Si inizia alle 17.15. Se non si fa la pausa si finisce alle 19.30.
se si sceglie il testo di Simon Weil, leggere anche il suo libro su Simon Weil
se si sceglie il testo di Heidegger, l’abbandono è un testo molto breve ma molto difficile. Il principio di ragione è più lungo ma più accessibile. Il consiglio è di Scegliere solo uno dei due e accoppiarlo con Filosofia e mistica in Martin Heidegger, un testo a carattere più introduttivo.
se si sceglie i sermoni tedeschi, possiamo chiedere un altro testo di Eckhart oppure scegliere un altro testo di Cusano (es. il De visione Dei di Cusano).
Tutti quello che non sono Heidegger possono essere portati insieme; Heidegger invece non può essere accostato agli altri per la peculiarità del suo pensiero.
Mistica e misticismo? Quando possiamo usare questa parola? Si pensa che la magia, il misticismo spesso siano una parte della filosofia come legati a una sorta di esoterismo deteriore.
Il misticismo per indicare quella parte della filosofia che concerne gli stati più elevati della conoscenza e dell’amore, e che riguarda la conversione e il ritorno dell’essere umano alla sua origine metafisica. […] Questi stati più elevati della conoscenza e dell’amore (o esperienza) afferiscono a un dominio ancora ulteriore in cui questi due vettori trovano la propria germinazione.
Conseguenze di definizione:
Ci sono delle correnti di misticismo estremo, che prevedono un sacrificio da parte dell’individuo, che deve sacrificare la propria componente creaturale. Questa è un’idea di misticismo molto radicale, in cui per tornare alla propria origine metafisica bisogna disintegrare la propria forma umana. 3. Ritornare: questa idea di ritorno all’origine significa fare conoscenza dell’origine all’interno dell’esperienza.
Qui si possono già evidenziare due direttrici:
Secondo alcuni studiosi, si possa parlare di misticismo solo dal 1700 in avanti, secondo alcuni ragionamenti filologici. Può essere vero, ma definendo il misticismo come l’abbiamo definito si può trovare il misticismo in autori precedenti il misticismo, come Plotino.
Facendo un discorso teoretico si cerca di dare delle definizioni che possano comprendere meglio anche fenomeni filosofici che presentano i caratteri del misticismo prima del 1700.
Genericamente e fornendo delle categorie generali per orientarci, possiamo individuare due tipi di misticismo:
Principio metafisico: Dio.
Ad esempio Eckhart dice che il concetto di Dio va superato in
quello di divinità.
Posso dire Dio, divinità, principio metafisico.
Il principio metafisico può essere di due tipi:
La derivazione può avvenire secondo libertà o secondo necessità. In generale, se per il cristianesimo si parla di libertà, in un contesto neoplatonico, in cui dall’Uno deriva il cosmo, se in una prima fase della ricerca si parlava di necessità, c’è una coincidenza di libertà e necessità.
In autori cristiani come Eckhart e Cusano, è tale l’influenza del neoplatonismo di Proclo che il principio impersonale - principio libero, siamo sempre in un’ottica di cristianesimo - abbia un carattere necessario, bonum diffusivum sui, diffusivo per suo stessa natura. In Eckhart possiamo parlare di bonum diffusivum sui.
Anche Cusano nelle prime opere non parla di creazione di Dio, ma di
esplicazione. A Dio tutto è co-implicato. Tutta sta
all’interno della divinità. Dice Cusano che la divinità si esplica, cioè
svolge una cosa che già possiede interamente.
A partire da un certo punto Cusano - influenzato da Eckhart - usa
creazione, iniziando a sottolineare la volontà divina. Sottolinea la
volontà del principio che si dà nella creazione.
Bruno parla di monade prima, monade seconda (che può essere considerata l’anima del mondo dei neoplatonici).
In un opera che si chiama Lampada seginta statuarum (lampa dalle 30 statue), Bruno mette all’origine i principi della luce (pienezza, bene) e dei principi di tenebra (male, vacuità, orco, abisso).
Gli autori più difficili sono Bruno e Weil. Heidegger è difficile, ma con il testo introduttivo si riesce. Dedicheremo meno tempo ad Heidegger e Hakim Bey.
Tutti gli enti di natura sono teofanie, lumi divini, degli enti limitati attraverso cui si mostra la divinità. Il limite, il confine, è usato nel senso della classicità: permette, avendo una mancanza, di avere un confine che è il campo di espressione della divinità. Il limite, cioè, permette alla divinità di manifestarsi.
Giordando Bruno userà il concerto di Minuzzarìa: anche gli enti più marginali, gli scarti, sono enti teofanici, pieni di divinità. Questo viene utilizzato da Bruno soprattutto nelle sue opere magiche - in questo senso il mago è per Bruno colui che è riuscito a stabilire un contatto con l’origine. Così il mago opera con le minuzzarìe.
Cuozzo ha scritto dei libri sull’“etica del resto” in cui parla anche delle minuzzarìe.
Cusano dice che chi vuole trovare l’origine deve prima andare alla scuola del mondo sensibile: gli enti di natura mostrano la divinità. Chi si vuole distaccare dal mondo, deve iniziare dal mondo. Questo è da intendersi come più vicino a un paradigma di espressione/processione.
Posso anche avere una dinamica legata ad una sottrazione/caduta: gli enti di natura sono teofanie in senso meno forte, e la critica agli enti di natura e nei confronti del cosmo sensibile sarà più forte.
Abituiamoci a questa idea di una realtà stratificata.
Esempio: la creazione può essere considerata
Per Eckhart la trinità:
Scritto sull’Iliade e la filosofia della forza
Vedere il file: Schema Weil su Moodle.
Neoplatonizzante significa iscritto nell’arco del neoplatonismo, ma con dei caratteri specifici che lo differenziano, che derivano dalla mistica ebraica, dallo gnosticismo.. ecc.
C’è sempre una matrice di antropocentrismo in tutto questo pensiero, anche se limitata dall’idea della teofania, perché l’essere umano è l’ente posto in evidenza nello spettro del cosmo, in quanto è l’unico ente che può tornare all’origine.
L’essere umano si muove da uno schema (la realtà) già posto dall’origine. Anche l’essere umano che fa esperienza dell’origine non si sostituisce mai alla divinità.
In Simon Weil la “freccia verso l’alto” funziona in modo peculiare,
l’ascesa è più una discesa: la divinità discende, sottranea una sua
componente - l’effetto più compiuto di questa discesa è la
crocifissione. Questa discesa è una discesa forte. L’essere umano che
vuole ascendere non deve salire, ma deve discendere,
come ha fatto la divinità. L’immagine è quella della leva. In questo
senso devo accettare il male - solo accettando il male posso in parte
pormi come barriera. C’è un amore per la sventura.
In termini Bruniani, secondo Weil io “devo farmi” minuzzarìa.
Film tipicamente Weiliano è Martyrs (2008). Influenza anche di Bataille.
Il primo schema è quello polare, ascesa, discesa. L’origine è unita agli enti da linee ascendenti/discendenti.
Il secondo schema è quello radiale. Rispetto a Cusano per
esempio.
Posso mettere gli enti naturali intorno all’origine. Metafora degli
specchi e metafora dell’icona (entrambe cusaniane). C’è uno schema
polare e uno radiale.
Il secondo tipo di schema ci fa capire:
Secondo un terzo tipo di rappresentazione, la divinità è un luogo perfetto infinito, divino, indeterminato, eterno. Non determinato dallo spazio del tempo. Il luogo è soltanto una metafora.
Come cambia il rapporto con la natura?
Abbiamo visto che per Latouche la natura diventa il principio alla quale
tornare.
In Heidegger quando l’essere umano si dà al pensiero tecnico, la natura
viene sfruttata. In Bruno, il mago opera modificando una porzione di
natura. Il mago riesce a dominare la natura anche da un punto di vista
politico. Il mago di Bruno non abbandona mai le vicissitudini,
cioè il concorso umano. In Bruno c’è un’idea di dominio
guadagnata attraverso l’opera interiore.
In queste forme di pensiero, si dice che il principio è sia trascendente sia immanente.
Quando parliamo di immanenza parliamo di una identità, di una presenza radicale: ad esempio sottolineamo il carattere immanente della teofania.
Il principio è sempre trascendente. Anche nel caso in cui l’uomo si
vincola in modo consapevole alla divinità, resta sempre lontano dalla
divinità. È anche sempre immanente perché c’è sempre questa idea della
teofania.
Allo stesso tempo il piano della divinità eccede il piano della natura e
del cosmo. Secondo lui sussistono entrambe ma con una leggere precedenza
della trascendenza.
Il principio è ubique et nusquam. Una formula che si ritrova
anche nelle Enneadi.
Ogni ente è teofania ma nessun ente risolve la
perfezione del principio. Un esempio di ciò è il concetto di
contrazione di Cusano.
Il discorso mistico usa molte immagini per rappresentare la natura divina dell’essere umano.
L’essere umano deriva dalla divinità (I schema) ed è fissato
all’interno della divinità (III schema).
In tutti gli autori si trovano dei riferimenti spaziali.
Ma cosa fa sì che l’essere umano abiti la verità? Nell’essere umano c’è una componente di natura divina, esso è abitato dalla verità. Tutti gli enti sono in qualche modo divini (teofania). Ma non è mai un immanentismo né un panteismo, c’è un livello della divinità che eccede le cose stesse. C’è una radicale differenza legata alla trascendenza, che trascende appunto l’identità, cioè l’immanenza.
L’essere umano non è solo un ente determinato, teofanico, e oltre a esprimere la divinità, traducendone il principio divino secondo un limite, presenta anche un punto di identità con la divinità. È quindi una teofania, ma a differenza degli altri enti (antropocentrismo) c’è anche una componente divina identica alla divinità. A seconda dei pensatori ci sono vari nomi per definire questa identità: Eckhart e Cusano chiamano questo elemento imago Dei - ma gli studiosi dicono che questa imago significa identità: questo punto è identico alla divinità.
Ci troviamo nel territorio del misticismo speculativo, dove si dà particolare centralità all’intelletto come mezzo per arrivare a Dio. L’apice della mente è una componente identica alla divinità, pur rimanendo l’essere umano in una dimensione bassa riesce ad ottenere una connessione con la divinità, grazie a questo punto in comune.
Quindi l’uomo è già divino così? È già divino ma deve
confermare la presenza divina: deve riconoscerla, deve
vederla, deve sapere che c’è una divinità che gli dona questa componente
- in questo senso deve riconoscersi subordinato e vincolato alla
divinità.
Lo sviluppo, la sapienza in Bruno, è legata sempre all’umiltà
(tema ripreso da Agostino). L’essere umano ha una scintilla divina e può
coltivarla, confermandola. In questi casi si parla di realizzazione
dell’immagine. L’essere umano ha l’imago Dei, non
è imago Dei, è un complesso creaturale che ha varie componenti
e una di queste è l’imago Dei - componente che decreta
l’essenza dell’essere umano, che lo lega alla divinità. Questa è
presente in tutti gli umani. Ciò a differenza di quanto sostengono
alcune sette dello gnosticismo, per cui solo alcuni individui
hanno questa scintilla divina.
Per capire questa dinamica possiamo citare il pensiero di Cusano, nel concetto di contrazione.
Introduzione a Niccolò Cusano, Giovanni Santinello (Laterza).
Tutte le cose sono co-implicate in Dio.
Complicazione è riferito alla divinità. La divinità è
complicazione di tutte le cose. La divinità è a un livello
semplice e unitario - può essere rappresentato come un punto nella sua
semplicità: a partire da questo punto, che gira su se stesso (attività)
procede l’universo.
Divinità è semplice, unitaria e perfetta. In questo punto sono
complicate (cioè co-implicate) tutte
le cose. Qui c’è l’eternità (essenza di tempo). Questo è un infinito
negativo, cioè un infinito dove non ci sono determinazioni. Il nome
più appropriato, secondo Eckhart e Cusano è Uno.
Tutte le cose si esplicano nell’universo, nella natura
esplicata.
Tutte le cose si sviluppano a partire da questo punto esplicandosi, cioè
si dispiegano nell’universo sottoposte al tempo come enti molteplici.
Questo infinito si chiama infinito privativo, cioè segnato
dalle determinazioni - perché il nostro è universo infinito, composto da
una serie infinita di elementi finiti.
Ogni ente esplicato è un ente contratto - la contrazione indica una privazione. La divinità è contratta negli enti determinati: la divinità è lì dentro, ma in un modo in cui le “manca qualcosa”.
Secondo Santinello: “nella contrazione è presente tutta la divinità - non può esserci una parte, perché la divinità non ha parti in quanto non è determinata - ma secondo una prospettiva particolare (si rifà probabilmente al prospettivismo di Cusano - per Cusano ogni ente è considerato una prospettiva sulla verità - tema ripreso dall’ermeneutica del ’900, da Pareyson: verità come prospettiva).
Ogni ente è dunque contratto in quanto in ognuno c’è una
divinità, ma secondo una prospettiva determinata e situata, segnata dal
limite e dalla finitudine.
Tutti gli enti sono contrazioni della verità, lumi
teofanici.
Cusano nell’Idiota demente dice che l’essere umano è Imago Dei. Questo ci fa capire che Cusano è più dalla parte del misticismo speculativo.
Nei termini di Bruno, la mente è superiore all’intelletto, in altri luoghi parla di lume di ragione. C’è una componente divina nella dimensione legata alla volontà, detta da Bruno meridiano del core.
Si può leggere una predica di Cusano che sta su Moodle, in cui è centrale l’uso del termine latino ubi, che rimanda allo spazio. Stiamo leggendo una predica che si chiama: “Predica nello stile di Eckhart”. Edizione di Cusano, il Dio nascosto (ed. Laterza) (sta in biblioteca, e non in commercio) (anni ’40 del 400) - La predica fa parte di un quartetto di predicozzi.
L’essere umano deve realizzare l’imago Dei… ma come? Deve compiere l’opera interiore, riconoscere la presenza della divinità, e collocare l’Imago Dei al centro della propria anima.
Eckhart utilizza due termini per descrivere l’opera interiore:
Riguardano sia la dimensione gnoseologica sia quella ontologica.
Per distacco si intende il congedo
dall’influenza degli enti determinati. È un distacco
dall’influenza che la determinazione esercita sulla nostra anima. Non
c’è una distruzione, una violenza esercitata sull’ente determinato. Il
distacco riguarda la rimozione della coltre dell’influenza che gli enti
determinati hanno su di noi.
Per questo c’è l’idea di fare il vuoto in alcuni autori - se io
sono preso dagli enti determinati, questi occupano il mio spazio mentale
con delle immagini (anche elevati, come concetti) - comunque nel fare
ciò io racchiudo un certo ente in una certa dimensione, ma
dimenticandomi della sua origine. Penso di poter
racchiudere la perfezione divina tra le mura di un concetto, pensando di
poterla padroneggiare e governare.
A partire dal medioplatonismo questa verrà chiamata teologia
negativa. Se secondo la teologia positiva (o catafatica)
si pone una determinazione per indicare la divinità (Dio è buono, Dio è
ente sommo…), c’è il pericolo di non riuscire ad arrivare
all’inesaurabilità della divinità.
La teologia positiva va superata con la teologia negativa, in cui dico
ciò che Dio non è. Nella teologia negativa l’idea della negazione
rimanda al distacco, in qualche modo è più trascendente.
Uno è una negatio negationis, un termine che rimanda a un processo di negazione estrema.
In alcune correnti dello gnosticismo c’è una fortissima critica della forma, una distruzione della forma dell’ente determinato (anti-cosmismo [volontà di distruggere il cosmo] e anti-nomismo [le leggi del cosmo sono un ordine che va distrutto]
Ma c’è un ulteriore livello, che Cusano chiama teologia mistica, circolare. Cusano in questo riprende Dionigi Aeropagita. Cusano cerca di mettere in una situazione di “corto circuito” le negazioni e le determinazioni. Prova a dire, dell’ente sommo, che tutte le cose che si possono dire, non gli convengono a causa della sua infinità. C’è un Dio nascosto. In questo passo prova a giocare con le parole, Dio non è né ciò che sussiste né ciò che non sussiste, è un principio anteriore a ogni pensiero. In altri pensatori questo terzo livello assume altri nomi. Eckhart parlerà di negatio negationis.
Heidegger: nell’epoca della tecnica bisogna porsi in ascolto dell’essere, anche se viviamo in un mondo di enti che dimentica il principio. Pensiero rammemorante è porsi in ascolto dell’essere, di ciò che è assente.
Secondo Eckhart le opere interiori sono opposte a quelle esteriori. Quando c’è l’opera esteriore - guidate dalla creatura (le azioni dominate dall’attenzione verso gli enti determinati) non c’è opera interiore e viceversa. Quando c’è opera interiore è la divinità ad agire sull’essere umano. Eckhart attribuisce alle opere interiori la giustizia. I due tipi di opere sono due contrari incompatibili secondo Eckhart. Si tratta di contrari reversibili: posso sempre passare da uno all’altro. Posso sempre cambiare, ma non ci sono gradi intermedi.
Ci può sempre essere una conversione (conversio), un cambiamento di prospettiva. Sinonimi di conversione: metànoia o epistrophè.
L’amore inferiore (rivolto a enti determinati) si contrappone all’amore soprannaturale, verticale, pone quella orizzontale come manifestazione subordinata a quella verticale. Quando considero quella verticale, anche i rapporti che avrò con gli enti saranno di natura autentica in quanto incardinati in quel punto centrale che è l’origine.
Quindi se l’opera interiore è incompatibile con le opere
esteriori, alcuni studiosi parlano di ritorno alle opere
esteriori: non c’è una scansione temporale. Diciamo cioè che
quando c’è un’opera interiore, spariscono le opere orizzontali
rivolte agli enti determinati, ma l’opera interiore determina
un particolare tipo di opera esteriore.
Le opere esteriori traducono le opere interiori di chi le compie, cioè
chi le fa è guidato dalla sua parte più divina. L’opera
interiore si caratterizza principalmente per la sua
passività - c’è anche un versante attivo in quanto si
tratta comunque di un’opera. Alcuni la caratterizzano come
ricettività, per evidenziare sia il lato attivo sia quello
passivo.
In ogni caso, operari sequitur esse: la qualità dell’azione è determinata dall’ente che compie l’azione.
Secondo Simone Weil bisogna accettare la sventura (esistenza dei totalitarismi), prendendola su di sè, in questo si può limitare la sventura - si passa da essere un criminale ad essere uno sventurato che limita la sventura.
Per Eckhart il primo passaggio per il ritorno alla divinità è volgersi al sensibile: vedere la natura come teofanica. L’attenzione verso le cose contraddistingue l’amore - c’è qualcosa che proviene dalla presenza divina all’interno dell’essere umano..
La divinità può essere considerata anche come grazia, parola che coincide con amore divino. La grazia è un dono incondizionato della vita. Non è segnata da determinazione o richieste, è un amore incondizionato.
Secondo Eckhart ci sono due tipi di grazia:
In questo senso la grazia viene prima, durante e dopo l’individuo. Intervento finale della grazia seconda viene indicato con temi che rimandano a un’azione immediata, violenza:
È immediata e violenta perché si deve dare l’idea di un qualcosa che avviene fuori dal tempo.
Hakim Bey parla di schermi, immagini, come deviazioni dalla verità che vanno superate in modo immediato.
La grazia è intesa come questo intervento divino prima durante e dopo l’opera interiore.
Cusano nel De Visione Dei dice che la divinità è in
un giardino del paradiso che ha delle mura. Quando faccio
un’opera esteriore sono fuori dal muro; quando faccio un’opera interiore
mi colloco sul muro, ma poi l’origine mi prende sul bordo, e mi
rapisce.
L’opera interiore arriva fino alla porta a cui uno bussa, poi viene
portato via con un’azione repentina.
Ma questo dal punto di vista dell’essere umano…cosa succede se mi
metto nel punto di vista della divinità? Le cose cambiano.
Se parlo ex parte creaturae, ex parte hominis,
succedono delle cose; se parlo ex parte Dei le cose
funzioneranno in modo diverso.
Se grazia = Dio = verità = perfezione, e l’essere umano sta in questo campo, io devo dire che la grazie è una sola, ed è data a tutti: anche il peccatore sta nella grazia. Il peccatore sta nella grazia, ma è chiuso alla grazia. L’uomo che fa l’opera interiore si apre alla grazia - vivendo in modo autentico. Tutti abbiamo già ricevuto la grazia.
Latouche ragiona esattamente così, in termini mistici, pone nella posizione del principio la natura come organismo.
Quando deve dire cos’è esattamente la decrescita, ne parla come una
metanoia. Devo cioè operare una vera propria
conversione, che mi faccia riconoscere il senso del limite.
Bisogna operare una decolonizzazione dell’immaginario: cioè
pulire il mio spazio mentale dalle immagini della società che mi portano
a consumare in modo illimitato.
C’è una conversio sul piano dello spazio mentale, quindi a un
doppio livello gnoseologico e ontologico.
Oltre la linea, libretto confronto Junger-Heidegger.
Anche Junger ha un afflato un po’ mistico.
Libro interessante sugli aspetti mistici sulle sostanze
Avvicinamenti, droghe ed ebbrezza, Hakim Bey. Tradotto da Ugazio, il prof. in sedia a rotelle… come me tra poco
Per Hakim Bey c’è un principio elementare, un principio caotico legato al dionisiaco, non completamente distruttivo che deforma (Hakim Bey cita anche Lovecraft) - è caos sia creativo sia distruttivo.
Secondo Junger la droga fa parte di quelle esperienze erotiche che permettono di vivere lo spazio anarchico e l’esperienza erotica. Retaggio della cultura di destra di Junger: sono “esperienze aristocratiche”, tentativi di aprire questo spazio al di là per aprire un livello ulteriore.
Nel mondo di oggi ci sono 4 possibilità di esperienza:
Non c’è quindi solo una mistica fusionale, non c’è mai una fusione ma un tentativo di mantenere una presa sulla realtà.
Intervista a Hoffmann
In Bruno il furioso migliore è quello eroico, ed eroismo significa un costante controllo dell’intelletto, e una presa salda sul reale che ottengo avendo stabilito una relazione con il principio del tutto.
Cusano mette l’accento sulla natura intesa come teofania. La conoscenza della divinità passa prima dalle cose sensibili. Metafore: bisogna andare a caccia della sapienza, caccia della verità - metafore riprese da Bruno.
Non è un ostacolo, ma il perimetro che definisce il campo di espressione. L’esperienza è uno “sfondamento dei limiti”.
La divinità rappresenta il limite per l’essere umano che guarda verso
l’origine. La conoscenza del limite può essere raggiunta, ma presupposto
di questa conoscenza è il rimanere subordinati alla
divinità.
Umiltà significa riconoscimento del limite e della
subordinazione rispetto alla divinità, e si raggiunge attraverso l’opera
interiore.
Il soggetto metafisico esercitando la sua volontà supera i limiti della tecnica esercitando la Gelassenheit: vede il limite ma si sottrae all’essere tecnico.
Chi realizza l’imago dei diventa un tempio della divinità. Attraverso l’espressione del suo limiti la creatura diventa dimora della divinità in modo autentico. Secondo Eckhart diventa un castello, per Porfirio un tempio.
Chi compie l’opera interiore diventa un fanatico.
Fanatico incompiuto: colui che si fa tempio di un’idea che vive in maniera sconsiderata e inconsapevolmente.
Fanatico compiuto: è colui che si fa tempio, ma in modo autentico, con una continua sorveglianza dall’apex mentis.
È la capacità dell'essere umano di mantenere la propria individualità intellettuale diversa da quella di un altro essere umano. Quando l’essere umano fa esperienza del divino, nel misticismo speculativo mantiene la propria singolarità intellettuale: l’apex mentis sorveglia continuamente questo processo. In questo modo l’individuo è in grado di esperire il divino.
In Simone Weil prevale invece l’amore intellettuale, in cui c’è una fusione in cui l’intelletto sembra spegnersi. [In generale?] Lo stadio culminante dell'intelletto è la non-lettura, in cui l’ intelletto conosce esattamente se stesso e supera se stesso. È sia attivo che disattivo. La singolarità intellettuale vacilla ma viene conservata.
L’imago dei è apprensione della verità, dà l’idea di avere una presa sulla verità.
Dio nascosto, abissale, chiuso.
Dio rivolto verso l’essere umano. Comunicabile all’intelletto in un istante eterno, raggiungibile. Dio che si rivela. Nota bene come una verità fuori dal tempo si rende capace di comunicarsi ad una creatura temporale.
È un diaframma che si pone tra il versante comunicabile della divinità e l’intelletto umano, mettendole in contatto e separandole allo stesso tempo. Permette la congiunzione dell’intelletto con la verità.
Nel De quaerendum Cusano affferma che l’essere divino e l’essere creaturale sono lo steso essere secondo il modo divino e secondo il modo creaturale, e viene accusato di panteismo.
Il rapporto che sussiste tra divino e creatura è lo stesso che c’è tra modello e immagine.
Dio è il sole che illumina, la creatura è uno specchio che rifletta
la sua luce - riflessione che l’essere umano dà alla presenza
dell’imago dei.
L’essere umano deificato sta dentro la divinità, ma lo specchio rimane
separato. Chi riceve la luce non si fonde con il modello. Quindi c’è sia
una immanenza che una trascendenza.
Immaginiamo uno specchio perfetto, in cui si realizza la più alta
risplendenza della divinità, il logos divino.
È come uno specchio sferico in cui la sfera coincide con il punto. Così
può essere circondato ma non deformare l'immagine. È senza macchia,
senza imperfezioni, su cui si riflette perfettamente la luce divina.
Attorno a questo polo sono posti altri specchi,imperfetti, le creature. Sono specchi contratti, finiti, determinati. Essi riflettono in modo imperfetto (a causa della finitudine e del peccato) la luce perfetta della divinità.
Tra tutte queste creature ci sono specchi particolari, le nature intellettuali specchi vivi che possono cambiare la propria superficie, rettificarsi, pulirsi, mondarsi e migliorare sé stessi, compiendo un’opera interiore.
Dei raggi che uniscono il polo alle varie entità. Lo specchio del
verbo è assolutamente piano e senza limiti. Le nature
intellettuali vive sono libere di attuare o meno l’opera
interiore.
Sembra introdurre una differenza tra la sorgente luminosa, il padre e lo
specchio, il verbo, affinché sia possibile lavorare con il verbo, che
si sporge verso l’essere umano.
Tutti gli specchi si riflettono in quello principale, conoscendo in questo modo la realtà. Quando uno specchio imperfetto si accorge di essere di fronte alla divinità, si purifica e si rettifica. Rimane uno specchio contratto ma si migliora.
Nella predica di Cusano c’è un’esortazione a compiere l’opera interiore, separando il proprio intelletto dalla determinazione di tempo e spazio, per rivolgersi al verbo.
Anche Bruno usa la metafora degli specchi nella Lampada delle trenta statue.
Se al Sole contrappongo un unico specchio omogeneo l’immagine viene
riflessa così com'è. Se frammentato, allora ciascun frammento
riflette l'intero sole: spiega il rapporto tra anima
del mondo e le anime particolari degli esseri umani.
Anima del mondo viene riflessa interamente in ogni singolo
frammento. Sopra l’anima del mondo ci sono altri due principi
(?).
Nella contractio cusaniana la divinità è interamente presente in ogni singolo ente contratto secondo una prospettiva determinata.
È presente l’imago dei nell’anima dell’uomo, come immagine, una duplicazione identica del modello che però deve essere riconfermata. In alcuni passaggi critica le immagini in generale (?) come qualcosa che inquina la volontà e di cui l’uomo si deve liberare per fare il vuoto. Questa è un’impostazione neoplatonica, che parla in termini di spoliazione e semplificazione.
La cattura di Dio opera interiore intesa come opera umana attraverso cui l'essere umano fa discendere nella sua anima la divinità, catturandola.
Opera interiore è qui intesa come scala in cui la divinità è
costretta a scendere. Abbandono del proprio volere: direttrice della
volontà non è più quella propria, segnata dalle determinazioni, ma
completamente allineata alla volontà di Dio.
L’abbandono del proprium: in queste forme di pensiero significa
volontà di possesso.
Negli altri sermoni Eckhart si concentra sull’intelletto e sull’amore.
Legame con Heidegger: abbandono, distacco. Il pensiero rammemorante che si mette in ascolto dell’ente.
Bisogna purificare l’amore dalle determinazioni per renderlo puro, non macchiato dal peccato, svuotato e sacrificato, e distaccato.
La verticalità dell’amore divino in questo caso è inserita automaticamente in un’orizzontalità. Il modo di comportarsi nei confronti degli altri enti è incardinato sull’amore divino. Comprendo l’origine del tutto e quindi considero il divenire come un ambito teofanico.
L’ambito delle cose del mondo, segnato da dispersione e molteplicità, influenza negativamente il pensiero: bisogna fare il vuoto attorno all’intelletto, perché il pensiero puro opera cose meravigliose.
Il regno superiore viene conosciuto dal'essere umano, vettore
conoscenza, con una rigenerazione interiore. Distacco rispetto alle cose
esteriori, per realizzare opera interiore. Conosco la divinità e
conseguentemente me stesso in quanto immagine di Dio.
Si fa ruotare il complesso delle creature attorno all’imago dei, che è a
un tempo conoscenza ed esperienza di ciò che è
identico.
Ripresa di Agostino, con tre dimensioni del conoscere:
Le prime due sono viziate da determinazione. La terza conosce oltre le immagini. L’imago dei conosce oltre le immagini perché si è purificata dalle cose determinate e molteplici. L’imago dei invece realizza l’Uno come fondo abissale della divinità. come fondo abissale della divinità.
Non è un semplice chiudersi in sé stesso, ma un intervento in modo distaccato.
Dio ha due “versanti”.
Fondo senza fondo: la parte divina dell’essere umano. Viene realizzata quando si pratica l’opera interiore e Dio penetra all’interno, facendo nascere il verbo all’interno dell’anima.
Trinità
Diciamo che la divinità a un tempo fluisce (neoplatonismo) e irrompe (azione e immediata o violenta) all’interno dell’anima.
Dio è ubique et numquam rispetto al mondo. Non sta nel
tempo, né nell'eternità: sta nel tempo ma non viene risolta in esso, è
eterno ma si dà nel tempo.
Pienezza e abisso sono due versanti di Dio.
Il principio quindi da un lato si diffonde, dall’altro è un abisso. La scintilla dell’anima dell’uomo mantiene queste caratteristiche, è increata e increabile e può cogliere la divinità immediatamente.
Eckhart cerca l’origine tenendo conto di entrambi i versanti.
Nelle Enneadi c’è l’idea dell’ipostasi, per cui l’Uno è rivolto anzitutto a se stesso. L’essere umano ama la divinità, ma facendo il vuoto acconsente, e conferma l’autoamore della divinità, lasciando che la divinità ami se stessa dentro di lui.
Il modo è come un diaframma e un interfaccia. Dio si ama senza modo, perché dio è Nulla, nel senso che essere non-determinato, cioè senza determinazione, cioè senza modo, al di là di tutto ciò che si può dire.
La divinità è una generazione che si svolge nell’eternità. Nell’imago dei, l’uomo ha il compito di confermare la generazione esterna. In questo senso parliamo di creatio continua.
Secondo Eckhart:
Dio = essere = nulla,
ma visto che le creature ricevono
l’essere dalla divinità
creature = nulla
C’è cioè una dipendenza radicale delle creature da Dio, che presta l’essere. Questo prestito non è un possesso ed è sempre revocabile.
Lo schema iniziale è quello polare radiale del De Filiatione.
È una risposta che Cusano fornisce a confratelli di un monastero che gli chiedevano se arrivasse prima la conoscenza o l’amore alla conoscenza di Dio.
I vari enti determinati sono collocati all’interno della visione di Dio, che li segue sempre
Vedere per la divinità è anche creare, un porre in essere.
Il testo inizia con una ripresa della metafora catottrica. La visione assoluta, immobile e nell’eternità, si traduce nelle visioni contratte, temporali.
La vista contratta dipende dalla vista assoluta, che abbraccia tutto ed e sciolta dalle determinazioni. Per dire che qualcosa non è contratta, possiamo dire anche contrazione di contrazione o contrazione assoluta.
Incentramento è sinonimo di opera interiore.
Con l’opera interiore posso arrivare alle soglie del muro, e poi essere rapito dalla grazia.
In Bruno l’immaginazione ha dinamismo e potenziale creativo. La tensione platonica verso la verità viene limitata con questo recupero delle immagini.
Nel De Visione, Cusano separa nettamente ragione e intelletto.
Non vige il principio di non contraddizione, coincidenza dei contraddittori. Riprendendo immagine delle mura , con la sola ragione sono fuori dalle mura. Raggiungo dei traguardi, ma non entro, segnato dalla finitudine.
Attivando la facoltà immediata dell'intelletto mi colloco all'interno del muro della coincidenza dei contraddittori: la Grazia provvede a portarmi all'interno con un rapimento.
Nelle prime opere, per Cusano Dio è coincidentia oppositorum - poi supera la coincidenza, Dio sarà al di là dell’origine (?).
La ragione umana è in una dimensione mediata. La divinità è invece in una dimensione eterna, vede tutto nello stesso momento ed è onnisciente. Il suo sguardo è simultaneo e sinottico.
I singoli enti contratti sono seguiti dallo sguardo. Le singole letture degli enti contratte sono collocate nella visio dei, fanno parte della visione unica. La divinità appartiene all’eterno, ma segue anche il temporale, cioè non lo abbandona. Il tempo si muove nell’eternità.
Cristo è modello e mezzo della filiazione umana:
La filiazione del cristo è assoluta e senza modo; Quella umana è una filiazione secondo modo. La verità cui può accedere l’uomo è un modo, inteso come interfaccia tra uomo e Dio.
Società dei consumi è regno della mediazione, che rende schiavo l’uomo. Immagini che si conseguono concatenandosi. Immagine che rimanda ad un’altra immagine. Processione di immagini secondo mediazione.
Immediatismo: devo opporre alla scansione del consumo il contatto con il divino in un istante eterno. Salto tra dimensione scandita da mediazione e una superiore che è quella di un istante eterno in cui si da una pienezza di desiderio di immanenza. C’è un tentativo, della dimensione mediale e mediata di ingabbiare il dionisiaco, caos creativo.
Da Dio procede secondo la creazione il livello della necessità.
Livello della necessità = divenire = spazio-tempo
Poi ci sono:
La creazione è spunto illimitato che si sviluppa nel limite. Lo spunto illimitato non è fine a sé stesso: se non ci fosse un limite ci sarebbe il predominio del caos, divinità priva di forma.
Un Dio che si dà solo come potenza è un Dio distruttivo, come quello dell’Antico Testamento, il cui risultato politico è il totalitarismo.
Il Dio vicino alla Verità è quello del Vangelo. Se Dio fosse solo Amore non si darebbe creazione. In Dio le componenti devono essere entrambe presenti affinché la
Nelle forme neoplatonizzanti due motivi:
Se nel neoplatonismo prevale l’espressione, in Weil c’è una forte componente legata alla sottrazione.
C’è una dinamica legata all’idea di lacerazione
nella divinità.
Alcuni interpreti la fanno risalire alla divinità, altri pensano che sia
già presente anche in Potenza e Amore.
Noi assumiamo che la lacerazione inizi con la sottrazione. Prima le due
componenti sono armonizzate nella puntualità della divinità; c’è
opposizione ma non lacerazione. Sembra che ci siano passi in cui le due
componenti possano divergere, ma infine c’è armonia.
Lo squilibrio metafisico subentra con l’idea di sottrazione. Il modello della sottrazione è la crocifissione: la divinità che muore in croce muore come potenza e rinasce come amore. La grazia si caratterizza così come sottrazione della potenza ma trionfo dell'amore.
C’è coincidenza tra opposti nella divinità, nella discesa
viene sacrificato l’aspetto personale.
Dalla sottrazione si forma la necessità, il livello del
divenire è decretato dalla finitudine, dai limiti.
La materia non è un principio (non c’è un dualismo), ma un margine estremo, un risvolto e un momento terminale e finale della creazione.
Teofania e gravità agiscono come elemento formale e materiale. Direzione e verso di grazia e gravita’ sono uguali: grazia come discesa e sottrazione, che quando forma formata discende anche la gravità.
L’essere umano è il protagonista del livello della necessità; ha in sè le due componenti di Amore e Potenza.
L’asse dell’essere umano è l’impersonale, la parte sacra e divina associabile all’imago dei. Ma è dotato anche della componente personale, che potrebbe essere associata alle opere esteriori, tendenza ad assecondare l’illimitato dimenticando il limite, dimenticando cioè la propria componente divina.
Se l’essere umano vuole la divinità allora sacrifica il personale, sottraendo (eliminando) la componente personale, cioè la potenza. L'essere umano che fa il vuoto, abbandono del proprio, con umiltà. Riprende Ekhart.
Se l'essere umano afferma l'impersonale, la potenza illimitata, allora l'atteggiamento è distruttivo e la condotta è prevaricante. Da qui critica al totalitarismo.
La potenza che rinasce nella necessità non deriva dalla divinità, ma porta con sé caratteristiche simili, perché sempre legato a tendenza verso l'illimitato. Vettore o principio della forza, della prevaricazione, generato dall'assecondamento del personale.
Nel saggio sull'Iliade sembra che questa forza predomini, dominio tendenza violenta verso l'illimitato. Trionfo della potenza, della forza: scenari di guerra dell'Iliade o lavoro seriale alienato della catena di montaggio.
La dimensione della forza viene descritta come qualcosa di infernale, quasi come fosse un principio che si oppone alla divinità. Ma alla fine c'è sempre possibilità di conversione. Anche le forze che si oppongono radicalmente stanno ancora all'interno della grazia divina.
Lettera ai romani: "dove la forza abbonda, la grazia ha sovrabbondato".
Vangelo come completamento dell'Iliade n cui spiegato molto bene l'universo della forza. Nel vangelo viene spiegato bene cosa sia la Grazia Divina, l’amore puro. Weil mette in relazione la grecità con il vangelo.
Tra i concetti legati al male, inteso come scelta umana dell'impersonale, c’è quello della sventura.
È un atto di tracotanza nei confronti della divinità, dimenticanza del limite consegnandosi all'illimitato. Superamento del limite. Questo gesto è compiuto da essere umano che dimentica la subordinazione alla divinità.
Tema dell’obbedienza inteso come riconoscimento del limite è ripreso da Eckhart. Nesso umiltà-sapienza, come accettazione del limite.
La sventura (malheur) come condizione umana presenta tre caratteristiche:
Situazione che riguarda tutti gli esseri umani.
Negli scenari di guerra è la forza a dominare. Il vincitore dopo qualche tempo mostra il suo vincolo subordinante alla forza e ne subisce gli effetti, per cui il vincitore diventa vinto.
In fabbrica il gesto ripetitivo, la trasformazione del tempo in cadenza, nel lavoro seriale il tempo vive non il tempo naturale ma con cadenza della macchina. Operai sottoposto a cadenza e ordini dei superiori: consegna dell'uomo alla sventura. Dolore fisico e sradicamento dell'anima.
La sventura è sempre incombente. Il modello della sventura è associato alla crocifissione.
La sventura è la situazione metafisica in cui si manifesta l’Amore divino. Alcuni la vedono come incomprensibile, una condizione da cui scappare. Per Weil va considerata come Grazia, un momento in cui la divinità "ci stringe la mano".
Cristo nella crocifissione ha vissuto tutte le tre caratteristiche. Divinità si mostra come perfezione, amore puro. Dunque essere umano deve accettare la sventura come manifestazione della grazia divina. Colui che compie una imitazione della croce, con assecondamento dell'impersonale, è colui che accetta la sventura. La sventura può essere vissuta o ricercata (infermiera di prima linea), collocandosi al margine.
Oppure imito il limte stando in una condizione di sventura: ente umano divino che svolge funzione del Limite, facendo sì che la sventura possa essere contenuta. Accettazione consapevole, ponendomi come limite, la contengo per quanto possibile.
Se non accetta la sventura diventa un criminale: oppone la componente personale, diffondendola. Non si fa Stanza della sventura, ma la amplifica, nel tentativo di allontanarla da sé. (il soldato SS sta nella sventura ma non l'accetta, è un criminale).
Il margine è il luogo in cui si manifesta la divinità, decretato dal sottrazione radicale.
Nel distacco, facendo il vuoto, l'essere umano si abbandona alla divinità. Dopodiché la Grazia divina lo rapisce per portarlo a sé.
Sottrazione contraddistingue il pensiero di Weil ed è legata al concetto di sventura. Deriva dalla Cabala e dal misticismo ebraico.
La sottrazione è un processo necessario - una necessità in cui convergono necessità e libertà. All’origine deve trovarsi la libertà divina, questa è una questione affrontata nelle Enneadi e un tratto tipico e definitorio dell’intero neoplatonismo.
La materia è chiamata necessità perché i limiti agiscono sull’uomo secondo meccanismi rigorosi e geometrici. La stessa armonia è fatta di proporzioni geometriche. Di questi meccanismi necessari fa anche parte la sventura.
Il limite del determinato deriva da un limite divino, l’amore dell’impersonale. L’essere umano è sottoposto al limite rigoroso che agisce nell’impersonale. Ma il limite è anche l’ambito della libertà, perché l’uomo può decidere a cosa rivolgersi.
L’uomo è dunque calato nella finitudine e nella limitatezza. Il tempo è legato alla necessità e alla finitudine, alla necessità sradicante - ma una certa concezione del tempo può aprire la dimensione dell’attesa di Dio. Il tempo è una variabile che sembra opporsi radicalmente alla divinità.
Tempo può essere concepito come:
Due periodi nella filosofia di Weil:
Weil scrive un testo sulla formazione delle infermiere - l’infermiera è una figura che imita Cristo, mettendosi nella posizione della sventura. Il punto non è esaltare la infermiera in sé ma l’infermiera come simbolo - il simbolo permette una maggiore immediatezza e si lega a ciò che è intuitivo. - il simbolo permette una maggiore immediatezza e si lega a ciò che è intuitivo, alla verticalità dell’attesa e all’opera interiore.
Tra l’uomo e l’oggetto si trovano i signficati, verso i quali egli esercita l’attività ermeneutica. L’uomo è sia attivo che passivo nei confronti del significato. La lettura è una lavoro interiore costante sulla dimensione del significato. A questo lavoro può corrispondere un lavoro esteriore.
La prospettiva personale si svolge secondo questa lettura, che è un lavoro interiore. La lettura si articola in una dimensione razionale ed è legata ad una prospettiva.
Il passaggio dalla lettura personale e razionale, al distacco si attua attraverso l’opera interiore, quando la facoltà discorsiva passa all’intelletto: lo scarto riconducibile all’Apex Mentis avviene quando l’intelletto legge sé stesso, rinunciando alla determinazione del concetto e aprendo lo spazio all’amore soprannaturale. vengono abbandonate le determinazioni concettuali, l’intelletto è sia presente che assente.
Questo stadio è definito non-lettura, dove l’amore divino invade l’anima. La prospettiva umana è sempre presente e viene conservata, ma la stessa prospettiva diventa impersonale. È una prospettiva senza prospettiva - non ci sono immagini consolatorie, amore spurio, o condizionamento dalla contingenza.
Leggendo i significati posso sempre vedere la lettura come un'opera interiore: spostare prospettiva personale, approfondire il significato, ampliare la prospettiva. Quindi un certo senso la prospettiva personale è positiva, anche se è chiusa e limitata, quindi di per sé prevaricante.
Nella chiusura della prospettiva personale c’è l’idea di possedere la verità - dentro una prospettiva personale c’è l’idea di risolvere l’intero spettro del reale.
SVENTURA: è portato dalla divinità o dall'essere umano? Poiche il modello è la crocifissione si lega al momento di discesa della divinità. Ma ha anche una componente umana: sradicamento dell'anima, diffusione della sventura (SS o chi dà cadenza in fabbrica o chi crocifigge). PREVALE LA DIVINITA' PER QUESTO MOVIMENTO DI DISCESA E SOTTRAZIONE.
Merda, mi sono appena accorto che io a questa lezione c’ero. La incollo di seguito. Diop.
[Disegnino A | Giovedì 9 Maggio agenda]
La necessità tiene a bada la materia, si formula una potenza, che è la presa del limite sulla materia.
Secondo Simon Weil la materia è un margine oscuro - influenze neoplatoniche di Weil.
La materia va considerata come una sorta di risvolto oscuro del margine - l’ultima postazione del processo di creazione. La materia viene utilizzata anche metafora, immagine dell’opera interiore.
Chi compie l’opera interiore si dispone in una situazione di unità radicale che ricorda l’inerzia della materia. Il momento dell’opera interiore è il momento di farsi materia, per significare l’opera interiore come metafora dell’unità estrema: l’essere umano si fa inerte, si fa materia. Indica la ricettività estrema che contraddistingue l’opera interiore. L’opera interiore è un farsi passivo, uno svuotamento, un porsi una condizione di passività.
Questo equivale alla forma rispetto alla materia.
Su Moodle nel corso del 2020/2021 lui ha spostato sopra le 4 lezioni di S. Weil sotto copia - c’è una lezione di nua dottoranda su Eckhart e John Cage e il concetto di silenzio.
Poi c’è un articolo sul concetto di lettura
Un articolo su Olivetti e Weil (Olivetti è stato il primo a pubblicare Weil)
Idea della sottrazione radicale è presa dalla
cabala e dal misticismo ebraico. Introduce dal punto di vista metafisico
questa idea della sottrazione. C’è un’espressione che porta però con sé
un limite.
Ci sono questi problemi - un altro problema è questo dei concetti
personali e impersonali. Talvolta sono di difficile definizione.
Sappiamo che gli interpreti e gli studiosi danno interpretazioni opposte
di questo concetto.
Altra cosa di cui parlare è il tempo.
Le varie sfumature di necessità (filosofico) si possono trovare nel suo libro. In Dio c’è una sovrapposizione di libertà e necessità, c’è una convergenza. Sono coincidenti come nel modum diffusivum sui. Questo processo viene descritto come una sottrazione che è affermazione della grazia - un processo necessario.
Dobbiamo ricordare che questo processo, questa necessità, dipende da
una coincidenza di necessità e libertà. Nel neoplatonismo quando si dice
che questo è necessario si dice - attenzione, all’origine c’è una
sovrapposizione di libertà e necessità.
In Dio insomma le due cose coincidono. C’è un trattato delle
Enneadi in cui Plotino pone questo problema.
Il nostro mondo è il mondo dei limiti e della necessità. Il limite agisce sull’essere umano in modo freddo e necessario, vuole dipingere questo livello come un livello in cui lo spazio e il tempo agiscono sull’essere umano come un meccanismo rigoroso, geometrico. C’è l’idea di un ordine geometrico associato a questo livello. All’ingresso dell’Accademia c’era scritto che bisognava
Il limite, la proporzione era tipico della cultura classica. Ma il limite è anche gravità, c’è il vettore della dispersione. L’ordine geometrico è anche un meccanismo inesorabile, ha questa sfumatura. Questo perché questo è l’ambito della teofania ma anche quello della forza e della sventura - questo ambito agisce sull’essere umano come meccanismo rigoroso e talvolta impersonale. Il limite deriva dal limite divino, che è l’amore e l’impersonale. Viene chiamata necessità quella che presenta questo come un meccanismo rigoroso.
Il fatto che ci sia necessità non implica che non ci sia libertà - probabilmente usa necessità per dire che il limite agisce come meccanismo impersonale, inesorabile. Questo nella stessa accezione con cui Giordano Bruno parla di inesorabile - lo spazio e il tempo sono meccanismi ai quali io sono sottoposto.
richiamati:
Questi due termini indicano un certo rigore geometrico legato alla tecnica e al lavoro. C’è l’idea di questo livello come decorato da questo meccanismo sradicante.
Junger nella prima fase del suo pensiero dice che l’essere umano superiore riesce a superare questa mobilitazione totale, come in Giordano Bruno l’uomo che accetta la natura diventa superiore.
L’accettazione della vicissitudini può essere legata all’idea di amor fati. In Junger e Heidegger c’è l’idea del pessimismo disincantato declinato in questo senso. La situazione di amor fati non è paralizzante perché conoscendo il meccanismo il soggetto conoscente può intervenire nella situazione. Non si può dire quindi che esiste solo una dimensione necessaria, perché esiste anche la libertà.
Simon Weil usa metafore spaziali e temporali. In particolare nei
Quaderni parla del concetto di tempo. Se
talvolta una certa condizione del tempo può aprire la condizione
dell’attesa divina - stando nel tempo in modo consapevole l’essere umano
si apre alla totalità.
Altre volte il tempo è considerato una dimensione infernale, in quanto
legato a una necessità sradicante. Lo sradicamento è legato all’azione
del tempo - dove c’è tempo non c’è Dio. In questa prospettiva il tempo è
una variabile che si oppone paradigmaticamente alla verità.
Ci sono 3 definizioni di questo concetto. Il tempo può essere:
Nella dimensione dell’ordine naturale, secondo la Weil mistica post-1939 è quella in cui domina il personale, perché in una prospettiva personale l’essere umano legge il tempo secondo la scansione passato-presente-futuro. Una dimensione teofanica, in cui però domina il personale. Quindi l’essere umano vede il tempo soltanto secondo una dimensione orizzontale. Non bisogna soffermarsi troppo su questo significato, ce ne sono altri.
Secondo Weil io devo abbandonare la prospettiva personale, entrare nella cadenza. La prospettiva personale è considerata negativamente, ma a volte si ha l’impressione che dia la possibilità che possa leggere l’ordine del tempo. Poi parleremo del concetto di lettura. Quando si parla di tempo dobbiamo parlare di questi tre livelli, soprattutto nell’ultimo periodo di Simon Weil.
In questa prospettiva personale che legge il tempo come passato presente e futuro, sembra che il presente non sia valutato nella sua pregnanza teofanica - il presente si trasforma nel luogo temporale in cui il tempo si trasforma nella dimensione dell’attesa. Il presente è considerato come il momento in ci nell’attimo trovo qualcosa di originario e trasformo il tempo.
Chi vive in una dimensione inconsapevole perde invece le dimensioni
del passato e del futuro.
In una prospettiva personale, l’abbandono alla personalità è dato dalle
immagini. Qui le immagini ocme in Eckhart hanno una valenza negativa.
Tuttavia produce immagini consolatorie che abbandonano l’essere umano a
una dimensione orizzontale. Quando vive delle sventuro, l’uomo le
collega o a qualcosa del passato, o alla possibilità di esercitare una
certa speranza fino a quando la sventura non passa. L’anima che si
consola eleva la sventura collocata nel passato oppure secondo la
speranza. Dove domina il personale domina l’immaginazione, e in questo
caso si dimentica la divinità e non ci si apre. Tutti lato
sensu sono sventurati.
Alcuni hanno accostato Castoriadis e Weil - perché
l’immaginazione è una facoltà costitutiva che può agire nell’ordine del
mondo per cambiarlo.
Anche in Latouche l’immaginazione è considerata in modo positivo - chi
sceglie la decrescita immagina un altro mondo. C’è l’idea della
possibilità del cambiamento significata anche dall’immaginazione.
In Weil Immaginazione è sempre una facoltà creativa che produce immagini consolatorie, mentre in questi casi ha un valore rivoluzionario di trasformazione dell’esistente.
Chi fa il vuoto allontana l’immaginazione, elimina l’attività
personale, fa tacere ogni immaginazione e purifica ogni spazio mentale e
quello volitivo dalle immagini consolatorie. Ci sono anche le immagini
in cui questi autori fanno loro stessi uso di immagini.
In generale c’è una radicale critica dell’immaginazione e delle
immagini.
La figura dell’infermiera in prima linea imita Cristo - opponendosi al soldato delle SS - critica la propaganda dei totalitarismi. L’infermiera come simbolo compie l’imitatio Christi, un simbolo lanciato contro le immagini della propaganda. A questa propaganda si oppone il simbolo dell’infermiera.
Declinato nel linguaggio della mistica, nel simbolo è presente ciò che è immediato, ciò che è intuitivo. Legata alla totalità dell’attesa, l’opera interiore eccetera. Lo sventurato è il simbolo che viene contrapposto all’immagine - una contrapposizione non solo metafisica ma anche politica contro la propaganda.
Su Moodle c’è un articolo sul concetto di lettura. Questo si lega al concetto di prospettiva personale.
Simon Weil in
affronta questa nozione e lo fa anche la questione anche nei
Quaderni (frammenti e letture).
Weil sostiene che l’essere umano non conosce veramente le cose e si pone
nel diaframma dei significati.
Il significato è legato all’attività ermeneutica del soggetto,
dall’altro lato viene dal soggetto. L’essere umano nei confronti del
significato è sia attivo (lavora sul significato) sia passivo (non può
non subire l’azione del significato).
Se mi soffermo sul rapporto tra soggetto e significato, il primo è sia
attivo che passivo - è sottoposto a una mobilitazione totale dei
significati.
L’interpretazione viene detta da Weil anche lavoro.
L’essere umano, stando all’interno del mondo, non può svincolarsi con
la dimensione del significato.
Il rapporto attivo con la determinazione del significato viene chiamata
lettura.
Lettura: un lavoro interiore costante sulla dimensione del significato. A questo lavoro interiore ne corrisponde uno esteriore, che riguarda la modificazione della nozione di mondo.
Prospettiva personale: La prospettiva personale è una prospettiva che l’essere umano ha sulla realtà e si svolge secondo il concetto di lettura, che è un lavoro interiore. Lettura sta più dalla parte dell’intelletto e della razionalità, però comporta anche la dimensione della volontà.
Intelletto e volontà sono segnati dalla determinazione. Questa è la condizione in cui domina il personale. Per abbandonare il personale e portare il sacro, io devo distaccarmi dalla prospettiva personale, passando dal livello della lettura a quello della non-lettura. Così possiamo realizzare l’impersonale, l’amore divino e soprannaturale.
Il salto avviene quando nell’Intelligenza (la dimensione razionale
mediata, discorsiva) passo all’intelletto (una dimensione intuitiva). Lo
scarto dell’apex mentis si ha quando l’intelletto legge se
stesso. L’intelletto si volge a se stesso e si annulla, annullando
anche la determinazione del concetto, aprendo lo spazio per la
realizzazione dell’amore sovrannaturale.
Nella non-lettura l’intelletto legge se stesso e supera la propria
determinazione concettuale. Questo in un momento in cui l’intelletto è
sia presente che non presente - è attivo, ma leggendosi poi si
annulla.
Questo stadio si definisce con lo stesso termine, lettura, ma
aggiungendo il simbolo del non, ~. Questo nei frammenti di Weil. Questo
per sottolineare la presenza-assenza dell’intelletto. Anche il termine
utilizzato rimane lettura, con un non davanti.
L’amore divino in questa fase invade l’anima e si realizza la
connessione mistica di esperienza della verità. Conoscenza che si
caratterizza in modo specifico rispetto all’intelletto.
Se la prospettiva umana è sempre presente, in questa c’è una prospettiva umana, che può essere
Per Weil l’essere che ha raggiunto la non-lettura è senza
prospettiva, è una prospettiva non-personale, ha abbandonato le
immagini, le determinazioni, e in essa il concetto di intelletto si
auto-elimina, si auto-annulla.
È senza prospettiva in quanto non è mai influenzato dal personale. Non è
intaccato dalle determinazioni. Nei Quaderni si dice: io devo
abbandonare la prospettiva, essere senza prospettiva.
Simon Weil ci dice infatti che leggendo i significati io
posso anche vedere la lettura come un lavoro interiore a cui io posso
applicare un’intensità diversa, cioè spostare la mia lettura, la mia
prospettiva personale - lavorando sulla dimensione del significato
cambiando l’intensità, l’ampiezza della lettura e della
prospettiva.
Quindi si potrebbe pensare a una funzione “positiva” del personale. È
vero che la prospettiva personale è chiusa, però qui sembra essere
presente anche una certa apertura, in quanto la prospettiva personale
permette di conoscere una parte del mondo, mettendo in relazione con
l’altro da sé. Non si può parlare di rivalutazione di questo concetto,
ma si può intravedere nei frammenti una funzione positiva.
È vero che la prospettiva personale è sempre chiusa, ma possiamo vedere
delle aperture verso il mondo (non verso la divinità) - fornendo in
questo modo una conoscenza preliminare del mondo.
La prospettiva personale è fonte di prevaricazione - chi sostiene questa prospettiva la rende inconciliabile con altre prospettive, diventando prevaricante. Se diventasse impersonale riconoscerebbe anche lo spazio delle altre prospettive. Weil è influenzata dalle dottrine orientali, c’è l’Io e il sé. Bisogna abbandonare l’Io, la prospettiva personale, perché è chiusa. Nella prospettiva personale io penso di potermi sostituire alla divinità. Si risolve l’intero spettro del reale in una prospettiva personale. La realizzazione dell’impersonale asseconda il senso del limite, dell’amore divino, e riconosce anche l’esistenza delle altre prospettive umane.
Io non conosco le cose che conosco, conosco i significati. Questi sono in una dimensione in cui le immagini mi vengono incontro in modo dispotico - mi vengono incontro in modi che non controllo. Qualcosa di disturbante, perché se non ho la padronanza della lettura la mia visione dei significati può vacillare.
La dimensione della necessità in rapporto alla sventura e alla forza, che sono concetti del male legati all’autonomia dell’essere umano.
/ glossario
Forza: componente preponderante dell’essere umano che agisce per
prevaricazione, è causata dall’autonomia dell’essere umano che si
sostituisce alla divinità.
Ma la sventura è portata dalla divinità o dall’essere umano? Nell’Attesa di Dio anche se non c’è una risposta esatta emerge che - dato che la sventura è la crocifissione, è una discesa della divinità e quindi deriva dalla divinità. Ma la sventura ha anche una componente umana - a causare la sventura c’è l’essere umano, lo sventurato consapevole, ma anche il padrone della fabbrica.
Forza e sventura sono quindi entrambe legate all’ambito umano e divino. Nella forza prevale umano, nella sventura prevale l’elemento divino.
Esempio domanda d’esame: la sventura è più umana o divina? Nella sventura prevale il lato divino, nella forza quello umano.
La sventura è più divina perché è inserita nel movimento metafisico di discesa, ma ha anche un versante umano: a diffondere la sventura sono anche esseri umani.
La forza, essendo un vettore di prevaricazione, ha a che fare con la discesa della divinità, perché ha a che fare con la discesa e la dispersione che è uno degli aspetti della necessità. Ma prevale il lato umano in quanto a compiere questi atti di prevaricazione sono gli esseri umani.
A dominare c’è un saggio di Weil Discesa di Dio - c’è una sottrazione rappresentata dalla discesa. Anche la grazia divina. Dice Bayle che l’essere umano bussa a una porta a cui la divinità apre. L’essere umano guarda in alto tentando di fare il vuoto, e la divinità scende, irrompe nella sua anima. Qui abbiamo l’idea di discesa.
Discesa, dice Weil, come ad una seconda potenza - alla fine dell’opera interiore arriva la grazia. L’attesa contraddistingue la grazie sancisce l’opera interiore. Troviamo dei passi in cui Weil definisce i risultati dell’opera interiore come un’ascesa. Qui fa riferimento al meccanismo della leva: la leva è un meccanismo che presenta un accoppiamento di due moti - due forze:
in modo automatico. C’è cioè un perno centrale con due bracci. Quando parla di ascesa da parte dell’essere umano fa riferimento al meccanismo della leva. Anche l’essere umano che compie l’opera interiore discende - imita la croce, sottrae la propria potenza personale, compiendo una discesa. Questo dà un’idea della dimensione immediata della grazia, perché mentre discende è come se scendesse, sottrae la propria potenza personale, compiendo una discesa. Questo dà un’idea della dimensione immediata della grazia, perché mentre discende è come se salisse. C’è quindi dice Weil un rigore geometrico dell’opera interiore, con un essere umano che si pone in attesa dell’intervento della grazia.
Ma essendo il cosmo crocifissione, disseminato di punti di sventura,
quei punti di sventura sono occasioni di usar e questa leva. Il
mondo è disseminato di potenziali leve. La crocifissione è la leva
per eccellenza, fare il vuoto per colmarmi di grazia divina.
L’attestazione del limite comporta dunque la presenza, ovunque di
potenziali leve.
Chi va al margine e accetta la sventura lo fa per aiutare gli altri, ma lo fa soprattutto per mettersi nella sventura, per inseguire un compito metafisico, per bloccare una manifestazione della sventura. Mettersi nella sventura è il punto.
Simon Weil andando in fabbrica ha voluto provare la condizione di sventura andando in fabbrica, ma ci sono un sacco di agiografie su di lei, c’è un mito. La sua vita però non può essere presa come modello paradigmatico di sventura. Sono pochi quelli che stanno nella sventura senza cedimenti.
Ricordiamoci quando studieremo Weil di utilizzare i concetti di abbandono, distacco, tutte le cose della prima parte.
Sta leggendo Weil da un’edizione Adelphi.
Forme dell’amore implicito di Dio: il cosmo viene considerato in modo così negativo che Dio più le creature è meno di Dio da solo. Non posso pensare a questo come un principio posto che colpisce la divinità, ma come qualcosa che si contrappone in maniera netta alla divinità. Influenza dello gnosticismo.
Dio si è negato in nostro favore - l’opera interiore viene anche
chiamata de-creazione: un atto di umiltà, di svuotamento. La
de-creazione ha lo stesso moto di discesa della creazione ed imita la
morte di cristo in croce.
Quando Dio si ritira - la de-creazione è un’assunzione o del limite. È
sinonimo di opera interiore e di distacco.
Dio + la creazione è meno di Dio da solo. Ma Dio perfetto eccede sempre le forze cosmiche, e le forze cosmiche sono collegate alla divinità.
Dio lascia:
In altri passaggi guarda il livello della bellezza, della teofania, eccetera.
altre illusioni:
Chi sceglie il personale, abbandonandosi all’immaginazione, non si chiude semplicemente in una prospettiva, ma pensa di essere il centro del mondo. Adotta quindi un atteggiamento prevaricante
Bisogna riconoscere che tutti i punti del mondo sono conoscono pari titolo, e il centro vero è fuori dal mondo. C’è una molteplicità di prospettive che è amore - la bellezza del mondo. Devo negare me stesso perché il centro del mondo è ovunque. Il vero centro è ubique et numquam, ovunque e da nessuna parte. Ubique perché ogni punto è teofania.
Se svuoto l’immaginazione riesco:
Proprio perché la bellezza non ha alcun fine, è qui nel mondo l’unica finalità. Il Fine è al di là del cosmo. Qui tutte le cose sono dei mezzi per raggiungere la verità (pensa con il concetto di leva - tutto è una leva, io posso vedere una leva in ogni centro - ogni centro può essere un mezzo per raggiungere un fine che non è lì).
L’universo, la necessità viene definita come vera parte
dell’essere umano. L’universo è l’unica nostra vera patria quaggiù
- riferimento agli stoici.
Sta cioè considerando l’universo come una teofania, come necessità che è
manifestazione dell’amore impersonale della divinità. Siamo immagine di
Dio, non perché siamo una persona simile a Dio - ma l’obbedienza a Dio
consiste nel rinunciare alla persona.
Ma è un salto maldestro, non un salto come quello che troviamo in Heidegger. L’attenzione di chi guarda verso l’alto dispone ad essere rapiti facilmente.
In tutte le forme di vita religiosa c’è qualcosa di impersonale. L’amore di Dio dovrà essere a un tempo personalee impersonale, altrimenti è immaginario. Qui Weil sembra attribuire un ruolo al personale come momento di passaggio, compresa dal momento di distacco.
Ma rimane qualcosa di imprescindibile forse nell’elemento personale. È difficile definire bene il personale.
Il tempo può essere concepito come una dimensione infernale, uno spazio aperto in cui l’uomo si rivolge all’illimitato, in cui il male è attivato. Anche le forme del male appartengono alla divinità, che le abbraccio. Dove la forza abbonda dio ha sovrabbondato.
Il male, accettato in forma di sventura, e non esercitato, è anzitutto occasione di bene, un’occasione di affermare la grazia divina. Chi accetta il male, neutralizza una parte di sventura.
C’è un dinamismo e una tensione nel tempo, che può essere sia occasione di teofania, sia momento di distruzione - una coincidenza di ordine e caos, ma la creazione è soprattutto positiva
Sappiamo che Dio ha due lati:
Critica al partito: situazione massificata per cui si è nel personale. Si deve passare dalla massificazione, alla persona poi all’impersonale.
Wirzeit: epoca in cui domina la massa, la comunita in senso deteriore. Quindi la persona risulta essere momento di transito e in questo senso non risulta essere un momento completamente negativo.
L’essere umano ha quindi una funzione di recupero positivo del personale. L’essere umano ha la responsabilità del bene.
Nei Quaderni là divinità viene definita Persona impersonale. Come interpretarlo? Non bisogna esaltare troppo l'aspetto personale della divinità. Resta rilevante la critica alla potenza.
La divinità è perfetta e trascendente ma al contempo si china verso l’uomo con la rinuncia, nella discesa della creazione. L’uomo è al margine e Dio si china su di Lui.
La morte in croce della divinità è il compimento della trinità. La morte in croce è un polo dello spettro metafisico - il massimo livello di sventura. La croce è il sacrificio della potenza, il trionfo del limite e dunque della grazia.
La crocifissione è un evento eterno che si svolge nella creazione. Imitare la creazione significa desacrarsi, per uccidere la parte personale della potenza. Questa è una forma di sventura. Accettare la sventura significa accettare il modello della crocifissione. Amare la sventura significa amare l’universo in tutte le sue declinazioni.
Il primo squilibrio avviene con la sottrazione della potenza. Ma la vera lacerazione avviene nella distanza tra trinità e crocifissione - la croce è un modello e mezzo - accettando la croce posso colmare la distanza tra me e Dio. C’è sia distanza che unione, posso immaginarla come un’oscillazione.
Metafora chiodo e martello: la forza si applica tutta in un punto. Idem se martello e punta del chiodo fossero infiniti ---> l'estrema sventura costituisce il chiodo: la punta è applicata sul centro stesso dell'anima, ma testa del chiodo è l'intera necessità, tutto lo spazio tempo, inteso come sventura.
La sventura è figlia dell'ingegno divino: quando si prova la sventura si ha l'impressione che l'intero spazio tempo stia compiendo il male tutto in un punto.
L'amore è una conversio, un orientamento.
Il chiodo è occasione dell’esperienza dell’amore divino - accettando la sventura il chiodo mette in comunicazione anima e divinità - la sventura è l’amore divino.
Anche se accetto la sventura, resto sempre una creatura. Il distacco si dà nello spazio e nel tempo, e deve essere autentico. È una azione non agente, cioè impersonale e anonima in quanto disinteressato. È Dio che agisce tramite l’essere umano.
Il desiderio non è volontà di possesso, ma conversio e metanoia, cioè rinuncia all’influenza della determinazione.
In Weil c’è un senso della discesa, dell’obbedienza, alla lacerazione, dell’accettazione della sventura. Ciò deriva dal senso di lacerazione che si lega all’opposizione al totalitarismo.
Il distacco è tornare al centro dell’anima, ma è sottomesso al chiodo di tutta la necessità della creazione. Il chiodo è anche una leva perché realizza la divinità interiore, ma anche il peso, chiodo che trafigge l. Eckhart.
L’essere umano è collocato nel tessuto spazio temporale in cui vigono le leggi di causalità e le leggi di natura - in Cusano è regno della creazione, in Weil la necessità, in Bruno si chiama vicissitudine.
Vicissitudine in due livelli semantici:
divenire (tessuto spazio temporale caratterizzato dalle determinazioni, la finitudine, il limite…)
regola (dispositivo metafisico) secondo cui si svolge la trasformazione universale. La regola è legata allo spazio e al tempo.
Il cristianesimo è considerata come una rinuncia ad una sapienza originaria. La sapienza ermetica, arcaica, è positiva.
In Bruno contrazione non significa solo discesa, come in Cusano, ma anche ascesa.
Il furioso che va alla caccia della divina sapienza dio è considerato come "oggetto divino": il cacciatore vuoel afferrare la divinità.
La metafisica di bruno puo essere compendiata in tre schemi:
De la causa: sostanza infinita, la vicissitudine, cosi come l'essere umano, è accidentale. IMMANENZA E PANTEISMO. Si elimina differenza tra natura nautante e naturata.
Eroici furori: abbiamo due livelli, che potremmo definire ipostatici.
C’è una divinità prima, detta prima monade (o ordine di prime inteligenze). INTELLETTO PRIMO.
Da qui procede la monade seconda (seconde intelligenze): anima del mondo o spirito dell'universo
Natura o vicissitudine. Natura esplicata. Insiste sul concetto della teofania. la natura è Dio nelle cose.
Il principio è immanente perchè l’anima del mondo è presente in tutte le cose, ma i livelli superiori sono trascendenti.
L'essere umano con l'eroico furore vive intensificazione dell'amore, con momento mistico riesce ad arrivare alla seconda monade. La prima è inaccessibile, rimane celata.
3)Mnemotecniche: vicissitudine messa al centro.
Tre ipostasi superiori e tre inferiori. Nella vicissitudine c'è il tempo.
Livello superiore: eternita, luce, pienezza, bene, ordine
Livello inferiore: eternita, tenebre, male, caos
L'origine ha due versanti, che generano la vicissitudine.
È uno scavo dell'origine.
mente
intelletto
anima del mondo o spirito universale
VICISSITUDINE
notte tenebre
orco abisso
caos
L’amore sta a livello dell'anima del mondo, l’amore puo essere sinonimo di anima del mondo o vita dell'anima del mondo o effetto dell'anima del mondo.
Ripreso da plotino e ficino.
Gli elementi della distruzione e della morte sono legati a caos e al disordine.
ALTRA SPIEGAZIONE DEL MALE: gli eventi negativi e drammatici sono derivati dal versante caotico dell'origine.
Le ipostasi sia superiori che inferiori sono principi infigurabili.
Ora l’Essere primo da plato in avanti scambiano l’ente con l’essere, attribuendo le caratteristiche dell’ente all’essere e l’essere è cancellato come origine. Il dio cristiano non è l’essere che si dà, ma l’Ente Sommo. Qui inizia la metafisica.
Il modo corretto di pensare il rapporto tra essere ed ente è quello di un evento, di una sveltezza. Invece se faccio metafisca tengo il processo come chiarezza, non sveltatezza. Dimenticando cio attribuisco all’essere le caratteristiche dell’ente.
machenschaft = macchinazione —> sottolinea tecnica come pura decadenza. negativo Gestell = impianto —-> dal ’53- tecnica come modo di espressione dell’essere. Modo in cui l’essere si dà nella storia. Riprende Holderlin: dove c’è il pericolo cresce anche cio che salva. Considerazione controdecadente, che dirada le nebbie della metafiscica.
Nella tecnica c’è appiattimento orizzontale nella dimensione dell’ente, per cui essere dimenticato. Secondo heidegger la tecnica è l’inveramento della idea platonica. Leggendo la tecnica in questo modo, usando pensiero meditante, preparo il terreno per ciò che viene dopo. Invece interpretando la metafisica con la metafisica mi chiudo in un atteggiamento tecnico. Qui ci si collega al tema dell’abbandono: esser umano è l’esserci, capace di riflette in modo apicale sull’ente, pero può scegliere: • di darsi alla tecnica (interpretazione metafisica della metafisica. Non si pone domande. • Si pone al richiamo dell’essere: c’è tema del distacco, dell’abbandono, si pone in ascolto dell’essere, un essere dimenticato, che in qualche modo nella tecnica si puo ancora udire. Onora il senso del limite e si pone nella tecnica con distacco. Sta lì. Ma non appartiene ala tecnica.