Incontro con Aristotele - Riassunto

Capitolo primo: Un uomo di scuola

Aristotele è un pensatore sistematico. Le sue teorie sono articolate in trattati di cui lui stesso definisce l’ordine di lettura corretto. Platone, al contrario, si nasconde dietro vari personaggi nei dialoghi.

Nasce a Stagira, nella penisola calcidica - forse una colonia di Calcide - una città con un clima freddo, nel 384-83. È figlio di Nicomaco, un medico influente. Alla morte di quest’ultimo viene affidato a Prosseno, un amico di Platone.

Nel 367 lascia la casa di Prosseno e si reca ad Atene, presso l’Accademia di Platone, che non è riconosciuta come un’istituzione ma una sorta di club dove prospera una elitè di intellettuali che si dedicano a studi filosofici e matematici, con una passione politica. Infatti quando arriva Aristotele Platone è assente, si trova a Siracusa con una consistente delegazione di Accademici, per riconciliare Dione, il suo migliore allievo siracusano, e il tiranno di Siracusa Dionisio II, con il primo che ambiva a prendere il posto del secondo. Una spedizione quindi, sia politica che culturale, con una grande affluenza di intellettuali al palazzo del tiranno per seguire gli insegnamenti filosofici e matematici degli Accademici.

Durante l’assenza di Platone, la reggenza dell’Accademia era affidata a Eudosso, matematico e astronomo.

Seguirono altre tre spedizioni a Siracusa, nel 367, nel 361 e nel 357. La seconda fu anche militare, Platone non vi partecipò ma coinvolse altri membri della scuola, tra cui Dione e Speusippo, ma non Aristotele.

All’interno dell’Accademia, in cui la discussione era libera e i punti di vista potevano anche distaccarsi dalle dottrine platoniche, Aristotele gode di una importante indipendenza intellettuale. Le critiche verso alcuni membri della scuola, tra cui Speusippo e Senocrate, sono molto dure.

Nel 347 muore Platone, e Speusippo lo sostituisce come capo dell’Accademia. Aristotele lascia Atene, alcuni dicono per invidia verso Speusippo che aveva assunto la guida della scuola; ma i motivi di questa scelta sono piuttosto da ricercarsi nella ondata di ostilità antimacedone che si era abbattuta su Atene con la presa del potere di Demostene. Il padre adottivo di Aristotele, Prosseno, aveva legami con la corte macedone, in particolare con il tiranno Ermia e Aristotele temeva di pagarne le conseguenze.

Si reca dunque ad Asso, nei possedimenti di Ermia.

Nel 345-44 Aristotele si trasferisce a Mitilene, sull’isola di Lesbo. Qui incontra Teofrasto, che diventerà uno dei suoi collaboratori migliori, impegnato in particolare in ricerche naturalistiche.

Nel 343-32 Filippo di Macedonia lo chiama per diventare istitutore di Alessandro. Aristotele educa Alessandro secondo la paidèia tradizionale: letture di poeti, di Omero, massime di saggezza ed esempi di virtù. Tuttavia, Alessandro preferisce agli insegnamenti del filosofo i discorsi un po’ deliranti del Tiranno di Zelea Nicagora, che ha le manie di grandezza.

Un nipote di Aristotele, Callistene, segue Alessandro come storico nelle campagne di conquista in Oriente; verrà ucciso dopo aver tramato di uccidere Alessandro, colpevole di voler costringere i greci a genuflettersi davanti al loro nuovo re. Aristotele si sarebbe tanto adirato con Alessandro, da cospirare lui stesso per ucciderlo, con Antipatro.

Il rapporto tra Aristotele e Alessandro si conclude nel 340, quando Alessandro viene chiamato al trono, a cui salirà definitivamente nel 336, dopo la morte del padre.

Aristotele torna a Stagira, e poi torna ad Atene nel 335, in sicurezza dato che ora ad Atene regna il suo amico Antipatro, e la Grecia è tutta sottomessa al dominio macedone dopo la vittoria di Filippo a Cheronea nel 338.

Nel 335 Aristotele fonda la sua scuola, il Liceo, che si chiama così perchè è nei pressi del ginnasio di Apollo Licio. Si chiamerà anche Peripato, in quanto dispone di un portico, una passeggiata coperta, in greco perìpatos.

Il Liceo non ha un riconoscimento istituzionale di struttura educativa pubblica, tra l’altro Aristotele non poteva possedere edifici in quanto era un meteco, uno straniero ad Atene. Probabilmente affittò dei locali e li adibì all’insegnamento, ed una biblioteca, in cui si trovavano probabilmente testi di Empedocle, Democrito, e altri presocratici, più altri materiali didattici.

L’esigenza di costituire una scuola autonoma dall’Accademia è sia dovuta ai contrasti di Aristotele con Speusippo e Senocrate, divenuti capiscuola, che ad una esigenza filosofica; come scritto nell’Etica Nicomachea, è preferibile e più produttivo per il sapiente condurre ricerche con dei collaboratori. Nel Liceo effettivamente si ritrovavano intellettuali agiati, meteci, che si dedicavano agli studi in modo disinteressato e volontario.

Gli scolarchi erano 10, e a differenza di ciò che accadeva nell’Accademia platonica, dove tutti partecipavano della ricerca in tutti gli ambiti, ciascuno si occupava di un ambito specifico, pur inquadrandolo nel campo più largo della impostazione aristotelica.

L’attività di ricerca era affiancata a quella di insegnamento, indirizzata non a un pubblico cittadino generalista, ma ad altri intellettuali interessati a una formazione filosofica, provenienti dalla cerchia platonica o da quella isocratea. Altri uditori occasionali si affiancavano occasionalmente in base all’interesse per i vari insegnamenti, che andavano dalla logica, alla fisica, dalla metafisica all’etica, alla politica.

Alla morte di Alessandro, nel 323, ci si poteva aspettare una nuova sollevazione antimacedone ad Atene. Aristotele temeva un processo per empietà perchè suo figlio adottivo Nicanore aveva letto l’anno prima un proclama in cui imponeva agli ateniesi di rendere onore al re. Quindi torna a Calcide, a casa della madre, dove morirà, a 63 anni, nel 322.

Capitolo secondo: Dimenticare il maestro

Ci sono varie intepretazioni del pensiero di Aristotele. Ce ne sono due particolari.

Una è quella di Gomperz, uno storico positivista, che vede in Aristotele un caso di doppia personalità. Da un lato l’Asclepiade dedito alla ricerca naturalistica; dall’altra il platonico. Prevarrebbe il platonico.

Jaeger invece vedeva un progresso dall’Aristotele platonico ad un Aristotele empirista, interessato alle scienze naturali. Questa prospettiva è superata data la difficoltà di datare le opere di Aristotele. In generale, l’intepretazione del pensiero complessivo di Aristotele si fa dipendere dalla cronologia delle sue opere.

Non si può in in definitiva pensare il rapporto tra Platone e Aristotele come un superamento cronologico.

Aristotele invece è sempre stato un platonico sotto certi aspetti. È impegnato in un opera di decostruzione e integrazione del platonismo:

  1. Inserisce nuovi campi del sapere, come il sapere fisico e naturale
  2. Rafforza alcune strutture che Platone aveva soltanto intuito (come la spiegazione finalistica del mondo solo accennata nel Timeo e nel Fedone

Ci sono anche differenza nello stile di vita: alcuni hanno attribuito la visione del mondo e della natura rigidamente separata in “classi” di Platone alla sua origine aristocratica. Aristotele invece vive una vita riservata, e un meteco, uno straniero, estraneo ai privilegi della ricca aristocrazia ateniese. Aristotele riconosce una certa eleganza a Platone.

Aristotele critica nella Metafisica la dottrina delle idee. Non esistono a un livello superiore le forme e a un livello inferiore i sensibili, ma esiste un solo mondo, che esperiamo con i nostri sensi: un mondo eterno e immutabile nella ripetizione dei sui processi, come il moto degli astri e il ripetersi delle stagioni. È un mondo diviso in vari generi e livelli ontologici, che bisogna indagare con gli strumenti della ragione, senza cercare di evadere in un mondo ideale sempre uguale a se stesso.

Platone e i suoi hanno commesso l’errore di creare le idee ingannati dal fatto che un solo predicato è riferibile a molteplici oggetti, attribuendo quindi ad esso una maggiore “unitarietà” e verità. Le idee diventano così cause paradigmatiche separate, cui i sensibili si riferiscono con la partecipazione.

Per Aristotele parlare delle idee è usare metafore poetiche. La dottrina della partecipazione non ha nessun significato.

Critica alla dottrina della Diade indefinita e dell’Uno

Aristotele critica duramente il considerare l’Uno e la Diade come principi, confondendo matematica e filosofia. Nel condurre queste critiche Aristotele usa il noi riferendosi agli Accademici: si può supporre che quindi le critiche più gravi siano state formulate proprio nel periodo in cui Aristotele era nell’Accademia, tra il 367 e il 348.

Critica alla dialettica

Se Platone concepiva la dialettica come scienza universale, con cui conoscere le idee e quindi derivare tutti gli altri saperi, per Aristotele non si dà una scienza universale. Ogni scienza invece, costituita da dimostrazioni (basate su principi), si fonda sui propri principi. Ma la dialettica per Aristotele ha una universalità logica perchè opera nell’ambito dei principi comuni a tutte le scienze (comunica con tutti i principi); ha tuttavia una vuotezza ontologica e una debolezza epistemologica. Non esiste quindi una spaccatura tra scienze superiori e inferiori, come voleva Platone.

L’universalità della dialettica è trasferita alla filosofia, la “scienza che studia l’ente in quanto ente, e le sue proprietà in quanto tale”. Quindi Aristotele ammette l’esistenza di un sapere scientifico superiore in virtù della superiorità ontologica del suo oggetto.

Critica all’anima

Aristotele critica anche la concezione dell’anima espressa nel Timeo e nel Fedone. Platone:

  1. Non indica la ragione dell’unione tra anima e corpo
  2. Critica la metempsicosi, per cui un’anima potrebbe “indossare” qualsiasi corpo

L’anima invece è forma di un corpo naturale che ha vita in potenza: costituisce l’insieme di funzioni che fanno di un corpo un vivente. È inseparabile da esso, anima e corpo sono inseparabili.

Tuttavia, nel De Anima Aristotele enuncia la teoria dell’intelletto attivo, separato, non commisto, immortale e eterno, che permette il pensiero attualizzando i pensieri in potenza. Questo intelletto ricorda molto l’anima platonica, e non è chiaro come agisca nè che cosa sia.

Critica all’idea del Bene

Critica all’idea del Bene come sostanza separata: se esistesse, tutti gli altri beni, non potendolo raggiungere, sarebbero svalutati. L’analisi dei valori non deriverà dall’analisi di un’idea trascendente, ma da una analisi fenomenologica dell’azione umana, che ha come scopo la felicità.

Critica alla concezione politica

La città prevista da Platone non solo è impossibile, ma è anche fonte di infelicità per i suoi cittadini. Muove una critica “storicistica”: se questa città fosse stata desiderabile, sarebbe stata sperimentata in passato. La tradizione non può essere trascurata. Aristotele auspica invece un graduale miglioramento delle strutture sociali, che sono la famiglia e la proprietà.

Si danno definizioni solo per ciò che è universale

Nonostante la differenza tra idea e sostanza individuale, la scienza parlerà sempre di un uomo o di un cavallo, non di Socrate. Cioè delle sostanze seconde. Nelle categorie la specie/forma è la prima predicazione qualitativa della sostanza individuale.

La sostanza tuttavia consiste nella essenza di una cosa, cioè nella sua forma - “La sostanza è la forma che è nella materia” - Ciò che risponde alla domanda “Che cos’è?”

Capitolo terzo: l’enciclopedia del sapere

Aristotele si occupa di moltissime discipline e ha una concezione organica del sapere, nel senso che ogni disciplina viene considerata per il suo valore specifico ma anche in relazione a tutte le altre. Aristotele si occupa di tutto tranne che di botanica, di cui però si occuperà Teofrasto.

Il campo dell’essere secondo Aristotele si divide in generi.

Sostanza e categorie

La prima distinzione è tra sostanza e categorie, che sono i predicati della sostanza individuale.

L’ambito delle sostanze è a sua volta diviso in generi, ognuno dotato di principi propri, che sono i punti di riferimento di ogni scienza specifica. C’è una differenza ontologica tra le varie scienze, che hanno alla base concetti molto diversi. Esempio: alla fisica (che si occupa di enti mobili e varianti) pertiene una necessità “condizionata”, mentre alle matematiche e alla teologia (enti immobili e invarianti) una necessità icondizionata.

Per esempio la finalità viene trattata in modo diverso in diversi generi. Un’azione compiuta di un uomo si può spiegare in vista del fine per cui egli ha agito, mentre un principio matematico (tutti i numeri pari sono divisibili per due) non è spiegabile in termini di finalità nè si può considerare un bene per i numeri stessi.

Saperi pratici e saperi teorici

Un’altra distinzione è tra saperi pratici e saperi teorici. La variabilità dei saperi pratici non consente lo stesso rigore e la stessa precisioni cui si può giungere con i saperi teorici. Bisogna ricercare in ciascun genere la precisione solo per quanto lo permette la natura dell’oggetto. Ogni genere ha i propri metodi e i propri concetti di base.

Non è possibile passare da un genere all’altro: sarebbe assurdo ammettere che un matematico ricorra alla persuasione retorica.

Tuttavia, in alcuni casi, in cui è fondamentale per Aristotele fornire una visione d’insieme universale, fornendo delle suggestioni, lui stesso viene meno a questi principi esprimendosi attraverso metafore, di cui a suo dire i suoi predecessori, da Empedocle a Platone, abusavano.

L’articolazione del sapere nelle diverse discipline corrisponde per Aristotele alla struttura del mondo. I diversi generi nell’essere sono presentati nel libro I della Metafisica:

Da notare come le cose corruttibili sono più conoscibili, grazie alla comunanza di ambiente che abbiamo con esse, mentre delle sostanze ingenerate dobbiamo avere minori conoscenze.

Il trattato aristotelico

Se i testi dei presocratici avevano un carattere sapienziale e di globalità, che ignorava le differenze specifiche, il trattato aristotelico ha una specificità. La forma poetica è inutile: Empedocle e Eraclito vanno chiariti perchè risultino più scientifici e comprensibili.

Platone nei dialoghi trattava i problemi in modo disomogeneo e con un andamento circolare, per cui un problema ne faceva sorgere molti altri. I suoi scritti sono dialetticamente trasversali. Democrito probabilmente scrisse testi più affini nella forma e nei contenuti a quelli aristotelici.

La forma del trattato trasforma i contenuti del sapere in ambiti disciplinari.

Il trattato in questa opera di “canonizzazione” del sapere non teme tuttavia un confronto con le opinioni condivise e autorevoli dei predecessori, che sono anzi una parte imprescindibile e fondante della forma del trattato.

Il mondo, le cose stesse, in qualche modo rivelano le loro proprietà. Aristotele è interessato solo a ricercare gli elementi di verità nei suoi predecessori, che sono stati “spinti” dalla verità nella loro ricerca, anche a fronte della loro incapacità metodologica.

A questo proposito Aristotele opera una vera e propria dissezione dei testi dei pensatori precedentii. Aristotele rescinde i nessi connettivi propri dell’opera dialettica, in partcolare di Platone.

Un mondo comunque unitario

I diversi ambiti categoriali (generi) in cui si esprime l’essere vanno comunque sempre ricondotti alla sostanza, di cui esprimono gli attributi. Le sostanze sono profondamente diverse tra loro, ma hanno in comune il fatto di esistere. Questi problemi vengono trattati nella Fisica e nella Metafisica.

Inoltre, i punti di vista riguardano processi che coinvolgono tutte le sostanze naturali. Ogni processo riguardo il passaggio di un soggetto X da uno stato S1 a uno stato S2. Questi tre elementi (soggetto/sostrato, potenza e atto) sono i principi dei processi naturali. Questi problemi sono tematizzati nella Metafisica.

C’è anche una riflessione logica: che cosa significa essere una scienza, che cosa distingue la scienza da altre forme di conoscenza? Che cos’è la dimostrazione scientifica? Queste questioni vengono trattate nell’Organon e costituiscono le condizioni strumentali di qualsiasi campo epistemico.

Capitolo quarto: vedere e ascoltare il mondo

Il mondo si conosce attraverso la sensazione e gli endoxa

La vera natura degli enti si manifesta nel phainomenon. Bisogna però avere la capacità di accogliere questa verità: i primi filosofi furono tratti in errore dalla loro inesperienza, ma la verità ha una sua forza manifestativa. Costoro furono costretti dalla verità stessa.

Il vero e il falso si possono esprimere solo nell’enunciato predicativo/dichiarativo, quando a un soggetto X viene attribuito un predicato Y. Per altri tipi di enunciato, come preghiere o ordini, non si dà verità o falsità.

La verità si manifesta in due forme principali:

  1. Attraverso la sensazione, che viene privilegiata ed è preferibile;
  2. Attraverso i legomena (le cose dette), gli endoxa (le opinioni diffuse e autorevoli).

Qualora i due siano in conflitto, bisognerà dare più credito alla sensazione.

Il processo conoscitivo basato sulla sensazione

Il processo conoscitivo si articola in sensazione, rappresentazione e pensiero.

La sensazione

I sensi riportano fedelmente lo stato del mondo, in quanto hanno un ruolo passivo nella percezione, ossia subiscono l’impressione delle qualità sensibili . L’organo di senso è pura potenzialità percettiva.

Aristotele divide poi tra sensibili propri e sensibili comuni. Se non ci può essere quindi errore nella percezione dei sensibili propri, quelli che riguardano singolarmente un organo di senso (colore, suono, odore) - ci può essere errore rispetto ai sensibili comuni, che riguardano più proprietà percebili (movimento, grandezza) e il montaggio delle singole qualità percepite per ricondurle tutte ad un oggetto (il miele è dolce, ma anche giallo). Questa capacità di “ricombinare” e integrare le sensazioni è svolta dal senso comune.

La phantasìa

La pura percezione è solo il primo passo del processo conoscitivo. A metà tra percezione e pensiero c’è la panthasìa, la facoltà di rappresentazione di immagini degli oggetti sensibili.

Senza phantasìa non ci sarebbe senza sensazione, e senza di essa non esisterebbe il pensiero, nè le varie costruzioni intellettuali (conoscenza scinetifica, opinione, intelligenza pratica).

La facoltà intellettiva pensa le forme nelle immagini (phantasmata). Quindi le forme (prive di individualità; non Socrate, ma uomo) già esistono nelle immagini con cui noi pensiamo e rappresentiamo il sensibile.

In Aristotele dunque la comprensione intellettuale delle forme deriva direttamente dal sensibile, e non ne segna (come in Platone) il superamento.

Il pensiero

Anche il pensiero, come la facoltà percettiva è una facoltà passiva.

Le forme intellegibili impressionano il pensiero, che è come una tavoletta di cera.

Il processo conoscitivo basato sugli endoxa

Il processo di conoscenza basato sul sensibile vale per informazioni verificabili nel sensibile, come l’affermazione Socrate è bianco. Cioè possiamo accertare che una asserzione predicativa su uno stato di cose (Socrate è bianco) rispecchi effettivamente la realtà.

Ma come possiamo verificare informazioni come Socrate è buono? Ci dovremo basare sugli endoxa e i legomena, le opinioni condivise e reputate affidabili che appartengono all’ethos pubblico. Deve essersi prodotto nella storia un patrimonio di verità che la ricerca deve rendere fruibile e chiarire. Non si tratta di innovare, di sovvertire i pareri dei predecessori, ma confermarli, chiarirli e scioglierne le ambiguità. Esiste una storia della verità.

Questo tipo di ricerca si applica in tutti quegli ambiti non teoretici, come l’etica o la politica.

La dialettica è la disciplina non strettamente scientifica che si occupa di discutre le scienze a partire dai principi condivisi, gli endoxa. Se da un lato la dialettica sembra produrre discorsi “vuoti” perchè non fondati sulla realtà, dall’altro ha un ruolo fondamentale in quanto le scienze non possono mettere in discussioni i principi sui quali si fondano.

L’argomentazione dialettica può anche essere usato per difendere ad esempio la fisica dal monismo eleatico, ricorrendo ad una tradizione consolidata di tradizione pluralista.

Se per Platone le doxai erano state rilegate ad uno status di conoscenza imperfetta, opposto a quello della verità, per Aristotele esse possono addirittura costituire la base di un processoc conoscitivo, sia nel campo etico-pratico che in quello teorico.

Conoscere i fenomeni equivale a conoscere il che. Ma la conoscenza più importante è la conoscenza delle cause, cioè conoscere il perchè delle cose. Avere scienza significa avere scienza delle cause.

Le strutture del linguaggio corrette esprimono punti di vista corretti

Essere si dice in molti sensi (Metafisica IV). Gli eleatici usavano solo il valore esistenziale del verbo essere ed erano in errore. “Essere” può essere usato come copula ed indicare a seconda dei casi:

Capitolo quinto: logica ed epistemologia - De Intepretatione, Analitici primi e Analitici Secondi

La funzione della logica

La logica non rientra nella classificazione aristotelica delle scienze teoretiche, pratiche e poietiche, ma ha una funzione propedeutica e metodologica.

L’Organon, come oramai spero tu ben sappia, dato che mancano 6 giorni all’esame :), si compone di 6 opere fondamentali: Categorie, De Intepretatione, Analitici Primi, Analitici Secondi, Topici e Confutazioni sofistiche.

De intepretatione

Il titolo originale greco è perìhermeneìas, cioè sull’espressione linguistica. Il titolo che è rimasto, risalente alla traduzione di Boezio (V-VI sec.), è fuorviante.

Il testo si occupa della composizione e struttura degli enunciati e di come si rapportano al vero e al falso.

Relazione tra lingua, mente e realtà.

Le espressioni vocali sono simboli delle affezioni dell’anima, che sono uguali per tutti. Queste affezioni sono immagini degli oggetti reali. I linguaggi esprimono le stesse affezioni ma in modi diversi, in quanto sono convenzionali. L’intelletto, quando pensa un oggetto, ne riceve la forma, che viene espressa attraverso il linguaggio.

Componenti degli enunciati

Nomi e verbi non sono nè veri nè falsi. Verità e falsità si danno nell’enunciato dichiarativo.

Una affermazione è una enunciazione dichiarativa di qualcosa in attribuzione a qualcosa. Una negazione è una enunciazione dichiarativa di qualcosa in separazione da qualcosa.

Classificazione degli enunciati

Gli enunciati vengono classificati in base alla quantità e alla qualità:

Relazioni tra enunciati

Gli enunciati sono contraddittori quando se uno è falso l’altro è necessariamente vero. Si dà tra universale negativo e particolare positivo e viceversa.

Due enunciati contrari non possono essere entrambi veri ma possono essere entrambi falsi. Si dà tra universale negativo e positivo.

Ci sono poi le relazioni di subcontrarietà, che si dà tra particolare negativo e particolare affermativo.

E anche quelle di subalternità, tra universale e particolare dello stesso genere.

Futuri contingenti

Aristotele afferma che degli eventi che devono ancora accadere non si può dire nè il falso nè il vero, pensa il fatalismo.

L’enunciato “domani ci sarà una battaglia navale” non può essere nè vero nè falso, altrimenti una delle due cose dovrebbe avvenire necessariamente, infatti “se ogni affermazione è vera o falsa, anche necessario che accada o non accada”.

Non vale il principio di Bivalenza su avvenimenti futuri contingenti.

Analitici Primi

Hanno come oggetto il sillogismo. La dimostrazione, che tratterà negli Analitici Secondi, è una forma particolare di sillogismo.

Nei primi due capitoli, viene introdotta la nozione di proposizione, che corrisponde in sostanza all’enunciato dichiarativo, e quella di termine, che il predicato e ciò di cui esso si predica, ovvero il termine soggetto e il verbo predicato, collegati dalla copula del verbo essere.

I quantificatori (ogni, qualche) e le modalità(è possibile, è impossibile, ecc.) fanno parte della copula.

Sillogismo

Un sillogismo è un discorso nel quale, poste certe cose, altre risultano di necessità in virtù delle prime.

Osservazioni:

  1. La conclusione deve essere diversa dalle premesse. Le premesse devono essere sufficienti a generare la conclusione.

Il sillogismo si compone di tre elementi:

E si divide in:

Tipi di sillogismi

Il sillogismo di prima figura è perfetto in quanto è evidente che dalle premesse seguano le conclusioni - cioè è valido evidentemente.

Gli ultimi due sono imperfetti. Tuttavia, tutte le forme possono essere ricondotte alla prima figura:

Analitici secondi

La scienza di X si ha quando conosco la ragione di X

Vertono sulla dimostrazione e sulla scienza dimostrativa.

La scienza dimostrativa ha come obiettivo la conoscenza scientifica.

Conosco qualcosa quando conosco le cause di quella cosa e capisco che non può essere altrimenti, cioè è necessaria. Questa conoscenza è l’episteme

Conoscenza e dimostrazione

Ci troviamo nello stato mentale della conoscenza quando siamo in grado di produrre una dimostrazione.

Una dimostrazione è un tipo particolare di sillogismo in cui le premesse sono principi, cioè proposizioni vere, indimostrabili, “più note per natura” delle conclusioni.

Questi principi possono essere:

Ogni scienza ha i suoi principi

Ogni scienza deve condurre dimostrazioni a partire da principi suoi propri.

Aristotele distingue tra:

Con questa distinzione Aristotele si oppone alla concezione platonica per cui è possibile una scienza unificata di tutta la realtà. di tutta la realtà**.

La prima figura del sillogismo è la più conoscitiva: i contenuti della conoscenza devono essere espressi solo da proposizioni affermative.

Capitolo settimo: le categorie e la sostanza

In questo capitolo analizzeremo le Categorie e il libro Zeta (VII) della Metafisica.

Parte della tradizione ha inserito le Categorie nell’Organon in quanto tratterebbero di termini. L’autore ritiene tuttavia che costruisce le basi di una ontologia alternativa a Platone.

All’inizio dell’opera Aristotele distingue tra universali e individui. Distingue poi tra oggetti e proprietà degli oggetti. Gli oggetti saranno le sostanze.

Sulla base di queste due classi Aristotele distingue quattro enti:

Una sostanza nè si predica di qualche soggetto, nè è in qualche soggetto.

Categorie o predicatii

C’è poi la distinzione tra espressioni linguistiche: - quelle dette con connessione; cioè enunciati dichiarativi semplici. Es. un uomo corre - quelle dette senza connessione, cioè i termini che compongono gli enunciati.

Per quanto riguarda le cose dette senza connessione, possono essere classificate in 10 generi, i predicati più generali.

Quelle più importanti sono sostanza, quantità, relazione, qualità.

Tutte queste entità tranne la sostanza sono attributi delle sostanze prime.

Sostanze prime e proprietà

Le sostanze prime non possono esistere senza appartenere a una specie o a un genere, e senza possedere proprietà. Inoltre, una sostanza prima rimane identica a se stessa attraverso il cambiamento da una proprietà ad una proprietà contraria.

Se non esistessero le sostanze prime, non potrebbero esistere altre proprietà. Sono cioè i soggetti di ogni attributo e di ogni predicazione. L’esistenza di una certa quantità, relazione, luogo consiste nell’esistenza di una sostanza con quella quella quantità, relazione, luogo.

Il cambiamento per una sostanza consiste nell’acquisizione di una certa forma. Il mutamento/movimento descritto nelle Categorie può essere qualitativo, quantitativo, locale. Nella Fisica viene aggiunto il cambiamento sostanziale, quello della Generazione.

Capitolo 9: il mondo e i suoi moti

Movimento come Entelèchia

Il mutamento/movimento (kìnesis) è atto (entelèchia) di ciò che è in potenza in quanto tale. Entelèchia è una processualità orientata. È il passaggio da una potenzialità statica a una attualità altrettanto statica.

Movimento/mutamento

Il mutamento/movimento è coesteso alla natura.

Esistono 4 tipi di kinesis: movimento sostanziale, movimento qualitativo, movimento quantitativo, e movimento locale (dove movimento è da intendersi in entrambi i sensi di movimento/mutamento).

Il movimento è possibile grazie:

Luogo

Il luogo di un corpo è costituito dal limite interno, cioè dalla superficie, del corpo che lo contiene. Il mondo è fatto di corpi contigui. Ci sono dimensioni assolute dello spazio.

Tempo

È il numero del movimento secondo il prima e il dopo: è la dimensione numberabile e quantificabile del movimento. Non esisterebbe se non ci fossero corpi in movimento. Gli astri sono fuori dal tempo.o

Il tempo è scandito dai modi degli astri, e connette il mondo astrale e il mondo sublunare.

I moti astrali e sublunari

Moti astrali

I moti circolari degli astri scandiscono i ritmi della natura - la sfera celeste per questo è divina. In particolare il sole con il suo moto sull’eclittica scandisce il tempo in giorni, mesi, anni ed è causa del perpetuarsi dei moti naturali nel mondo sublunare.

Il moto degli astri è eterno, e la loro materia è eterna si chiama etere, un quinto elemento non soggetto a degenerazione.

Gli astri sono divini ed eterni (endoxà - fin dagli antichi si ha questa percezione). Quindi sono vivi. Hanno anche un’anima, solo che non è un’anima separata e eterogenea come l’anima mundi in Platone, ma è una dimensione vitale interna che rende gli astri principi del loro movimento.

Moti sublunari

I movimenti rettilinei del mondo sublunare sono suscettibili di nascita e morte. Il mondo sublunare inoltre è dato dall’interazione tra i quattro elementi e i quattro stati della materia: solido, fluido, caldo, freddo. Questo si deriva dall’evidenza fenomenica. I quattro elementi hanno una gerarchia di peso: terra, acqua, aria, fuoco, e tendono naturalmente a distribuirsi secondo queto peso. Se fossero liberi di muoversi, si distribuirebbero su quattro sfere concentriche.

Caratteristiche dell’universo

Il mondo è una unità perfetta, non manca di nulla perchè nulla è escluso da lui, è un corpo tridimensionale ed è finito, perchèl’infinito non si attualizza mai ed è sempre in potenza. È eterno e è sferico. Deriva questa concezione dalle ricerche matematiche-geometriche dell’Accademico Eudosso, da cui Aristotele deriva la concezione di un cosmo con una terra immobile al centro e gli astri che ruotano intorno a quest’ultima.

Gli astri non si muovono da sè, ma per i movimenti delle sfere in cui si trovano.

Grave aporia

Se gli astri sono viventi che hanno in sè il principio del loro movimento, qual è la funzione cosmologica di un primo motore immobile?

Capitolo 10: il vivente e l’anima

La forma esplicativa dominante per Aristotele è quella teleologica: ogni processo è finalizzato a uno scopo razionalmente comprensibile.