettersi nella sventura, per inseguire un compito metafisico, per bloccare una manifestazione della sventura. Mettersi nella sventura è il punto.


Simon Weil andando in fabbrica ha voluto provare la condizione di sventura andando in fabbrica, ma ci sono un sacco di agiografie su di lei, c’è un mito. La sua vita però non può essere presa come modello paradigmatico di sventura. Sono pochi quelli che stanno nella sventura senza cedimenti.

Ricordiamoci quando studieremo Weil di utilizzare i concetti di abbandono, distacco, tutte le cose della prima parte.

Lettura di passi

Sta leggendo Weil da un’edizione Adelphi.

p. 106

Forme dell’amore implicito di Dio: il cosmo viene considerato in modo così negativo che Dio più le creature è meno di Dio da solo. Non posso pensare a questo come un principio posto che colpisce la divinità, ma come qualcosa che si contrappone in maniera netta alla divinità. Influenza dello gnosticismo.

Dio si è negato in nostro favore - l’opera interiore viene anche chiamata de-creazione: un atto di umiltà, di svuotamento. La de-creazione ha lo stesso moto di discesa della creazione ed imita la morte di cristo in croce.
Quando Dio si ritira - la de-creazione è un’assunzione o del limite. È sinonimo di opera interiore e di distacco.

Dio + la creazione è meno di Dio da solo. Ma Dio perfetto eccede sempre le forze cosmiche, e le forze cosmiche sono collegate alla divinità.

p. 118

Dio lascia:

In altri passaggi guarda il livello della bellezza, della teofania, eccetera.

altre illusioni:

Chi sceglie il personale, abbandonandosi all’immaginazione, non si chiude semplicemente in una prospettiva, ma pensa di essere il centro del mondo. Adotta quindi un atteggiamento prevaricante

p. 119

Bisogna riconoscere che tutti i punti del mondo sono conoscono pari titolo, e il centro vero è fuori dal mondo. C’è una molteplicità di prospettive che è amore - la bellezza del mondo. Devo negare me stesso perché il centro del mondo è ovunque. Il vero centro è ubique et numquam, ovunque e da nessuna parte. Ubique perché ogni punto è teofania.

Se svuoto l’immaginazione riesco:

p. 126

Proprio perché la bellezza non ha alcun fine, è qui nel mondo l’unica finalità. Il Fine è al di là del cosmo. Qui tutte le cose sono dei mezzi per raggiungere la verità (pensa con il concetto di leva - tutto è una leva, io posso vedere una leva in ogni centro - ogni centro può essere un mezzo per raggiungere un fine che non è lì).

p. 136

L’universo, la necessità viene definita come vera parte dell’essere umano. L’universo è l’unica nostra vera patria quaggiù - riferimento agli stoici.
Sta cioè considerando l’universo come una teofania, come necessità che è manifestazione dell’amore impersonale della divinità. Siamo immagine di Dio, non perché siamo una persona simile a Dio - ma l’obbedienza a Dio consiste nel rinunciare alla persona.

p. 151

Ma è un salto maldestro, non un salto come quello che troviamo in Heidegger. L’attenzione di chi guarda verso l’alto dispone ad essere rapiti facilmente.

In tutte le forme di vita religiosa c’è qualcosa di impersonale. L’amore di Dio dovrà essere a un tempo personalee impersonale, altrimenti è immaginario. Qui Weil sembra attribuire un ruolo al personale come momento di passaggio, compresa dal momento di distacco.

Ma rimane qualcosa di imprescindibile forse nell’elemento personale. È difficile definire bene il personale.